I segni dei tempi

ovvero

LA METAMORFOSI DI TRENTO

Dall'abolizione del culto di San Simonino
alla “messa metallara”



Quando si dice “il caso”!
Dov’è che avrà luogo la prima “messa metallara” in Italia?
Guarda caso, appunto… ad Albiano, un comune a 10 kilometri da Trento.

Sono passati 450 anni dal famoso Concilio che si tenne a Trento dal 1545 al 1563, ed ecco che una certa storia, fin troppo umana, si prende la sua rivincita. Dalla Controriforma si passa alla totale sovversione. Neanche quel povero disgraziato di Martino Lutero avrebbe potuto immaginare un tale capovolgimento. Ma certo il povero Lutero non sapeva che, grazie ai suoi sforzi e a quelli del suo principale, Messer Belzebù, dopo quattro secoli la Chiesa Cattolica Romana avrebbe escogitato un marchingegno che avrebbe fatto impallidire anche la sua malizia: il Concilio Vaticano II.

Caspita! Ma è sempre colpa del Vaticano II?!

Non sempre, ma solo! Poiché è stato il Vaticano II a dare la stura alla deriva liturgica della Chiesa, una deriva liturgica che non conosce requie e che si serve di ogni possibile trasformismo per annientare la Santa Messa Cattolica, com’è accaduto ultimamente con l’ingresso ufficiale nella Chiesa delle cerimonie liturgiche dei Neocatecumenali. Lutero l’aveva già detto: “Quando la messa sarà stata rovesciata, io sono convinto che con essa avremo rovesciato anche il papismo”.

Ed un altro passo in avanti in questa direzione è costituito dall’annunciata “celebrazione” di una “messa” ad Albiano, nella nuova chiesa di San Biagio, alle ore 22,30 dell’11 febbraio, che vedrà l’entusiasta partecipazione del locale gruppo degli “high voltage”, una di quelle incredibili aggregazioni moderne che si autodefiniscono “rock band” per significare che insieme fanno un mucchio di rumore e la chiamano musica.
Un gruppo “di successo” che ha la pretesa di affermare “cantiamo a Dio una nuova musica”. Cosa che manda in visibilio il parroco, un tale Stefano Zeni che esercita la libera professione di nuovo prete della nuova Chiesa e di insegnante di Sacra Scrittura (niente di meno!) nel seminario diocesano di Trento.

Se mettiamo insieme questi elementi e ad essi aggiungiamo quanto affermato dal parroco: “niente spettacolarizzazione… piuttosto un modo diverso di comunicare il messaggio di Gesù”, ci chiediamo in che consista tale “modo diverso” quando si guardano alcune immagini relative a questi nuovi evangelizzatori con tanto di benedizione del prete del luogo.

 


Com’è possibile che accadano cose del genere?
Si potrebbe rispondere che dopo 40 anni di distruzione liturgica, ciò che meraviglia è che ancora ci siano di quelli che, come noi, si stupiscono e si indignano.

Ma forse è meglio dare un’occhiata all’humus, in questo caso, di Trento.

È proprio di qualche giorno fa un’intervista di un certo Igino Rogger, anch’egli prete della nuova Chiesa e anch’egli insegnante nel seminario diocesano di Trento; che a questo punto ci appare come un luogo poco raccomandabile.



Questo signore, che insegna storia della Chiesa e della liturgia, ha rilasciato delle dichiarazioni (Il Trentino 18 gennaio 2012) che fanno impallidire uno studente del primo anno di seminario… tanta è l’ignoranza manifestata: “Il Concilio non aveva l’attrezzatura e la cognizione scientifica per poter mettere mano alla cosa [la riforma del Messale]”.
Una affermazione che rimastica uno dei luoghi comuni più puerili dei falsi storici della liturgia, mostrando quanta mala fede ci sia in certi ambienti del cattolicesimo post-conciliare.

Intendiamoci! Non che il Concilio di Trento sia stato qualcosa di appena paragonabile alla splendida assise scientifica del Vaticano II, poiché come tutti sanno si trattò di una improvvisata raccolta di quattro scalcagnati vescovi del tempo, notoriamente ignoranti e del tutto privi della minima conoscenza della liturgia della Chiesa!

Ora, da menti brillanti come questa, che riescono a compiere simili parti, cosa ci si potrebbe aspettare se non che: “ricordo che inorridii quando [il parroco di Santa Maria del Suffragio a Trento] fece una messa  [a Fierozzo in Val dei Mocheni] col messale di Pio V. … All’epoca andai tra la popolazione a sondare, il parroco di allora, santa persona, mi disse: qui sono tutti contenti. E sentenziò: al manco se capis qualcos” (nella stessa intervista del Trentino).

Cos’è che fece inorridire, quindi, questo nuovo prete della nuova Chiesa?
Non certo il latino, che gli abitanti in qualche modo capivano, ma proprio la Messa di San Pio V. Perché ovviamente lui è uno di quei preti moderni che vengono assaliti dall’orticaria non appena si ricorda loro che la Chiesa e la sua liturgia hanno 2000 anni di vita e non sono nati col Vaticano II.

Orticaria che subito si trasforma in livore quando, nella stessa intervista, parla dei fedeli cattolici triestini che assistono alla S. Messa di Santa Maria del Suffragio.
A quanto pare quelli il latino lo capiscono tutti: beati loro.… Quelle 15 persone che si fanno una santa causa anche di bazzecole secondarie lei le trova sempre.

Che finezza, che sensibilità, in questo vecchio prete guastatore!


Certo, la vecchiaia giuoca a volte dei brutti scherzi, ma pensiamo che non sia questo il caso, poiché questo guastatore infiltrato nella Chiesa non è nuovo alla pratica dei guai, il più vistoso dei quali è la calorosa perorazione dell’abolizione a Trento del culto di San Simonino.

Di che si tratta?

Del culto riservato ad un bambino trovato morto nella Pasqua del 1475, la cui responsabilità venne riconosciuta essere degli Ebrei del luogo. Il culto, approvato definitivamente dalla Santa Sede nel 1588, venne abolito nel 1965. Uno di quelli che perorarono tale abolizione fu proprio il nostro Igino, che il 12 aprile del 2006, alla facoltà di Giurisprudenza di Trento, parlava così della vicenda.
«Trento non capiva perché, a riparare l’enorme delitto della Shoa si dovesse rinunciare alla memoria di un nostro bambino martirizzato più di cinque secoli fa e venerato per la sua fine straziante.»

E francamente non lo capiamo né noi, né tanti altri.

E l’Igino spiega che in seguito ai lavori di ricerca storica moderna condotti in Austria nel 1964 (guarda caso!), e alle pressanti sollecitazioni da parte ebraica (com’è di prassi!), la Santa Sede scaricò sul vescovo di Trento la responsabilità dell’abolizione di questo culto, a cui si giunse in maniera canonicamente impropria con una notifica informale del 28 ottobre 1965, della quale l’Igino dice: «L’Arcivescovo Gottardi vi provvide col testo di quella Notificazione circa il culto del piccolo Simone da Trento che uscì sulle pagine 595-596 della Rivista Diocesana Tridentina con la data 28 Ottobre 1965, scelta non a caso perché coincideva con lo stesso giorno in cui il Concilio Vaticano II approvava la Dichiarazione Nostra aetate con le sue fondamentali disposizioni circa il rapporto dei cristiani con gli ebrei» (tutto si lega!).

Tale abolizione ebbe luogo nonostante: « È vero che nella panoramica dei vari omicidi che in giro per l’Europa sono stati attribuiti agli ebrei il caso Trento si presenta come di gran lunga il più documentato, provvisto di una massa ingente di documenti contemporanei ai fatti e autentici nella loro qualità redazionale, mentre gli altri casi si perdono generalmente nella leggenda. I sostenitori del culto si facevano quindi forti di questa straordinaria documentazione, confutando ogni obiezione contraria con la citazione dei documenti. È quanto fecero in grande il gesuita P. Oreglia nella Civiltà Cattolica (1881-82) e il principale agiografo D. Giuseppe Divina nel suo lavoro, rigorosamente documentato ma unilateralmente apologetico».

Come dire che una cosa sono i documenti, altra cosa è la nuova luce del Vaticano II, la quale permette finalmente di capire come al di là dei dati storici, coerenza vuole che prevalgano i convincimenti ideologici dei nuovi preti della nuova Chiesa ossequienti quel Concilio che si svolse nel clima e con le modalità del ’68.

E dire che sono proprio gli Ebrei che diffondono studi storici sulla veridicità degli omicidi rituali ebraici, come quello del piccolo Simone da Trento del 1475. È il caso del noto studio storico del 2007 di Ariel Toaff, figlio dell’ex rabbino capo di Roma: Pasque di Sangue. Ebrei d'Europa e omicidi rituali (Bologna, Il Mulino, 2008). Questo libro, dopo aver suscitato le immancabili polemiche, tra le quali le dichiarazioni del padre dell’autore, che se la cavò tacciando il tutto di “leggende”, venne ripubblicato, arricchito e ampliato, nel 2008 con la seguente copertina.



Conclusione?
L’ex cappella del Simonino, all’interno di Palazzo Salvadori che era la allora sinagoga di Trento, dove Simonino fu martirizzato, passa di proprietà. E diventerà un centro importante di religiosità e cultura ebraica. Lo afferma don Curzio Nitoglia, al cui scritto rimandiamo per la penosa vicenda (La ‘chiesa’ di S. Simonino diverrà ‘sinagoga’).

Questo è l’humus di Trento da cui germoglia la prima “messa metallara” italiana: una sorta di substrato marcescente composto dai frutti del Vaticano II, dall’odio per la S. Messa tradizionale, dal livore per i cattolici fedeli alla Tradizione, dal revisionismo della nuova Chiesa che cancella culti e devozioni secolari. Il germoglio che spunta, quindi, non stupisce più di tanto, trattandosi di un prodotto inevitabile del processo di disfacimento in atto nella Chiesa Cattolica e portato avanti dai nuovi preti della nuova Chiesa conciliare in nome del progresso umano e al prezzo dell’annichilimento della fede.

Che il Signore abbia pietà di noi!
Belvecchio



gennaio 2012

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