A proposito del
pellegrinaggio Summorum Pontificum,
intitolato Una cum Papa nostro


svoltosi a Roma nei primi di novembre e culminato con la celebrazione, il 3 novembre, della S. Messa tradizionale nella Basilica di San Pietro


Su questa iniziativa, dopo il suo annuncio, abbiamo già pubblicato alcuni articoli (Un coordinamento nazionale; Un'occasione mancata; Pellegrinaggi e trappole; A proposito del Coetus; Tradizione divisa; Illusioni frustrate)
Allora prendemmo anche atto dei malumori che si manifestarono a proposito delle critiche a questa strana e controversa iniziativa. Tutto ben comprensibile, intendiamoci, perché la buona fede porta tante brave persone ad entusiasmarsi non appena si sussurra che in Vaticano qualcuno strizza l’occhio alla liturgia tradizionale.

Vediamo allora qual è l'impressione riportata da diversi fedeli presenti all'evento, e, per tutti, leggiamo quanto ci ha scritto uno di essi… cosa che ci ha indotto a stilare un breve commento,  che abbiamo messo in calce.


Cari amici di Una Vox,

ho partecipato, a titolo personale, al pellegrinaggio in San Pietro del Coordinamento Internazionale del Coetus Summorum Pontificum, cioè al pellegrinaggio di ringraziamento al Sommo Pontefice nell'occasione del quinto anniversario del Motu Proprio Summorum Pontificum, voluto da Sua Santità Benedetto XVI.

Ho cinquantasette anni e questa mi sembrava una buona occasione per rivivere e partecipare al sacro Sacrificio della Messa così come non facevo da oltre quarant'anni. Insieme a mia moglie, con la quale sono sposato da oltre trenta anni, ed al mio inseparabile messale romano, mi sono recato in San Pietro.

È innegabile che le preghiere ed i canti tradizionali durante la processione, l'ingresso nella maestosa Basilica e le preghiere di penitenza ed adorazione all'Altare della Cattedra abbiano prodotto una fortissima tempesta emotiva, in chi come me sperava di ritrovare proprio la vera dimensione della nostra Messa di sempre.

Poi è giunto il celebrante, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Antonio Cañizares Llovera, preceduto da numerosi presbiteri, monsignori e prelati.

Iniziata la celebrazione, però, è partito un ininterrotto “servizio fotografico” con annesse telecamere di alcune televisioni estere.
A quel punto anche numerosi presenti fra i banchi - non li definirei partecipanti alla Messa - con i propri iPhone hanno iniziato ad immortalare ogni momento della funzione, nonché parenti ed amici.
D'un tratto è comparso un manipolo di “Cavalieri Templari” (le vie del Signore sono infinite) i quali si sono schierati in prima fila a fianco degli organizzatori del Pellegrinaggio, rendendosi anch'essi disponibili a numerosi scatti fotografici e a riprese televisive.

Intanto la Messa procedeva con alcune imbarazzanti incertezze da parte del Cardinale che ricorreva frequentemente ai suggerimenti degli assistenti.

Il momento dell'Omelia ha segnato una vera fase depressiva, allorquando il celebrante, dopo aver lungamente motivato la sua accettazione di una celebrazione nel rito extraordinario, quasi dovesse scusarsene, come atto di ossequio alla volontà del Papa, ha concluso citando lo stesso Benedetto XVI: “Nessuno è di troppo nella Chiesa...” ed ancora ha voluto ricordare: “il Motu Proprio è un atto di tolleranza pastorale per persone formate alla liturgia preconciliare”.

In molti tra i più attenti ci siamo guardati esterrefatti.

Non che ci aspettassimo una proclamazione a sorpresa del ritorno alla Messa di tutti e di sempre ma certamente abbiamo trovato inopportune tali sottolineature, avremmo invece voluto semplicemente pregare anche con Sua Eminenza Cañizares, come pregarono i nostri Padri.

Alcuni dei partecipanti poi mi hanno dato l'impressione di non avere bene in mente cosa stessero facendo e dove fossero. Numerose le donne senza velo, qualche pantaleggings!!!

In conclusione un'esperienza meravigliosa nelle premesse, deludente e preoccupante nel suo esisto.

Sia lodato Gesù Cristo

GdL



NOSTRO COMMENTO

Ecco, la Messa in San Pietro è stata celebrata, non dal Papa, peccato!, ma da un cardinale Prefetto, che è già qualcosa. Sul numero dei convenuti, le cifre divergono, ma questo è normale, perché le ottiche di quelli che riferiscono, specialmente i giornalisti, sono diverse, per cui risultano diverse anche le conte. Senza contare che gli interessati ci vedono sempre doppio.
Fatto sta che c’era un bel po’ di gente, venuta un po’ di qua, un po’ di là, e c’era soprattutto un buon numero di chierici, che si sono recati in Basilica in processione. A riprova che quando interessa a qualcuno, le cose si possono fare… le sanno fare.

La mobilitazione era stata sostenuta, autorevolmente, dalla più vecchia organizzazione in difesa della liturgia tradizionale: la Federazione Internazionale Una Voce, insieme ad altri gruppi più recenti, meno autorevoli, tra i quali alcuni che non sono né recenti, né autorevoli, soprattutto qui da noi, ma che ultimamente sono serviti a fare un po’ di chiasso e ad aiutare a far credere che “tutto va bene, signora la Marchesa!” Cosa che non deve essere intesa come un rimprovero, perché la buona volontà va sempre riconosciuta e premiata, ma che certo non recita a favore della decantata spontaneità di un movimento che, si dice,  sarebbe sgorgato dalla irresistibile voglia di ringraziare il Papa per “tutto quello” che ha fatto per la Messa di sempre. Spontaneità che, peraltro, si è rivelata  un po’ sparagnina, visti gli sponsor “internazionali” e poi l’affluenza, e che invece ha rivelato la sua vera natura attraverso gli incoraggiati e abbondanti “permessi” accordati spontaneamente dai Superiori a preti e seminaristi perché affollassero la Basilica… spontaneamente.

Tutto sommato, però, il pellegrinaggio ha fatto parlare di sé, il che non guasta in questo moderno mondo della “comunicazione”, soprattutto ove si pensi che molti fedeli si sono recati a Roma perché sognavano di assistere ad un evento che avrebbe potuto segnare, veramente, il ritorno della liturgia tradizionale nella Chiesa cattolica. Almeno questa è stata la suggestione diffusa dall’annuncio, insieme al nascosto messaggio che, forse, il celebrante sarebbe stato lo stesso Papa.
La stessa diffusione mediatica dell’iniziativa poteva far pensare che si stesse preparando qualcosa di grosso, visto che non era un mistero per nessuno che dietro l’iniziativa c’erano non pochi monsignori.
Il bilancio, però, si è rivelato ben al di sotto delle aspettative, perché di fatto sono stati semplicemente ribaditi gli stessi concetti fatti circolare in questi cinque anni: la Messa di sempre della Chiesa è un fatto straordinario, una graziosa concessione papale, un pezzo da museo che sarebbe un peccato relegare dal rigattiere… meglio farle una bella bacheca e metterla in salotto, per mostrarla agli amici nelle serate conviviali.

Non esageriamo affatto, basta leggere il messaggio del Papa e qualche passo dell’omelia del celebrante.

Nel messaggio, il Papa ricorda che “è cosa buona conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa e dar loro il giusto spazio”… parole testuali; “riconoscendo tuttavia pienamente il valore e la santità della forma ordinaria del rito romano”.
Cioè, aggiungiamo noi, riconoscendo che la vera Messa, quella che serve per la santificazione dei fedeli, è la Messa nuova, mentre la Messa vecchia serve solo a “rispondere all’attesa dei fedeli legati alle forme liturgiche precedenti”. 

Una è la Messa della Chiesa, dice il Papa, altra è la Messa di certi fedeli…

La vogliono proprio? Ebbene, che l’abbiano pure! Mandiamo perfino un cardinale a celebrargliela “straordinariamente” in San Pietro, così siamo tutti felici e contenti!

Da parte sua, il celebrante ha ricordato che nella Chiesa c’è posto per tutti: “nessuno è di troppo nella Chiesa”, ha esclamato, e ovviamente quel “nessuno” era riferito ai presenti, ai quali si è premurato di ricordare che: “il Motu Proprio è un atto di tolleranza pastorale per persone formate alla liturgia preconciliare”.

Un atto di tolleranza!?
Così, nella neo-Chiesa conciliare, che accoglie tutto e tutti, vi sarebbero ancora dei tollerati: i fedeli tradizionali.
Così, nella neo-Chiesa conciliare, che non condanna più l’errore, vi sarebbe ancora un errore tollerato: l’uso della liturgia tradizionale.

Tra messaggio e omelia, non si poteva trovare modo migliore per assestare dei sonori ceffoni a tutti quei fedeli giunti da ogni dove per sentirsi trattare da mentecatti.
Compresi gli entusiasti fedeli che hanno organizzato questa iniziativa e che hanno trovato la conferma che dopo cinquant’anni di sacrifici in difesa della liturgia tradizionale, questa è stata declassata a liturgia accessoria, mentre loro sono stati classificati tra gli esteti e gli amanti dell’esotico.
C’era davvero bisogno di andare a ringraziare il Papa per tutto questo? E poi finire anche con l’essere trattati così?

Ma certa gente non impara mai la lezione… anzi si dispone sempre prona, per raccogliere, se possibile, qualche pacca di approvazione in privato e… qualche sberleffo in pubblico… che è il prezzo classico con cui si ricompensa il servilismo.

Questa neo-Chiesa conciliare non nega niente a nessuno, non solo agli eretici, non solo ai senza Dio, non solo agli adoratori dei falsi dei, ma neanche ai cultori della vecchia Messa!

Ah! Potenza dell’amore! Potenza di un cuore grande e generoso! Ah! ……


 


novembre 2012

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