La venerazione delle statuette di Pachamama

è oggettivamente un’idolatria





Articolo pubblicato il 29 ottobre 2019 da sito informazioni della Fraternità San Pio X
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Che il Vaticano l’accetti o no, l’affare del “rito” amazzonico svoltosi il 4 ottobre scorso nei giardini vaticani alla presenza di Papa Francesco, e l’affare delle «statuette» di Pachamama che ne è derivato, sono lungi dall’essere chiuse. Quanto meno, esse necessitano di una messa a punto e di un mea culpa.

Il culto secondo la teologia cattolica

Il culto è una venerazione manifesta di un essere, in ragione della eccellenza o in ragione del suo legame con un essere degno di onore, per esempio una immagine che lo rappresenta. Nel primo caso – quello della sua propria eccellenza – si tratta di culto detto assoluto, nel secondo caso di culto relativo.

San Tommaso ricorda che l’onore è dovuto alla sola natura razionale (Summa theologia, III, 25, 3-4). Con questa definizione, esso ingloba la persona in generale e non solo la natura umana. Ed egli aggiunge un secondo principio secondo cui può esserci onore dovuto alle creature sensibili, agli oggetti, solo in rapporto alla natura razionale. Non si tratta mai di culto reso a creature sensibili non umane – piante o animali – per evitare accuratamente ogni pericolo di idolatria.

Quindi, solo una persona può ricevere un culto assoluto. Esso si divide in due specie: nei confronti di Dio, delle Persone divine, di Gesù Cristo, vero Dio, si tratta i culto di adorazione o latria, infatti, solo Dio può essere adorato; nei confronti di quelli che sono ripieni della gloria divina in Cielo, gli Angeli e i Santi che contemplano la faccia di Dio, si tratta di culto di venerazione o dulia. La Santissima Vergine, Regina degli Angeli e di tutti i Santi, riceve questo culto nella sua pienezza, al quale è dato il nome di iperdulia.

Il culto relativo è reso a degli oggetti in quanto sono in congiunzione con la persona che riceve un culto assoluto, ed è reso anche a delle immagini, in quanto esse la rappresentano. Così, Le reliquie della vera Croce ricevono un culto di latria relativa, che riguarda la Persona stessa di Gesù Cristo; lo stesso vale per le immagini che raffigurano Cristo. I resti dei Santi – chiamate reliquie – ricevono un culto di dulia relativa, al pari delle immagini che li raffigurano.

Da notare che i segni d’onore resi ai membri del clero nelle cerimonie liturgiche della Chiesa – inchini, genuflessioni, incensamenti – sono un colto relativo nei confronti di Cristo, che è sempre Colui che compie la liturgia in quanto è il solo Sommo Sacerdote del Nuovo Testamento, ed è rappresentato dal clero.

Infine, il culto – liturgico o no – si manifesta con dei gesti, delle attitudini, delle posture, delle preghiere, che sono destinate a manifestare il sentire interiore: adorazione, sottomissione, onore reso, che costituiscono la parte principale del culto.

Che cos’è la Pachamama?

I popoli amerindi della cordigliera elle Ande, in particolare gli Aymaras e i Quechuas, da millenni sono immersi in credenze animiste e insieme politeiste, che risalgono ad almeno una dozzina di secoli prima di Cristo. In modo particolare, due sono le divinità che dominano la cosmogonia andina: Viracocha, una sorta di creatura, e Inti, il sole. Ad esse si aggiunge un’altra divinità molto importante: Pachamama.

Questo termine deriva da Pacha – o spazio-tempo – nozioni che entrambe unite nella cosmologia andina; e Mama – madre -. Così, Pachamama rappresenta  la Terra-Madre, non solo il suolo o la terra dal punto di vista geologico, ma la terra che nutrisce e la natura nel suo insieme. Essa è la protettrice delle montagne, della vita selvaggia e dei viaggiatori. Per ottenere la sua protezione bosogna farle delle offerte specifiche al momento dei culti: foglie di coca, chicha (birra di mais), conchiglie. È comune sacrificarle delle camelidi: alpaca, guanacos, lama o vicuñas. Nelle popolazioni che vivono ancora dell’agricoltura e dell’allevamento, questo culto è rimasto molto vivido.

Nel corso dell’evangelizzazione dei paesi andini, le divinità indigene si mischiarono ai Santi cristiani. Così, Pachamama prese i tratti della Vergine Maria e il “dio sole” divenne Cristo. Come si sa, il politeismo porta volentieri al sincretismo. Sono state necessarie tutto l’ardore la pazienza dei missionari per evitare questo pericolo, che tuttavia non è sempre stato sradicato. Si pensi al numero dei secoli occorsi per estirpare il paganesimo in Europa.

Cosa rappresentano le famose statuette della discordia?

Su questo punto vo sono alcuni  equivoci. Secondo quanto riporta il sito vaticano Vaticamews, lo stesso Papa, all’apertura della 15ma congregazione generale del Sinodo, ha confermato che queste statuette rappresentano Pachamama, ed ha aggiunto che esse sono state poste nella chiesa di Santa Maria in Traspontina «senza intenzioni idolatrice».

Francamente, questa interpretazione è insufficiente: che il Papa voglia o no, Pachamama è un idolo, un idolo con tutto quello che ha di attuale e non un idolo «antico», come ha cercato di relativizzare il sito Zenit.

Il Prefetto del dicastero della Comunicazione, Paolo Ruffini, per far fronte alla difficoltà, ha cercato di spiegare che «Noi abbiamo ripetuto a più riprese che queste statue rappresentano la vita, la fertilità e la “madre-terra”». In altre parole, sarebbero delle astrazioni, dei concetti.

Zero spiegazioni

Questa spiegazione non regge: basta considerare le cerimonie compiute intorno a queste statuette, in presenza del Papa, per capire che si tratta di azioni di culto: una vera processione per portare questi oggetti in diversi posti, una prostrazione a ginocchia piegate, una installazione nel santuario e una veglia di preghiera.
Se questi non sono gesti di culto, cosa sono allora?

In più, mai la Chiesa ha venerato in modo alcuno delle astrazioni, come che le presenta Paolo Ruffini. E soprattutto rappresentate da una immagine o da una statua, nuda per sovrappiù.
Se si può raffigurare una virtù con una immagine o una statua – cosa che si chiama allegoria -  questo non è in alcun caso per renderle culto. Al contrario, la Bibbia contiene degli avvertimenti divini contro le raffigurazioni abusive, che rischiano sempre di essere fonte di idolatria. Così, la fecondità, sotto i tratti di Astarte, è costantemente condannata nel Vecchio Testamento; come è il caso di Diana efesina nel Nuovo.


Conclusione

Quello che si può concludere è che queste cerimonie sono state oggettivamente idolatriche, quali che siano state le intenzioni dei partecipanti. In oiù, esse hanno un marcato sapore sincretista che può solo confondere il senso della fede dei popoli amazzonici che vivono in mezzo ai veneratori della dea Pachamama.

Quanto alla “madre-terra”, che rimanderebbe alla creazione, la sua adorazione non è altro che del paganesimo del più grossolano, condannato in tutte le pagine della Sacra Scrittura.

Quello che ne deriva è che le autorità della Chiesa devono compiere un mea culpa, che si impone perché questo peccato attiene in maniera particolarmente grave al primo Comandamento. Si tratta del peccato più grave che si possa commettere.
 
E per i veri fedeli, resta solo di espiare questo terribile peccato, come ha invitato a fare Don Pagliarani, il Superiore Generale della Fraternità San Pio X.




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