Bergoglio ha ragione… tutti gli altri…  torto!

Un esempio di conformismo interessato


di Belvecchio



Amorosi sensi:
Francesco-Tornielli e Bergoglio-Borghesi


Siccome ormai siamo afflitti dal vizio di leggere ciò che si scrive sulle cose di Chiesa, ecco che ci siamo imbattuti in un’intervista condotta da Andrea Tornielli e riguardante Bergoglio e chi lo critica.

Chi è Tornielli? Tornielli è un vaticanista de La Stampa che si guadagna il pane scrivendo delle cose di Chiesa, con un occhio particolare per il Vaticano e i prelati che vi abitano. Per questo si chiama “vaticanista”. Ma si chiama anche vaticanista perché scrive in simbiosi col Vaticano, cioè scrive in maniera tale da non dispiacere agli abitanti del Vaticano.
Non è esatto, obietterà qualcuno, perché ci sono dei vaticanisti che non si preoccupano di dispiacere agli abitanti del Vaticano. E’ vero, ma a parte il fatto che in genere costoro finiscono col dover fidare solo sulle loro forze, in ogni caso Tornielli è uno che si è specializzato nell’elogio del Papa regnate, e questo non lo diciamo solo noi, ma ormai sono in tanti a dirlo… e da qualche tempo.
Intendiamoci, Tornielli fa quello che ritiene sia meglio e questo è del tutto legittimo, quindi la nostra non è una critica, ma una constatazione.

Tornando all’intervista, essa viene presentata cosi:
« La confusione nella Chiesa esiste. Però “a provocarla non è certo il Papa ma sono coloro che, per avversarlo, non esitano a moltiplicare le voci di dissenso”. Lo afferma il filosofo Massimo Borghesi…»

Chi Massimo Borghesi? E chi lo sa!
E’ lo stesso Tornielli che ci informa che è un “filosofo”… è cioè? Cioè uno che ama la saggezza, almeno in teoria, secondo l’etimo, e che è  “autore del primo studio scientifico sul pensiero di Francesco, Jorge Mario Bergoglio. Una biografia intellettuale (edito da Jaka Book)”. E cioè? Cioè uno che ha scritto un libro elogiativo su Bergoglio, e i libri si scrivono per proprio piacere e si pubblicano per guadagnare dei soldi… Borghesi, quindi, è uno che guadagna dei soldi con Jorge Mario Bergoglio.

E allora, fatte le presentazioni, veniamo all’intervista.
Anche per quanto riguarda Borghesi, egli dice quello che ritiene sia corretto e questo è del tutto legittimo, ma siccome la cosa vale anche per noi, dobbiamo dire che quello che dice Borghesi non è corretto, non tanto perché egli osserva e poi commenta, ma quanto perché egli prima si convince e poi osserva e quindi trova e commenta sulla base di quello di cui è convinto, e questo non è del tutto legittimo, anzi non lo è affatto!

Non intendiamo esaminare tutta l’intervista, alquanto ripetitiva, questo è un problema di Tornielli e di Borghesi, ci limitiamo solo a riportare alcuni passi che ci sembrano rivelatori di una condizione di spirito che è tipica dei nostri tempi e degli uomini che, diversamente da noi, si preoccupano di mettersi in mostra… vuoi come vaticanisti o filosofi, vuoi come vescovi o papi: ci riferiamo soprattutto alla tendenza a considerare gli altri, che sono persone reali, e gli accadimenti, che sono fatti concreti, secondo l’angolo di visuale della propria posizione e del proprio convincimento, riuscendo così a ricavarne, quasi sempre, un quadro tanto auto-convincente quanto auto-funzionale. Peccato che, quasi sempre, il risultato è una fantasiosa raffigurazione aderente solo all’immaginario personale.
Si distorce la realtà? No! Piuttosto, per la condizione di spirito moderna, la realtà non è quella vera, ma quella immaginata, al punto che può accadere, come vedremo in questo caso, che un albero nato diritto possa considerarsi storto e un albero storto possa ammirarsi come fosse diritto.
Accade! E oggi sempre più spesso!

A proposito del “volume di Enrico Maria Radaelli, Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo,  da poco pubblicato”, Borghesi afferma:
«Il punto è il Concilio il quale è, per il tradizionalismo, il responsabile degli errori modernisti che avrebbero segnato la Chiesa negli ultimi 50 anni. … In questa prospettiva gli attacchi sistematici contro il Papa attuale rientrano in una precisa regia: colpire il Pontefice, inviso a molti per il suo impegno per i poveri, i migranti, ecc., per riportare la Chiesa alla posizione preconciliare

Secondo questa colta considerazione, rivelatrice del pensiero di Tornielli e di Borghesi: il Vaticano II non è causa di alcunché; la Chiesa “negli ultimi 50 anni” non è stata segnata da alcun errore, ma solo da meriti; il Pontefice – Bergoglio – è impegnato per i poveri, cosa unica nella Chiesa, la Chiesa di prima del Concilio, infatti, disprezzava i poveri; il tradizionalismo è un punto di vista, ovviamente errato.

Questo il quadro in cui si colloca l’intervista di Tornielli a Borghesi.

Ma chi sono i tradizionalisti?
Secondo Borghesi:
«I tradizionalisti sono fermi alla Neoscolastica, cioè ad una particolare interpretazione del tomismo che, nella vulgata cattolica, aveva assunto un valore di dogma. Per loro i “preambula fidei” sono decisivi per accedere ad una fede il cui contenuto si risolve in un dogma al quale la ragione presta il suo “ossequio” in modo “indubitabile”. La ragione porta alla incontrovertibile eliminazione del dubbio. Una fede “indubitabile” è una fede pienamente “razionale”. Siamo di fronte ad un “razionalismo apologetico”, conseguente ad un processo storico che il neotomismo si rifiutava di analizzare

Il che significa, secondo il Borghesi, per questo appositamente interpellato da Tornielli, che i tradizionalisti si rifarebbero ad una “tradizione” del tutto moderna, che invece di essere veramente “tomista” è illuminista e razionalista, al punto da costituire un “razionalismo apologetico”, il quale, nonostante sia figlio della storia, si rifiuta di analizzare i processi storici.
Siamo al moderno filosofare puro: cioè all’uso spregiudicato del cervello per impostare i ragionamenti in modo da poter affermare che la filosofia non è l’amore per la saggezza, ma l’adorazione dell’amore, vale a dire l’amore per l’amore.

E la saggezza? Per questo… prego… rivolgersi a Tornielli e a Borghesi.

Una cosa sarebbe certa e da tenere a mente: la “tradizione” senza “processo storico” costituisce una fede col dogma della ragione; come precisa lo stesso Borghesi:
« Questo era solo per dirle che la nozione di “tradizione”, rivendicata dai tradizionalisti odierni è, paradossalmente, una nozione “moderna”. I tradizionalisti rifiutano il moderno e, al contempo, hanno una concezione della ragione tipicamente moderna

Ma, in definitiva, a cosa si riduce il “tradizionalismo” che vuole disconoscere il “tomismo” e nasce e muore con la moderna neoscolastica?
«Per la neoscolastica la Rivelazione si riduce all'accettazione del dogma. L'idea della Rivelazione come agire di Dio nel tempo, nella storia, come tensione drammatica tra grazia e libertà umana, è del tutto assente. La Neoscolastica è priva di riflessione storica, di una teologia della storia come di una filosofia della storia. Il risultato è un “positivismo” della Rivelazione accolto passivamente a partire dai “preambula fidei”. Così si pensava di colmare il fossato tra ragione naturale e Logos rivelato».

A cosa si riduce, quindi?
Si riduce al cieco riconoscimento che la Rivelazione sarebbe stata data da Dio una volta per tutte (il che è solo vero!) e al cosciente disconoscimento che la Rivelazione di Dio sarebbe in continua “azione”, lungo il tempo e la storia, attraverso la continua tensione drammatica tra Dio e l’uomo, tra la grazia di Dio e la libertà umana (il che è miseramente falso!).
E ancora una volta si coglie con immediatezza il moderno “filosofare” col quale si dice, per esempio, “Rivelazione”, e si intende invece “approccio”: accenno ad una soggettivamente supposta “rivelazione” che non finirà mai, che si svilupperà nel corso della storia e del tempo, senza compiersi mai.

Da qui, la “tradizione vivente” di Ratzinger, il “vangelo vivente” di Bergoglio, il “vaticanismo” dinamico di Tornielli e l’apologia dell’intellettualismo bergogliano di Borghesi.

Ma siccome a Tornielli interessava dare un colpo alla botte dei “tradizionalisti” ed uno al cerchio dei “conservatori”, ecco che il filosofo Borghesi è chiamato a pronunciarsi anche sui critici di Amoris laetitia.
E Borghesi filosofeggia dicendo che: dopo che il cardinale Müller ha appoggiato Buttiglione che avrebbe dissipato i dubbi dei cardinali e di molti cattolici sulla reale ortodossia di Amoris laetitia – [col suo esilarante Risposte amichevoli ai critici di Amoris laetitia],
« che senso ha continuare a scrivere lettere con cui si richiama il Papa al rispetto della “tradizione”?»

Già! Che senso ha?
E’ ovvio che secondo Borghesi, e secondo Tornielli che lo fa parlare, essendo tali critici senza cervello ed avendo già tentato invano di condurre Müller nel loro “ridotto”, non solo non ha più senso “continuare a scrivere lettere”, ma
« Questo è un gioco di basso profilo che fa comprendere come la disputa attuale sia, da parte degli oppositori di Francesco, finalizzata non a comprendere le ragioni ma alla delegittimazione dell'avversario

Cosa che in termini non filosofari o non filosofisti, che dir si voglia, sta a significare che Amoris laetitia è perfettamente ortodossa e che bisogna comprendere le ragioni della sua supposta eterodossia, perché diversamente si tiene un partito preso che vuole delegittimare Bergoglio che è il migliore dei papi possibili e soprattutto amico di Tornielli e di Borghesi.

E chi sentisse il bisogno il sorridere, stia accorto, perché c’è poco da ridere, e non vale la pena neanche piangere!
Quando si arriva a mettere insieme, con un certo compiacimento, Tornielli e Müller, da parte vaticana, e Borghesi e Buttiglione, da parte filosofica, cosa ci si può aspettare che ne venga fuori? Se non uno spaccato della commedia carnascialesca che tanto allieta gli atei e i senza Dio di ultima generazione?

E chi avesse dubbii in proposito, apra bene gli occhi e legga, con calma, la seguente sentenza di Borghesi, tenendo presente che si tratta di un filosofo:
« Quello che colpisce nei critici del Papa è l'accanimento nel mettere in luce gli episodi “negativi”. Nei blog, in Facebook, sono alla continua ricerca del caso stonato. Si ha come l'impressione che non abbiano occhi per le testimonianze positive che esistono, innumerevoli, nel mondo. Anche in questo sono “moderni”. Partecipano dell’accecamento dei media che hanno occhi solo per il negativo. In realtà hanno bisogno del negativo per “essere”. »

Sentenza che va letta a partire dalla illuminante conclusione: «hanno bisogno [i critici del Papa] del negativo per “essere”». Che è come dire che, non essendoci nulla di negativo, agli occhi chiusi di Tornielli e di Borghesi, i “critici del Papa” non ci sono!
Ma allora chi sono quelli che i due amici di Bergoglio continuano a criticare?
Abbiamo il sospetto che qui, nel filosofare del Borghese divulgato dal girovoltare del Tornello, sia accaduto un piccolo corto circuito. Ma vediamo.

Secondo questa logica, “i critici del Papa” dovrebbero farsi strabici e invece di guardare ai qui riconosciuti “casi stonati” di Bergoglio, dovrebbero guardare alle “testimonianze positive che esistono, innumerevoli, nel mondo”. Solo uno strabico, infatti, potrebbe confondere le stonature di Bergoglio con le testimonianze nel mondo, cioè due cose che non hanno alcunché in comune. Ma forse Borghesi intende affermare una nuova moderna vulgata vaticana: dopo la ormai affermata caduta del comunismo, accreditata miracolosamente al polacco Wojtyla, sembra che adesso si voglia far credere che ogni bene nel mondo sia opera dell’esuberanza argentina di Bergoglio.

Disgraziatamente per Borghesi, anche a lui accade che volendo dire una cosa finisce col dirne un’altra rovescia: l’“accecamento dei media che hanno occhi solo per il negativo” è una constatazione davvero illuminante, poiché mai è accaduto con tanto vigore e con tanta insistenza che i media abbiano lodato e applaudito le stravaganze di un papa come fanno oggi con quelle di Bergoglio; e tutti lodano e applaudono, con alla testa il “papa laico” da due litri di acqua al giorno, proprio perché mai come ora un papa era riuscito ad ammucchiare insieme tante cose negative, tanti “casi stonati”.

Vuoi vedere che Borghesi, nonostante la sua filosofia, ogni tanto ne azzecca una?

Ma come accade anche agli uomini semplici, ecco che, dopo un momento di inconscia lucidità, Borghesi si imbarca nell’impresa impossibile di presentare il soggettivismo come il migliore degli oggettivismi:
«L’oggettivismo è una caratteristica della Neoscolastica perché il neotomismo si costituisce in opposizione alla soggettività moderna. Nella sua opposizione getta via, con l’acqua sporca, anche il bambino. Non capisce che la dimensione del soggetto, della libertà, è implicata dalla stessa Rivelazione

Capito il concetto? Dice Borghesi: siccome la Rivelazione implica il concetto di persona e dà valore al soggetto e alla sua libertà, ne consegue che tale dato oggettivo è una prova del valore del soggettivo; cosa che detta in altre parole equivale col dire che nella Rivelazione il dato principale è la libertà del soggetto – in questo caso l’uomo -, al punto che la Rivelazione è soggettiva e la sua oggettività è nulla senza il soggettivismo del soggetto.
Peccato che la Rivelazione è quella di Dio all’uomo e non quella dell’uomo a Dio e che, essendo Dio “oggettivo”, essa si traduce nella dipendenza del soggettivo dall’oggettivo, e laddove il soggetto è libero di affermare il suo soggettivismo, deve farlo adeguandolo all’oggettivo e quindi rendendo conforme tale suo soggettivismo all’oggettiva realtà di Dio.
E’ la vecchia storia del libero arbitrio che è il dono principale di Dio all’uomo, ma che l’uomo, per essere davvero se stesso, e cioè uomo, può e deve esercitare in maniera esclusivamente oggettiva e cioè in totale aderenza alla realtà e alla volontà di Dio; diversamente il suo libero arbitrio, e cioè la libertà del soggetto, non realizza la vita vera dell’uomo, ma la sua morte: la sua morte, non solo nei confronti di Dio, ma anche nei confronti di se stesso.

Ergo, in termini pratici, se l’uomo vuole essere se stesso, anche l’uomo moderno, anche l’uomo bergogliano, anche l’uomo tornelliano e l’uomo borghesiano, … ogni uomo… deve  “gettare via” … annullare … il suo soggettivismo e fare di sé il “soggetto” che si identifica con l’oggettiva realtà di Dio.

Ecco perché, cari Tornelli e Borghesi, ogni valenza soggettiva dev’essere “gettata via” e laddove si presenta come un valore, va “gettata via” insieme al suo sostenitore, foss’anche Tornielli, Borghesi o Bergoglio.

Quando poi Borghesi, per dare ragione del suo soggettivismo come equivalente dell’oggettivismo, afferma che se non fosse come dice lui:
«Diversamente avremmo un Dio imperatore del mondo non il Dio in croce.»,

non fa altro che dimostrare che la sua visione Dio è soggettiva, e cioè che lui ha in vista un dio fatto a sua immagine e somiglianza, un dio che, in tale ottica, non è più Iddio che è Imperatore del Cielo e della terra e nel contempo è il Dio che sta in Croce per ribadire che il soggettivismo dell’uomo va sacrificato all’oggettiva realtà di Dio.
Per Borghesi e per la sua soggettiva visione di Dio, una cosa è “un Dio imperatore del mondo”, cosa disdicevole, altra cosa è il “Dio della croce”, cosa lodevole in quanto sarebbe la prova che non è l’uomo che deve identificarsi con Dio, come ha insegnato la Chiesa per duemila anni, ma è Dio che dovrebbe identificarsi con l’uomo, come ha insegnato la neochiesa del Vaticano II e come insegna Bergoglio col suo pastore che deve puzzare di pecora.

Su questa facezia, noi ci ricordiamo fin da bambini che ogni pastore puzzava naturalmente di pecora, per forza di cose, ma abbiamo ben presente alla memoria anche il pastore che per andare al cospetto di Dio, in chiesa, si lavava e si cambiava, proprio per odorare prima di tutto di uomo, e di uomo timoroso e rispettoso di Dio e della Sua realtà oggettiva, di fronte alla quale egli sacrificava la sua soggettività di pastore e di uomo.
E se non bastasse, basta ricordare che l’uomo soggettivo deve sottostare all’oggettiva realtà di Dio anche quando prega: in tale occasione potrà anche chiedere a Dio cose personali e soggettive, ma dovrà essenzialmente recitare certe preghiere e non altre a suo piacimento: per esempio il Padre Nostro e il Santo Rosario, il primo insegnato da Cristo stesso e il secondo insegnato dalla Vergine Maria.

Ma il soggettivismo moderno assurto a valore, non si arrende e ribadisce, per bocca di Borghesi che:
«Per i critici … Ogni declinazione peculiare della norma a partire dalle condizioni concrete del soggetto è una caduta nel relativismo, nell'etica della situazione, nel prassismo. Non hanno la minima idea delle sfaccettature implicate dalla teologia morale e dal diritto canonico

Ragionamento che è basato sull’idea preconcetta che la “norma”, cioè la volontà espressa da Dio, può “declinarsi” solo a condizione di sottostare alle “condizioni concrete del soggetto”, e chi la pensa diversamente dimostra di essere cieco e ignorante: “non hanno la minima idea”.

Ora, è bene ricordare che l’acqua calda è già stata inventata, e non certo da questo o da quel soggetto, ma esiste in natura, come esiste in natura la norma voluta da Dio per i soggetti che naturalmente vivono le “condizioni concrete del soggetto”.
Non v’è “norma” voluta da Dio che non tenga conto a priori delle “condizioni concrete del soggetto”. Dio non prescrive alcunché che l’uomo, il soggetto, non possa adempiere. Ovviamente la “norma” voluta da Dio non è possibile che debba corrispondere alla volontà di ogni uomo, del soggetto, … prima perché è voluta da Dio e poi perché è l’uomo che deve conformarsi a Dio e non viceversa. Ne deriva che l’uomo, il soggetto, potendo conformarsi alla volontà di Dio, perché così Dio ha voluto, non può lecitamente fare la sua soggettiva volontà, ma deve fare solo la volontà di Dio, e cioè seguire la “norma”. E nel seguire la “norma” non deve farlo solo quando questa coincide con la sua “condizione concreta”, ma deve farlo per adattare la sua “condizione concreta” alla norma.
Diversamente non seguirebbe la “norma“, ma la sua “condizione concreta”.
Ma la sua realtà di uomo, di soggetto, non è il risultato della sua “condizione concreta”, bensì il risultato della sua aderenza alla “norma”. L’uomo, il soggetto, non è tutt’uno con la “situazione concreta”, ma è prima di tutto uomo, e uomo che non si è fatto da sé o è stato fatto dalla “situazione concreta“, bensì uomo che è stato fatto da Dio e per Dio e non per se stesso; se così non fosse si verificherebbe l’assurdo che un soggetto sarebbe il prodotto di se stesso, che l’uomo sarebbe il risultato della volontà dell’uomo che ancora non c’è… il che è assurdo.

E’ questo il soggettivismo che va gettato via: l’assurdo.

Lo stesso assurdo ribadito da Borghesi:
«L'opposizione al Vaticano II è una opposizione “teologico-politica” al principio della libertà religiosa sancito dal Concilio.»

Ora, non è questo il luogo per discettare su questo supposto “principio” “sancito dal Concilio”, quindi ricordiamo solo una cosa semplice semplice: se ogni uomo fosse libero di professare la religione che vuole, ne deriverebbe che ci sarebbero tante religioni per quanti uomini ci sono e ci saranno. Il che, prima di essere assurdo è ridicolo.
Ma soprattutto, nel dire che l’uomo deve godere della “libertà religiosa” si finisce col dire che la religione, qualunque religione, mentre afferma di essere vera, affermerebbe di fatto di non esserlo, sancendo così un’altra assurdità: dal momento che la religione serve a ricondurre l’uomo a Dio, se essa non è vera, o è relativamente vera, come fa ad adempiere al suo compito e, in ogni caso, a quale dio potrebbe mai ricondurre?
Non esiste religione seria, seppure non vera, che non affermi la sua esclusività, che non sostenga cioè che essa sola è quella giusta e vera, e questo è nella natura delle cose. Solo la pseudo nuova religione del Vaticano II ha potuto di dire di se stessa che è relativa, perché le altre religioni sarebbero altrettante vie verso Dio. E questo è stato possibile grazie allo spadroneggiare del soggettivismo nelle menti di chi ha formulato quel tale “principio” che non a caso è difeso dal filosofo Borghesi, sostenuto dal vaticanista Tornielli.

E per chi, indulgente, volesse trovare una scappatoia al soggettivismo dei due e al loro più o meno velato partito preso, sia inteso nel senso che “Bergoglio ha sempre ragione”, sia inteso nel senso che “tutti gli altri hanno torto”, ecco una prosa illuminante e perciò stesso esilarante:
«…siamo di fronte alla celebrazione di un volto storico della tradizione che non fa i conti con l'intero sviluppo della tradizione della Chiesa. I tradizionalisti sono antimoderni ed illiberali però sono contro il Papa. Illiberali e protestanti: un paradosso. In realtà sono contro Pietro perché, dopo il Concilio, ha abbandonato le vestigia del potere regale. Criticano la sua autorità perché non vuole avere un'autorità assoluta. Non amano la semplicità del pastore, adorano gli ermellini. Confondono la sacralità con gli orpelli del potere, gli smalti, le cornici dorate. Al fondo sognano il Sacro Romano Impero alla cui perdita non si sono mai rassegnati».

E poi dicono che il soggettivismo non va gettato via!

Per finire, ci sembra doveroso precisare due cose: la prima è che tutte queste amenità le abbiamo riportate perché il lettore possa intendere con chi abbiamo a che fare. In realtà, in esse non c’è niente di nuovo, né di interessante: sono sempre le stesse vecchie insulse cose che si ripetono da cinquant’anni e che Bergoglio oggi infiocchetta con un giro di tango argentino.
La seconda è che, al di là delle chiacchiere, nella vita ciò che conta sono i fatti, e questo, non solo in base al semplice buon senso, ma anche in base all’altrettanto semplice insegnamento del Signore: dai frutti li riconoscerete.

Quindi, bando alla ciance e veniamo ai frutti.
E partiamo ancora dal Borghesi:
«All’origine di molte discussioni nell’attuale stagione ecclesiale sembra esserci, al fondo, il rapporto con la modernità e la domanda sull’evangelizzazione: come si annuncia il Vangelo oggi, in contesti sempre più “liquidi”, scristianizzati e secolarizzati?»

Ecco, da dopo il Vaticano II, non si è fatto altro che parlare della necessità di evangelizzare meglio, di fare in modo che l’uomo moderno potesse ritrovare la via per condursi a Dio. Ebbene, quali sono i risultati?
Abbiamo avuto il Papa buono, Giovanni XXIII, che per questo è stato beatificato da Giovanni Paolo II; abbiamo avuto il Papa illuminato, Paolo VI, che per questo è stato beatificato da Francesco; abbiamo avuto il Papa “atleta di Dio”, Giovanni Paolo II, che questa volta Francesco ha perfino santificato; abbiamo avuto il Papa teologo, Benedetto XVI, che si è giubilato da sé e che si è auto-dichiarato “papa a vita” a fianco del Papa in vita; e infine abbiamo da quattro anni il Papa dei poveri e dei migranti, Francesco, che corre il rischio di essere santificato in vita, soprattutto da Scalfari, Tornielli e Borghesi… Ebbene? Quali sono stati i frutti?
C’è qualcuno che ha tenuto il conto dei successi riportati, se non dalla Chiesa, almeno degli uomini di Chiesa in seno al mondo moderno?
C’è qualcuno che ha tenuto il conto della rigogliosa diffusione del Vangelo in questo mondo moderno sempre più lontano e avverso a Dio?
C’è qualcuno che ha tenuto il conto dei laici e degli atei alla Scalfari, alla Pannella e alla Bonino – tutti amici cari di Francesco – che si sono convertiti al vero Dio?
C’è qualcuno che ha tenuto il conto dei musulmani e degli ebrei – cari a tutti questi papi - che hanno abbracciato la vera fede?
C’è qualcuno che ha tenuto il conto del numero di nuove chiese che si sono dovute costruire per il vertiginoso aumento di preti e di fedeli, soprattutto dopo l’ascesa al potere di Jorge Mario Bergoglio, applaudito, lodato, copertinato e idolatrato dalle laiche folle in delirio?
Insomma, c’è qualcuno che ha tenuto il conto di qualcosa? Se c’è si faccia avanti, perché noi ci siamo sforzati, ma non abbiamo trovato alcunché da contare… se non gli abbandoni, gli “sbattezzi”, le sconsacrazioni dei luoghi sacri, l’aumento della miscredenza e dell’indifferenza e un numero sempre più alto di preti moderni che professano gli insegnamenti del demonio invece che gli insegnamenti di Nostro Signore!

Ora, se è dai frutti che si riconoscono gli uomini di Chiesa, tutte le ciance non servono ad un bel niente. I tradizionalisti saranno anche un po’ ciechi, ma almeno ci sono ancora, mentre i vescovi, i papi, i vaticanisti e i filosofi, in quanto cattolici e fedeli del Signore, è come se non esistessero, perché non hanno prodotto alcun frutto apprezzabile e i soli frutti che sono riusciti a produrre sono tutti frutti “cattivi”,
e come dice Nostro Signore:
«…un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.» (Mt. 7, 18-20).

Tornielli, Borghesi, e compagni, farebbero meglio a riflettere su questo, invece di vaticanistizzare interviste compiacenti e scrivere libri dal conformismo interessato, a lode e gloria del tanghero argentino che si fa chiamare Francesco.





gennaio 2018
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