Breve commento sul
decreto di Mons. Morerod

che vieta l'uso delle chiese svizzere alla Fraternità San Pio X e lo concede agli eretici


si veda il testo del decreto


di Belvecchio

È ovvio che questo documento si commenta da sé, ma riteniamo utile fare alcune messe a punto.

Innanzi tutto il documento, ancorché sia realmente emanazione, anche solo ufficiosa, di tutti i vescovi e gli abati della Svizzera, porta la firma di Mons. Charles Morerod, dall’11 dicembre 2011 vescovo appena ordinato della diocesi di Losanna, Ginevra e Friburgo.

Il domenicano Padre Charles Morerod è stato uno dei teologi dell’Ecclesia Dei che hanno tenuto i colloqui con i teologi della Fraternità San Pio X dal 2009 al 2011.
La lettura di questo decreto, col quale si interdice l’uso delle chiese e delle cappelle svizzere ai non cristiani e ai sacerdoti della Fraternità, mentre lo si concede a tutti i cristiani eretici e scismatici, lascia inevitabilmente pensare che nel corso di questi famosi colloqui, i teologi dell’Ecclesia Dei e del Vaticano tutto, siano giunti alla determinazione che i sacerdoti e i fedeli della Fraternità sono da equiparare agli animisti e a tutti i pagani di ogni sorta di pseudo religione esistente al mondo.
Se le cose stanno così, c’è da pensare che i teologi della Fraternità, per quasi due anni, abbiano discettato con i teologi vaticani, non di Cristo e del cattolicesimo, ma di Manitù, del Grande Spirito, di Maometto, di Buddha, di Brahma e compagnia cantando. Diversamente non si comprende quanto si legge nel decreto, per la sua lettera e per il suo spirito.

D’altronde, considerato che Padre Morerod è stato un valente teologo della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Commissione teologica internazionale ad essa connessa, non è pensabile che la stessa Congregazione non fosse al corrente dell’elaborazione, della promulgazione e del particolare contenuto di questo decreto. Per di più, è notorio che Padre Morerod godesse della fiducia personale del Card. Ratzinger, oggi Benedetto XVI, fiducia che è stata ribadita con la sua ordinazione episcopale e la conseguente nomina alla diocesi di Losanna. Tale che è parimenti impensabile che ciò che contiene questo documento non sia a conoscenza del Papa attuale e non abbia ricevuto la sua apostolica approvazione. Come è impensabile che non ne avesse cognizione il nuovo vice Presidente dell’Ecclesia Dei, quel Mons. Di Noia che si è preso il disturbo di richiamare alla carità, all'umiltà e all’unità i sacerdoti della Fraternità [si veda la lettera]. Anzi, tenuto conto che la sua lettera è del dicembre 2012 e questo decreto è del gennaio 2013, c’è da pensare, a buona ragione, che Mons. Di Noia abbia condotto un insolito giuoco di squadra con Mons. Morerod, per lanciare dei messaggi ultimativi alla Fraternità.
Uno stile curiale che non desta certo meraviglia, ma che porta a considerare che siamo davvero al cospetto di comportamenti ancora più scadenti di quelli dei politicanti da quattro soldi.

Nel merito, c’è da rilevare che se le gerarchie vaticane valutano la Fraternità alla stregua dell’animismo, è semplicemente perché essa non intende accettare il Vaticano II e, soprattutto, perché, a tutt’oggi, sembra che non intenda accettarlo neanche in avvenire. Poiché è chiaro che tutti coloro che a queste stesse gerarchie danno modo di pensare che lo accettino o siano pronti ad accettarlo, come le “comunità di fede cattolico-cristiana, evangelica-riformata, luterana, ortodossa e anglicana”, costoro possono godere della carità ecumenico-conciliare dell’accoglienza “nelle chiese e cappelle cattoliche romane”, non per provare a convertirsi all’unica vera religione, ma semplicemente per “l’esercizio e la promozione del culto, della pietà, della religione” loro proprie, come peraltro testimoniano i realizzati ordinariati anglicani e i promessi ordinariati luterani.
Il messaggio è chiaro: o accettate il Vaticano II e, come dice Mons. Di Noia, vi tacete sulle critiche, salvo nei salotti privati, o vi trattiamo come paria… così vedrete che fine farete!

Come non pensare che, dopo quarant’anni di tentativi per distruggere la Fraternità e giungere alla neutralizzazione della Tradizione cattolica, quest’ultimo atteggiamento riveli una limitazione intellettiva davvero preoccupante delle gerarchie vaticane?
Non solo si è autorizzati a pensarlo, ma è proprio l'esistenza di questa caratura intellettuale che ha ridotto la Chiesa cattolica in uno straccio e la pratica della fede al lumicino.

Per altro verso, se guardiamo dal lato della Fraternità San Pio X, rimaniamo stupiti per la poca accortezza e per la colpevole superficialità con cui l’anno scorso è stata trattata la questione del possibile accordo. Questo atteggiamento delle gerarchie vaticane doveva essere noto già da tempo ai responsabili della Fraternità: come hanno mai potuto pensare che le cose stessero diversamente, fino al punto da determinare una crisi e una lacerazione in seno alla stessa Fraternità e all’intero ambito tradizionale?
Vada per la bontà d’animo, per l’amore per la Chiesa e per il profondo senso della romanità, ma quando dopo due anni di rapporti personali diretti con Padre Morerod e compagni, non ci si è resi conto che costoro, insieme con Mons. Müller, con Mons. Di Noia e con lo stesso Benedetto XVI, sono nemici della Fraternità e della Tradizione, e quindi della stessa Chiesa cattolica, allora la buona disposizione diventa una colpa grave.




gennaio 2013

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