Ecco perché è fondamentale essere alla

Processione di Modena


di Cristiano Lugli





Come oramai tutti sapranno, il prossimo sabato 1º giugno la città di Modena sarà invasa dall’ “onda pride”, cioè dall’evidente quanto triste richiamo alla sodomia, la quale vorrebbe esser vantata dagli organizzatori della manifestazione come “diritto” motore per ottenere addirittura altri “diritti” (si pensi alla richiesta di adozione di bambini da parte di omosessuali e lesbiche, o addirittura all’aberrante pratica dell’utero in affitto).

Tutto ciò è chiaramente assurdo, e per fortuna i cattolici ferventi, quelli che davvero amano la Chiesa, le proprie città e le proprie radici, da un paio di anni a questa parte hanno iniziato ad alzare la testa. Se infatti è vero che il c.d. “Modena-Pride” porterà ed attirerà a sé grandi numeri, è altrettanto vero che molto probabilmente Modena, quel giorno e da quel giorno in avanti, non sarà ricordata per questa manifestazione, quanto piuttosto per il coraggio di tanti semplici fedeli cattolici riunitisi in un Comitato e postisi sotto la protezione del Patrono modenese San Geminiano vescovo, che scenderanno per le strade a riparare al grave dolore inflitto al Sacro Cuore di Gesù ed al Cuore Immacolato di Maria - oltre al grave, gravissimo scandalo verso i piccoli.

Per le vie della città modenese infatti, con la preghiera e con gli aromi dell’incenso benedetto, avrà luogo una Processione di Riparazione per il pubblico e manifesto peccato che grida vendetta al cospetto di Dio.

Vediamo perché, allora, è fondamentale che i cattolici scendano in città a pregare sabato 1º giugno prossimo.

Innanzitutto dobbiamo comprendere che se è vero che i peccati contro Dio sono sempre e comunque stati commessi dagli uomini, è vero che essi si relegavano, tuttalpiù, alla miseria del singolo uomo – egli essendo gravato dal Peccato originale – e non esaltati pubblicamente dall’intera società; difficilmente guardando addietro la storia potremo trovare una civiltà tanto perversa come l’attuale.
Prima della venuta di Nostro Signore Gesù Cristo all’umanità non era stata ancora offerta la redenzione col Sangue dell’Agnello, e quindi non si era ancora conosciuta la Salvezza, la Morte del Figlio dell’Uomo che riscatta il peccato del mondo; e questo in qualche modo “scusava” il popolo che ancora non aveva conosciuto Cristo.

Il peccato e lo scandalo che prima potevano venir dati dai singoli, oggi vengono invece resi pubblici dalle nazioni: che permettono e “legalizzano” (legalità, specie ai giorni nostri, spesso non è sinonimo di moralità) ciò che va contro la stessa Legge naturale, offendendo Dio nel modo più prorompente e cinico possibile.

Qui si innesta la necessità della Riparazione.

La Riparazione è da sempre conosciuta sia nella teologia cristiana che nel Magistero della Chiesa, esternata e ben visibile nella Sacra Liturgia. Ciò è reso possibile già dall’Essenza del Cristianesimo, ove Cristo, con il Sacrificio della Croce, diviene vero elemento espiatorio: la Sua Santa Croce fu alzata pubblicamente, davanti a tutto e tutti.
Il Sacerdote Sommo, che conferisce la facoltà di rinnovare incruentamente e infinitamente il medesimo Suo Sacrificio ai sacerdoti sull’Altare, rende anche il resto dei battezzati partecipi a loro modo dello stesso sacerdozio. Non a caso nell’Offertorio della Santa Messa l’acqua viene unita al vino, e cioè avviene l’unione del popolo di Dio col Sangue dell’Unigenito Figlio, nel suo eterno Sacerdozio.
Ogni battezzato ha per contro non solo la possibilità, ma anche il dovere di unirsi al Sacerdozio di Cristo. In questo specifico senso diventa comprensibile l’importanza e la necessità assoluta della riparazione, e per i peccati personali (di cui mai, in nessun contesto, ci si deve dimenticare) e per i peccati degli uomini compiuti contro Dio; essa è un principio meritorio che, associando gli uomini all’espiazione infinita offerta dal Signore sulla Croce, tende a colmare gli oltraggi resi alla Gloria di Dio a causa delle offese esecrande al Sacro Cuore del Figlio. Alla base della riparazione vi sta perciò la compensazione del peccato dell’uomo attraverso doni e sacrifici, agendo secondo una necessità di giustizia a Dio gradita. Ogni uomo può dunque divenire un Altare espiatorio per il gran mezzo della preghiera e del sacrificio.
Pensando alla vita e agli scritti di uno dei massimi ed instancabili Santi dell’ “espiazione”, San Paolo, sarà illuminato il profondo significato degli atti di riparazione tanto esplicitati dalla teologia cattolica. Egli ricorda infatti, nella Lettera agli Ebrei, il passaggio dal sacerdozio levitico a quello di Cristo, in cui l’espiazione dei peccati viene sancita una volta per tutte sulla Croce, superando di gran lunga l’offerta di tutti gli altri doni esistenti nell’Alleanza precedente.

Preghiera e penitenza sono la principale corazza e il principale mezzo indicato alla riparazione nel senso più ampio. Quell’aspetto di battaglia spirituale oggi, ahinoi, troppo dimenticata per dare spazio, di contro, ad una “battaglia” inutile, fatta via social e dietro al mondo virtuale in cui ci si nasconde in modo pusillanime.

Pio XI, nella Lettera Enciclica Caritate Christi Compulsi, spiega magistralmente ciò a cui si è appena fatto riferimento:
«La penitenza dunque è come un’arma salutare posta in mano dei prodi soldati di Cristo, che vogliono combattere per la difesa e il ristabilimento dell’ordine morale dell’universo. È un’arma che giunge proprio alla radice di tutti i mali: alla concupiscenza, cioè, delle materiali ricchezze e dei dissoluti piaceri della vita. Per mezzo di volontari sacrifici, per mezzo di rinunce pratiche, anche dolorose, per mezzo delle varie opere di penitenza, il cristiano generoso reprime le basse passioni che tendono a trascinarlo alla violazione dell’ordine morale. Ma se lo zelo della divina legge e la carità fraterna sono in lui tanto grandi quanto devono esserlo, allora non solo si dà all’esercizio della penitenza per sé e per i suoi peccati, ma si addossa anche l’espiazione dei peccati altrui, ad imitazione dei Santi che spesso eroicamente si facevano vittime di riparazione per i peccati di intere generazioni; anzi ad imitazione del Redentore divino, che si è fatto “Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”».

Parimenti è indispensabile e doverosa l’espiazione, come spiega ancora Papa Pio XI nell’Enciclica Miserentissimus Redemptor:
«Questo dovere di espiazione incombe a tutto il genere umano poiché, secondo gli insegnamenti della fede cristiana, dopo la miseranda caduta di Adamo, esso, macchiato di colpa ereditaria, soggetto alle passioni e degradato nel modo più compassionevole, avrebbe meritato d’essere condannato alla eterna perdizione. Negano, sì, questa verità, i superbi sapienti del nostro secolo i quali, rinnovando la vecchia eresia di Pelagio, vantano una bontà congenita della umana natura, che per virtù sua si spinge a sempre maggiore perfezione. Ma queste false invenzioni della superbia umana sono condannate dall’Apostolo, il quale ci ammonisce che « eravamo per natura meritevoli d’ira». E in verità, già fin dal principio del mondo gli uomini riconobbero in qualche modo il debito di tale comune espiazione, mentre per un certo istinto naturale si diedero, anche con pubblici sacrifici, a placare la divinità».


Ogni uomo deve fare penitenza per i propri peccati, che è portato a commettere a causa delle debolezze dei sensi e della stessa natura umana. Tuttavia egli non può fare a meno di pensare, tanto più in tempi come questi, alle innumerevoli nefandezze compiute a danno del Sacratissimo Cuore di Gesù, come ancora mirabilmente fa dire il Sommo Pontefice Pio XI nell’Atto di riparazione che sarà pronunciato a Modena il 1º giugno:
«(…) l’immodestia e le brutture della vita e dell’abbigliamento, le tante insidie tese dalla corruttela alle anime innocenti, la profanazione dei giorni festivi, le ingiurie esecrande scagliate contro Te e i tuoi Santi, gli insulti lanciati contro il tuo Vicario e l’ordine sacerdotale, le negligenze e gli orribili sacrilegi ond’è profanato lo stesso Sacramento dell’amore divino, e infine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da Te fondata».


Il 10 settembre del 1925, la Vergine Santissima apparve con il Bambin Gesù alla veggente suor Lucia. La Madonna portava sulla mano un Cuore circondato di spine e, mostratolo, il Bambinello disse all’ancor giovanissima Lucia: «Abbi compassione del Cuore della Tua Madre Santissima avvolto nelle spine che gli uomini ingrati gli configgono continuamente, mentre non v’è chi faccia atti di riparazione per strapparglieLe».

A queste già fortissime parole seguirono quelle della Santa Vergine, Ella rivolgendosi a suor Lucia disse:
«Guarda, figlia mia, il mio Cuore circondato di spine che gli uomini ingrati infliggono continuamente con bestemmie e ingratitudini. Consolami almeno tu e fa’ sapere questo: a tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza».

Come vediamo, sia nel Magistero infallibile della Santa Chiesa, sia nel contenuto escatologico presente nelle apparizioni della Madonna è presente un forte e chiaro appello alla riparazione. Si potrebbe altresì supporre che in questi messaggi si prosegua ciò che fu iniziato più di due secoli prima a Paray-le-Monial, con le apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a Santa Maria Margherita Alacoque. Nel caso di Fatima la riparazione viene richiesta anche per il Cuore Immacolato della Madre, unita alla Passione e allo strazio del Cuore del Figlio.

Gli strazi del Sacro Cuore si odono forti, eppure vengono sopraffatti dalle malevoli grida del peccato pubblico voluto da Satana per offendere, ancor più gravemente, l’Unico e Vero Dio.
Ecco perché al popolo di Dio è assolutamente richiesto un impegno di Fede forte, che sia manifestata pubblicamente e che abbia, come principale punto di riferimento, la preghiera rivolta a Dio a modo di riparazione.

Sbaglierebbe chi pensasse che un atto privato equivalga ad un atto pubblico, o che “basta pregare in chiesa” per riparare qualcosa di gravemente vissuto in foro esterno. Se è vero che la riparazione non sarà mai eguale al grave peccato commesso, è altrettanto vero che una preghiera privata non avrà lo stesso effetto, anche secondo il modello cristiano di carità e correzione, di una preghiera manifestata pubblicamente con perseveranza e coraggio.
La forza dell’orazione ricalca poi quattro punti cardine fondamentali: essa possiede valore satisfattorio e valore meritorio, è nutrimento spirituale e ha, nella chiave di volta che collega la terra con il Cielo, la facoltà di ottenere ciò che si chiede.
Quale arma migliore può essere adoperata a compensare i gravi crimini commessi contro Gesù se non la preghiera connessa al sacrificio? Lo stesso Nostro Signore ci spiega lo spessore di questo duplice mezzo: «Certa specie di demoni si scaccia solo con la preghiera e col digiuno». (Mt. 17, 21). I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio sono infatti voluti da veri e propri demoni.

Aldilà di quello che vogliono dire i moderni sofisti del nulla più assoluto, la vita riparatrice è, come diceva il grande teologo domenicano Garrigou-Lagrange, «la partecipazione allo stato di vittima di Gesù, un’unione strettissima al Sacerdote Eterno».

Ecco perché è fondamentale essere in processione orante per le strade di Modena il 1º giugno, anche venendo da lontano, anche affrontando un viaggio da un’altra città. Ecco perché è doveroso ridare a Dio il posto che gli spetta: il trono nella società, la presenza nella vita pubblica.

A noi cattolici è richiesto questo compito importante, cioè ridare alla Chiesa il suo aspetto militante: rizzando per le strade, come esortava a fare la grande Santa Caterina da Siena, «el gonfalone della Santissima Croce».







maggio 2019

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