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Un’agonia di olocausto
Editoriale di Radicati
nella fede, foglio
di collegamento della chiesa di
Vocogno e della cappella dell’Ospedale di Domodossola (dove
si celebra
la S. Messa tradizionale)
accompagnata da canti nuziali ![]() anno
XI - n° 9 - settembre 2018
- impaginazione e neretti sono nostri - Sappiamo, usando il termine “imborghesimento”, di destare le reazioni di “destra” e di “sinistra”, ma non riusciamo a trovare un termine che riassuma più compiutamente e sinteticamente il ribaltamento della preghiera cristiana, trasformata da coscienza di un avvenimento che accade in espressione personale della lode a Dio. E il problema sta tutto qui: aver coscienza che nella storia è accaduto e accade un fatto inaudito, un Dio che muore per te, per liberarti dall’abisso, e voler essere presenti a questo accadimento per mendicare la liberazione del mondo. Il problema sta nell’essere coscienti che questo fatto, che si ripete sugli altari cattolici, ha un valore eterno e una portata sociale inaudita. Direte, cosa c’entra la riforma liturgica? C’entra eccome, perché umanizzando la Messa, rendendola terribilmente facile per tutti, di fatto l’ha trasformata nella preghiera della comunità che dà qualcosa a Dio. Questo è il ribaltamento spaventosamente disastroso che lo spirito borghese, individualista o falsamente comunitario che si voglia, ha di fatto operato nell’assoluta maggioranza dei fedeli. La preghiera non nasce più dall’avvenimento presente, ma dal bisogno psicologico dell’uomo. Chi ha continuato a seguire le parrocchie in questi decenni, obbedendo senza resistenza all’organizzato rinnovamento della preghiera cristiana, oggi si ritrova non più cattolico, cioè non più centrato sull’avvenimento della Croce. È così, e chi lo nega sa di farlo per resistenza ideologica. A una Messa imborghesita corrisponde la morte del popolo, del popolo cattolico, tanto osannato dal Concilio: che mistero in questa contraddizione! ![]() Non ci dilunghiamo ancora. Offriamo solo un approfondimento su ciò che intendiamo dire, la lettura di una pagina di Léon Bloy che misticamente esprime la coscienza veramente cattolica sulla Messa: «La Messa cantata è un’agonia di olocausto accompagnata da canti nuziali. Essa riassume l’incommensurabilità dei dolori e l’infinito della gioia. Essa rinnova, incessantemente, con riti sempre identici, l’enorme colloquio del Signore con gli uomini: - Io vi ho creati a mia somiglianza
tre volte santa, e voi m’avete ripagato col tradimento. Allora, invece
di castigarvi, mi son punito da me stesso. Non m’è più
bastato che mi rassomigliaste; io, l’Impassibile, ho sentito una sete
infinita di rendermi simile a voi affinché voi diventaste uguali
a me, e mi son fatto un verme a vostra immagine. Voi marcite, a vostro
agio, nel fango arrossato dal mio sangue, ai piedi della Croce sulla
quale mi avete inchiodato con quattro membra affinché non
fuggissi. Eccoci dunque, io e voi, da duemila anni circa. Orbene,
questo legno è terribilmente duro e voi non olezzate, miei cari
figli... non c’è che il mio servo Elia che possa venire a
liberarmi, per darmi finalmente la possibilità di battezzarvi e
mondarvi nel fuoco, come ho tante volte annunziato. Ma questo profeta
dorme, senza dubbio, un sonno profondo, ed è da tanto che lo
chiamo nell’angoscia del Sabacthàni... egli però
verrà, credetemi; e allora, sciocchi ingrati, vedrete quel che
son capace di fare. In quel giorno, gli spaventi divini combatteranno
contro gli uomini, perché si vedrà una cosa inaudita e
completamente inattesa che sradicherà dalle sue fondamenta
l’abitazione degli uomini, vale a dire ci sarà il trapasso delle
figure nella realtà... vi accuserò perché sono
l’autore della Fede, vi farò disperare perché sono il
primogenito della Speranza, vi brucerò perché sono la
stessa Carità. Sarò spietato nel nome della Misericordia,
e la mia Paternità non avrà più viscere se non per
divorarvi. La mia Croce disprezzata sarà radiante di splendore
come un incendio nella notte buia, e un ignoto terrore, in quella luce,
si impadronirà della tremebonda folla dei cattivi greggi e dei
cattivi pastori. Ah! M’avete detto di scendere perché avreste
creduto in me; mi avete gridato che salvassi me stesso dal momento che
salvavo gli altri. Ebbene, ecco sto per compiere i vostri voti.
Discenderò effettivamente dalla mia Croce quando questa sposa
d’ignominia sarà tutto un incendio, per l’arrivo di Elia, e
quando non sarà più possibile ignorare ciò che
era, sotto la sua apparenza di crudeltà e di abiezione, questo
strumento di supplizio per tanti secoli. Tutta la terra saprà
allora, per agonizzare di terrore, che questo segno era il mio stesso
Amore... questa Croce, che mi sorpassa da tutti i lati, per esprimere
nella sua Follia le adorabili esagerazioni del vostro Riscatto, sta per
dilatare su tutta la terra le sue braccia torreggianti. Le montagne e
le pianure si scioglieranno come cera, e il vostro Dio dischiodato dal
suo letto sanguinante, poserà di nuovo i suoi piedi traforati
sul suolo di Adamo per vedere se manterrete la parola, credendo in Lui.
Egli vi guarderà con la faccia della sua Passione, ma questa
volta rovida della luce di tutti i simboli prefiguratori, che questo
prodigio accenderà davanti a lui come fiaccole, e per aver usato
a vostro piacimento della vostra libertà di putredine, nel tempo
delle tenebre, conoscerete a vostra volta che cosa significa essere
abbandonati dal Padre, imparerete che cosa è la sete, e
sarà consumata in voi ogni giustizia per mezzo delle spaventose
Mani ardenti che avrete bestemmiato...» (Il disperato, ed.
Paoline, 1959, pp. 269-271).
Che anche questo testo ci svegli dal sonno spaventosamente mortale dell’imborghesimento. (torna
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