Risposta alle
“Riflessioni su un eventuale accordo pratico con le autorità romane”


Questo scritto è stato pubblicato sul blog francese tradinews
i neretti sono nostri

si veda l'articolo a cui risponde don Michele Simoulin
Riflessioni su un eventuale accordo pratico con le autorità romane

e l'editoriale sullo stesso argomento scritto da don Michele Simoulin
sul numero di maggio del Seignadou





Don Michele Simoulin risponde a un sacerdote della Fraternità Sacerdotale San Pio X

28 maggio 2012

Caro confratello che ho l’impressione di aver riconosciuto,

Non temere, non aprirò una polemica pubblica con te. Mi dispiace molto che tu non abbia rivolto a me personalmente le tue riflessioni. Sarebbe stato più gentile, ma non mi soffermerò su un dettaglio di civiltà che ti dovrebbe essere naturale.

Rilevo semplicemente il fatto che, come avviene molto spesso in ambienti diversi dal nostro, tu commenti alcune frasi isolate, estratte dal contesto, il che ti permette di dar loro una interpretazione non conforme all’insieme del discorso.

Io credo di conoscere un po’ la filosofia e la teologia: mi sono state insegnate da Don Tissier de Mallerais e da Don Williamson… prima della loro elevazione all’episcopato. Io stesso ho insegnato un po’ queste discipline e confesso che me ne nutro tuttora con molta regolarità. Lungi da me, dunque, l’idea di disprezzarle. Io ho anche scritto un certo numero di studi su Giovanni XXIII, il Concilio, l’insegnamento dei Papi e il Nuovo Catechismo, che potrebbero rassicurarti sulla mia conoscenza di quegli errori che combattiamo, tu ed io.

Ma lo spirito della teologia e della filosofia mi è stato insegnato soprattutto da Mons. Lefebvre nelle sue lezioni sugli atti del Magistero e nelle sue conferenze spirituali. Le ultime da lui date ai seminaristi nel 1989, sulla somma teologica come fonte di spiritualità, restano ben presenti nella mia memoria, un po’ come il suo testamento teologico e spirituale. Io di lui conservo ancora ciò che più gli stava a cuore: lo spirito romano e l’amore per Roma.

Detto questo, è vero che io ho uno spirito più letterario che analitico e che le mie predicazioni o i miei editoriali ne risentono. Per comprendermi, dunque, occorre leggere o ascoltare tutto l’insieme, prima di ritornare su una parte del discorso per comprenderne l’esatto significato, piuttosto che analizzarla indipendentemente dal resto. Isolare una frase significa farmi dire il contrario di ciò che penso.

Mancanza di rigore intellettuale, mi dirai: altri dicono che io non ho più tutta la mia salute né il mio discernimento… cosa che permette di non argomentare! In breve, io mi rassicuro al pensiero che gli spiriti semplici mi comprendono, è ad essi che io mi rivolgo, non ai teologi né agli intellettuali.

Come San Tommaso d’Aquino, io preferisco la fede di quella buona «vetula» che egli amava tanto, quella «povera e santa donna che ha una carità più eccellente di un teologo senza virtù»… quella di cui egli dice anche: Una piccola vecchia, di ciò che riguarda la fede, ne sa molto più di tutti questi filosofi… la fede può molto più che la filosofia; quindi, se la filosofia si oppone alla fede non la si può accettare. Così Colossesi 2, 8 e 19 «Badate che nessuno vi inganni con la morsa della falsa filosofia o vi seduca con la vana gloria che è cieca, vagando invano sotto lo spirito della propria carne, senza attenersi al capo che è Cristo» (Sermone Attendite a falsis).

Ti assicuro la mia fedele amicizia sacerdotale e la mia preghiera.




maggio 2012

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