In tutta obiettività



Considerazioni sulla prossima riunione di Assisi
del 27 ottobre 2011


Pubblicate su L’Hermine
Bollettino del Priorato Sant-Louis (Francia)
Numero speciale per Assisi 2011


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Il 1 gennaio 2011, a conclusione della recita dell’Angelus in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha annunciato l’intenzione di celebrare il 25° anniversario dell’incontro interreligioso di Assisi, rinnovando il gesto compiuto da Giovanni Paolo II. Egli convoca quindi nuovamente ad Assisi il 27 ottobre prossimo, 25 anni dopo la prima riunione del 1986, giorno più giorno meno, i rappresentanti di tutte le tradizioni religiose del mondo affinché questo «pellegrinaggio» comune permetta «di rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace».
Quantunque realizzata per la terza volta (dopo 1986 e il 2002), questa convocazione delle religioni ad Assisi per un «momento di preghiera» non può non scioccare quando ci si ricordi delle condanne estremamente pesanti di Leone XIII e di Pio XI contro questo tipo di convegni: solidarizzare con i propugnatori di tali prassi, dicono questi papi, significa allontanarsi «del tutto dalla religione rivelata da Dio».

Qualcuno dice che Assisi 2011 non sarà Assisi 1986, poiché il buon Papa Benedetto saprà evitare gli eccessi del primo incontro. Non più Budda sui tabernacoli al posto del Crocifisso, non più preghiere animiste ai piedi del Poverello, ecc. In qualche modo il gesto non sarà più nemmeno strettamente religioso, essendo innanzi tutto un incontro di tipo culturale e cioè diplomatico. Sarebbe stata trovata una terza via, in grado di evitare sia gli eccessi di Giovanni Paolo II, che tuttavia è stato beatificato, sia i rigori di Pio XI, giudicati fuori tempo?
Certo, ognuno è libero di avere una sua opinione, col rischio tuttavia di lasciarsi andare a tali illusioni. In queste questioni sensibili è sempre difficile – in un senso o nell’altro – non lasciarsi vincere dalla propria emotività, o dalle circostanze, così coinvolgenti in questi ultimi tempi… Resta il fatto, però, che è necessario un giudizio serio. Cosa che impone di mettere da parte le forme concrete che assumerà o meno questa giornata e di guardare con distacco agli elementi della cronaca, in breve di trascurare le circostanze dell’atto per incominciare a coglierne la vera natura. Poiché è questo il metro primario col quale un atto dev’essere moralmente giudicato e col quale dobbiamo giudicare Assisi.
Noi ci troviamo infatti stretti tra due papi: uno che organizza ciò che l’altro condanna formalmente.

Quali sono allora i principi invocati da Benedetto XVI per rendere conto del suo gesto, principi che soli definiscono questa giornata e ne delineano tutta la portata? Benedetto XVI ne invoca due.
Innanzi tutto quello che da solo fonda la convocazione interreligiosa: ogni atto religioso, di qualsivoglia religione, fa avanzare sul cammino che porta a Dio. Poi il principio formale della preghiera espressa: il cammino della pace non è altro che il cammino della libertà religiosa. Ora, questi due principi sono esplicitamente condannati dal Magistero della Chiesa: il primo in quanto «perverte la nozione di vera religione», il secondo in quanto qualificato come «delirio» da Gregorio XVI.
Quindi, quali che siano le circostanze che caratterizzeranno quest’atto, esse rimarranno sempre secondarie e per ciò stesso incapaci di rendere buono un atto formalmente malvagio.
È possibile che non ci sia più il Budda sull’altare, è possibile che non preghino più tutti insieme, ma che semplicemente si ritrovino insieme per pregare, è possibile… è possibile. Comunque vadano queste possibilità Assisi III non si distinguerà formalmente da Assisi I, poiché entrambi saranno – certo in maniera diversa, ma questo è molto secondario – l’espressione concreta degli stessi principi, principi che sono contrari alla fede cattolica e che sono disastrosi per l’umanità.
In questo senso, che è l’essenziale, Assisi III è da condannare altrettanto fortemente che Assisi I.

Don Patrick de La Rocque


Perché Benedetto XVI rinnova Assisi?

Il prossimo incontro di Assisi è presentato solo con due documenti ufficiali: l’annuncio del Papa all’Angelus del 1 gennaio 2011 e il comunicato della Santa Sede del 2 aprile scorso. Sembra poco per gli appetiti dei cronisti, ma basta largamente a chi intende cogliere i principi – due – che fondano la riunione religiosa di Assisi.


1° principio: ogni uomo, con la sua religione, è effettivamente in cammino verso Dio

Nel suo messaggio del 1 gennaio, Benedetto XVI invita «gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà» a rinnovare ad Assisi il loro impegno a «vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace», poiché, egli dice, «Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace».
Il Papa non dice «chi si ritiene in cammino verso Dio», ma «chi è in cammino verso Dio». Il che significa che per Benedetto XVI, come già per il decreto conciliare sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae, n° 3 § 2 e n° 4 § 2), ogni percorso religioso, quale che sia la «tradizione religiosa», è un effettivo cammino verso Dio, raggiunge Dio.
In altri termini: tutte le religioni portano a Dio, poiché ogni atto religioso è un cammino verso Dio. Questa sola asserzione permette a Benedetto XVI di affermare che tutte le religioni sono costruttrici di pace («Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace») e quindi di invitarle a compiere insieme un percorso religioso il prossimo ottobre.

Il comunicato della Santa Sede del 2 aprile dice la stessa cosa: «Ogni essere umano è, in fondo, un pellegrino in ricerca della verità e del bene. Anche l’uomo religioso rimane sempre in cammino verso Dio».
In altre parole, il cammino religioso – quale che sia la religione – è sempre un cammino «verso» Dio. Parlare di vera e falsa religione è ormai inutile: tutte e ciascuna permettono all’uomo di avanzare verso Dio.
Poi si afferma di nuovo con chiarezza che «Per questo motivo, saranno invitate a condividere il cammino dei rappresentanti delle comunità cristiane e delle principali tradizioni religiose…».
Questo principio è l’unico proposto a fondamento della convocazione interreligiosa di Assisi del prossimo ottobre.

2° principio: alla base della pace sta la libertà religiosa.

Chiarito il fondamento della riunione interreligiosa, resta da capire quale sarà l’oggetto: non quale forma concreta prenderà la preghiera – cosa decisamente secondaria in vista della portata ben più importante di questa riunione – ma quale pace il Papa intende promuovere.
La risposta la si trova lo stesso 1 gennaio nel messaggio per la pace indirizzato dal Papa al mondo e intitolato: «Libertà religiosa, via per la pace».
La pace di Benedetto XVI ha la sua fonte nel riconoscimento universale della libertà religiosa per tutti. Qual è questa libertà religiosa così reclamata? Nient’altro che quello che i papi chiamavano un tempo libertà di coscienza: «ogni persona deve poter esercitare liberamente il diritto di professare e di manifestare, individualmente o comunitariamente, la propria religione o la propria fede, sia in pubblico che in privato, nell’insegnamento, nelle pratiche, nelle pubblicazioni, nel culto e nell’osservanza dei riti. Non dovrebbe incontrare ostacoli se volesse, eventualmente, aderire ad un’altra religione o non professarne alcuna» (n°5).

Chiedere la pace significa dunque per Benedetto XVI chiedere la libertà religiosa per tutti. In questo contesto è sintomatica la frase con la quale il Papa conclude l’annuncio della nuova riunione di Assisi [parole del Papa rivolte ai pellegrini di lingua francese]: «Possa la Vergine Maria, Madre del Principe della Pace, aiutare ogni persona a rinnovare il suo impegno per costruire un mondo sempre più fraterno in cui tutti siano liberi di professare la loro religione o la loro fede».
Una tale supplica rivela fino al parossismo il paradosso del percorso di Assisi: il Papa in persona invoca la Vergine Maria perché tutti siano liberi di insultare la nostra Madre del Cielo negando: chi la sua verginità, chi la sua divina maternità, chi la sua immacolata concezione; perché tutti siano liberi, col pretesto della religione, di disprezzare il suo divino Figlio…


Perché Assisi 2011 dev’essere condannato fermamente?

L’incontro interreligioso di Assisi non si deve giudicare primariamente in funzione dei soli aspetti concreti che prenderà o no questa riunione (Budda rimpiazzerà o no il Crocifisso sull’altare, ecc), ma secondo i principi enunciati da Benedetto XVI per definire questa giornata. Ora, questi principi impongono che siano categoricamente rigettati, poiché incompatibili con la fede o la morale cattoliche.


1 – Solo la religione cattolica permette all’uomo di accedere effettivamente a Dio.

È di fede che solo la religione cattolica è il mezzo per la salvezza. Non c’è salvezza senza Nostro Signore Gesù Cristo (Atti 4, 12), sola porta che dà accesso a Dio (Gv. 10, 8-9).
Ora la Chiesa cattolica non è nient’altro che Gesù Cristo diffuso e comunicato, sicché «si deve tener per fede che nessuno può salvarsi fuori della Chiesa Apostolica Romana, questa è l’unica arca di salvezza» (Pio IX, Singulari quadam).
Per esclusione, è dunque contrario alla fede affermare simpliciter che tutte le religioni danno accesso a Dio.
Ma la nuova teologia si è affrancata proprio dal dogma «fuori della Chiesa non c’è salvezza». Nel suo libro Il nuovo popolo di Dio, in cui dedica il capitolo 7 a questo dogma, Joseph Ratzinger si rallegra per l’abbandono di questa formula, perché secondo lui la Chiesa non può pretendere di possedere l’esclusività della salvezza. L’autore si preoccupa quindi di ridare credito ad una Chiesa che ha osato avanzare tali pretese per un millennio.
Lungi da tali rinnegamenti, si deve ritenere che il primo principio enunciato da Benedetto XVI non è compatibile con la fede cattolica e che la riunione interreligiosa di Assisi è una negazione pratica del dogma «fuori della Chiesa non c’è salvezza». È per questo che Pio XI, nella sua enciclica Mortalium animos, scritta nel 1929 in occasione di una riunione simile, condannava precisamente il principio enunciato per giustificare Assisi 2011 e proibiva poi di associarsi a simili riunioni: «Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore […] donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio.»

2 – La libertà di coscienza è condannata dalla Chiesa

Per il fatto stesso che riconosce la veracità della sua religione e denuncia il carattere erroneo e infruttuoso delle altre, la dottrina cattolica non può che condannare la libertà religiosa, detta anche libertà di coscienza. Essa consiste nella negazione dei diritti e doveri naturali ad opporsi all’errore, sulla base della pretesa che la verità e l’errore non siano più un criterio di discriminazione, cioè che siano posti su un piano di uguaglianza.
Un tale diritto è sempre stato condannato dai papi, poiché, come sottolinea Leone XIII, «ripugna alla ragione che la menzogna abbia gli stessi diritti della verità» (enciclica Libertas).
E il Papa spiega: «La verità e l’onestà hanno il diritto di essere propagate nello Stato con saggezza e libertà, in modo che diventino retaggio comune; le false opinioni, di cui non esiste peggior peste per la mente, nonché i vizi che corrompono l’animo e i costumi, devono essere giustamente e severamente repressi dall’autorità pubblica, perché non si diffondano a danno della società».
Agire al contrario non significa favorire la pace, tutt’altro.
Come potrebbe il Cielo concedere la sua Pace ad un mondo che accorda agli idoli gli stessi diritti che ha Dio, e cioè che beffeggia i diritti di Dio? Tutta la storia non è lì a ricordare come l’oblio e il disprezzo del vero Dio comportino solo rovine e castighi? Tutti i fatti attuali, dal terrorismo allo scacco dell’integrazione sociale, non ci dicono a sufficienza che oggi la libertà religiosa è più seme di guerra che di pace?




ottobre 2011

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