Solgenitsin e il ruolo dell’Ebraismo
nella Rivoluzione Russa


Prima parte


Gli articoli di Don Curzio Nitoglia sono reperibili nel suo sito: qui e qui





La Rivoluzione russa in breve

L’impero zarista era entrato in guerra nel 1914 (assieme alla Francia, all’Inghilterra e all’Italia aggiuntasi nel 1915), ma nel 1917 la Russia entrò in crisi sia perché non era industrialmente sviluppata sia perché la propaganda del comunismo russo, ostile al conflitto, fiaccava il morale delle truppe (1).

Alla fine del febbraio del 1917 (secondo il calendario russo (2)) a Pietrogrado, la capitale russa, scoppiò una violenta protesta contro la scarsità dei generi alimentari. L’esercito zarista ebbe l’ordine di reprimere la dimostrazione, ma i soldati si ribellarono agli ufficiali e non eseguirono gli ordini. Fu l’inizio della Rivoluzione russa.

Lo zar Nicola II abdicò in favore di suo fratello Michele, ma in realtà il potere passò alla Duma, il Parlamento russo, che fu sciolto dallo Zar medesimo. Il primo governo provvisorio russo fu guidato da Aleksandr Kerenskij, appoggiato da liberali e socialisti moderati (“menscevichi”) e decise di continuare la guerra. La Russia era diventata una Repubblica democratica.

Tuttavia il movimento comunista radicale (“bolscevico”) capitanato da Lenin era assai attivo nella propaganda contro la continuazione della guerra, sia nell’esercito che nelle fabbriche e nelle campagne; l’esercito russo, sprofondato nell’anarchia, era praticamente inesistente.

La guerra volgeva al peggio soprattutto per la Russia ed anche la Germania con l’Austria-Ungheria si trovavano in difficoltà sempre maggiori dopo l’entrata in guerra degli Usa (1917). Il governo Kerenskij era sempre più debole, mentre la propaganda bolscevica diventava sempre più forte. Il 23 ottobre (secondo il calendario russo) Lenin passò all’azione e tentò un colpo di Stato. A Pietrogrado i militanti bolscevichi assieme ai militari ribelli assaltarono la sede del governo provvisorio di Kerenskij costringendolo alla fuga. Iniziò, quindi, la seconda parte della Rivoluzione russa, che portò al trionfo del bolscevismo con la dittatura di Lenin, che abolì la proprietà privata e la religione e segnò la fine della Grande guerra per la Russia. Tutto ciò provocò il crollo della produzione agricola ed una grande carestia, che causò la morte di circa 5 milioni di russi.

Nel 1918 lo zar con la sua famiglia vennero uccisi dai bolscevichi e si formarono le Armate Bianche in contrapposizione all’Armata Rossa, organizzata da Leone Trotskij, la quale nel giro di due anni sconfisse le Armate Bianche fedeli allo zarismo. Nel 1922 la Russia si chiamò Urss (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) o Unione Sovietica.

Vinta la guerra civile, Lenin avviò una “nuova politica economica” (NEP), ridando libertà al piccolo commercio, permettendo ai contadini possidenti (“kulaki”) di assumere braccianti e di vendere i prodotti delle loro terre liberamente. Era il solo modo di salvare l’economia dell’Unione Sovietica, rovinata dall’applicazione stretta dei princìpi marxisti.

Dopo la morte di Lenin (1924) vi fu un contrasto tra Trotskij, che avrebbe voluto la diffusione della rivoluzione in tutto il mondo (“Rivoluzione permanente”), e Stalin, che sosteneva la teoria del Socialismo in un solo Paese, per rafforzarlo prima di esportarlo nel mondo intero. Stalin († 1953) ebbe la meglio e prese il potere. Nel 1929 costrinse Trotskij all’esilio ed infine lo fece assassinare in Messico nel 1940.

Il ruolo dell’ebraismo nella Rivoluzione del febbraio 1917

Aleksandr Solgenitsin (1918-2008) ha pubblicato nel 2002 la storia delle relazioni tra ebrei e Rivoluzione russa in due volumi, chiamata Due secoli insieme. Essa è stata tradotta in francese da Fayard di Parigi nel 2003 e nel 2007 dalle Edizioni Controcorrente di Napoli (3). Il primo volume tratta dell’Ottocento (Ebrei e Russi prima della Rivoluzione) e il secondo del Novecento (Ebrei e Russi durante il periodo sovietico).

             

Mi baso sostanzialmente sul secondo volume del Solgenitsin per svolgere il tema che mi sono proposto. Il lavoro dell’Autore è molto ben curato e ricco di riferimenti bibliografici specialmente russi. Per non appesantire il testo rinvio alla citazione del libro di Solgenitsin e chi vorrà potrà verificare le fonti che egli cita abbondantemente (4).

L’Esordio del libro di Solgenitsin

Mi sembra necessario riportare l’Esordio del primo volume di Solgenitsin per capire lo spirito con cui l’Autore ha affrontato il problema.

“Nel mio lavoro, che dura da mezzo secolo, sulla storia della Rivoluzione russa, mi sono imbattuto più di una volta nel problema delle relazioni tra russi ed ebrei. Nutrivo la speranza che un autore mi avrebbe anticipato ed avrebbe saputo chiarire, con l’ampiezza e l’equilibrio necessari, questa incandescente questione. Ma il più delle volte abbiamo avuto a che fare con rimproveri unilaterali. O i russi sono colpevoli di fronte agli ebrei; oppure, al polo opposto, i russi che si sono occupati di questo problema relazionale lo hanno fatto per la maggior parte con astio, eccesso. […]. Il popolo ebreo è al contempo soggetto attivo e oggetto passivo della storia. Gli avvenimenti che hanno colpito questo o quel popolo nel corso della storia non sono sempre stati determinati da questo solo popolo [ebraico, ndr], ma da tutti quelli che lo circondavano. Un atteggiamento troppo passionale dell’una e dell’altra parte è per ciascuna di esse umiliante
(A. Solgenitsin, Due secoli insieme. Ebrei e Russi prima della Rivoluzione, Napoli, Controcorrente, 2007, I vol., pp. 5-6).

Tuttavia dallo studio del libro risulterà il ruolo preponderante, non esclusivo, che l’ebraismo ha giocato nella Rivoluzione russa. Quindi Solgenitsin lo risolve con equilibrio, ma anche con gran rigore storico attribuendo a ciascuno i suoi meriti e demeriti. È per questo motivo che mi baso soprattutto sul suo studio per porgere al lettore una piccola sintesi dell’immenso problema della preponderanza ebraica nella Rivoluzione russa.

La preponderanza ebraica

La comunità ebraica russa acquistò l’eguaglianza giuridica con la Rivoluzione del febbraio 1917 (A. Solgenitsin, Due secoli insieme. Ebrei e Russi durante il periodo sovietico, Napoli, Controcorrente, 2007, II vol., p. 29).
In quelle giornate Pietrogrado era nel pieno caos non solo sociale, ma anche di opinioni e di scritti “la stampa e la società concordano solo su un punto: la necessità di instaurare sùbito l’uguaglianza giuridica per gli ebrei […], la soppressione di ogni discriminazione religiosa o razziale. L’uguaglianza giuridica per gli ebrei avanzò a grandi passi” (cit., p. 30).

Nel marzo del 1917 vennero prese “energiche misure contro gli antisemiti dichiarati o ritenuti tali” (cit., p. 35). “In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, si notano riunioni di massa per sostenere la rivoluzione e i diritti degli ebrei russi” (cit., p. 41).
Il magnate e banchiere statunitense Jacob Schiff “iniziò a sostenere il governo Kerenskij con una sostanziosa linea di credito. Schiff aveva in effetti attivamente finanziato la stessa rivoluzione. […]. La stessa Rivoluzione di febbraio aveva con cognizione di causa e a più riprese invocato l’aiuto degli ebrei in quanto nazione interamente asservita. Le testimonianze sono quasi unanimi nel dirci che ovunque in Russia gli ebrei accolsero la rivoluzione con entusiasmo” (cit., pp. 41-42).

Solgenitsin constata: “I numerosi anni [circa 50, ndr] del mio meticoloso lavoro su quest’epoca mi hanno permesso di penetrare il senso intimo della Rivoluzione di febbraio e, di conseguenza, il ruolo svolto dagli ebrei. […]. In seno all’intellighenzia c’erano naturalmente molti ebrei, ma questo non ci permette di dire che la rivoluzione fu ebrea. […]. Dalla Rivoluzione di febbraio la comunità ebrea russa ha ricevuto integralmente tutto ciò per cui aveva lottato. […]. È già successo altre volte nella storia che un libro si sia abbandonato a questa tentazione facile e pericolosa: scaricare tutto sugli ebrei. La Rivoluzione russa è stata fatta dalle mani russe a causa di una mancanza di discernimento russo. Ma, parallelamente, nella sua ideologia, un ruolo significativo, determinante, è stato svolto da un’intransigenza assoluta rispetto al potere storico russo, che i russi, a differenza degli ebrei non avevano il diritto di provare. Questa intransigenza si era nettamente accentuata dopo il processo di Beyliss [accusato di “omicidio rituale”, ndr (5)]” (cit., p. 46).




Il “Comitato Esecutivo del Soviet” costituito nelle prime ore della rivoluzione «era un governo-ombra dei più duri, fu esso a privare il governo provvisorio di Kerenskij di ogni potere reale pur guardandosi dall’assumere direttamente e apertamente il potere. È appunto questo Comitato Esecutivo a condurre il Paese alla rovina. Durante l’estate del 1917, uno dei membri di questo Comitato esecutivo, Joseph Goldenberg, spiegò al diplomatico francese Claude Anet: “Fin dal giorno in cui abbiamo fatto la Rivoluzione, abbiamo capito che, se non distruggevamo l’esercito, esso avrebbe schiacciato la Rivoluzione. Dovevamo scegliere tra l’esercito e la Rivoluzione. Non abbiamo esitato: ci siamo schierati con quest’ultima”» (cit., p. 48).

Solgenitsin continua: “Chi erano questi personaggi così fatalmente efficaci che componevano il CE? La composizione del CE preoccupava molto sia il pubblico sia i giornali, nel 1917, quando un buon numero dei suoi membri si nascondevano sotto pseudonimi: la Russia era governata, ma non si sapeva troppo bene da chi. Più tardi si seppe che nel CE c’erano una decina di soldati rincretiniti che facevano mostra di sé, ma non avevano alcun peso reale. Delle altre tre decine di membri veramente attivi, più della metà erano socialisti ebrei. C’erano russi, caucasici, lettoni e polacchi, ma i russi costituivano meno di un quarto” (cit., pp. 48-49).

Attualità del libro: Solgenitsin e Putin

In un’intervista al mensile americano Atlantic, Henry Kissinger ha detto: “Per capire Putin si deve leggere Dostoevskij. […]. Putin è uscito da Dostoevskij, angosciato dalla mancanza di religiosità, dal permessivismo e dal declino morale” (6).
Dostoevskij era stato condannato come reazionario dal regime sovietico per un “eccesso di valori soprannaturali” contenuti nelle sue opere. «Peter Savodnik in un articolo apparso sull’ultimo numero di Vanity Fair enuclea i motivi per cui Dostoevskij affascina tanto Putin: “La vecchia Russia è buona e pura. L’Occidente è male, è impuro. Putin cita spesso Dostoevskij nei suoi discorsi. Putin è attratto dal bizantino Dostoevskij”. […].
Marta Dell’Asta ci dice che Dostoevskij leggeva il problema della modernità in maniera molto profonda. Per Dostoevskij la Russia era parte dell’Europa, era consapevole di questa unità spirituale profonda. La sua critica non era all’Occidente in quanto tale, ma al suo tradimento delle radici cristiane.
Su Cavour Dostoevskij ha scritto: ‘Cosa ha fatto questo conte di Cavour? Ha trasformato un Paese che per mille anni aveva vissuto di un ideale universale in un Paese piccolo, pieno di debiti e contento di esserlo’.
Dostoevskij amava la Russia cristiana, per lui tradita. Per lui era fondamentale che la Russia fosse cristiana. […]. Putin per il 2018 organizzerà il centenario di Aleksandr Solgenitsin. Quattro mesi prima della sua morte Solgenitsin elogiò Putin. Sotto Putin la nazione sta riscoprendo quello che deve essere russo.





La prima volta che si videro, Putin e Solgenitsin, fu nel 2000 nella dacia dello scrittore e i due rimasero appartati in biblioteca per lungo tempo. Putin oggi ama accompagnarsi alla vedova del grande scrittore in occasione di eventi importanti. […]. Andrew Kaufman, uno dei maggiori esperti di letteratura russa, scrive: “Putin ha scelto Dostoevskij, il quale credeva che la missione speciale della Russia nel mondo fosse quella di creare un impero cristiano pan-slavo con la Russia al timone. Dostoevskij riteneva che la Russia fosse la più spiritualmente avanzata di tutte le Nazioni”» (7).

Il 1917

Soltanto un mese dopo la rivoluzione, nell’aprile del 1917, il Governo provvisorio di Kerenskij si accorse che «la situazione finanziaria della Russia, già prima non molto brillante, era catastrofica; decise allora di lanciare un prestito. Il ministro delle Finanze, Terechtchenko, aveva fatto questa dichiarazione alla stampa: “Sin d’ora sono stati assunti impegni per coprire questo prestito con banchieri per la maggior parte ebrei”. Di fatto non appena il prestito venne aperto la stampa fu inondata di comunicati che parlavano di importanti sottoscrizioni provenienti da ebrei, con titoli in prima pagina in forma di appelli del genere: “Cittadini ebrei! Sottoscrivete il prestito per la Libertà!”
Alla sinagoga di Mosca, furono così raccolti 22 milioni di rubli in una sola volta. In Occidente gli ebrei non fecero orecchie da mercante: Jacob Schiff prestò un milione, come fecero pure i Rothschild di Londra» (cit., pp. 51-52).

Molti ebrei si impegnavano nella vita politica del Paese. “Fin dai primi giorni successivi agli eventi di febbraio, la stampa centrale pubblicò numerosi comunicati annuncianti lo svolgimento di raduni privati, riunioni, assemblee organizzate dai partiti ebrei: i più numerosi emanavano dal Bund. […]. Il vivace rifiorire di attività dei partiti ebrei a Pietrogrado prova indirettamente che al momento della rivoluzione la capitale contava una popolazione ebrea sufficientemente numerosa e dinamica. Per contro non c’era un proletariato ebreo” (cit., p. 53).

Per una strana coincidenza proprio nel marzo del 1917 le truppe britanniche arrivarono alle porte di Gerusalemme, dopo la disfatta dell’impero ottomano. Gli ebrei sionisti di Odessa in Russia in un proclama dichiararono: “Siamo entrati nell’epoca in cui gli Stati si rimodellano su basi nazionali. Guai a noi se lasciassimo passare questa occasione storica!” (cit., p. 55).
Jacob Schiff dichiara il suo filo-sionismo spiegando che “teme l’assimilazione degli ebrei, conseguenza possibile dell’ottenimento dell’uguaglianza giuridica in Russia. Egli ritiene che solo la Palestina sia il centro a partire dal quale la cultura ebrea potrà propagare i suoi ideali” (cit., p. 56). Per far ciò occorrerà “amplificare il movimento di emigrazione verso la Palestina e mobilitare il capitale ebreo per finanziare l’insediamento di coloni” (ivi).



Inoltre, dopo la disfatta dell’impero ottomano, Jabotinski proponeva di formare una legione ebraica nel seno dell’esercito britannico entrato vittorioso in Turchia, per giungere in Palestina, mentre Trumpeldor proponeva di creare un esercito ebreo in Russia, che avrebbe fatto rotta per il Caucaso per liberare ed occupare definitivamente la Terra d’Israele, ossia la Palestina, ma queste due proposte non vennero accettate sùbito dall’Organizzazione sionista internazionale (ivi).

La conclusione generale cui arrivavano allora i movimenti ebrei russi era che “l’ebraismo non aveva sofferto per ottenere solo l’uguaglianza dei diritti in Russia, ma affinché il popolo ebreo rinasca nella sua patria palestinese, ed essi decidono di creare sùbito in Russia delle legioni per la conquista della Palestina” (cit., p. 57).

Un altro avvenimento degno di nota e di grande importanza per l’ebraismo russo nel 1917, secondo Solgenitsin, è “la possibilità per gli ebrei di accedere al grado di ufficiale nell’esercito russo” (cit., p. 59). Numerosissimi furono gli ebrei che sbarcavano allora in Russia, provenienti dagli Usa e che venivano chiamati “combattenti rivoluzionari” (cit., p. 62).

Secondo le organizzazioni ebraiche russe “se la controrivoluzione prevalesse, per gli ebrei ci sarebbero esecuzioni massicce. Perciò essa deve essere stroncata sul nascere ed anche il suo seme deve essere distrutto [v. i Romanov, ndr]. Gli ebrei sapranno difendere la loro libertà” (cit., p. 66). Solgenitsin nota che in questo passaggio si trova contenuto il programma dei bolscevichi.

Il numero degli ebrei nel partito bolscevico e in tutti i partiti che hanno operato per approfondire la rivoluzione (menscevichi e socialisti rivoluzionari) non corrisponde alla loro percentuale nella popolazione russa: gli ebrei erano proporzionalmente molto più numerosi nelle istanze dirigenti (cit., p. 69).

Infine Solgenitsin ci spiega che “chi governò veramente la Russia dalla primavera all’autunno del 1917 non fu il Governo provvisorio, ma il Comitato Esecutivo del Soviet di Pietrogrado, potente e impenetrabile, sostituito dopo giugno dal Comitato Centrale Esecutivo” (cit., p. 71).

Ciò che addolora Solgenitsin è lo spirito di derisione della Russia che animava il movimento ebraico in quell’anno 1917 (cit., p. 73). Quindi conclude che “nel momento in cui scoppiò la Rivoluzione di febbraio non esisteva in Russia un antigiudaismo popolare, mentre nel corso dei primi mesi successivi alla Rivoluzione di febbraio, furono proprio gli ambienti popolari a manifestare irritazione nei confronti degli ebrei” a causa del loro arricchimento durante la rivoluzione mentre la popolazione russa soffriva la fame (cit., p. 76). Inoltre “l’attività degli ebrei nelle sfere del potere era sempre più impressionante e il Comitato Esecutivo combatté l’antisemitismo popolare con la massima energia” (cit., p. 79).

“Il regime di febbraio era quello più favorevole alla comunità ebraica, la quale, grazie ad esso, avrebbe conosciuto la prosperità economica e la fioritura politica” (cit., p. 85).

Tuttavia tra le forze rivoluzionarie la meno ebraicizzata era il bolscevismo. “Bisogna dirlo molto nettamente. Il putsch bolscevico di ottobre non fu guidato dagli ebrei (eccezion fatta per Trotskij e Tchudnovski). La Rivoluzione di ottobre è stata una catastrofe per la maggior parte russa” e guidata dai russi (cit., p. 85).

Solgenitsin conclude che se il bolscevismo non era molto popolare tra gli ebrei prima del putsch di ottobre, al momento della sua vittoria i socialisti rivoluzionari conclusero un’alleanza con i bolscevichi ebrei Trotskij e Kamenev e “certi ebrei si ritrovarono nel bolscevismo e, persino, vi si distinsero sin dalle sue prime vittorie” (cit., p. 86).

Nel prossimo articolo studieremo l’alleanza che portò l’ebraismo a fianco del bolscevismo vittorioso.



NOTE

1 - La Triplice Alleanza fu stipulata nel 1882 e durò fino al 1915, fu un patto militare fra impero austro-ungarico, Germania e Italia (uscita nel 1915). Aveva uno scopo difensivo: cioè le tre Nazioni coinvolte avrebbero dovuto aiutarsi reciprocamente in caso di attacchi esterni. La Triplice Intesa fu un accordo, stilato nel 1904, tra la Gran Bretagna, la Francia e la Russia (entrata nel 1907). In particolare: la Gran Bretagna voleva contrastare la Germania a causa del suo primato economico e commerciale; la Francia era rivale della Germania a causa dell’Alsazia e della Lorena che erano state conquistate dalla Prussia di Bismarck nel 1870; la Russia voleva contrastare l’espansionismo austro-ungarico ad est.
2 - Marzo 1917 secondo il calendario gregoriano, che segue di 13 giorni quello russo.
3 - I volumi possono essere ordinati a: controcorrente_na@libero.it; tel. 081. 421. 349; fax 081. 420. 25. 14.
4 - ARR: Archivi della Rivoluzione russa, Slovo, Berlino, 1922-1937; EG: Enciclopedia giudaica (16 voll.), Pietroburgo, 1906-1913; EGR: Enciclopedia giudaica russa, Mosca, II ed., 1994 in corso di pubblicazione; LMGR-1: Libro sul mondo giudaico russo dal 1860 al 1917, Unione degli ebrei russi, New York, 1968; LMGR-2: Libro sul mondo giudaico russo, 1917-1967, Unione degli ebrei russi, New York, 1968; RiE: La Russia e gli ebrei, YMCA Press, Parigi, 1978, ed. originale Berlino, 1924.
5 - A questo processo partecipò come perito mons. Biovanni Battista Prainatis, che scrisse per l’occasione Christianus in Talmude Judaeorum, un’antologia del Talmud in cui son riportati in ebraico e tradotti in latino i passaggi ferocemente anticristiani, tendenti a giustificare la condanna a morte di Cristo e l’uccisione dei cristiani. Esiste una traduzione italiana di questo libro sotto il titolo I segreti della dottrina rabbinica, Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2001.
6 - Giulio Meotti, Putin di Guerra e Pace. Coltiva i grandi della letteratura russa, da Tolstoj a Solgenitsin, anche a fini politici, in “Il Foglio Quotidiano”, 28-29 gennaio 2107, p. I.
7 - Giulio Meotti, Putin di Guerra e Pace. Coltiva i grandi della letteratura russa, da Tolstoj a Solgenitsin, anche a fini politici, in “Il Foglio Quotidiano”, 28-29 gennaio 2107, p. I.







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marzo 2017
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