Vaticano II:
religione dell’uomo

 
di Mons. Richard Williamson


Pubblichiamo un articolo di Mons. Richard Williamson, riguardante il Vaticano II e le sue deviazioni. L'articolo è stato scritto a partire dal libro di Don Alvaro Calderón, FSSPX: Prometeo, La religione dell'uomo, e fa parte del n° 111, inverno 2019-2020, della Rivista Le Sel de la terre, pubblicata dai Domenicani di Avrillé, Francia.

L'articolo verrà pubblicato in 4 parti, corrispondenti ai 4 capitoli che lo compongono.






Presentazione di Le Sel de la terre

Don Alvaro Calderón (FSSPX), che ha già scritto diversi articoli per Le Sel de la terre, fra cui uno molto notevole: Questioni disputate sul magistero conciliare (1), ha pubblicato nel 2010 a Buenos Aires, uno studio sui principii guida e la coerenza interna del concilio Vaticano II.

Intitolato in modo chiaro: Prometeo, La religión del hombre. Ensayo de una ermenuéutica del conclio Vaticano II (Prometeo, La religione dell’uomo. Saggio di ermeneutica del concilio Vaticano II), questo studio non si accontenta di recensire e di analizzare i diversi punti di rottura del magistero conciliare con la tradizione cattolica. Esso mostra in maniera impressionante la logica che tiene insieme queste novità in un tutto coerente e che costituisce veramente una nuova religione, erede della rivoluzione umanista e del «cattolicesimo liberale», ma dotata di una fisionomia e di caratteristiche proprie.

Uno studio di questa qualità non potrà mancare di essere tradotto e pubblicato in francese. Ma poiché questa edizione si fa attendere già da dieci anni, noi siamo felici di offrire ai nostri lettori il riassunto dettagliato che Mons. Williamson ha voluto fare di quest’opera magistrale (2).
Noi lo ringraziamo per averci voluto affidare questo lavoro.


Capitolo I - Cosa fu il Vaticano II
Capitolo II - L'uomo nuovo
Capitolo IV - Una nuova religione?



Capitolo III

La nuova Chiesa

Nel suo discorso di chiusura del Vaticano II, Paolo VI ha indicato i due scopi del Concilio: avvicinarsi all’uomo moderno e ridefinire la Chiesa. Di questi due scopi si capisce chiaramente che la ridefinizione della Chiesa è mezzo, mentre il nuovo umanesimo è fine. La Chiesa deve ripensare alla sua natura per salvare la modernità malata.
E’ per questo che bisognava prima studiare l’uomo nuovo.
Vediamo adesso la nuova Chiesa.

Nel capitolo II abbiamo mostrato che il mondo moderno ha una grande stima per i valori umani, per l’umanità in quanto tale. Quindi, la nuova Chiesa dovrà imparare ad essere più modesta. Essa non sarà più l’unica Arca di salvezza. Essa sarà solo una parte di quel Tutto stimabile che è l’umanità. «Essa è per l’Umanità», dice Paolo VI.
Dunque la Chiesa, per assolvere questo nuovo compito, dovrà essere più modesta: diminuire davanti al mondo, davanti alle altre religioni e davanti a se stessa.
E allora, il Vaticano II dovrà trattare:
- della Chiesa in quanto solamente facente parte dell’Umanità totale;
- dei rapporti di questa Chiesa-parte con l’insieme del mondo;
- dei suoi rapporti con le altre religioni;
- della sua nuova definizione per potere svolgere questo nuovo ruolo.


La Chiesa e il Regno di Dio

La dottrina cattolica

Nostro Signore non ha smesso di predicare il Regno di Dio, il quale, con delle lievi sfumature, è identico alla Chiesa (si veda in particolare Mt. XVI, 18-20). Il termine Regno può sembrare che si riferisca più all’avvenire, mentre il termine Chiesa al presente, ma queste sono solo delle sfumature. Di fatto, i due termini significano la stessa realtà – ad un tempo interiore ed esteriore – che è già iniziata qui sulla terra e raggiungerà il suo stato perfetto nell’eternità. Questo è quello che insegnano nelle loro encicliche i Papi Leone XIII, Pio XI e Pio XII.

La distinzione del Concilio tra Chiesa e Regno di Dio

Certi testi del Concilio permettono di essere interpretati nel senso classico dell’identità reale tra Chiesa e Regno di Dio, ma altri testi esigono un’altra interpretazione, che è confermata dai documenti post-conciliari.
La Commissione Teologica Internazionale sottolinea così, nel 1984, che i due si distinguono da due secoli. E la famosa Dichiarazione Dominus Iesus, del 2000 – che offre un’interpretazione ufficiale dei testi conciliari – afferma che il Regno non è una realtà visibile e sociale come la Chiesa (n° 19).

Quello che sta dietro la distinzione tra Chiesa e Regno di Dio

- Perché gli antichi umanisti li distinguevano

Alla fine del Medioevo, gli umanisti vollero scuotere il giogo della Chiesa senza attaccare Nostro Signore Gesù Cristo. Non potendo separare Gesù Cristo dal Regno di Dio che Egli aveva costantemente predicato, essi cercarono di distinguere fra Regno di Dio e Chiesa. Per far questo, i protestanti sostennero che il Regno di Dio è interno (nel cuore dell’uomo), mentre i modernisti del XX secolo invocarono il suo carattere trascendente o escatologico. Più recentemente, una terza opinione ha riconosciuto che Gesù Cristo ha voluto sia il Regno sia la Chiesa, ma il primo sarebbe trascendente e trionfante, mentre la seconda sarebbe solo temporale e militante, strumento del Regno.

- Secondo il nuovo umanesimo

Cercando sempre di combinare il vecchio umanesimo con la Tradizione cattolica, il nuovo umanesimo riconosceva, da una parte che Gesù Cristo volle regnare su tutta l’umanità, e dall’altra che l’umanesimo del mondo moderno rende questo regno sempre meno universale.
Da qui,  il nuovo umanesimo distinguerà fra il Regno, universale di FATTO, e la Chiesa, universale d’INTENZIONE.
L’universalità di fatto del Regno trascendente o escatologico non presenta alcun problema, perché esso appare lontano nell’avvenire: nel frattempo Dio può sistemare tutto, forse anche la salvezza universale. Di contro, l’universalità d’intenzione della Chiesa presenta un problema, poiché il vecchio umanesimo non accetta che essa sia l’unica Arca di salvezza. Dunque, il nuovo umanesimo dirà che la Chiesa è universale d’intenzione perché ogni uomo, per la sua sola natura umana, appartiene INTERIORMENTE al Regno di Dio e quindi in potenza alla Chiesa, in maniera presente, ma invisibile e misteriosa. Come avviene questo? Con l’incarnazione!
«Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo (quodammodo) a ogni uomo» (GS 22).
Se si obietta che la dottrina di Cristo Re esige che Gesù Cristo regni sul mondo intero, non solo invisibilmente, ma anche visibilmente, il Concilio adotta la risposta di Maritain: il Cristo Re della nuova Cristianità regna su tutte le nazioni, anche irreligiose, dal momento che esse ammettono la sana «laicità» (si vedano qui di seguito le nuove relazioni della Chiesa col mondo).

La Chiesa e il Regno di Dio secondo «Lumen gentium»

- I rapporti tra la Chiesa e il Regno ormai distinti

Per il Concilio, il Regno è un mistero invisibile di cui la Chiesa è sacramento o segno efficace. Lumen gentium (LG) dice anche che la Chiesa è la crescita visibile del Regno misteriosamente presente (LG 3). E quando la stessa Costituzione dice che Gesù annuncia l’arrivo del Regno con le Sue parole, le Sue opere e la Sua persona, e al tempo stesso inaugura la Sua Chiesa (LG 5), si potrebbe pensare che Regno e Chiesa indichino la stessa realtà, ma veniamo subito smentiti dall’affermazione che la Chiesa è il «germe e l’inizio» del Regno che essa deve annunciare.
Per il Vaticano II, Chiesa e Regno non sono identici.

- Conclusione

Secondo Lumen gentium, il Regno è una realtà invisibile e misteriosa (LG 3) di cui la Chiesa è il segno e la manifestazione. Così, il nuovo umanesimo cerca di conciliare la dottrina cattolica (che identifica Chiesa e Regno) con il vecchio umanesimo (che li distingue totalmente).

La Chiesa «sacramento» del Regno

- Cosa guadagna il Concilio dicendo che la Chiesa è «sacramento»

Secondo la Tradizione cattolica, la Chiesa deve regnare realmente su tutti gli uomini. Ma l’umanesimo rifiuta questa pretesa all’universalità. Il Concilio accomoda le due cose riducendo l’universalità della Chiesa ad una universalità di segno. La definizione di Chiesa come «sacramento» è sufficientemente vaga da poter conciliare le contraddizioni.

- Esegesi della definizione della Chiesa come «sacramento del Regno»

Secondo la Tradizione cattolica, la Chiesa è il genere umano in quanto unito a Dio in Cristo. Per il Concilio invece è il Regno ad essere il genere umano invisibilmente unito a Cristo. «La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio» (LG 1).
Nel Concilio non si trova alla lettera l’espressione «sacramento del Regno», ma essa sarà impiegata dalla Commissione Teologica Internazionale, che precisa che la Chiesa non è solo segno (sacramentum tantum) del Regno, ma anche «sacramentum et res».
Che significa?
- Il Regno è Cristo, misteriosamente presente nel cuore di tutti gli uomini di buona volontà – cioè, secondo l’ottimismo conciliare, di tutti gli uomini -, per il solo fatto dell’incarnazione.
- La Chiesa è segno di Cristo che la rende presente, dunque sacramento di Cristo. Così essa è l’inizio del Regno trascendente e al tempo stesso è questo Regno, essendone la parte più importante. Non solo il suo sacramentum, ma il suo sacramentum et res.

La Chiesa «sacramento» di Cristo

Secondo il Concilio, tutto quello che indica ed effettua un’altra cosa ne è un segno efficace, quindi un sacramento. Così, Cristo è «sacramento» di Dio e la Chiesa è «sacramento di Cristo».
Secondo Lumen gentium, la Chiesa è composta da un elemento umano (società gerarchica) e da un elemento divino (Corpo mistico di Cristo), esattamente come Cristo incarnato è composto da una natura umana e dal Verbo divino (LG 8).
«Come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente unito, così in modo non dissimile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica, per la crescita del corpo» (LG 8).
In altre parole: la società visibile della Chiesa indica ed effettua Cristo, quindi è il sacramento di Cristo. Qui troviamo una verità e un errore:
- La verità è che il Corpo mistico supera i limiti della Chiesa visibile (militante), poiché include la Chiesa trionfante, la Chiesa purgante e coloro che sulla terra sono cattolici per il battesimo di desiderio.
- L’errore sta nel presentare la Chiesa visibile intera come strumento di crescita del Corpo mistico di Cristo, mentre in realtà questo ruolo è dei sacerdoti. Trasposizione rivelatrice, poiché se la Chiesa tutta intera è lo strumento del Regno, significa che il Regno supera ed è altra cosa dalla Chiesa, come in verità la Chiesa supera ed è altra cosa dall’insieme dei sacerdoti.

Ne deriva che la Chiesa non è più universale in estensione, ma solo come «sacramento universale di salvezza». Reinterpretazione conciliare del dogma Extra Ecclesiam nulla salus!

I rapporti fra la Chiesa e il mondo

Dopo aver visto questa distinzione conciliare tra la Chiesa e il Regno, vediamo adesso la sua portata reale. Poiché in realtà essa è stata inventata per giustificare il rifiuto del potere civile di sottomettersi all’autorità della Chiesa. La dottrina del Concilio non è altro che un’ideologia machiavellica concepita per servire i poteri occulti che dominano il mondo moderno.
Esaminiamo dunque, in tre tempi, l’evoluzione storica che ha portato a questa situazione. Vedremo in seguito la dottrina del Concilio su questo argomento e le sue conseguenze.

La Cristianità fino alla «Unam Sanctam» (1296)

- Divisione cristiana dei poteri

Nostro Signore, essendosi incarnato per fondare la Sua Chiesa nel mondo, ma non del mondo (Gv. XVII,  14-16), ha voluto delegare i Suoi poteri regali a due ordini di ministri: l’ordine ecclesiastico per la salvezza delle anime e l’ordine politico per il bene comune temporale. Nei due casi, Egli ha affidato la pienezza del Suo potere ai capi (papa o principe), i quali hanno il compito di organizzare i ministri subordinati.
Dunque, la GIURISDIZIONE di ogni ordine viene direttamente da Gesù Cristo, indipendentemente dall’altro ordine. Tuttavia, la virtù dei cittadini, fine dell’ordine politico, ha essa stessa il fine  della salvezza eterna di questi cittadini (Dio non li ha creati per altra cosa).
Dunque, il fine dell’ordine politico è subordinato al fine dell’ordine ecclesiastico, e questa subordinazione dei fini non è solo accidentale, ma essenziale. Infatti, senza la dottrina e i sacramenti della Chiesa, i popoli non potranno raggiungere la pace eterna e nemmeno la pace politica.

- La costituzione della Cristianità

Il sogno di Platone era il regno dei filosofi sulla città. Ma dove trovare i filosofi sufficientemente liberi dalle concupiscenze del denaro e della carne?
Il nostro Salvatore ha risolto questo problema dividendo l’ordine ecclesiastico dall’ordine politico. Povertà e castità daranno ai pontefici quella libertà necessaria per ben governare. In effetti, sulla base di questa divisione dei due ordini, la Chiesa è riuscita a costruire sulle rovine dell’Impero romano il sistema molto solido della Cristianità, i cui principii sono immortalati nella bolla Unam Sanctam di Bonifacio VIII.

L’umanesimo cattolico fino alla «Quas primas» (1925)

- L’umanesimo e la separazione dei poteri

Ma per arrivare a vincere la concupiscenza degli uomini, al fine di stabilire questa Cristianità, ci son voluti molti martiri. Ed anche dopo Costantino c’è voluta molta sofferenza per mantenerla. E dopo mille anni di cattolicesimo costantiniano, il vecchio uomo si è rivoltato: l’umanesimo è insorto contro la Chiesa e dei re lo hanno seguito, pensando di potersi liberare dell’appoggio della Chiesa.
Dei re cessano di promuovere la fede nei loro popoli e dei papi cessano di insistere perché l’ordine politico si sottometta all’ordine ecclesiastico. Vi sono stati perfino dei papi umanisti! E’ l’inizio della fine.

- La «linea mediana» dell’umanesimo cattolico

Nel XIV secolo sorsero due tentativi volti a riconciliare l’umanesimo con la Chiesa contro cui il primo si era rivoltato: quello di Marsilio da Padova e quello, più moderato, di Dante. Marsilio arriva fino a proclamare la subordinazione della Chiesa allo Stato, nell’ordine temporale. Cosa molto pesante! Più pericolosa invece, perché più sottile, è la linea mediana di Dante: l’ordine ecclesiastico – dice lui – è soprannaturale, l’ordine politico è naturale, dunque il fine dell’ordine politico è naturale; ne consegue che quest’ordine politico non ha bisogno di essere subordinato alla Chiesa. Eh, No!
Il fine ultimo dell’ordine politico e della virtù dei cittadini non è altro che la loro salvezza eterna, fine immediato dell’ordine ecclesiastico. Dunque vi è subordinazione dell’ordine politico alla Chiesa.
Tuttavia, questa separazione dell’ordine della grazia dall’ordine della natura era comoda. Ogni ordine poteva lasciare l’altro in pace. Ma in due secoli fu la fine della Cristianità.
Marsilio rispettava ancora la ragione e la filosofia. Lutero le distrusse entrambe. Occorreva una nuova linea mediana che non scivolasse verso questa follia.
Sarà il grande filosofo cattolico Vitoria (1486-1546) che difenderà la politica naturalista di Dante, non più come concessione imposta dagli umanisti, ma come una grande tesi conservatrice! E’ l’alba dell’età moderna.
Con Suarez (1548-1617), questa politica naturalista diventa dottrina comune dei teologi cattolici. Da allora, i capi cattolici vivranno in privato come cattolici, ma governeranno in pubblico come uomini di ragione. Da allora, i cattolici abbandoneranno la difesa teologica dei diritti di Cristo Re, per difenderli solo apologeticamente, perché questi diritti sono ragionevoli.
L’umanesimo ne gioisce: essendo la ragione umana molto soggettiva, come si può imporre come religione di Stato una religione difesa solamente da questa ragione così poco unanime?

- Quas primas

Leone XIII ristabilì i giusti rapporti fra la Chiesa e lo Stato, ma scelse di rimanere ancora sul piano apologetico. In compenso, egli lanciò un vero rinnovamento del tomismo, di cui uno dei più bei frutti sarà l’enciclica di Pio XI, Quas primas (1925), che riafferma pienamente i diritti del “Re dei re” a regnare su tutti i re e i presidenti della terra.

La nuova Cristianità fino a «Dignitatis humanae» (1965)

- La nuova Cristianità

Purtroppo, il soggettivismo filosofico avanza e i filosofi cattolici fanno delle concessioni che minano la fortezza della verità oggettiva, al punto che nel 1926 il Vaticano annullerà virtualmente Quas primas, condannando l’Action française.
I pensatori cattolici che propugnano i compromessi col mondo crescono come funghi. E’ il caso di notare soprattutto il cambiamento di Jacques Maritain, che passa dal Primauté du Spirituel [Primato dello spirituale] del 1926 all’Humanisme intégral [Umanesimo integrale] del 1936.
Tuttavia, di fronte ai liberali suareziani che hanno consegnato la politica al naturalismo, saranno questi partigiani del compromesso a risollevare il vessillo di Cristo Re di Quas primas! Essi sostengono che la vecchia Cristianità aveva imposto in maniera anormale la subordinazione dello Stato alla Chiesa; ma lo Stato moderno sorto nel 1789 è cristiano nelle sue radici e ideali. Vero è che talvolta ha perseguitato la Chiesa, ma perché essa aveva conservato una mentalità troppo medievale; esso professa adesso la libertà religiosa: ecco qui la nuova Cristianità!

- La «consistenza» delle realtà temporali

Forte di questa rivalutazione dello Stato moderno, la «nouvelle Théologie» riscopre la consistenza delle cose di questo mondo, come l’amicizia, il vino, il denaro.
Nel Medioevo, la valorizzazione della povertà, della castità e dell’obbedienza, paradossalmente aveva dato il loro vero valore al denaro, alla donna, all’autorità. Invece, l’umanesimo, rigettando questi ideali della Chiesa, si mette sotto il dominio del denaro e della Sinagoga. La Contro-riforma, volendo riaggrapparsi allo spirituale, accetta di mettere da parte il temporale, di cui sottovaluta l’importanza per Cristo Re. A questo punto, il nuovo umanesimo poteva fare bella figura pretendendo di rendere a Cristo questo ordine temporale sottovalutato!

Ecco la nuova Chiesa della nuova Cristianità: come «sacramento» di Cristo e del Regno, essa non deve più cercare di «sacralizzare» la politica, come nel Medioevo, perché la politica moderna non è più così malvagia come quella di allora – il 1789 fu radicalmente cristiano. Essa invece deve far irradiare Cristo e il Regno per purificare i cuori degli uomini e valorizzare le realtà temporali troppo disprezzate dalla Chiesa «sacralizzante».
Molto bene – si risponderà – ma cosa valgono queste cose in se stesse? Sono in se stesse un trampolino per salire al Cielo?
Attenzione al naturalismo! Siamo all’ecologia al posto del Cantico di San Francesco d’Assisi!

- Conclusione

Bisogna confessare che questa nuova Cristianità, riallineando così la Chiesa alla natura, armonizza le realtà temporali meglio della Contro-riforma che le aveva poste in contraddizione. E se quello che fa il «liberale» è «separare» il temporale dallo spirituale, ecco che il nuovo Umanesimo può rigettare l’accusa di liberalismo, poiché esso intende riunire i due, seppure distinguendoli. Esso si definirà laico, ma non laicista; razionale, ma non razionalista.
Ma, essendo così naturale, esso è ancora cristiano? Esso afferma di sì, perché propugna una missione umana purificata, che avrà bisogno di essere cristiana; e perché propugna anche l’amore per la creazione, in Dio, che avrà bisogno di essere cristiano. (Da qui l’ecologismo della Roma conciliare).
E’ questa nuova Cristianità che trionferà al Concilio, con Maritain. In questa prospettiva, è sufficiente la libertà religiosa per «religiosizzare» il mondo, senza bisogno di sacralizzarlo.

La Chiesa e il mondo secondo il Concilio

E’ soprattutto con la Gaudium et spes che il Concilio diffonde questo maritainesimo.

- Un mondo laico, ma degno

Rivolgendosi al mondo intero – cosa che nessun documento del Concilio aveva fatto prima – Gaudium et spes manifesta questo nuovo umanesimo secondo cui il mondo fuori dalla Chiesa, né credente, né battezzato, è nondimeno liberato e riscattato da Cristo ed è in marcia verso la gloria.

- Le realtà terrene e il Regno di Dio

Gaudium et spes afferma che le realtà terrene sono già, in se stesse, aperte a Cristo, senza avere bisogno di una sacralizzazione.

a) Le realtà terrene sono molto buone per loro stessa natura.
Per la Chiesa, le realtà di questo mondo non sono cattive, ma pericolose. Esse sono veramente buone solo quando l’uomo sa usarne con distacco per realizzare la sua salvezza. Ma, di fronte ai suareziani, che hanno imprudentemente deprezzato l’importanza delle realtà temporali, Gaudium et spes le presenta come «ottime» in se stesse (GS 11), in virtù della libertà, delle opere e dei diritti dell’uomo. Dopo tutto, Dio, non ha creato tutte le cose per l’uomo e l’uomo per se stesso (GS 24)?
b) La grazia non cambia queste realtà, ma le aiuta a conservare la loro consistenza.
Gaudium et spes mostra successivamente la persona umana (GS 12), la società (GS 24) e il lavoro (GS 34): 1°, nella loro natura puramente naturale; 2° come danneggiate dal peccato; e 3° riparati dalla grazia, senza per questo essere elevate al di sopra della loro «consistenza», nella quale hanno la loro legge e i loro valori, in breve la loro autonomia (GS 36).
c) Così, le realtà terrene costituiscono la «materia» del Regno di Dio.
E se tutto questo sembra naturalismo, attenzione, si tratta di un naturalismo provvisorio, poiché alla fine della Storia queste cose saranno tutte trasformate nella pienezza finalmente visibile del Regno di Dio, di cui la Chiesa è, nel frattempo, solo il sacramento visibile (GS 38).

Al servizio del re di questo mondo

- Guerra e pace internazionali

Il Concilio non poteva trascurare la questione della pace internazionale (GS 79). Tuttavia, il Papa non può più intervenire tra le nazioni, come faceva nel Medioevo, poiché la politica non è più sacrale. Ancora una volta la Chiesa-sacramento dovrà irradiare la pace col dialogo ecumenico che pacifica le religioni; questo esempio servirà a stabilire la pace politica generata dal dialogo tra le nazioni (LG 9; cfr. GS 78, 92).
Dunque, servirà un’efficace autorità internazionale e sopranazionale per assicurare la giustizia e i diritti fra le nazioni (GS 82).

- Il «maestro di questo mondo»

Ma laddove solo il vicario di Cristo poteva svolgere l’ufficio di Re della pace, per rimpiazzarlo rimarrà solo il vicario dell’Anticristo in grado di svolgere adeguatamente questo compito.
Dunque, il Concilio tende con tutte le sue forze a preparare il regno di Satana!


La Chiesa e le religioni

Dopo la diminuzione liberale della Chiesa – derivante dalla divisione dell’umanità fra la Chiesa e il mondo -, viene la diminuzione ecumenica – derivante dalla divisione della Chiesa di Cristo fra la Chiesa cattolica e le altre religioni.

I problemi dell’ecumenismo

Il protestantesimo ha diviso la Cristianità in innumerevoli sette. Nel XX secolo, a Stoccolma (1925), a Losanna (1927), ad Edimburgo (1937), le sette protestanti si sforzano di riunire il «Regno di Dio»; e sognano di impegnare con loro anche la Chiesa cattolica in una «Chiesa di Cristo» che le includa tutte. I cattolici già umanizzanti potevano lasciarsi tentare; ma come accreditare queste religioni non-cattoliche senza diminuire la religione cattolica?

- Accreditare le religioni non-cattoliche…

Secondo la Tradizione cattolica, ogni religione non-cattolica è falsa in quanto tale, ed è solo in maniera eccezionale e anormale che degli individui non-cattolici possono appartenere alla Chiesa.
L’ottimismo conciliare considera che la grande maggioranza delle anime individuali appartenga al Regno di Dio, grazie alla loro (supposta) buona volontà e all’unione di Cristo incarnato con ogni uomo. Questa maniera di appartenere è ormai considerata normale, poiché ogni anima che si umanizza, secondo la nuova Cristianità è già cristiana, senza aver bisogno di entrare nella Chiesa sacrale visibile.
Ma che dire delle strutture religione non cattoliche?

- … senza screditare la religione propriamente cattolica

Pio XII aveva dichiarato che la Chiesa di Cristo si identifica con la Chiesa cattolica. Come fare entrare le sette nella Chiesa di Cristo, evitando che la Chiesa cattolica perda la sua identità?
Con la teoria degli «elementi di Chiesa», aggiunta alla trovata del «subsistit in».

Gli «elementi di Chiesa»

- La porta dell’ecumenismo

Secondo la Tradizione cattolica, certe comunità cristiane separate dalla Chiesa possono conservare delle «vestigia della Chiesa», fonti della verità come la Sacra Scrittura, e fonti della grazia come certi sacramenti ancora validi, per esempio il battesimo. Ma se queste vestigia possono permettere ad un individuo di appartenere alla vera Chiesa pur restandone visibilmente fuori, perché non lo permetterebbero anche a delle comunità che sono fuori della Chiesa visibile? Basterà rimpiazzare il termine «vestigia» con quello di «elementi», che è meno peggiorativo; e «setta» con «chiesa particolare». Così suona meglio!

- Una falsa porta

In realtà, le verità cattoliche conservatesi fuori dalla Chiesa sono normalmente soffocate dai rovi dell’errore. I sacramenti, anche se validi, non possono essere fruttuosi per un’anima legata all’eresia. La successione apostolica che conservano le sette scismatiche è solo materiale, usurpata. Nelle religioni non-cattoliche, tali vestigia sono in sé morte e inoperanti; i sacramenti non possono produrre i loro frutti, come spiega San Tommaso (S. Th. III, q. 82, a. 7).

Il «subsistit in»

- Una triste sorte

Ma come riabilitare le comunità separate dalla Chiesa cattolica, senza svalorizzarle? Con il geniale «subsistit in».
Innanzi tutto, bisogna far entrare le comunità non-cattoliche nella Chiesa di Cristo, cosa che si fa col seguente sillogismo:
maggiore: come Cristo è sacramento del Verbo, così la Chiesa è sacramento di Cristo;
minore: ma grazie agli «elementi di Chiesa», ogni comunità religiosa è segno efficace, dunque sacramento, del Verbo;
conclusione: quindi, tutte le comunità religiose fanno parte della Chiesa di Cristo.

Poi bisogna stabilire che la Chiesa cattolica è quantomeno la Chiesa di Cristo, e per far questo si incomincia a fare il seguente ragionamento: come Dio è presente per immagine e somiglianza in tutti gli uomini, ma in maniera speciale nell’uomo Gesù, di modo che solo di Gesù si può dire che è Dio; così il Verbo è presente in tutte le religioni (che sono tutte sacramento del Verbo), ma in maniera piena solo nella Chiesa cattolica, di modo che solo di essa si può dire che è il Corpo mistico di Cristo.
Ma siccome l’argomento sotto questa forma non piaceva né ai cattolici né ai non-cattolici, si fece ricorso alla formula del subsistit in. Per cui: come l’unica persona di Cristo sussiste in due nature (subsistis in duabus naturis), di modo che si può dire che Gesù è ad un tempo Dio e uomo, così la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, di modo che si può dire che la Chiesa di Cristo è ad un tempo la Chiesa cattolica e le altre chiese.
Questa spiegazione ha il grosso vantaggio di comprendere tutti, ma a condizione che non venga approfondita!

- Un facile bersaglio

Questa spiegazione, dal punto di vista della verità, ha però due grandi difetti:
- Un’affermazione ontologica (identità) non può poggiare su una base gnoseologica (sacramento).
- L’unione ipostatica di Gesù Cristo fu unica. La sua applicazione in questa occasione non ha alcun senso, se non eretico.
Affermare di due realtà dallo stesso status ontologico (la Chiesa di Cristo e la Chiesa cattolica) che una «sussiste» nell’altra è metafisicamente assurdo.

Il Concilio apre la via ecumenica

L’umanesimo predica la fraternità universale, ideale che porta direttamente all’ecumenismo. Il Concilio vi si lancia a testa bassa. Se ne trovano i principii nella Costituzione Lumen gentium, e lo sviluppo nel decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio (UR) e nella dichiarazione sulle religioni non cristiane Nostra Aetate (NA).

- La porta aperta nella Lumen gentium

- Introduzione: I sette primi paragrafi di Lumen gentium preparano la dottrina sulla Chiesa esposta nell’ottavo. La Chiesa è il sacramento dell’unione di Dio con tutto il genere umano (LG 1). Tutti gli uomini sono eletti da Dio per appartenere al Regno, e alcuni per appartenere alla Chiesa credente in Gesù Cristo (LG 2). Alla fine del mondo, la Chiesa e il Regno coincideranno, con la Chiesa limitata che diverrà illimitata e il Regno invisibile che diverrà visibile (LG 3). Gesù Cristo ha istituito invisibilmente il Suo Regno nei cuori degli uomini e la Sua Chiesa visibile in alcuni uomini, chiamati a costituire la Sua opera visibile di instaurazione del Suo Regno in tutti i popoli (LG 5).
- Distinzione (LG 8): La Chiesa di Cristo trasmette la verità e la grazia a tutti gli uomini. Questa Chiesa è composta da due elementi. Come il Verbo ha preso una natura umana per salvare le anime, così lo Spirito di Cristo ha preso la struttura gerarchica e visibile della Chiesa per far crescere il corpo della Chiesa. Dunque, come il Verbo e la natura umana che Egli ha assunto formano un unico Salvatore divino-umano, così lo Spirito divino e la struttura umana formano l’unica Chiesa di Cristo.
Questa Chiesa di Cristo «sussiste nella» Chiesa cattolica, si intenda bene, come il Verbo sussiste nella natura umana. Dunque, come il Verbo supera la sola natura umana, così la Chiesa di Cristo supera il perimetro della sola Chiesa cattolica, al di fuori della quale si trovano degli «elementi di santità e di verità», ecc.
- Conclusione: Dunque, ormai può essere lo Spirito Santo che ispira questi elementi fuori dalla Chiesa cattolica, come lo fa con le strutture ecclesiali visibili all’interno della Chiesa di Cristo.

- L’ecumenismo in senso stretto di «Unitatis redintegratio»

I cristiani devono unirsi, perché Cristo ha fondato una sola Chiesa. Sfortunatamente ci sono state delle divisioni (UR 3), in parte per colpa dei cattolici (in quanto tali? – Blasfemia!), di modo che vi sono degli elementi di Chiesa nelle strutture visibili non-cattoliche; ne consegue che tali strutture svolgono il ruolo di segni efficaci di Cristo, e lo Spirito Santo non rifiuta di servirsene come mezzi di salvezza.
In breve, queste comunità non appartengono pienamente alla Chiesa cattolica, ma esse appartengono alla Chiesa di Cristo.

- L’ecumenismo in senso lato di «Nostra Aetate»

«I vari popoli […] hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti, finché gli eletti [apparentemente, secondo ciò che precede: tutti] saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce» (NA 1).
Vi sono dunque, anche al di fuori delle comunità cristiane, se non degli «elementi di Chiesa» almeno dei «semi del Verbo» (decreto Ad gentes 11 e 15), cioè qualcosa di santo e di vero, scintilla del Verbo che illumina «ogni uomo veniente in questo mondo» (obiezione: ma vi si trovano anche molte cose anticattoliche! Risposta: chi può esaurire il mistero dell’uomo?).

La strategia conciliare verso l’esterno della Chiesa

- L’illusione conciliare

Secondo il Concilio, l’umanità è stata eletta da Dio per costituire il Suo Regno nel corso della storia; essa raggiungerà la sua pienezza di immagine di Dio con la pienezza della sua libertà, preparata dal progresso dei valori umani come la libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Dipende dall’uomo divenire sempre più uomo. Per favorire questo progresso, Dio ha istituito con Cristo Gesù la Sua Chiesa, in cui Egli raccoglie con una vocazione speciale (non universale) e sacerdotale (in tutti i suoi membri) coloro che anticipano in maniera visibile e sociale la manifestazione del Regno universale.
La Chiesa è segno efficace, sacramento del Regno, poiché essa preparerà efficacemente il genere umano al Regno. Osservando questa Chiesa sacrale praticare la Libertà, l’Uguaglianza e la Fraternità, il mondo non sacrale vorrà imitarla, e così si prolungherà la missione sacerdotale di Cristo.
Due ostacoli rimangono da superare:
- il teocratismo medievale, che allontanava le anime dalla Chiesa-sacramento-di-salvezza, sarà sostituito dalla predicazione della LIBERTA’ RELIGIOSA, con la quale le nazioni entrano nella nuova Cristianità e nel Regno di Cristo Re;
- il dottrinarismo medievale, che divideva la Chiesa e allontanava i non-cattolici insistendo sulla sola teologia greco-romana, sarà sostituito dall’ECUMENISMO, perché il rifiuto degli ideali del 1789 da parte della Tradizione impedisce alla Chiesa di significare Cristo e il Regno.
Dunque, l’ecumenismo della nuova Chiesa deve riunire tutti i cattolici, tutti i cristiani, tutte le religioni.

Del pari, per preparare l’avvento plenario del Regno, la Chiesa deve dare l’esempio di una Chiesa globale sotto l’autorità di un papa presidente del Consiglio delle Religioni Unite, rispettando tutte le diversità. Questo esempio servirà a un Impero globale posto sotto l’autorità di un Imperatore che presieda un consiglio democratico delle Nazioni Unite e munito della forza necessaria per impedire le guerre e per difendere i diritti umani.
Infine, Chiesa e globo si uniranno quando verrà Cristo, e tutti gli uomini saranno UNO.

- La realtà cattolica

In realtà, senza la verità del Magistero e la grazia dei sacramenti, gli uomini si collocano necessariamente sotto il potere di Satana. Ora, la separazione liberale della religione e della politica è solo una menzogna irrealizzabile. Se una Chiesa ispirata da Satana incoronasse un imperatore planetario, questi sarebbe il primo vicario di Satana, mentre il Papa sarebbe il suo servitore. Tale Chiesa avrebbe così promosso, non l’avvento di Cristo, ma dell’Anticristo. E’ di questo avvento che il Concilio si è fatto profeta.

La Chiesa comunione

Resta da considerare la strategia della nuova Chiesa verso l’interno.
Verso l’esterno, l’espressione più utile è stata quella di «sacramento». Verso se stessa, i suoi temi principali saranno: «Popolo di Dio», «collegialità» e «comunione».

Popolo sacerdotale di Dio

- La conversione necessaria alla democrazia

L’umanesimo ha scosso l’autorità per tappe: quella della Chiesa con la Riforma, quella dell’ordine politico con la Rivoluzione del 1789. Ma minare l’autorità significa in definitiva minare anche la libertà. Si è dovuta allora inventare un’autorità sostitutiva che rispettasse la libertà. Questa fu la democrazia, regno del «lupo libero in un gregge libero», votato a diventare il governo delle pecore da parte dei lupi. Questo «governo di tutti» è una menzogna machiavellica, sostenuta da diverse persone per diverse ragioni.

- I motivi della conversione del Concilio alla democrazia

La conversione del Vaticano II alla democrazia ha tre motivi:
- I lupi massonici, coperti da una pelle di pecora, vogliono distruggere la Chiesa.
- Le pecore instupidite dai media credono sinceramente che la democrazia sia il migliore dei regimi.
- In mezzo a questi due gruppi, le pecore carnivore sono i modernisti convinti, machiavellici; in parte ingannati, perché non vedono tutto il male che può fare la democrazia; in parte ingannatori, perché solo la democrazia permette loro di liberarsi da un’autorità fastidiosa; machiavellici, infine, poiché cambiano la dottrina in ideologia al servizio del potere.

- Il sacerdozio comune

San Pietro chiama la Chiesa, popolo sacerdotale (1 Pt. II, 9-10).  La nouvelle théologie aggiunge: l’intero popolo è sacerdote, di un sacerdozio comune a tutti i membri della Chiesa, e questo sacerdozio è il sacerdozio di Cristo. Questo cambiamento di prospettiva permette di promuovere una mediazione che diminuisce la Chiesa, ed un servizio che la democratizza:
- Mediazione: Tutta la Chiesa diventa sacerdotale, e secondo logica i non cattolici diventano ciò che erano una volta i laici cattolici: coloro che beneficiano dell’azione sacerdotale (LG 9). Ma come una volta tutti i non-chierci non erano chiamati a divenire chierici, così tutti gli uomini che sono fuori dalla Chiesa (che è interamente sacerdotale) non sono chiamati a farne parte; quindi essi non hanno affatto bisogno di convertirsi.
Peraltro, essendo ormai tutta la Chiesa investita della missione sacerdotale affidata agli Apostoli (LG 17), il nuovo ruolo del clero sarà quello di servire il sacerdozio comune (che è il più importante). - La dignità umana riprende così i suoi diritti, perché i chierici non sono più portatori di una speciale consacrazione di cui erano sprovvisti i laici, mentre la dignità dei battezzati non è più propriamente soprannaturale, ma sta solo nello ristabilimento della «dignità umana».
- Servizio: Gesù ha detto ai Suoi Apostoli di servire (Mc. X, 42). Ecco, dicono gli umanisti, la democrazia; che la Chiesa ha infine compreso e accettata dopo 1700 anni di erranza costantiniana (GS 44). Dunque, il sacerdozio dei chierici deve sottomettersi al sacerdozio comune, e la nuova Chiesa dovrà riformare tutte le strutture autoritarie in atto.

L’errore sta dallo snaturamento personalista del bene comune.
Nostro Signore ha chiamato i Suoi Apostoli a servire il bene comune, con umiltà; mentre gli apologisti della democrazia, pur proclamandosi «servitori di tutti», desiderano il potere.

- Il sacerdozio dei fedeli

Per sfuggire agli anatemi, Lumen gentium parla con precauzione del sacerdozio comune (LG 9), e non menziona esplicitamente un sacerdozio della Chiesa intera; ma, distinguendo i due sacerdozi (quello dei preti e quello dei battezzati), il documento conciliare afferma che i due partecipano all’unico sacerdozio di Cristo (LG 9), e dopo parla della «comunità sacerdotale», implicante una subordinazione della gerarchia ai fedeli (errore condannato da Pio VI: DS 2602).

In realtà, secondo la dottrina cattolica, il «sacerdozio dei battezzati» è solo una metafora; e infatti gli stessi conciliari hanno impiegato questa nozione solo per inciso, per sbarazzarsi del sacerdozio. I documenti post-conciliari eviteranno questa espressione, preferendo parlare di ministero e di comunione.

- Popolo profetico, sacerdotale e regale

Il prete cattolico, mediatore fra Dio e gli uomini, trasmette:
- da Dio agli uomini: insegnamento, santificazione, governo:
- dagli uomini a Dio: il culto della religione.

L’umanesimo preconciliare ha voluto eliminare Dio.
L’umanesimo conciliare sarà più maligno: ponendo Dio, la gerarchia e la Chiesa al servizio dell’uomo (LG), ma senza lasciare traccia dell’antico autoritarismo:
 
1. Nuovo profetismo: non si tratta più di insegnare in maniera magistrale, ma di testimoniare la trascendenza, soprattutto da parte dei laici nella loro vita laica (LG 12; è la nuova evangelizzazione). I chierici potranno predicare la spiritualità cattolica nella Chiesa, ma utilizzeranno esteriormente il linguaggio mediatico.
Quanto all’infallibilità, si tratterà di quella dell’intero popolo di Dio, direttamente ispirato dallo Spirito Santo (LG 12), a fianco di quella della gerarchia (richiamata in maniera tradizionale in LG 25). Le due sono dipendenti l’una dall’altra: la gerarchia ascolta il Popolo per mettere in formule il sentimento comune, allo scopo di unire la comunità. Ma dal momento che questo sentimento è variabile, questo nuovo Magistero non conserva alcunché della realtà dell’antico.

2. Nuovo sacerdozio: bisogna santificare la Chiesa interna con i sacramenti, il mondo esterno purificando le teste con un po’ di metafisica, e i cuori con un po’ di trascendenza: i chierici soprattutto ad intra, i laici ad extra (LG 34), umanizzando, dunque divinizzando il mondo.

3. Nuova regalità: la Chiesa mostra al mondo il cammino regale della libertà, reclamando la libertà religiosa.

4. Nuovo culto: ormai, tutta la cultura umana rende gloria a Dio (GS 57), poiché ogni elevazione culturale, tramite la scienza e le arti, tramite la metafisica razionale, tramite la saggezza mistica, tramite il culto cattolico, è un’apertura alla trascendenza e quindi ha un valore di culto!

La collegialità

- La monarchia obsoleta

Il Vaticano I ha definito in modo più che chiaro che la Chiesa è una monarchia di cui il Papa è il re. Ora, a partire dalla Rivoluzione francese, la libertà moderna non sopporta più le monarchie. E cento anni più tardi, la politica di ricollegamento di Leone XIII ha condotto la Chiesa nello stesso senso. Infine, nel 1958, è stato eletto un papa propriamente liberale – Giovanni XXIII – per convocare gli Stati generali della Chiesa: il Vaticano II.

- Un tocco di parlamentarismo

Di fatto, il liberalismo sa trovarsi a suo agio con una monarchia costituzionale; dunque, bastava che si diminuisse il potere del Papa ammorbidendo la rigidità dottrinale col soggettivismo, e stabilendo un mezzo con cui i governati possano controllare i governanti. Ed ecco il dialogo e la collegialità del Vaticano II.

- Primato ed ecumenismo

Visto da fuori la Chiesa, il Papa-Re è un ostacolo considerevole per l’ecumenismo. In più, esso è circondato di mine, che sono i pregiudizi dei cattolici a favore del loro re. Dunque, i liberali dovevano muoversi delicatamente se, per esempio, volevano confondere il potere di Ordine con quello di Giurisdizione. Cosa non da poco!

- La collegialità al Concilio

Il Vaticano II ha dunque proceduto con molta precauzione per democratizzare i rapporti fa il Papa e i Vescovi. Di fatto, questo costituì lo scontro più importante di tutto il Concilio, svoltosi dietro le quinte.
Così, nel capitolo 2 di Lumen gentium, l’autorità di Cristo venne affidata dapprima al «Popolo di Dio», per passare successivamente, al capitolo 3, alla gerarchia; cosa che capovolge l’ordine presentato nel Vangelo e da tutta la Tradizione. Questo capitolo 3 (LG 18-29), tratta della «Costituzione gerarchica della Chiesa e in particolare dell’episcopato».
Lumen gentium riafferma inizialmente la dottrina classica del primato del Papa (LG 18), ma nel contesto subentrano il capovolgimento dell’ordine di cui abbiamo detto (capitoli 2 e 3) e le disastrose novità dei paragrafi seguenti (LG 19-22), in pratica, solo a malapena si può parlare di una vera riaffermazione della Tradizione.
In seguito (LG 19), Lumen gentium pretende che Cristo inizialmente avesse istituito il collegio degli Apostoli, dunque, strettamente parlando, un’assemblea di membri uguali; e solo successivamente avesse nominato Pietro in particolare. Certo, alla parola collegium in seguito venne aggiunta la spiegazione «seu coetus stabilis» (un collegio, cioè un gruppo stabile); e la nota esplicativa (Nota previa) imposta da Paolo VI afferma che la parola collegium, piuttosto che in senso stretto, deve essere inteso in senso lato, secondo cui i membri non sono necessariamente uguali. E allora?
D’altronde è significativo che Lumen gentium non faccia alcuna menzione del testo fondamentale sul primato di San Pietro: Tu es Petrus (Mt. XVI, 18-20).
Lumen gentium afferma in seguito che il collegio degli Apostoli continua nel corpo dei vescovi (LG 20).
Così è aperta la porta alla confusione tra il potere di Ordine e il potere di Giurisdizione (LG 21). Lumen gentium pretende che la consacrazione episcopale conferisca, non solo il potere di santificare (Ordine), ma anche il potere di insegnare e di governare (Giurisdizione), anche se quest’ultimo deve essere esercitato solo in «comunione gerarchica».

All’epoca, Don Joseph Ratzinger ha osato scrivere, in un commento a questa Costituzione conciliare, che la distinzione tra questi due poteri risaliva solo al Medioevo. Ma il grande teologo Franzelin ha dimostrato che tale distinzione è cruciale per la costituzione della Chiesa, poiché, se ogni vescovo possedesse la sua Giurisdizione in forza della consacrazione e non più per concessione del Papa, in cosa consisterebbe il fatto che il Papa è il capo dei vescovi?
Il democratismo si manifesta con forza!

Lumen gentium non arriva fino ad affermare che il Papa riceverebbe il suo potere dai Vescovi, ma nega esplicitamente che i Vescovi ricevano il loro dal Papa (LG 22). Di fatto, il testo di Lumen gentium si contraddice da sé, affermando che il pieno potere sulla Chiesa è posseduto sia dal Papa sia dal collegio dei Vescovi! Si avrebbero dunque due poteri supremi.
In realtà, è stato definito dalla Chiesa, nel 1870, che solo il Papa è capo (DS 3059-3064). Ma LG 22 afferma e ripete che anche il collegio dei Vescovi è capo.

- Verso una nuova forma di primato papale

E’ evidente che il concilio Vaticano II ha voluto democratizzare il Papato, contando sulla pratica del post-Concilio per chiarire le ambiguità dei documenti, nonostante Lumen gentium.
Di fatto, nella pratica, il potere papale non è passato ai Vescovi, ma alle Conferenze Episcopali. E la dottrina un tempo controllata dal Papa e dalla sua Curia, è ormai nelle mani della Commissione Teologica Internazionale e delle assemblee episcopali.

Nel 1967, Paolo VI ha riformato la Curia in maniera da fare del Papa quasi un presidente con al suo fianco un primo ministro, o Segretario di Stato, con dei poteri in pratica uguali ai suoi.
Nella sua enciclica Ut unum sint, Giovanni Paolo II, in nome dell’ecumenismo, richiama la possibilità di trovare «una forma di esercizio del primato che, senza rinunciare all’essenziale della missione del Papa, si apra ad una nuova situazione».
E’ l’apertura alla dissoluzione del Papato!

«Comunione»

- La larghezza di vedute del Concilio sulla Chiesa

Dunque, alla fine, che cos’è la Chiesa? Alla conclusione del Concilio, Don Ratzinger afferma che il concetto di comunione era stato oggetto dell’attenzione dei teologi. In effetti, tale concetto è così ampio da conciliare tutte le diversità del pluralismo dottrinale.

- Comunione e dialogo

Vi sono diversi legami possibili – ed evocati – per mantenere questa comunione, ma il più vasto, e che quindi corrisponde meglio all’ampiezza di tale comunione, è il dialogo, che permette di discutere di tutto, l’importante è discutere!
Ora, ogni uomo discute; di conseguenza tutta l’umanità appartiene a questa «comunione». All’interno della Chiesa non sarà più il Magistero infallibile che unirà i fedeli nella fede rivelata; all’esterno non sarà più il Battesimo ad introdurre i convertiti nella Chiesa. In entrambi i casi, il dialogo avrà rimpiazzato la verità.

- Il serpente dice alla donna: «Non morirete»

Questo dialogo è hegeliano, quindi tutti hanno ragione, i contrari si completano e si arricchiscono mutualmente, il male viene in aiuto del bene! La modernità aiuta la Chiesa. Così è meglio dialogare con i nemici piuttosto che con gli amici della Chiesa!


NOTE

1 – DON ALVARO MARTIN CALDERÓN, Questioni disputate sul magistero conciliare, in quattro articoli: (1) «Un dilemma: Si può criticare il Vaticano II senza erigersi a giudici del Magistero? (Le Sel de terre, n° 47); (II) Il magistero conciliare può essere messo in questione? (n° 55); (III) Il magistero conciliare ha qualche grado di autorità? (n° 60); (IV) L’infallibilità delle canonizzazioni e delle leggi universali (n° 72). Si veda anche in Le Sel de la terre n° 63 (pp. 47-58), la risposta dell’autore alle critiche e alle obiezioni di Don Bernard Lucien – Don Calderón è professore di filosofia e teologia al seminario della Fraternità San Pio X di La Reja, in Argentina.
2 – Il libro di Don Alvaro Martin Calderón, ultimato il 17 gennaio 2010, è stato stampato a Buenos Aires (Ediciones Oeste) nel marzo 2010; esso è composto di 324 pagine.



Capitolo I - Cosa fu il Vaticano II
Capitolo II - L'uomo nuovo
Capitolo IV - Una nuova religione?







marzo 2020

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