La Pace di Cristo
e
la pace del mondo

di
Don Jean-Luc Radier

Tratto dal n° 60 (maggio 2011) de L’Acampado,
bollettino del Priorato Saint Ferréol della Fraternità San Pio X


Poco prima di dare la sua vita per la nostra salvezza, Cristo ha pronunciato queste parole: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo, io la do a voi». Cristo ha dunque dato ai suoi discepoli una pace che si oppone a quella che il mondo pretende di dare.
Nel corso della S. Messa si fa più volte menzione di questa pace.

Al Gloria: «Pax hominibus bonae voluntatis». La pace annunciata dagli Angeli da parte di Dio alla nascita di Cristo è riservata agli “uomini di buona volontà” e non a tutti gli uomini.
Essa non è annunciata agli “uomini che Egli ama”, falsa traduzione che lascia intendere che questa pace sarebbe annunciata a tutti gli uomini.
Dio ama tutti gli uomini, buoni e cattivi, ma non dello stesso amore. Dio infatti ha annunciato la sua pace ai pastori di Betlemme e non ai sommi sacerdoti, né a Erode. Allo stesso modo, Gesù ha lasciato la sua pace solo ai discepoli, tranne che a Giuda, che era appena uscito.

Nel Canone della Messa, il sacerdote chiede fin dall’inizio a Dio Padre di «pacificare» la Chiesa, e non tutti gli uomini, cosa che riecheggia la preghiera sacerdotale quando Cristo dice «Io prego per loro, non prego per il mondo (Gv. XVII, 9). Ancora una volta, questa pace non riguarda tutti gli uomini.
In seguito, appena prima della Consacrazione, il sacerdote chiede «disponi i nostri giorni nella tua pace», dunque nella pace di Dio, cosa che è associata all’essere liberati dall’eterna dannazione ed annoverati nel numero degli eletti. Quindi non si tratta di una pace qualsiasi, ma della pace di Dio, che non è accordata a tutti, ma agli eletti e che ci viene meritata dal sacrificio di Cristo.

Dopo il Pater, il celebrante prega: «concedi propizio la pace ai nostri giorni», richiesta che è associata a quella di essere «sempre liberi dal peccato». Dopo di che il sacerdote, subito dopo aver frazionato il pane, augura: «La pace del Signore sia sempre con voi», e lascia cadere una particella dell’Ostia nel Calice, a significare la resurrezione: Cristo è nella pace della sua Gloria, alla quale ormai partecipa il suo corpo, cosa che si verifica solo dopo la resurrezione. Il sacerdote e i fedeli recitano allora, o cantano, l’Agnus Dei, che si conclude con il «Dona nobis pacem»: la pace data da Cristo-Ostia, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo: dove ancora il mondo è considerato come causa dei peccati. Questa pace non può dunque essere confusa con la “pace” del mondo, che pretende dare la tranquillità anche ai peccatori.

Prima di dare il “bacio della pace”, il sacerdote la chiede a Gesù-Cristo, citando le parole del Vangelo «Vi lascio la pace, vi do la mia pace», precisando: «non guardare ai miei peccati», che sono opposti a questa pace, «ma alla fede della tua Chiesa», primo principio della Pace di Cristo.
Il bacio della pace non viene dato nel disordine degli abbracci tra chiunque e chiunque, come si fa indebitamente nella liturgia conciliare, ma partendo dall’altare e dal celebrante, e cioè da Cristo, per essere comunicata al diacono e da questi al clero, di modo che, con questo rito, viene espresso chiaramente che questa pace viene da Gesù Cristo.

La pace del mondo si pretende sia per tutti gli uomini, buoni o cattivi, essa non si oppone al peccato e pretende di essere solo opera degli uomini.
La pace di Cristo, invece, può venire solo da Lui, dalla sua Chiesa, ed è data solo ai suoi discepoli. Essa è la tranquillità dell’ordine della giustizia ristabilita per la grazia. Senza la grazia non v’è giustizia, né vero ordine, e dunque neanche pace.
Fare della pace del mondo l’oggetto di una preghiera comune con le false religioni configura, non solo un peccato grave contro la fede e contro la religione, ma la ricerca di una chimera, mentre si favoriscono coloro che allontanano il mondo dalla vera pace.





maggio 2011

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