MALASCUOLA



ELISABETTA FREZZA, MalaScuola - “Gender”, affettività, emozioni: il sistema “educativo” per abolire la ragione e manipolare i nostri figli, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma, 2017, pp. 174, € 15,00.

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Scheda dell'Editore







Introduzione
(per gentile concessione dell’Editore)

Inizialmente questo libretto voleva essere la trasposizione, in forma leggibile a tutti e non solo a me stessa, dei canovacci di decine di conferenze con cui prima, durante e dopo il suo irrompere ufficiale nel sistema di (d)istruzione italiano, si cercava di spiegare a tanta gente incredula cosa fosse e da dove spuntasse quella diavoleria che passa sotto il nome arcano di gender, e come essa avesse potuto essere protagonista di una carriera tanto sfolgorante quanto nascosta alla percezione dei più.

Poi, visto che bisognava mettere in ordine carte, documenti, articoli, appunti e idee, e una cosa tira l’altra, è parso naturale ampliare il nucleo essenziale della trattazione e lambire, nei limiti della finalità pratica di questa, tanti corollari in apparenza marginali ma in realtà determinanti per illuminare il quadro complessivo di un fenomeno davvero proteiforme, oltre le apparenze: argomenti peraltro che emergevano regolarmente nei dibattiti dei vari incontri, a seguito delle domande suggerite al pubblico dalla propria esperienza sul campo.

Tutti insieme questi elementi – portati fuori dal cono d’ombra del politicamente corretto e ripuliti delle incrostazioni della ideologia – aiutano a chiarire i contorni del problema fondamentale su cui è urgente riflettere, che ha sì nella c.d. educazione di genere il suo aspetto al momento più vistoso, ma che lo travalica abbondantemente: cioè, quale sia l’ambizioso disegno di demolizione della scuola italiana (una scuola dai trascorsi gloriosi, oggetto di ammirazione unanime sulla scena internazionale) e, più in generale, di dis-educazione della gioventù, perseguito dai signori e dalle signore di apparato che si avvicendano al governo del paese e, prima di loro, dai burattinai che li eterodirigono dalla cabina di comando sovranazionale. A mezzo Pubblica Istruzione si vuole imporre a tutti la nuova morale di Stato (Stato etico), rapinando alla famiglia il suo imprescindibile primato educativo.

La prima parte del testo contiene la descrizione della situazione surreale che si dispiega oggi, sotto l’apparenza della normalità, davanti ai nostri occhi appannati, e l’analisi delle cause, remote e recenti, che l’hanno determinata, in parallelo al progressivo sfaldamento dei principi cardine su cui si regge da sempre la vita individuale e collettiva. Si prendono in esame le strategie utilizzate dalla propaganda e, in particolare, i trucchi lessicali funzionali alla creazione, attraverso formule rituali, delle nuove realtà fittizie con cui viene plasmato l’immaginario collettivo.

La seconda parte si concentra sulla genesi storica dei fenomeni trainanti nell’attuale moto dissolutorio, con specifico riguardo a come è nata e come si è diffusa l’agenda di genere. Il che aiuta a svelare il vero volto delle nuove stravaganze “educative”: la c.d. “educazione di genere” e la c.d. “educazione sessuale e affettiva” che le fa da battistrada nelle scuole di ogni ordine e grado. E a comprendere, di conseguenza, l’impatto devastante di tali insegnamenti in una mente in via di formazione.

Nella terza parte è illustrato l’iter amministrativo e legislativo attraverso cui si è affermata, in Italia, la nuova paideia predisposta dai potentati internazionali (e quali sono i suoi principali artefici): una filiera normativa stringente, dagli obiettivi chiari e inequivocabili, ma astutamente architettata in modo da non dare troppo nell’occhio; sospinta, in tempo di crisi, da finanziamenti smisurati. Evidentemente per la bonifica dei cervelli non si bada a spese.

Nella quarta e ultima parte si dà conto del rispettivo apporto di Stato e Chiesa (ufficiale), in inedita comunione di intenti, nel concorrere a modificare lo statuto dell’umano secondo i nuovi paradigmi negatori dell’ordine del reale.

L’elaborazione critica della pletora di dati storici, giuridici e politici, la loro cernita e organizzazione, non è un assolo della sottoscritta. È il frutto di ore, giorni, settimane trascorse al telefono (tra lavatrici, compiti a casa, pietanze carbonizzate) con Patrizia Fermani – fine giurista, mamma e nonna esemplare, amica e maestra – a disquisire e smontare, e poi collegare e ricostruire, i tasselli sparsi di una storia vera di straordinaria follia. Il suo apporto imprescindibile a questo lavoro la rende coautrice a tutti gli effetti.

E mano a mano che si definiva il panorama, perché le origini del processo in atto gettavano una luce impietosa sui suoi fini perversi, cresceva, insieme allo sgomento, il desiderio di risvegliare dal torpore indotto quanti fossero disposti a reagire. Ovvero, i pochi non ancora completamente persuasi che la messinscena in cui siamo chiamati tutti, coattivamente, a fare da comparse, corrisponda al vero. Prima che l’assuefazione dilagante abbia la meglio anche su di loro.

La maggior parte della gente si è ormai sintonizzata sulla lunghezza d’onda imposta dalla regia come rumore di fondo, ha abituato l’orecchio a una serie di toni e di ritornelli di cui continua a ignorare o sottovalutare la micidiale carica esplosiva. La violenza contro le donne, l’omofobia, la discriminazione, gli stereotipi sessuali e sociali e, dall’altra parte, l’affettività, la legalità e il rispetto, i diritti dei bambini e via dicendo, sono l’involucro sacro, intoccabile e inattaccabile, al servizio di una immane operazione eversiva: nuovi totem che – ci è fatto intendere – richiederebbero misure di contrasto / di promozione eccezionali, fino a una speciale “educazione” ( = rieducazione) delle giovani generazioni a partire dalla più tenera età.

Ecco perché è opportuno illustrare in cosa consiste il grande imbroglio di cui siamo per lo più vittime involontarie, come e da chi è stato ordito, e poi apparecchiato e realizzato, fino a raggiungere la sua tappa finale e risolutiva, ossia l’invasione di campo della educazione. E avere la pazienza di smontare pezzo per pezzo il marchingegno devastante che è stato costruito a tavolino nelle centrali di potere sovranazionali, ha usurpato l’autorità di organismi pseudo – umanitari, ha sfruttato apparati burocratici tentacolari per penetrare nelle istituzioni e nei gangli vitali di una società straniata, ha fatto irruzione in ogni aspetto della nostra vita quotidiana attraverso una propaganda mediatica sempre più martellante e pervasiva. Grazie al costante poderoso sostegno della plutocrazia internazionale.

Non cogliere la gravità delle conseguenze di questa mistificazione planetaria, con tutta la sua carica disgregatrice e distruttiva, significa assumersi una responsabilità definitiva nei confronti delle nuove generazioni. Non possiamo infatti fingere di ignorare che è dalle nostre scelte che dipende la sorte di chi ci succede: la vita dei nostri figli dipende, anzitutto, da ciò che noi adulti di oggi saremo stati capaci di lasciare in eredità per il loro domani.

Urge cominciare ad alzarsi in piedi, uno a uno, e gridare che il re è nudo. Come il bimbo della favola antica. Urge ricordare a tutti che c’è una realtà oggettiva che ci precede e ci resiste, per quanto ci agitiamo nel cercare di soffocarla, disattenderla, prevaricarla, in preda alla manifestazione estrema dell’atavico delirio di onnipotenza.

Questa realtà non è quella inventata da chi, essendosi conquistato una formidabile posizione di supremazia, pretende di imporre al mondo intero il proprio sistema artificioso di pseudo – valori demenziali e fasulli.

È la realtà, autoevidente, cui si riferiva la buonanima di Chesterton quando in tempi non sospetti preconizzava che «fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro» e «spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate».

Ci vogliono far credere che due più due fa cinque, che le foglie sono blu, che è normale camminare sulle mani e a testa in giù, che gli asini volano. Che Lia ha due papà.

E va a finire che noi ci crediamo. Perché ci siamo quasi quasi convinti di dover pensare ciò che altri pretendono che noi pensiamo, rinunciando preventivamente a ogni capacità di giudizio.




maggio 2017