Un ricordo di monsignor Livi,

maestro del vivere senza menzogna

di Elisabetta Frezza



Pubblicato il 2 aprile 2020 sul sito
Ricognizioni


 






Ieri, alla notizia della sua morte, ho ricordato il mio incontro con monsignor Antonio Livi, a Roma nel 2015. Parlammo a margine di una conferenza e rimasi stupita dalla sua dolcezza e dalla sua affabilità, capaci di prevalere, nel rapporto con l’interlocutore, sulla straordinaria cultura del teologo e del filosofo. Un ponderoso bagaglio di sapere e di sapienza restava come custodito nelle retrovie, e si manifestava con disarmante semplicità nella parola semplice e schietta quale può scaturire solo da un pensiero lineare, nitido, articolato sempre dentro l’orizzonte limpido dell’ortodossia.

In ogni caso, il rigore speculativo di ogni suo discorso, colloquiale o accademico che fosse, non oscurava la luce di una fede intima e genuina, messa a servizio della realtà delle cose e di tutte le sue drammatiche contraddizioni. Non era arroccato, monsignor Livi, nella torre dei suoi studi alti, che mai lo alienavano alla percezione di una sofferta attualità: tanto più sofferta quanto pervicacemente refrattaria a seguire la guida della ratio e della fides, il binomio perfetto a disposizione della creatura modellata a immagine di Dio.

Rimase incuriosito da quel mio figlio con la passione per la filosofia e si informò anche degli altri, in quanto figli tutti di un’epoca stravolta, ostile alla famiglia, alla ragione e alla vita. Era interessato a capire come si configurasse, nella quotidianità, il campo di battaglia delle nuove generazioni e di quelle a loro subito precedenti chiamate a crescerle in tempo di guerra non convenzionale. Chiedeva, ascoltava.

Dopo quella volta non lo rividi più di persona. Avrei dovuto reincontrarlo a un convegno dove era in programma, insieme a una sua lectio, anche un mio intervento sul tema della educazione e delle sue degenerazioni.
Memore della chiacchierata pregressa e in virtù di una simpatia che mi era apparsa ricambiata, gli mandai in anteprima la bozza della mia relazione con lo spirito di chi, sentendosi inadeguato, domanda il parere di un maestro. Il suo giudizio mi lusingò. Poi, per ragioni legate agli organizzatori, quel convegno non si tenne più, per lo meno nella versione in origine pianificata.

Monsignor Livi mi scrisse, allora, che avrebbe pubblicato molto volentieri i miei contenuti con la sua casa editrice e mi incoraggiò a confezionarli sotto forma di saggio. MalaScuola nacque così, il sottotitolo lo decise lui.

Così, nell’ampliare lo schema originario predisposto per quel convegno mancato, approfondii, tra gli altri, vari aspetti riguardanti la capitale responsabilità della chiesa nel degrado, oltre che religioso, morale, culturale ed educativo del nostro tempo. Inserii nomi e cognomi, documenti e circostanze, senza censurare nulla. Per correttezza, segnalai a monsignore tutte le parti in cui menzionavo le gerarchie traditrici, su su fino ai loro vertici, in ordine crescente di colpevolezza. Mi rispose a stretto giro di posta che aveva già letto e riletto l’intero testo, e che non aveva nulla da obiettare.

Questo per dire della onestà intellettuale di un uomo e di un chierico che ha dimostrata una sensibilità non certo comune per le ricadute pratiche generate dalla dismissione, da parte della neochiesa, del proprio magistero, sostituito oggi dai dogmi contraffatti del credo mondialista.

Quando tutto si frantuma e si dissolve nel relativismo, nel soggettivismo, nel modernismo e i falsi profeti della falsa chiesa, artefici di una falsa teologia, inseguendo le suggestioni del mondo tentano di imporre a tutti una religione adulterata e suicida, c’è tanto più bisogno di una voce che ribadisca la forza della verità oggettiva e immutabile, salda e consolatrice per l’uomo che cerca, nel suo Signore, la via.

In tempi di ateismo ecclesiastico diffuso – compenetrato, per esigenze pratiche, a un misericordioso totalitarismo – monsignor Antonio Livi si è distinto fino all’ultimo come intrepido difensore della autentica fede cristiana, che ha continuato a professare, a spiegare e a proclamare senza cedimenti, ben sapendo quale sarebbe stato il prezzo da pagare. Un prezzo che in effetti ha pagato, ma che gli renderà merito al cospetto del Dio nel nome del quale ha sempre combattuto.





aprile 2020
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