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DOVE GESÙ DICE BIANCO, RATZINGER DICE NERO. di
Enrico Maria Radaelli
Presentazione
nostra
Tempo fa, non appena pubblicato, segnalammo l’ultimo libro scritto dal Prof. Enrico Maria Radaelli: Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, corredando la segnalazione con una nota introduttiva che invitiamo il lettore ad andare a rivedere. Il libro solleva una questione di non poco conto: l’effettiva ortodossia dottrinale del Prof. Joseph Ratzinger, perito teologo al concilio Vaticano II, professore di teologia dogmatica all’Università di Tubinga e all’Università Ratisbona; arcivescovo di Monaco e Frisinga; cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; presidente della Commissione preparatoria del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica; Papa. Un prelato di non poco conto, quindi, che ha segnato con forza gli ultimi 50 anni della storia della Chiesa: con ultimo il gesto inedito o inaudito di rinunciare al Papato pur volendo rimanere Papa, Papa emerito. Con l’arrivo di Papa Bergoglio e con la sua altrettanto inedita e disinvolta gestione del Papato, continuano a farsi sentire gli estimatori di Papa Ratzinger che, a fronte delle sospette eresie del Papa regnante, rimpiangono il supposto più ortodosso Papa rinunciatario. Ebbene, lo studio condotto dal Prof. Radaelli solleva proprio il problema circa tale supposta ortodossia di Joseph Ratzinger e ne viene fuori un quadro tutt’altro che lusinghiero sulla fede cattolica nutrita e insegnata in tutta la sua vita dall’osannato teologo tedesco. Non è la prima volta che vengono sollevati dei dubbi fondati sulla reale ortodossia cattolica di Joseph Ratzinger e su questo sito si trovano, cercandoli, diversi articoli sull’argomento, ma questo studio del Prof. Radaelli presenta un quadro articolato e documentato che è il caso di conoscere e di approfondire, se non altro per meglio comprendere la deriva dottrinale che affligge la Chiesa cattolica da 50 anni e che si profila per l’avvenire con elementi di aggravamento che sgomentano i fedeli e li lasciano interdetti: le pagine di Radaelli potranno aiutarli a fare luce sulla questione. A questo fine, potrà essere valida introduzione la nota che pubblichiamo adesso, redatta dallo stesso Prof. Radaelli e sintetizzante i punti centrali della difformità tra il millenario insegnamento della Chiesa cattolica e il moderno pensiero dell’ancora vivente cardinale Ratzinger. Ha ragione Radaelli, il fraterno richiamo da lui proposto potrà essere utile, non solo ai fedeli, ma allo stesso interessato “papa emerito”, che farebbe ancora in tempo a ritrattare almeno in cuor suo gli errori insegnati e predicati, per potersi così presentare emendato al cospetto dell’Arcangelo che, quando verrà il momento, soppeserà la sua anima e ne valuterà la “pesantezza”. ![]() Dove Gesù dice bianco, Ratzinger dice nero Qui si vogliono offrire almeno
cinque dei numerosi esempi di totale
inconciliabilità, da una parte, degli insegnamenti di
Sacre Scritture e Dogmi della Chiesa, dall’altra, degli insegnamenti
esposti da Joseph Ratzinger quand’era professore di Teologia a Tubinga,
in un suo celebre libro del 1968, Introduzione al
cristianesimo, ancor’oggi vero e unico paradigma del suo
pensiero, venduto da cinquant’anni in tutto il mondo, mai smentito, anzi confermato nel
2000 da un nuovo Saggio introduttivo
vergato dal suo stesso Autore, all’epoca Prefetto della sacra
Congregazione per la dottrina della fede, e, nella sua linea dorsale,
ancora da lui ribadito in un’intervista pubblicata su L’Osservatore Romano il 17-3-16,
dunque solo due anni fa, a tre anni dalla sua Rinuncia al Papato. Libro dunque ancora attualissimo.
Esso costituisce l’oggetto dell’analisi del mio Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, pro manuscripto, Aurea Domus, Milano novembre 2017, pp. 370, disponibile nelle librerie Ancora (Milano e Roma), Coletti (Roma), Hoepli (Milano), Leoniana (Roma), oltre che sul sito Aurea Domus. Si vuole altresì
rassicurare il lettore della più ampia contestualizzazione, in
questo mio lavoro, delle citazioni del pensiero ratzingeriano,
così da poter garantire allo studioso il più largo aiuto
per afferrare di quelle pagine, oltretutto, il loro non sempre limpido
significato.
Si
ritiene urgente la massima diffusione di Al cuore di Ratzinger.
Al cuore del mondo
affinché sia evidente che il sottoscritto, potendo cominciare a
lavorarvi solo dal settembre del 2015, ha fatto di tutto per arrivare
in tempo a provare – quantomeno a provare – di convincere l’esimio e
mite Autore di Introduzione al
cristianesimo della
necessità di riflettere su tutti quei suoi assunti prima che sia
troppo tardi.
In tale mio studio critico ho
anche volutamente proposto quattro paragrafi (dal § 76 al §
79) in cui ho voluto esporre all’apprezzamento del lettore anche cinque
bei pensieri del Professore la cui presenza, pur nell’oceano delle
più biasimevoli dottrine fuori strada, permette di capire quanto
il mio libro sia scevro da ogni apriorismo, se non dettato dalla divina
e a tutti superiore Norma normans
del Logos.
Questi i cinque esempi.
Primo esempio. Nel 2005, salito da poco al papato col nome di Benedetto XVI, colui che era stato il Professor Joseph Ratzinger insegnava che quella di Dio « rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi » (Joseph Ratzinger, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Cantagalli, Siena 2005, p. 123). Ma dire che Dio è « l’ipotesi migliore » significa comunque fondare la fede in Dio – credere Deum – su un’ipotesi, se pur la migliore, ossia su un dubbio, il che però significa fondarla su un atto umano: è l’uomo che ipotizza l’esistenza di Dio, è l’uomo che, nella sua mente, “produce Dio”. Ma la fede è una conoscenza per testimonianza, e la testimonianza è quella del Cristo, che dice, proclama e afferma: « Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato » (Gv 1,18). Si noti che questo pensiero
drammaticamente errante del più recente Ratzinger, che conferma
come si debba cercare di correggerne il fideismo di fondo, lo si
è potuto raccogliere proprio da chi credeva, con l’improvvida
citazione di quelle sue parole, di difenderlo dal mio dire (v. http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/01/04/
Joseph Ratzinger teologo. Non “modernista” ma moderno).
Nelle prime settantatre pagine
del suo libro il Professor Ratzinger, ben trentadue anni prima, aveva
già steso il concetto fondante della sua fede “ipotetica”, e
l’aveva steso con plurime e sempre molto drammatiche espressioni, di
cui qui si riportano solo le tre più esemplari e struggenti:
« …il credente può
vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del
nulla, della tentazione e del dubbio, trovandosi assegnato il mare
dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede,…
» (Introduzione al cristianesimo,
p. 37);
« È la struttura
fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva
dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra
dubbio e fede, fra tentazione e certezza » (Introduzione al cristianesimo, p.
39);
« Il credente
sperimenterà sempre l’oscura tenebra in cui lo avvolge la
contraddizione dell’incredulità, incatenandolo come in una tetra
prigione da cui non è possibile evadere,… » (Introduzione al cristianesimo, p.
73).
Ma Gesù, a proposito di certezza e solidità della fede, ci dice: « …e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli » (Lc 22,32); « Io sono la via, la verità e la vita » (Gv 14,6), e: « beati quelli che pur non avendo visto crederanno » (Gv 20,29). E san Paolo ricorda che « ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto [è manifesto agli uomini]; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa » (Rm 1,19-22). Conclusione: « Senza la fede
è impossibile piacere a Dio » (Eb 11,6). Su tali inerranti
Scritture la Chiesa dogmatizza (con asserzione cui è dovuta
obbedienza de fide): « Dio, principio e fine di ogni cosa,
può essere conosciuto con certezza mediante la luce naturale
della ragione umana a partire dalle cose create »
(Vaticano I, Cost. dogm. Dei Filius,
cap. 2, Denz 3004).
Bisogna qui aprire una parentesi
di ordine generale che ci permette di notare come il postulato iniziale
generalissimo del Professor Ratzinger, secondo cui: « …il credente può
vivere la
sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della
tentazione e del dubbio », nullifica tutto il libro nonché se
stesso medesimo, in quanto circolarmente contradditorio. Se
infatti, per principio, tutto è incerto, allora sarà
incerto, per principio, anche il postulato medesimo, che quindi
potrebbe essere falso, e saranno comunque incerte, forse <>false,
per principio, tutte le proposizioni del libro e, allora, a che pro non solo scriverlo, ma
anche leggerlo? (v., in Al
cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 11-21 sul
dubbio socratico, giusto, e su quello scettico, da rigettare, pp.
51-82).
Secondo esempio.
In un’intervista del 2016 a Jacques Servais s.j., pubblicata sull’Osservatore Romano, l’augusto Teologo, già Papa, tornato cardinale pur ricusandone la qualifica, riconfermava la linea dorsale del suo libro ribadendo la propria convinzione che la Redenzione come ‘riparazione dell’«offesa infinita fatta a Dio»’ è solo una dottrina medievale: una dottrina dovuta, secondo lui, unicamente a un vescovo, peraltro santo, il vescovo Anselmo d’Aosta, la cui « ferrea logica » resta « difficilmente accettabile dall’uomo moderno », così mantenendo inalterato il pensiero formulato cinquant’anni prima in Introduzione al cristianesimo, per il quale essa « ci appare come un crudele meccanismo per noi sempre più inaccettabile » (Introduzione al cristianesimo, p. 221). Ma Gesù stesso parla di
“ira di Dio”: « Chi rifiuta di
credere nel Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane
su di lui » (Gv
3,36); quale ira? perché ira? L’ira del Creatore per il peccato
<>della
sua creatura; e san Paolo chiarisce: « Quando eravamo nemici,
siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio
» (Rm 5,10): nemici per
il peccato dell’uomo, che la morte per Olocausto cruento di Cristo
riscatta.
Infatti: « Anche noi tutti, …
eravamo per natura figli dell’ira » (Ef 2,3); “per natura” a causa del
peccato originale trasfuso in noi da Adamo.
E l’Apostolo (Dio attraverso l’Apostolo) rincara: « E voi, che già eravate estranei e nemici nella vostra mente e nelle vostre opere malvagie, ora Dio vi ha riconciliati nel corpo di carne di Lui, per mezzo della Sua morte » (Col 1,21-2); cui si aggiunge Giovanni, l’Apostolo prediletto (ossia sempre Dio attraverso stavolta l’Apostolo prediletto): « In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi: che Dio [Padre] ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, ... In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che Dio ha amato noi e ha inviato il suo Figlio per essere l’espiazione per i nostri peccati » (I Gv 4,9-10). Su tali inerranti basi
scritturali, il dogma ordina (Concilio di Trento, Denz 1743 e 1753) che la Chiesa
professi la dottrina della Redenzione come Olocausto di Cristo al
Padre, e in Al cuore di Ratzinger.
Al cuore del mondo (§§ 40-3, pp. 155-72) è
percorsa tutta la storia del dogma al proposito, che esige che sia
obbedito, accettato, creduto e celebrato proprio ciò che il
Professor Ratzinger rigetta.
Terzo esempio. Il Professor Ratzinger afferma:
« Dio
è e sarà sempre per l’uomo l’essenzialmente Invisibile …
Dio è essenzialmente invisibile » (Introduzione al cristianesimo, p.
42); e ancora: «nell’Antico Testamento questa affermazione –
che “Dio non compare né mai comparirà all’uomo” – assume valore di principio: Dio non è
soltanto colui che è ora effettivamente fuori del nostro campo
visivo …; no,
egli è invece colui che ne sta fuori per essenza
[marcatura dell’Autore], indipendentemente da
tutti i possibili e pensabili allargamenti del nostro campo visivo
» (Introduzione al cristianesimo,
pp. 42-3).
Ma il Cristo di Sé dice: « Chi vede me vede Colui che mi ha inviato » (Gv 12,45); « Chi vede me vede il Padre » (Gv 14,9); e l’Apostolo prediletto afferma (ossia Dio in lui): « [Dio] lo vedremo così come Egli è » (I Gv 3,2). E san Paolo precisa: « Egli è immagine del Dio invisibile » (II Cor 4,4, ma anche Col 1,15), e ancora: « Egli [il Cristo] è lo specchio della gloria di Dio e l’impronta della sua sostanza » (Ebr 1,3), il che significa che Dio Padre è perfettamente visibile nel Figlio, e ciò basta alla Chiesa ad affermare – al contrario di ciò che insegna, p. es., oltre al Professor Ratzinger, la nozione <>maomettana – la perfetta visibilità di Dio ai Beati, così chiamati appunto per il fatto che essi godono della visione divina (vedasi, in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, il § 18, pp. 70-4). Quarto esempio. l Professor Ratzinger sostiene che l’uomo, nella beatitudine del Paradiso, « vivrà nella memoria di Dio » (Introduzione al cristianesimo, p. 343), e precisa che « Paolo insegna – ripetiamolo ancora una volta – non la risurrezione dei corpi (Körper), bensì delle persone, e questa non nel ritorno dei ‘corpi di carne’, ossia delle strutture biologiche, che egli indica esplicitamente come impossibile » (Introduzione al cristianesimo, p. 347). Ma i Vangeli, parlando dell’incontro tra Gesù risorto e gli Apostoli, notano invece che: « siccome stentavano a credere ed erano pieni di meraviglia, [Gesù] chiese loro: “Non avete nulla da mangiare?” Gli diedero un pezzo di pesce arrostito e un favo di miele. E dopo aver mangiato davanti a essi, prese gli avanzi e li diede a loro » (Lc 24,41-3). Per non dire del celebre
episodio di Gv 20,27: « Metti
qua il tuo dito e guarda le mie mani! Accosta la tua mano e mettila nel
mio costato! », da cui si evince che un corpo glorioso non
è per questo meno carnale di un corpo mortale; e san
Paolo, da qui, insegna: « E se
lo Spirito di colui che ha
risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha
risuscitato Cristo dai morti darà
la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che
abita in voi » (Rm
8,10-1).
Anche qui, sulla base di tali chiarissime e univoche risultanze poste dalle Sacre Scritture, la Chiesa così dogmatizza: « Tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti » (Concilio Laterano IV, 1215, Definizione contro gli Albigesi e i Catari, Denz 801), (vedasi, in Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, i §§ 50-2, pp. 196-213, in cui l’inconciliabile opposizione tra l’insegnamento della dottrina cattolica e quello del Professor Ratzinger è evidenziata anche da plurime altre argomentazioni e scritturali e dogmatiche). Quinto esempio. Il Professor Ratzinger sostiene
che « la
dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata
qualora Gesù fosse nato da un matrimonio umano » (Introduzione al cristianesimo, p.
265), infatti, a suo avviso, la
figliolanza divina di Gesù « non è un processo avvenuto nel
tempo, bensì nell’eternità di Dio » (Introduzione al cristianesimo, pp.
265-6).
Ma l’Evangelista (Mt
1,18-26) scrive: « Ecco come
avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo
promessa sposa di Giuseppe », ‘promessa sposa’, dice, non
‘moglie’: ‘moglie’ è colei che, col coniugio, ha perso la
verginità; ‘sposa’ invece è la donna che, unita in
matrimonio, non ha ancora compiuto il coniugio; « prima che andassero a vivere insieme»:
l’Evangelista segnala che quanto sta per narrare precede il momento in
cui la vergine Maria si accaserà con Giuseppe; « si trovò incinta per opera dello
Spirito Santo », come riporta san Luca nel suo Vangelo
(1,26-38), « Giuseppe, suo
sposo », ‘sposo’, anche qui, e non ‘marito’, a confermare
lo stato non ancora coniugale dei due nubendi, « che era giusto e non voleva ripudiarla,
decise di ripudiarla in segreto », ossia di non
ripudiarla pubblicamente, ossia che avrebbe provveduto a Maria e al
nascituro, dando loro cibo, le vesti, un tetto, ma senza coniugarsi a
lei; « Mentre però
stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo
del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di
prendere con te Maria,
tua sposa », “di prendere con te”, dice l’angelo, con
espressione casta, invece di dire “di maritarti”, per indicare a
Giuseppe come egli avrebbe dovuto condurre l’unione con Maria “sua
sposa”: proprio come aveva pensato lui, un “giusto”, che dunque ragiona
con giustizia, secondo il cristiano discernimento degli spiriti, come
dev’essere chi il Signore ha designato a proteggere la Madre del Suo
Figlio e Suo Figlio stesso; « perché quel che
è generato in lei viene dallo Spirito Santo », e non da un uomo, così sospendendo
il passaggio degli influssi negativi dovuti al peccato originale;
« … Tutto questo avvenne
perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore
per mezzo del Profeta: “Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio”
»: si noti bene che san Matteo riconosce nella profezia la causa
remota, ma non per questo meno efficace, di ciò che stava
santamente avvenendo, così riconoscendo a Dio la Sua potenza:
ciò che avviene ora
è dovuto alla Parola di Dio data allora; in secondo, ricordando la
profezia, ne sottolinea il concetto base: il concepimento del Figlio di
Dio è dovuto, per parte di madre, a una miracolosa formazione di
un embrione in una donna vergine che resta vergine, per cui il Profeta
la chiama “Vergine” in quanto lo è per antonomasia, è
“Vergine” ontologicamente; e, per parte di padre, è dovuto allo
Spirito Santo, per il motivo sopra detto; poi « … Giuseppe fece come gli
aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa,
la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che
egli chiamò Gesù ».
Ma tutto ciò è impugnato dal Professore Ratzinger, il quale ritiene invece che: primo,
« la
dottrina della
divinità di Gesù non verrebbe intaccata qualora
Gesù fosse nato da un matrimonio umano »;
secondo,
che, a proposito del Vangelo ora visto e di quello di san Luca
segnalato nel testo, « la formula della
filiazione divina ‘fisica’ di Gesù è quanto mai infelice
e ambigua », così accusando la Parola di Dio, e
dunque Dio stesso, di essere, qualificandola “infelice”, una Parola inetta, e,
qualificandola “ambigua”, di essere una
Parola falsa, e ciò sostiene in uncolpo solo; (per
entrambi i punti, si veda, nel mio Al
cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, il § 71, pp.
305-19).
Conclusioni. Questi cinque esempi, specie il primo, col quale dal 1968 al 2016 l’Autore di Introduzione al cristianesimo persiste nel dubbio dell’esistenza di Dio, che per lui « rimane l’ipotesi migliore, benché sia un’ipotesi », dimostrano l’impostazione mentale scettica, storicista e fideista che le ha originate e che mutano uno per uno tutti gli articoli del Credo, come dimostro nel mio Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo, che individua anche le cause che hanno portato il Teologo di Tubinga a quella problematica impostazione. Si spera che questi cinque
esempi possano essere utili a far
conoscere la mia disamina al più largo pubblico di fedeli
possibile, così da metterli in guardia sulle dottrine insegnate
in Introduzione, e
sollecitano, come si può riscontrare nelle ultime mie pagine, a
trovare presto, e con ogni prudenza, la strada migliore per convincere l’illustre Soggetto a ritenere –
almeno – che quel suo libro e le dottrine contenute non siano
più proponibili alla Chiesa come sue convinzioni profonde,
come a suo tempo il cardinale Dal Poggetto riuscì ad avvicinarsi
al letto di Papa Giovanni XXII, a parlargli, a convincerlo, così
da raggiungere il santo fine di far cadere ogni pericolo che i cancelli
aurei gli restassero per sempre sbarrati.
(torna
su)
gennaio 2018 |