Le consacrazioni episcopali del 1988
hanno leso un elemento essenziale della fede cattolica: L’unità della Chiesa?


di
Don Jean-Michel Gleize, FSSPX

Articolo primo
Articolo secondo

Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X
La Porte Latine


Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, ecclesiologia e dogma nel seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato ai colloqui dottrinali fra Roma e la Fraternità dal 2009 al 2011.



       

1. Nel secondo colloquio, della rubrica «teologia», pubblicato sulla pagina del 27 aprile 2022 del sito «Claves.org», il Padre de Blignières indica qual è secondo lui «il criterio per valutare le consacrazioni del 1988».
I sacerdoti e i fedeli che non hanno voluto seguire Mons. Lefebvre non avrebbero agito per una erronea concezione dell’obbedienza, e neanche in maniera puramente tattica o in vista di ottenere un qualche vantaggio. L’elemento essenziale di quella decisione «è un giudizio di fondo sulla comunione gerarchica come elemento essenziale della fede e della struttura della Chiesa cattolica».
In effetti, la consacrazione episcopale compiuta contro la volontà del Papa sarebbe «un atto intrinsecamente cattivo, perché lede un elemento della fede cattolica». Tale elemento consiste nel fatto che, perché un vescovo sia non solo validamente ma anche legittimamente consacrato, debba ricevere la consacrazione «in seno alla comunione gerarchica di tutti i vescovi cattolici», il cui garante è il vescovo di Roma, successore di Pietro. Ne deriva che la consacrazione episcopale ricevuta senza l’istituzione pontificia costituisce «un grave attentato alla stessa unità della Chiesa».

2. Il Padre de Blignières fa riferimento all’enciclica Ad apostolorum Principis di Pio XII e al numero 4 del Motu proprio Ecclesia Dei adflicta. Tuttavia, né l’uno né l’altro di questi testi citati sono pertinenti per valutare le consacrazioni del 30 giugno 1988.

3. Il testo che sarebbe in grado di metterci sulla strada giusta è quello che il Padre de Blignières non cita: il numero 3 del Motu proprio Ecclesia Dei adflicta.
Contrariamente a ciò che afferma con una scorciatoia troppo semplicista il fondatore della Fraternità San Vincenzo Ferreri, la consacrazione di un vescovo compiuta senza mandato pontificio e attuata contro la volontà esplicita del Sommo Pontefice non costituisce in se stessa «un atto di natura scismatica». Il Motu proprio di Giovanni Paolo II comincia piuttosto col dire che una consacrazione di questo genere è in se stessa «una disobbedienza al Romano Pontefice» (1).
Ora, la disobbedienza è cosa del tutto diversa dallo scisma (2). Per questo consacrare un vescovo senza mandato pontificio e fare uno scisma sono due atti fondamentalmente diversi. Il primo può essere l’occasione per il secondo, ma non necessariamente. In effetti, compiere uno scisma significa rifiutare in linea di principio la suprema autorità del Papa, e questo avviene nella persona che pretende di dare un potere che solo il Papa (e non un semplice Vescovo) può dare, cioè il potere di governo nella Chiesa. Consacrare un vescovo senza mandato pontificio è disobbedire al Papa comunicando un potere che qualsiasi vescovo può conferire, il potere di santificare nella Chiesa, ma solo con il consenso del Papa.

4. Infatti, un vescovo è tale perché riceve e detiene due poteri differenti: il potere d’ordine o potere di santificare realizzando in maniera valida i sacramenti; e il potere di giurisdizione o potere di governare stabilendo delle leggi. Il vescovo riceve il potere di santificare tramite la sua consacrazione e riceve il potere di governare tramite la sua missione canonica, mediante la quale il Sommo Pontefice gli comunica tale potere di governare (3). L’ordinazione dei vescovi non è, in quanto tale, sacramentalmente o ritualmente parlando, l’atto con cui si comunica il potere di governare. Questo potere è comunicato nella esatta misura in cui il vescovo consacrato riceve dal Papa – cioè oltre alla sua consacrazione, che gli conferisce solo il potere di santificare – la missione canonica. Ordinariamente e il più delle volte, il vescovo consacrato riceve contemporaneamente i due poteri, il potere di ordine e il potere di giurisdizione. Ma può anche accadere che un vescovo sia consacrato senza ricevere il potere di governare. Tali sono i vescovi titolari (4) o ad honores consecrati, e infatti si vede che esistono anche fuori della Chiesa (ad esempio tra gli scismatici) vescovi validamente consacrati, i quali quindi hanno veramente l’ordine del potere, ricevuto con una consacrazione, ma che non hanno ricevuto dal Papa il potere di governare, poiché la setta a cui appartengono non riconosce l’autorità del Papa, voluta da Cristo per la sua Chiesa (5). Tali vescovi non sono solo disobbedienti ma sono in più scismatici, nella misura in cui il vescovo che li consacra si arroga l’autorità del Papa per dar loro un potere di governare che solo il Papa può conferire. Così accade per i vescovi scismatici consacrati nella Chiesa patriottica dello Stato comunista cinese, di cui si parla nell’enciclica di Pio XII Ad apostolorum Principis del 29 giugno 1958 (6): «i vescovi che non sono stati né nominati né confermati dalla Santa Sede, che sono anche stati scelti e consacrati contro le sue disposizioni esplicite, non possono godere di alcun potere di magistero né di giurisdizione; poiché la giurisdizione perviene ai vescovi solo per intermediazione del Pontefice romano […] Gli atti relativi al potere d’Ordine effettuati da questi ecclesiastici, anche se sono validi – supponendo che la consacrazione che hanno ricevuta sia valida – sono gravemente illeciti, cioè peccaminosi e sacrileghi».

5. Ora, è manifesto – poiché l’ha detto esplicitamente nell’omelia del 30 giugno 1988 – che Mons. Lefebvre non ha mai avuto la volontà di conferire il potere di governo ai vescovi da lui consacrati, arrogandosi con questo l’autorità del Papa, cosa che avrebbe
costituito uno scisma. «Noi non siamo degli scismatici.» - ha detto Mons. Lefebvre - «Se è stata pronunciata la scomunica contro i vescovi cinesi che si sono separati da Roma e che si sono sottomessi al governo cinese, si capisce bene perché il Papa li abbia scomunicati. Ma per noi non è affatto questione di separarci da Roma e di sottometterci a un qualunque potere estraneo a Roma, e di costituire una specie di Chiesa parallela come hanno fatto, per esempio, i vescovi di Palmar de Troya in Spagna, i quali hanno nominato un papa e hanno costituito un collegio di cardinali. Per noi non si tratta affatto di cose simili. Lungi da noi questi pensieri miserabili di allontanarci da Roma».
Nell’intenzione di Mons. Lefebvre, le consacrazioni da lui compiute a Ecône, anche se compiute senza mandato pontificio, hanno conferito né più né meno che il potere d’ordine e per niente il potere di giurisdizione. Pertanto, esse non possono rappresentare un atto di natura scismatica, e costituiscono, tutt’a più, una disobbedienza.

6. Ora, un atto costituisce una disobbedienza se e solamente si oppone al comando legittimamente dato dal superiore. Quindi non ci sarà disobbedienza per due ragioni. O perché chi comanda non è il superiore e in questo caso chi consacra dei vescovi senza mandato pontificio si giustifica dicendo che Giovanni Paolo II non è Papa, che è la tesi del sedevacantismo, adottata ad esempio già da padre Guérard des Laurier. O perché chi comanda, pur essendo superiore, non esprime un comando legittimo, proprio per il fatto che questo comando umano si oppone al comando di Dio, che gli è superiore (7).
Ora, come abbiamo visto nell’articolo precedente, qui il comando col quale Giovanni Paolo II dice a Mons. Lefebvre di non procedere alle previste consacrazioni episcopali, si oppone alla volontà di Dio che è di assicurare la sopravvivenza della Tradizione nella Chiesa grazie al sacerdozio, sopravvivenza gravemente messa in pericolo dalla falsa idea di Tradizione, «contraddittoria e incompleta», imposta e diffusa dalle autorità romane, compreso lo stesso Giovanni Paolo II.
La consacrazione del 30 giugno 1988 non costituisce dunque né un atto scismatico e nemmeno un atto di disobbedienza.

7. Essa fu l’operazione sopravvivenza della Tradizione, come ha spiegato molto bene Mons. Lefebvre: «Oggi, in questa giornata, si compie l’operazione sopravvivenza, e se io avessi concluso quella operazione con Roma, proseguendo negli accordi che avevamo firmato e proseguendo con la messa in pratica di questi accordi, avrei compiuto l’operazione suicidio. Allora, non v’è scelta, sono obbligato, noi dobbiamo sopravvivere. Ed è per questo che oggi, consacrando questi vescovi, sono convinto di continuare, di far vivere la Tradizione, cioè la Chiesa cattolica».

8. il Padre de Blignières commette dunque un doppio errore.
Non è vero che una consacrazione contro la volontà del Papa sia intrinsecamente cattiva, perché lede un elemento della fede cattolica: tutto dipende dalla volontà, legittima o no, del Papa.
Non è neanche vero che «le consacrazioni del 1988  abbiano costituito un grave attentato alla stessa unità della Chiesa».

SEGUE

NOTE

1 – «In semetipso talis actus fuit inoboedientia adversus Romanum Pontificem ».
2 - Gaetano, Commento alla Somma Teologica, 2a2ae, questione 39, articolo 1, n° VII ; cfr. il numero di aprile 2018 del Courrier de Rome.
3 - E’ l’insegnamento di San Tommaso nella Somma Teologica, 2a2ae, questione 39, articolo 3, corpus. E’ anche l’insegnamento degli autori, per esempio Louis Billot, « De episcopatu, tesi 32, § 1 » in De sacramentis, t. 2, p. 315; Charles Journet, L’Eglise du Verbe Incarné, tomo 1 : «La hiérarchie apostolique», Desclée de Brouwer, 1955, p. 34-35 e 637-640. Nel corso del concilio Vaticano II, i Padri membri del Coetus hanno ricordato questa dottrina per denunciare gli errori presenti nello schema della futura costituzione sulla Chiesa. Si vedano negli Acta synodalia concilii Vaticani secundi, vol II, parte I, le osservazioni scritte da Dom Jean Prou (p. 557-559) alla conclusione della 2a sessione del Concilio (1963) e nel vol. III, parte I, quelle del cardinale Browne (p. 629-630) e quelle di Mons. Carli (p. 660-661) sullo schema De Ecclesia, al termine della 3a sessione del Concilio (estate 1964).
4 - Essi un tempo erano chiamati vescovi in partibus infidelium, denominazione abrogata da un decreto della Sacra Congregazione della Propaganda del 27 febbraio 1882. L’appellativo di «titulaires» viene dal fatto che essi ricevono il titolo di una vecchia diocesi, ora abitata principalmente da infedeli o da scismatici. Cfr. F. Claeys-Bouuaert, « Evêques » nel Dictionnaire de droit canonique de Raoul Naz, t. V, col 574.
5 - Louis Billot, «De episcopatu, thèse 32, § 1 » in De sacramentis, t. 2, p. 317.
6 -  AAS, t. L, p. 601 e segg. La traduzione francese si trova nei Documents pontificaux de Sa Sainteté Pie XII, Editions Saint-Augustin, Saint Maurice (Svizzera), vol. dell’anno 1958, pp. 327-338.
7 - San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, 2a2ae, questione 104, articolo 5.

 


maggio 2022
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