OLIM PAPA SEMPER PAPA

di Don Francesco Cupello


L'immagine è nostra





Roma, giardini vaticani, 23 giugno 2019:
Foto ricordo: da sinistra in senso orario, il Papa emerito, monsignor Gaenswein,
Massimo Franco ed Emilio Giannelli
(foto Stefano Spaziani)


Ho letto lo scritto di Giovanni Servodio Il caso curioso del cardinale che vuole essere chiamato papa, in cui si sostiene una tesi non condivisibile perché priva di fondamento.


Innanzitutto non capisco la vena acrimoniosa verso Benedetto XVI, cui pur si deve la coraggiosa [sappiamo tutti bene quanta dura opposizione ha dovuto affrontare prima e dopo il suo Summorum Pontificum] decisione di "liberalizzare" il Vetus Ordo nella celebrazione eucaristica. Io invece ringrazio lui e il Signore per il grande dono fatto alla Chiesa e lo considero un grande Pontefice.
Ma vengo al dunque.
Servodio ha contestato nel suo scritto che Benedetto XVI, dopo le sue dimissioni, possa continuare a essere chiamato Benedetto XVI e quindi anche papa. Quello sollevato da Servodio è un falso problema, perché egli dimostra chiaramente di non far distinzione tra titolo e funzione: come infatti un Abate dimissionario continua ancora ad essere chiamato Abate (Olim Abbas semper Abbas), così altrettanto e a maggior ragione un papa dimissionario continua ad essere chiamato papa. La stessa cosa avviene in ambito civile per il Presidente della Repubblica, che continua ad essere chiamato Presidente anche dopo le sue dimissioni o la scadenza del suo mandato.

D'altra parte che fine ha fatto Benedetto XVI? Morto, non è morto; volatilizzato, non si è volatilizzato, dunque? Ratzinger è diventato papa, prendendo il nome di Benedetto XVI, e tale rimane per sempre. Ora, a seguito delle sue libere dimissioni, Benedetto XVI non è più IL Papa, ma gli rimane il titolo con il quale si indica semplicemente che egli è stato uno dei Successori di Pietro sulla cattedra di Roma. Pertanto quando Ratzinger dice che «il Papa è uno, Francesco», dice la cosa più ovvia e la dice per chi non capisce la lapalissiana verità che il Papa è unicamente chi esercita legittimamente questa funzione, facendolo anche di fatto chiaramente capire, mai interferendo nel ministero petrino di Papa Francesco, ma soprattutto mettendo decisamente alla porta chiunque gli faceva barluginare anche da lontano l'insana idea di porsi come contraltare al papa regnante e farsi paladino dei suoi oppositori.

Ratzinger, dopo le sue dimissioni da Sommo Pontefice, non parla e non può più parlare da papa, perché Egli ha accompagnato tale atto con l'indicazione del giorno e l'ora in cui le dimissioni divenivano effettive e la santa Sede vacante, con la conseguente necessità di eleggere un nuovo Papa.

Non c'è e non può quindi esserci nessun equivoco e nessuna doppia funzione papale, perché il titolo di papa non conferisce al dimissionario alcuna giurisdizione. Che poi Benedetto XVI, non più felicemente regnante, ma ancora felicemente vivente, continui ad essere chiamato papa e a vestire con l'ordinaria talare bianca (a indicare chi e cosa è stato Lui nella storia della Chiesa), ma a non indossare più le insegne pontificie (a indicare che Lui non è più il Papa), non si vede proprio quale problema possa creare.
Semmai i problemi li crea Papa Francesco con il suo inammissibile e ingiustificabile rifiuto di indossare le insegne proprie del Sommo Pontefice: non è Ratzinger, papa dimissionario, che nel vestire l'ordinaria veste talare bianca, si mette sullo stesso piano di Bergoglio papa regnante, ma è Papa Francesco, unico e a pieno titolo Sommo Pontefice, a mettersi sullo stesso piano di Ratzinger, rifiutandosi di indossare le insegne proprie del Sommo Pontefice.

Se un giorno Papa Francesco si dovesse dimettere, finché vivrà rimarrà sempre papa Francesco, ancorché privo di qualsiasi autorità e giurisdizione. Solo dopo la sua morte sarà chiamato Francesco I.



 



luglio 2019
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