Le solite sottili suggestioni

Ermeneutica del linguaggio dei mezzi d’informazione specializzati in cose di Chiesa


Siccome non è nostra intenzione accendere polemiche ad personam, sia per buon gusto sia perché siamo primariamente cattolici, parleremo del peccato senza fare il nome del peccatore.
È chiaro che facciamo così non perché siamo buoni e perdoniamo sempre i peccatori, ma solo perché ci interessa segnalare come possa essere capziosa e finemente prevenuta la cosiddetta informazione oggettiva di certi giornalisti cattolici.
Ah! Modernismo! Quanti figli naturali continui a mettere al mondo!

L’argomento è quello d’attualità: l’incontro fra la Congregazione per la Dottrina della Fede e la Fraternità San Pio X, del 14 settembre 2011.

La Santa Sede ha presentato… un breve documento… chiedendo ai lefebvriani di valutarlo…

Visto che si parla di Santa Sede e di Congregazioni religiose, sembrerebbe un po’ più serio evitare termini mutuati dalla vulgata politica. Anche perché il termine lefebvriani offende, non solo Mons. Lefebvre e i fedeli tradizionali, ma soprattutto la Chiesa cattolica a cui essi appartengono.
Dovremmo guardare anche all’acume del giornalista?
No! Abbiamo già detto di no!


Durante l’incontro che si è svolto nella mattina del 14 settembre al palazzo del Sant’Uffizio il cardinale William Levada e l’arcivescovo Ladaria, rispettivamente Prefetto e segretario della Congregazione per la dottrina della fede, insieme a monsignor Guido Pozzo, segretario della commissione Ecclesia Dei, hanno presentato a Fellay e a due suoi collaboratori ciò che la Santa Sede ritiene imprescindibile perché si torni alla piena comunione.”

Mentre da un lato, quello della Santa Sede, c’erano un cardinale, un vescovo e un monsignore, dall’altro, quello dei “lefebvriani”, appunto, c’erano un tizio detto Fellay e due suoi assistenti: il fornaio con due garzoni.
Certo, siamo i primi a riconoscere che si tratta solo del linguaggio giornalistico e quindi non sarebbe il caso di vedervi alcuna prevenzione… ma per i prelati di Curia… è tutta un’altra cosa… forse perché per certi giornalisti si tratta quasi dei loro datori di lavoro?


Ratzinger ha mostrato una magnanimità senza precedenti nei confronti della Fraternità: ha liberalizzato la messa preconciliare, come richiesto dai lefebvriani. Ha tolto le scomuniche ai quattro vescovi consacrati illecitamente da Lefebvre nel 1988. Ha voluto che si avviassero i colloqui dottrinali per permettere che i problemi sollevati dalla Fraternità fossero sviscerati e discussi.”

Immancabile la frase ad effetto: “una magnanimità senza precedenti”… ritornello ricorrente da alcuni anni, in perfetta adesione allo “spirito del Concilio”. “La Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore”… diceva già Giovanni XXIII.
Quindi con i “lefebvriani” è meglio la magnanimità… oggi… la stessa magnanimità usata ieri per certi preti sposati… e domani? Chissà… potrebbe essere usata anche con degli eretici.

Nessuna forzatura, si tratta solo della logica conseguenza del detto concetto di magnanimità.
Buonsenso vorrebbe che del Papa si dicesse che è stato avveduto e saggio, fino al punto di dichiarare che la Messa tradizionale non è mai stata abrogata… altro che liberalizzazione per compiacere i “lefebvriani”… fino al punto di annullare un decreto di scomunica… che fin dall’inizio faceva acqua da tutte le parti… fino al punto di concordare con la Fraternità… che lo dice da 40 anni…  che tanti documenti conciliari contengono elementi di dubbia correttezza dottrinale.
Si tratta solo di semplice buonsenso cattolico, che forse non è gradito a certi giornalisti.

Si era detto più volte che la condizione per la piena comunione sarebbe dovuta essere l’accettazione dell’ultimo Concilio da parte dei lefebvriani. In realtà il «preambolo dottrinale» consegnato ieri a Fellay e non ancora reso pubblico, ha una portata più vasta, e rappresenta una sorta di piattaforma imprescindibile, con «alcuni principi dottrinali e criteri di interpretazione della dottrina cattolica.
Traduzione in italiano corrente, quello usato dai fedeli cattolici:
Chi diceva che la condizione per la piena comunione sarebbe dovuta essere l’accettazione dell’ultimo Concilio… si sbagliava (forse per eccesso di zelo verso certi ambienti vaticani).
Il preambolo parla solo di “alcuni principi dottrinali” (vuoi vedere che si tratta degli stessi principi ribaditi dalla Fraternità in due anni di colloqui?) e di “criteri di interpretazione della dottrina cattolica” (vuoi vedere che si tratta del rigetto dell’ermeneutica della rottura?)

Insomma tutto da vedere… per intanto l’unica cosa certa è che non è stata posta la condicio sine qua non dell’accettazione del Concilio, e questo disturba molti profeti che si dicevano “informati”… magari da quegli stessi ambienti della Segreteria di Stato che sono stati clamorosamente smentiti. Insomma un altro pasticcio vaticano-secondista pubblicizzato come verità cattolica da certi giornalisti.


Segue una lunga dissertazione sul contenuto del testo del “preambolo dottrinale”, ma visto che si continua a ripetere che non si conosce ancora, ci asteniamo dal soffermarci su delle semplici congetture.


In Vaticano spiegano che la richiesta di accettare la professione di fede contenuta nel «preambolo dottrinale» non significa voler ridurre al silenzio i lefebvriani, né tantomeno rendere impossibile la discussione franca su singole affermazioni dei testi conciliari e sulle loro interpretazioni. Del resto, le critiche al magistero non sono mai state una prerogativa del solo mondo tradizionalista: basti pensare a quanti sono, invece, gli attacchi in questo senso che provengono dal mondo progressista. Le diverse interpretazioni non devono però diventare il pretesto – questa è la linea della Santa Sede – per rifiutare il magistero ordinario del Papa e del collegio dei vescovi.

Il comunicato della Santa Sede dice testualmente: “lasciando nel medesimo tempo alla legittima discussione lo studio e la spiegazione teologica di singole espressioni o formulazioni presenti nei documenti del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo.
Il che significa, sempre in italiano corrente, che continua ad essere legittimo discutere, studiare e spiegare espressioni e formulazioni (cioè non semplici parole o frasi) presenti, non solo nei documenti del Concilio, ma anche in quelli che successivamente la Santa Sede ha emanato, sia per affermare cose diverse, sia per spiegare il Concilio.

Questa affermazione è talmente chiara e talmente omnicomprensiva che sembra davvero incredibile come si possa poi passare ad affermare, di fatto, che quei discoli di tradizionalisti in fondo non fanno altro che lo stesso lavoro distruttivo dei progressisti, avanzando obiezioni che sono alla pari di quelle avanzate da chi vuole trasformare la Chiesa cattolica in una setta protestante.
Ecco un’altro vecchio ritornello che in questi ultimi anni è stato ripetuto, come fosse frutto di una “velina”, da tutti quelli che muoiono dalla voglia di vedere colare a picco la Fraternità, soprattutto se ritengono che questa continui a togliere loro la scena e impedisca loro di far finta di criticare il Concilio per poterne avallare meglio perfino le più evidenti storture.
Anche a non voler fare forzature, appare chiaro che la Santa Sede, dopo 2 anni di “colloqui” con la Fraternità, riconosce che non solo è legittimo mettere in discussione il Concilio, ma allorché i termini che suscitano dubbi sulla continuità dottrinale con l’insegnamento di sempre, vengono espressi anche dal Magistero, si è legittimati a sollevare interrogativi e a esigere chiarimenti, poiché ogni cattolico sa che la preoccupazione primaria della Chiesa non è il Concilio Vaticano II o i documenti di questa o di quella Congregazione o le lettere pastorali dei vescovi o perfino le affermazioni del Papa, ma la trasmissione della Fede e della dottrina della Fede, per il bene della Santa Chiesa e delle anime.


Da parte vaticana si è però osservato che bisognerà continuare a discutere sui singoli fatti… ma senza per questo mettere in discussione il magistero del Papa o attribuire la crisi della Chiesa al Concilio.

Se uno si rompe una gamba perché scivola dalle scale su una macchia di unto, si ha voglia a dire che è scivolato per colpa dell’unto, quando nulla impedisce di pensare che sia colpa delle scale che si sono mosse, o del piede che in quel momento pensava ad altro.
E la frattura… si ha voglia a dire che è conseguenza della caduta, quando nulla impedisce di ritenere che si debba parlare di fragilità delle ossa.
Di questo passo, ciò che è accaduto, che si è dichiarato, che si è fatto, in questi 40 anni che hanno seguito il Concilio… si ha voglia a dire che è colpa del Concilio, quando nulla vieta di pensare che sia colpa degli aborigeni australiani.

Solo che, anche un bambino lo capisce, se non è colpa del Concilio è colpa del Vaticano e dei vescovi: o perché in 40 anni non hanno fatto il loro dovere, o perché tanti di quei “fatti” erano e sono da loro condivisi.
Ed ecco quindi che diventa logica e comprensibile la frase del giornalista: “Fellay ha chiesto chiarimenti e ha insistito molto sulla situazione critica in cui, a suo dire, versa la Chiesa”… perché è chiaro a tutti, e non da ora ma da decenni, che l’unico che pensa che la Chiesa versa in una situazione critica è proprio quel tale Fellay che il Papa ha chiamato in Vaticano per discutere della crisi della Chiesa! … ma, come si sa, il Papa non fa il giornalista… fa il Papa!.

Ora la decisione è nelle mani dei lefebvriani”… i quali non devono fare altro che accettare… perché “facendo fallire questa occasione storica porterebbero all’affermarsi di una mentalità settaria”.

E chi sarebbero i costoro che porterebbero all…? ”Le sirene della divisione”… dice il giornalista. E qui cade, suo malgrado, in uno dei cosiddetti “lapsus” freudiani: cioè parla di cose che ben conosce… perché sono sue proprie.

Lo abbiamo detto prima… sono in troppi a pregare perché la Fraternità non si stagli con forza alla luce del sole… tanti potrebbero perdere pure la faccia.

E se la Fraternità non accettasse? Ovviamente non resterebbe che scomunicarla, perché dimostrerebbe una mentalità settaria, e non tanto perché è quello che ritiene il Papa, quanto perché è quello che ritengono certi ambienti vaticani, come la Segreteria di Stato, e certi ambienti cattolici in cui vivono certi giornalisti.

Non sarebbe più serio e tanto più cattolico lasciare che la Fraternità decida in piena serenità facendo appello alla sua primaria preoccupazione, riconosciuta anche dal Vaticano, del bene della Chiesa e delle anime?
Soprattutto dopo tante dichiarazioni ufficiali in questo senso?

E non sarebbe molto più cattolico che ognuno si limitasse a fare ciò che sa fare, attenendosi alla propria grazia di stato?





settembre 2011

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