IL MIO CUORE PER MARIA

di Lucius


Pubblicato su SI SI NO NO, anno XLVIII n° 2 – 31 gennaio 2022
sisinono@tiscali.it

L'immagine è nostra





Siamo così abituati al titolo mariano di “Madre di Dio”, che quasi non ci emozioniamo più né ci stupiamo più quando lo sentiamo. Eppure i termini in greco “Theotokos”, e in latino “Deipara” o “Sancta Dei Genitrix” (= Generatrice di Dio) sono di una grandezza straordinaria, quasi infinita, certamente unica. Invece quando pensiamo alla Madre di Dio, siamo inclinati a scendere al piano della nostra esperienza, riducendo Maria Santissima alla Madre terrena di Gesù.

Ma questo atteggiamento sa di protestantesimo o di umanitarismo in cui abbiamo fatto scivolare parecchie verità della nostra fede cattolica, con un impoverimento spesso grossolano della nostra vita cristiana. Tutto ciò è riduzionismo o minimalismo, mentre per Maria anche oggi vale il detto “de Maria nunquam satis” (= mai abbastanza di Maria!) proprio della nostra Tradizione cattolica, che regge davanti a qualsiasi altra posizione della cosiddetta “riforma”, fosse anche di Karl Barth.

Madre di Dio

Il riconoscimento di Maria come Madre di Dio, al contrario, si iscrive precisamente in opposizione a questo riduzionismo–minimalismo: non per negare la dimensione naturale di questa maternità, ma per indicare che essa si apre in un’altra dimensione più elevata e più grande.

A coloro che per “proteggere” la maestà e la trascendenza divine, intendono ridurre la gloria di Maria, la Chiesa ha sempre risposto con la sua piena autorità che è il riconoscimento della straordinaria grandezza della Madre, elevata al di sopra di ogni creatura, che garantisce il Mistero di Dio.

A quelli che per affermare la centralità di Gesù Cristo pensano di lasciare in ombra sua Madre, la Chiesa afferma che nessuno è più “cristocentrico” della Madre sua, “la faccia che a Cristo più di tutti si somiglia” (Dante, Paradiso, 32, 85-86), Colei che porta tutti a Cristo per l’unione totale con Lui.

Non è negando ma affermando il titolo di Madre  di Dio, così come lo intende la Chiesa di sempre, che la Verità delle due nature umana e divina nell’unica Persona del Verbo, viene garantita e difesa. Così come insegna il Concilio di Efeso (431, d. C.).

L’eminente dignità della Maternità divina è un dogma così grande da far girare la testa: Maria, infatti, per questa sua Maternità, entra in una relazione unica con il Verbo di Dio fatto carne, con la Persona divina  e incarnata del Verbo incarnato. Ella non è solo Madre della natura umana del Cristo, ma di questa unica Persona divina che ha assunto questa natura umana.

Tocchiamo qui un punto molto importante: se è vero – come è vero – che la Maternità divina riguarda il Cristo “completo”, nella sua personalità divina, allora la Maternità divina entra nell’ordine ipostatico, come ha detto il cardinal Gaetano, “Ella tocca i confini della Divinità”.

Questo non significa che Maria ha un’unione ipostatica con Dio, né che Ella sarebbe “una dea” – ciò che sarebbe una grave eresia – ma che Ella è stata predestinata ad una elevazione più grande di quella della Grazia e della gloria, senza parlare di quella della natura.


Immacolata

Quando penso a tutto questo, posso solo stupire e gioire, perché una Fanciulla d’Israele, qual è Maria di Nazareth, sia stata innalzata a tanta grandezza, quella di essere Madre del Cristo–Dio, e in Lui e per Lui, è anche mia Madre, nostra Madre.

Se questo è vero, così come lo è, io provo orrore per la “diminuzione” di Maria, fatta da “certi pensatori” di oggi, diminuzione che puzza di bestemmia. Se io, da giovane, avessi osato dire di una qualsiasi ragazza, quanto qualcuno ha detto e scritto di Maria Santissima, la mia mamma mi avrebbe preso a ceffoni e forse mi avrebbe cacciato da casa.

La pienezza della Grazia. l’Immacolata Concezione e la Verginità perpetua di Maria sono i privilegi che accompagnano questa sua elevazione all’ordine ipostatico. Nella Bolla Ineffabilis Deus, con cui il dogma dell’Immacolata Concezione è stato definito, il beato Pio IX ha spiegato:
Dio ha destinato, dall’inizio e prima di tutti i secoli, al suo Unigenito Figlio, la Madre, dalla quale, essendosi incarnato, sarebbe nato nella pienezza dei tempi: Egli la scelse e le assegnò il posto nell’ordine dei suoi disegni; Egli l’amò al di sopra di tutte le creature, di un tale amore di predilezione, che mise in Lei, in  maniera singolare, tutte le sue più grandi compiacenze. Ciò perché attingendo nei tesori della sua Divinità, Egli la colmò, assai più degli spiriti angelici, ben più di tutti i Santi, dell’abbondanza delle grazie celesti e l’arricchì con una meravigliosa profusione, affinché Ella fosse sempre senza macchia, totalmente esente dalla schiavitù del peccato, tutta bella, tutta perfetta e in tale pienezza di innocenza e di santità, che non si può immaginare un’altra più grande: nessun altro pensiero, eccetto quello di Dio stesso, può misurarne la grandezza”.

Se da una parte i grandi privilegi di Maria Santissima designano la Maternità divina, questa si apre alla partecipazione unica e singolare di Maria all’opera della Redenzione.

Corredentrice

Il suo “fiat” (= il suo “sì”) dato all’Incarnazione del Verbo nel suo seno, l’inizio della nostra redenzione, contiene in lei stessa il suo sì a partecipare all’opera redentrice del Figlio suo, un sì rinnovato, istante dopo istante e culminante ai piedi della Croce: tutto come il suo Figlio che venendo nel mondo ha pronunciato il suo “eccomi”, che si estende al sacrificio di Lui stesso sul Calvario.

Di conseguenza, se la Maternità di Maria indica un ingresso nell’ordine ipostatico, un ordine – lo ripetiamo – che è secondo soltanto alla vera e propria Unione ipostatica che supera in modo incommensurabile l’ordine della natura, della Grazia e della Gloria, così la sua partecipazione all’opera redentrice del Figlio, può essere intesa nel medesimo ordine.

Se il decreto divino ha stabilito come necessaria la Maternità divina di Maria per l’Incarnazione del Figlio, perché stupirsi che il medesimo decreto abbia voluto come necessaria la presenza di una Corredentrice per l’opera della Redenzione?

Il mistero della Madre di Dio non potrà mai essere compreso in modo adeguato da noi uomini: la conoscenza più adeguata è quella che più si avvicina alla Verità ineffabile che tende all’infinito. Così la conoscenza più inadeguata è quella che vorrebbe negare l’elevazione sovraeminente della Vergine di Nazareth, riducendo Maria a una “semplice” donna molto virtuosa, insistendo sulle sue virtù al punto di mettere da parte e persino rifiutare la sua unicità nel piano della Incarnazione e della Redenzione. (Come avviene nella cosiddetta “mariologia dal basso” per cui Maria è “la donna del grembiule”).

Il dogma della Madre di Dio, come l’altro dell’Immacolata Concezione di Maria, sprona i fedeli che la contemplano, rischiarati dalla fede, a venerare Maria anche con il titolo di Corredentrice. I Santi, i Pontefici illuminati da Dio, così hanno inteso Maria, l’hanno amata e fatta amare e l’hanno invocata di continuo per ottenere la nostra “marianizzazione”, la nostra trasfigurazione in Gesù (= la nostra “cristificazione”).

San Giovanni Bosco (1815–1888) a chi, negli ultimi anni della sua vita, gli domandava quale fosse il futuro della Chiesa e del mondo, nel “tempo a venire”, che è il nostro tempo di oggi, rispondeva: “Ci saranno tenebre e difficoltà grandi, ma ci saranno sempre dei corredentori”.

Se dunque, uniti a Gesù, Unico Redentore del mondo, tutti i credenti in Lui sono chiamati a “corredimere”, da chi può dare un solo bicchiere d’acqua, a chi come san Pio da Pietrelcina s’immola al massimo, tanto più Maria è corredentrice, essendo stata in modo unico e straordinario “una con Gesù” dalla sua Immacolata Concezione alla Croce del Figlio suo, al “Cenacolo” della sua/nostra Chiesa nascente.

Chiediamo alla Madonna Santissima di dissipare la nebbia (o le tenebre) che ci copre gli occhi e di rivelare presto ciò che Ella da sempre è: la Corredentrice dell’umanità.
Sento che il mio cuore batte più forte ancora per Gesù e per Lei.





febbraio 2022

Ritorna al Sommario articoli diversi