QUALCHE APPUNTO

del Luciano Pranzetti


Sì, qualche appunto critico su alcune manifestazioni verbali, cultuali e magisteriali che circolano nella comunità cattolica.
Definimmo, nel precedente intervento – Sciocchezzaio 2022 – la smania di apportare varianti alle rubriche liturgiche, alla stessa parola di Dio, né più né meno che una epidemia, analoga a quella che, da due anni, sta tosando popoli e nazioni.
La cosa che maggiormente sorprende, e indigna, non è tanto lo stravolgimento che le novelle varianti comportano, quanto l’assenza, nel soggetto responsabile, di consapevolezza critica e di attenzione e, per simmetria inversa, la presenza di un’ignoranza di base.
Oggi, prenderemo in esame due biasimevoli luoghi di cui daremo contezza con l’appendice di una riflessione sul magistero papale relativo al santo Rosario.

Ed allora ecco gli argomenti:





1)    Domenica, 16 gennaio, Basilica del Sacro Cuore in Roma, Santa Messa delle ore 7,00 teletrasmessa dall’emittente tv2000. Il celebrante, prima di iniziare il “Padre Nostro” si concede un momento didattico per illustrare il significato della preghiera, insegnataci da Gesù stesso. L’arbitrarietà, con cui molti sacerdoti inframmettono, nel corso della celebrazione, interventi, ragguagli, informazioni, condotti a braccio e del tutto fuori luogo, porta, come nel caso che esporremo, a blasfeme, ingiuriose e deprecabili affermazioni ché tale è quella coniata con cui il celebrante definisce il Padre Nostro “preghiera magica”.
Orrenda affermazione per la quale nessuno, tra i fedeli, si è sentito in dovere – immediatamente o, supponiamo post Missam, in sagrestìa – di riprendere l’incauto al quale non intendiamo concedere il beneficio dell’ottavo sacramento: l’ignoranza.

Magico: “Che ottiene, o può ottenere effetti prodigiosi, straordinari; dotato di singolari virtù o capacità” (Il vocabolario Treccani – vol. III ed. 1997, pag. 186). Dal che si evince essere, la magìa, potere insito in sé e per sé in un oggetto, figura, formula, indipendente da un’entità superiore, onnipotente.
Sicché la preghiera, insegnataci da Gesù, altro non sarebbe, secondo l’indicazione del predetto celebrante, che un talismano da gestire in ogni occasione di bisogno.
Si consideri l’episodio della donna afflitta da perdite di sangue – la emorroissa – che guarisce toccando il lembo del mantello di Gesù (Mt. 9, 20/22 – Mc.5, 25/34 – Lc. 8, 43/48). Orbene, qualcuno obietterà: non si configura, forse, il mantello come uno strumento magico la cui virtù risana la donna? No, rispondiamo: la virtù, la potenza taumaturgica risiede in Cristo, il quale, dicono gli evangelisti, nel momento in cui la donna guariva, toccando il mantello, avvertì “una potenza che era uscita da Lui” (Mc. 5, 30 – Lc. 46) vale a dire: il mantello è un mezzo mediante il quale Gesù rilascia la sua forza e, pertanto niente di magico in esso, analogamente a un filo elettrico che non produce da sé l’energìa ma la veicola.  
Lo stesso dicasi della guarigione del cieco, guarito da Gesù con del fango ottenuto impastando della polvere con la saliva (Gv. 9, 6/7) e spalmatoglielo sugli occhi, miracolo che dimostra come il fango non è un prodotto naturale dotato di particolare potere ma è la saliva di Gesù che lo rende taumaturgico, una componente, cioè, della natura divino/umana così come il Santissimo suo Corpo e il suo Sangue presenti nell’Eucaristìa.

E non si parli di magìa bianca o nera, che, ad esser chiari, questa è una classificazione del tutto fittizia in quanto manifestazione demoniaca e, pertanto, una e soltanto una è la magìa.

E allora, tornando al nostro appunto: il Padre Nostro, caro reverendo, non è un talismano ma una preghiera, “strumento” in cui ferve la misericordia di Dio Onnipotente, insegnataci da Gesù stesso e, quindi, diversa dalle altre preghiere composte dall’uomo.




2)    Venerdì, 14 gennaio 2022, nella basilica romana “Santa Maria degli Angeli”, sono state celebrate le esequie di Stato di David Sassoli, Presidente del Parlamento Europeo, morto l’11 dello stesso mese. Ciò che ci spinge a stilare il presente appunto non è il desiderio di lumeggiare la figura del personaggio, ché – parce defuncto – a tale commendevole competenza han pensato tv, stampa, rete, ma un particolare dell’apparato liturgico/mediatico. Ci riferiamo al vessillo dell’Unione Europea, steso sulla bara a evidenziare la “primaria” sua identità di “europeo” tacendo, automaticamente, quella di cristiano.

Scenografìa e scelta inopportuna, stridente con il luogo sacro, eh sì, perché quella bandiera rappresenta un’entità politica che ha, consapevolmente, sfrattato, dalla sua Carta Costituzionale, il riferimento alla civiltà cristiana quale elemento fondante della sua storia.

La vicenda è nota: nel 2000, alcuni deputati bavaresi presentarono un’istanza con cui si chiedeva di inserire, nella Costituzione, formale e ufficiale richiamo al Cristianesimo inteso come cultura da cui s’è generata e conformata la storia della comunità europea. Ma, contro tale proposta, la Francia “giacobina”, quella della triade libertà, uguaglianza, fratellanza, oppose il veto e, con essa, altre nazioni.
Sicché, nella basilica romana, si è verificato un ossimoro: la funzione funebre per un cristiano che, nello stesso contesto, veniva presentato come un agnostico.
Nessuno osò, in quella circostanza, rimuovere il drappo stellato e porre sulla bara il santo Crocifisso, segno – questo, sì – distintivo dell’essere cristiano cattolico, cosa che, alla fin fine, è l’unica che conti davanti alla corte di Dio “dov’è silenzio e tenebre / la gloria che passò”. Ma, poi, perché meravigliarci? Anche la bara di Paolo VI, esposta in Piazza San Pietro, apparì priva della Croce.

Noi denunciamo siffatto andazzo che sta trasformando la chiesa – intesa come realtà visibile – in un luogo dove si sperimenta il trapasso dal sacro al laico, operazione condotta con la complicità di una Gerarchia molliccia, torpida che, nel confronto col mondo, ha dimenticato il monito di Cristo “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne fate una spelonca di ladri” (Mt. 21, 13 – Mc. 11, 17 – Lc. 19, 46) permettendo che, in essa, si svolgano spettacoli circensi, conferenze, dibattiti, pranzi e cene, e che, come nel caso da noi esposto, si celebri un rito funebre connotato dal contrasto sopra descritto.





3)    “Il Rosario. . . è un omaggio che gradisco immensamente e mi piace ancora se vi unite la meditazione della Vita, della Passione e della Gloria di Gesù Cristo, perché tale meditazione è l’anima di questa preghiera”. Questa è la parte centrale del messaggio che la santa Vergine Maria trasmise a san Domenico, narrato nel libro “De dignitate psalterii” del beato Alano di Rupe (de la Roche).

Col supporto delle parole di Maria, intendiamo svolgere una breve riflessione critica sulla partitura del Santo Rosario che Papa Giovanni Paolo II ampliò inserendo, nella triplice corona dei canonici e tradizionali misteri Gaudiosi, Dolorosi, Gloriosi, la novità dei misteri luminosi o della luce (cfr. Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae – 3 capitoli 43 paragrafi, 16 ottobre 2002).

Nel nostro Il Santo Rosario Meditato (settembre 2019), approvato dal Vescovo Mons. Gino Reali (07 - maggio 2019), dichiarammo, in una postilla, la nostra decisione di svolgere la meditazione sulle tre categorie dei misteri, postilla che qui replichiamo per opportuna conoscenza dei termini:
Abbiamo preferito seguire, per la scansione dei Misteri, lo schema tradizionale delle tre sezioni – Gaudiosi, Dolorosi, Gloriosi – piuttosto che quella riformata da Papa Giovanni Paolo II in cui viene aggiunta una quarta sezione, quella dei Misteri della luce, per mantenere quella corrispondenza simmetrico-profetica, intercorrente tra le 150 Ave e i 150 salmi, che non si verifica con la citata ampliata versione. L’edizione tripartita, peraltro, svolge il mistero della vita di Gesù e di Maria, nel corretto ordine cronologico: dall’Infanzia, alla Passione, alla Gloria”.
Alcuni lettori ci hanno chiesto il perché di questa nostra scelta, dal momento che è nel potere del Pontefice intervenire sull’intero apparato eucologico e, a prova di questo potere, ci hanno addotto l’esempio di Papa Pio V che, all’indomani della vittoria cristiana sulla flotta turco-islamica, nel mare di Lepanto (7 ottobre 1571) fece aggiungere, alle litanie lauretane, l’invocazione “Auxilium Christianorum ora pro nobis” ed istituì, per il 7 ottobre, l’omonima festa.

D’accordo, ma in questo caso, tràttasi di un intervento su un territorio aperto in cui non risultano divieti, proibizioni e cautele ad ampliamenti. Per quanto, invece, riguarda l’iniziativa di Giovanni Paolo II, v’è da considerare, e seriamente, il messaggio della Beata Vergine, di cui sopra, nel quale è Lei che, senza mezzi termini, stabilisce e conferma la triplice struttura dei misteri che, nell’ordine in cui son posti, sviluppano i singoli temi nel rispetto rigoroso della cronologìa con la quale il fedele ha chiara la visione delle fasi della Redenzione. Di conseguenza, l’inserimento dei misteri della Luce, collocati, di regola, il giovedì, oltre ad interrompere tale significativa funzione, rappresenta, a parere nostro, disobbedienza alla volontà di Maria. E se, sull’esempio di GPII, si volesse concedere al potere papale illimitata libertà di intervenire sul Rosario, non sarebbe difficile reperire nuove categorie, quali: Misteri della Didattica (Parabole), Misteri della Taumaturgìa (Miracoli), Misteri della Morale (Regole) ecc. . . .

Troviamo, in simili imprese, una volontà, tutta postconciliare, di stravolgere e cancellare ciò che è tradizionale, stabile, innervato e incarnato nella devozione popolare.

Chiosa: chi, il giovedì, alle ore 18,00, volesse sintonizzarsi sull’emittente tv2000 per seguire il Santo Rosario in diretta da Lourdes, e meditare sui Misteri della Luce, vedrebbe inquadrate le scene dei singoli misteri, quelle a mosaico – opera del gesuita Marko Ivan Rupnik – poste sulla facciata della basilica, le quali, per la bruttezza di che sono intrise, più che luce, diffondono oscurità.








gennaio 2022
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