L’importanza e la necessità

della devozione allo Spirito Santo


Parte prima


di
Don Curzio Nitoglia


Parte prima
Parte seconda







Comunemente si reputa che la devozione allo Spirito Santo sia qualcosa di riservato alle anime favorite dai carismi straordinari. Nulla di più falso. Essa è necessaria per salvarsi l’anima e per giungere alla perfezione della nostra vita soprannaturale, che è lo sviluppo ordinario della vita della Grazia santificante, alla quale tutti gli uomini sono chiamati da Dio.

San Tommaso d’Aquino (S. Th., II-II, q. 24, a. 9) insegna che la vita spirituale si può dividere in tre tappe: 1°) la “via purgativa”, dei “principianti”, che si liberano dal peccato mortale e fanno meditazione discorsiva; 2°) la “via illuminativa”, dei “proficienti” che imitano le Virtù di Cristo e fanno un’orazione più affettiva: queste due compongono l’ascetica. Infine, 3°) la “via unitiva”, che non è facoltativa, ma è necessaria, essa è la mistica o dei “perfetti” (1), che grazie all’attuazione abituale dei Doni dello Spirito Santo arrivano - con l’orazione infusa o contemplazione - all’unione con Dio col pieno e perfetto fervore della Carità, per quanto sia possibile alla natura umana in questa vita, aiutata dalla Grazia divina (2).

Vediamo ora cosa sia la terza via mistica o dei perfetti e come lo Spirito Santo con i suoi sette Doni sia assolutamente necessario per giungere alla santità. Non è una questione di pura teoria, ma da essa ne derivano conseguenze eminentemente pratiche per salvarci l’anima e poterci fare santi.

Leone XIII nella sua Enciclica Divinum illud munus (9 maggio 1897) ha scritto che come Gesù ha iniziato la nostra redenzione e santificazione, così essa deve essere perfezionata e portata a termine dallo Spirito Paraclito. Perciò, il suo ruolo nella nostra vita spirituale è assolutamente necessario. Basti pensare agli Apostoli istruiti per tre anni da Gesù in persona, che senza la pienezza dello Spirito Santo - ricevuta il giorno di Pentecoste - non furono capaci di restare vicini al Maestro nel momento del pericolo e fuggirono tutti assieme collegialmente, lasciandolo solo nelle mani dei suoi aguzzini.

“Dono” è ciò che si dà liberamente, per benevolenza e non in giustizia o obbligatoriamente (debito, salario, stipendio). Chi dona vuole solo beneficare gratuitamente colui il quale riceve. Quindi non vi è nessuna esigenza da parte di chi riceve e, chi dà non richiede niente in cambio.

Aristotele (Topica, IV, 4; 125, a. 18) e san Tommaso (S. Th., I-II, q. 68, a. 1, ob. 3) parlano di “irredidibilitas”, ossia “non restituzione”; il proverbio popolare suona: “Ciò che è regalato non è mai ridato”. Tuttavia, sarebbe erroneo pensare che non debba esservi gratitudine da parte di colui che riceve il dono. Esso, infatti, esclude soltanto l’esigenza del ridonare. Anzi, il dono richiede il buon uso di ciò che è ricevuto; il donatore offre un qualcosa affinché esso perfezioni colui che lo riceve. Di tale natura sono i doni che Dio fa alle creature.

Il massimo “Dono” di Dio Trino, secondo l’indole dell’amore che consiste nel donarsi, è lo Spirito Santo: “Altissimi donum Dei” (Inno liturgico della Pentecoste, “Veni Creator Spiritus”), che è l’Amore sostanziale con cui Padre e Figlio si amano “ad intra” o “in divinis” e ci vogliono amare ad extra inviando nelle nostre anime lo Spirito Santo. Dio Padre si contempla nel Figlio e si ama: quest’amore che unisce il Padre col Figlio, costituisce una terza Persona che è lo Spirito Santo. Da questo primo “Dono” procedono tutti gli altri “doni” di Dio alle creature. Quindi, tutto ciò che Dio dà alle creature, sia nell’ordine naturale (l’essere e l’agire) e soprattutto nell’ordine soprannaturale (la Grazia (3) e le Virtù), è opera gratuita del suo Amore, infinito e libero.
In senso largo tutto ciò che abbiamo ricevuto da Dio è “dono dello Spirito Santo”, in senso stretto sono doni del Paraclito: la Grazia santificante, le Virtù infuse (teologali e morali) informate della Carità soprannaturale ed infine i sette Doni dello Spirito Santo, che sono l’oggetto specifico del presente articolo.


Esistenza dei sette Doni del Paraclito

Solo la divina Rivelazione può farci conoscere l’esistenza dei sette Doni dello Spirito Santo, poiché sono realtà soprannaturali sia quanto all’essenza sia quanto al modo di agire, e quindi sorpassano infinitamente le capacità della retta ragione naturale (4).

Isaia (XI, 2) rivela: “Riposerà su di Lui lo Spirito di Dio: Spirito di Sapienza e d’Intelletto; di Consiglio e di Fortezza; di Scienza e di Pietà e Lo riempirà il Timor di Dio”. Il Profeta si riferisce in senso stretto e diretto al Messia, ma in senso indiretto e largo a tutte le membra che sono unite a Cristo mediante la Grazia santificante.

I Padri della Chiesa hanno interpretato unanimemente in tal senso il passaggio di Isaia (s. Giustino, s. Cirillo d’Alessandria, s. Gregorio Nazianzeno, s. Agostino, s. Gregorio Magno, s. Ilario, s. Ambrogio e s. Girolamo) (5).

Il Magistero ecclesiastico ne ha trattato nel Sinodo romano del 382 sotto papa san Damaso, nel Catechismo del Concilio di Trento (p. I, cap. 9, § 8), Nel Catechismo di san Pio X (nn. 136-142; 564-578), Leone XIII nell’enciclica Divinum illud munus (9 maggio 1897).

La Liturgia, che è la “Fede pregata” della Chiesa e dalla Chiesa, parla di sette Doni dello Spirito santo “Tu septiformis munere” (Inno Veni Creator) e nella Sequenza (Veni Sancte Spiritus) della Messa della Pentecoste parla del “sacrum septenarium”.


Natura dei sette Doni

San Tommaso (S. Th., I-II, q. 68, a. 3) insegna che i Doni sono soprannaturali e infusi, essi non possono acquistarsi con le forze umane poiché sorpassano assolutamente le capacità della natura umana. Inoltre, non sono atti transeunti ma abiti permanenti. Infatti, Gesù nella S. Scrittura insegna ai discepoli che lo Spirito Santo “rimarrà presso di voi e sarà in voi” (Gv., XIV, 17). Ora, lo Spirito Santo non è mai senza i suoi Doni, quindi anch’essi sono abiti permanenti o entitativi, che permangono nell’anima umana e non sono atti o mozioni transitorie e passeggere (S. Th., I-II, q. 68, a. 3, sed contra).

Qual è la differenza tra Doni e Virtù? Le Virtù danno alle facoltà dell’anima (intelletto e volontà) la capacità di agire soprannaturalmente (credere, sperare e amare), esse sono abitualmente presenti nello spirito umano, quindi anch’esse sono abiti permanenti operativi e non azioni o mozioni passeggere. I Doni, invece, dispongono le facoltà dell’anima a seguire senza porre resistenza le mozioni o Grazie attuali dello Spirito Santo e a esser mosse da Lui. Perciò anch’essi sono abiti (6).

Inoltre, san Tommaso insegna la distinzione reale tra Virtù infuse (sia morali sia teologali) e Doni dello Spirito Santo (7) . La ragione è la seguente: «Isaia ci presenta i Doni dello Spirito Santo come “spiriti”. Con tale parola, ci fa capire che i sette “spiriti”, che ha enumerati, si trovano in noi per ispirazione divina. Ora, ogn’ispirazione comporta una mozione dall’esterno. Ma, siccome nell’uomo c’è un duplice principio motore: uno interno che è la ragione e uno esterno che è Dio; il motore e la cosa che è mossa, debbono essere proporzionati, vale a dire la perfezione di ciò che è mosso deve consistere nella disposizione ad essere mosso bene dal suo motore (per es., il motore di una Ferrari non può essere installato sul pianale di una Cinquecento, ma richiede il pianale di una “formula uno”). Quanto più alto è il motore, tanto più perfetta deve essere la disposizione della cosa che è mossa per ricevere convenientemente l’azione del motore. Ora, le Virtù umane, naturali o acquisite perfezionano l’uomo dacché lo aiutano a governarsi e agire naturalmente bene nella sua vita intima e materiale, per mezzo della ragione. Perciò, è necessario che nell’uomo, oltre le virtù acquisite, vi siano altre perfezioni che lo dispongano a essere mosso divinamente ed esse sono le Virtù infuse e i Doni dello Spirito Santo. Quindi i Doni perfezionano l’uomo in ordine ad atti superiori a quelli delle Virtù acquisite e infuse» (S. Th., I-II, q. 68, a. 1).

Perciò, si può riassumere così la dottrina dell’Aquinate: ciò che differenzia le Virtù dai Doni è questo, quando si tratta di Virtù morali/acquisite o infuse, che hanno come oggetto diretto un bene naturale nobile, la causa motrice è la ragione umana, per es. con la prudenza ragiono per vedere quale sia il mezzo migliore che mi aiuta a cogliere il fine (se devo andare a Milano da Roma, ragiono se sia meglio prendere il treno, l’aereo o l’automobile). Se si tratta di Virtù infuse morali o teologali, la loro causa motrice è la ragione illuminata dalla Fede, previa mozione divina o Grazia attuale ordinaria. Nei Doni, la causa motrice è lo Spirito Santo, che muove l’abito dei Doni i quali sono bendisposti a ricevere l’ispirazione o il soffio speciale dello Spirito Santo, che è una Grazia attuale più efficace e più intensa di quella richiesta nelle Virtù infuse.

Dunque noi possiamo servirci dell’abito delle Virtù, quando lo vogliamo, previa mozione della Grazia attuale, la quale non è negata a nessun uomo che vive in Grazia santificante o abituale (per es. possiamo compiere un atto di Fede quando vogliamo, sempre mossi dalla grazia soprannaturale attuale, che non è negata a nessuno).

Mentre i Doni ricevono la Grazia attuale sovrabbondante dello Spirito solo quando Egli vuole muoverci in maniera più efficace, in essi noi siamo passivi limitandoci a non porre resistenza e lo Spirito Paraclito è attivo. Onde, le virtù che dispongono a ricevere e seguire i dettami della ragione illuminata dalla Fede e mossa dalla Grazia attuale ordinaria sono diverse specificamente dai Doni, che dispongono a seguire la mozione speciale dello Spirito Santo o Grazia attuale più efficace.

Inoltre, nelle Virtù la regola immediata o prossima degli atti buoni è la ragione umana illuminata dalla Fede e mossa dalla Grazia attuale ordinaria. Invece, nei Doni la regola prossima e immediata degli atti buoni è lo Spirito santo, che muove i Doni direttamente, orientandoli e facendo in modo che l’atto buono sia compiuto per motivi divini, sicché i Doni sono soprannaturali sia quanto all’essenza sia al modo di agire, mentre le Virtù sono soprannaturali solo quanto alla loro essenza e non quanto al modo di agire che è solo naturale anche se, aiutato dalla Grazia attuale, e illuminato dalla Fede.

Infatti, le Virtù che hanno come principio l’uomo e come regola prossima la ragione umana illuminata dalla Fede, producono “atti umani” quanto al modus operandi anche se soprannaturali quoad substantiam. Invece, i Doni hanno come causa motrice e regola prossima lo Spirito Santo, producono atti soprannaturali non solo quoad substantiam ma anche quoad modum operandi. La conseguenza di questa dottrina è eminentemente pratica per quanto riguarda la nostra vita spirituale. Infatti, 1°) le Virtù infuse non sono totalmente perfette, poiché quanto al modo sono umane; 2°) onde vi è la necessità che i Doni vengano a completare e perfezionare le Virtù con il loro modo d’agire divino, senza il quale le sole Virtù non potranno farci giungere alla santità o alla “perfezione” relativa in questa vita, verso la quale dobbiamo camminare e tendere ogni giorno e avvicinarci sempre più.

Per quanto riguarda lo sviluppo dei Doni che abbiamo ricevuto allo stato iniziale nel Battesimo o nel dì della nostra giustificazione, possiamo solo disporci, mediante una lunga vita ascetica, prima e seconda via dei “principianti” e dei “progredienti” (S. Th., II-II, q. 24, a. 9), affinché lo Spirito Santo possa muoverli e attuarli quando vuole e come vuole.
I nostri atti buoni possono solo aumentare la capacità recettiva dei Doni, ma la loro attuazione dipende dal soffio dello Spirito Santo che li fa passare dalla potenza all’atto. Nella misura in cui i Doni crescono in perfezione, aumenta la loro capacità di ricevere docilmente l’ispirazione dello Spirito Santo (per es., come le vele di una barca che sono attorcigliate all’albero maestro e man mano che si dispiegano ricevono sempre di più il soffio del vento). Tuttavia, la loro attuazione sarà sempre indipendente da noi e solo il Paraclito li attua come, quando e quanto vuole. Questa è la differenza specifica tra Doni e Virtù, le quali sono invece attuate dalla nostra intelligenza e libera volontà illuminate dalla Fede e mosse dalla Grazia attuale ordinaria. Da qui, sorge la differenza tra lo stato attivo dell’uomo con le Virtù, e, quello passivo con i Doni.

Infatti, nell’esercizio delle Virtù infuse (morali e teologali), l’anima si trova in uno stato attivo, per cui se la Virtù infusa è soprannaturale nella sua sostanza, quanto al modo di agire essa è vissuta in maniera umana.

Perciò, l’uomo può fare un atto di Virtù come e quando vuole, sempre spinto dalla Grazia attuale ordinaria o mozione soprannaturale divina, come una barca che naviga a remi pur se aiutata dal vento favorevole e dalle onde del mare non a lei contrarie; oppure il bimbo che impara a muovere i primi passi, può camminare da sé aiutato e sorretto dalla madre ovvero la madre può prenderlo in braccio e trasportarlo velocemente, se il bambino non frappone ostacoli.

Invece, nell’esercizio dei Doni lo Spirito Paraclito è l’unica causa motrice che soffia sull’abito dei Doni, come il vento sulla vela di una barca, l’anima è un semplice soggetto ricettivo (cosciente e libero) dell’ispirazione o Grazia attuale più abbondante dello Spirito Santo. Perciò, l’anima reagisce vitalmente o coscientemente e liberalmente con l’intelletto e la volontà e coopera con l’impulso dello Spirito non opponendo ostacoli o resistenza per assecondare la mozione del Paraclito.

Perciò, l’iniziativa principale è del Consolatore al quale l’anima non oppone resistenza, mentre con le Virtù essa è - in primis - dell’animo umano aiutato dalla Grazia attuale e illuminato dalla Fede.
Attenzione! La passività o non resistenza dell’anima è soltanto per rapporto alla mozione dello Spirito Santo, mentre per tutto il resto, l’anima deve fare attivamente ciò che le è chiesto o ciò verso cui la spinge il Paraclito; ossia, l’anima opera secondariamente, ciò che lo Spirito opera in essa primariamente e produce secondariamente ciò che in essa si produce primariamente dallo Spirito. La sua è un’attività ricevuta, ma assai intensa poiché la mozione che riceve e poi prosegue è notevolissima e sovrabbondante.

San Tommaso riassume lapidariamente: “In Donis Spiritus Sancti mens humana non se habet ut movens, sed magis ut mota” (S. Th., II-II, q. 52, a. 2, ad 1). L’Angelico ha più volte affermato che una delle note più caratteristiche della distinzione specifica tra Doni e Virtù è il loro diverso modo di operare: «Le Virtù perfezionano l’atto in modo umano, invece i Doni in modo ultra umano» (III Sent., dist. 34, q. 1, a. 1).

Padre Antonio Royo Marin commenta: «Secondo l’Aquinate, ciò che distingue specificamente i Doni dalle Virtù infuse è precisamente il loro diverso modo di attuare […]. Le Virtù infuse muovono l’anima al modo umano, uniformandosi alla regola della ragione illuminata dalla Fede; i Doni, invece, la muovono al modo sovrumano, seguendo l’impulso dello Spirito Santo» (8).

CONTINUA


NOTE

1 - G. M. PAPARONE, La teologia mistica in padre Garrigou-Lagrange, Bologna, ESD, 1999.
2 - Cfr. A. STOLZ, L’ascesi cristiana, Brescia, 1943; ID., Teologia della Mistica, Brescia, 1940; R. GARRIGOU-LAGRANGE, Perfezione cristiana e contemplazione, Torino, Marietti, 1933; ID., Le tre età della vita spirituale, Monopoli-Roma, ed. Vivere in, 1989, 4 voll.; A. TANQUERY, Compendio di teologia ascetica e mistica, Roma, Desclée, VIII ed., 1954; A. ROYO MARIN, Teologia della perfezione cristiana, Roma, Paoline, 1960.
3Grazia oggettivamente significa dono, beneficio. La definizione reale di essa è “dono gratuito soprannaturale, infuso da Dio nella creatura razionale angelica o umana in ordine alla vita eterna”. La “Grazia santificante o abituale” è un dono permanente a modo di abito entitativo, e si trova nell’essenza dell’anima; le Virtù nelle facoltà spirituali dell’uomo (intelletto e volontà), così pure i Doni dello Spirito Santo. La “Grazia attuale” è un influsso divino transeunte e passeggero (abito operativo), con cui Dio ci spinge a fare un’opera soprannaturalmente meritoria.
4 - S. Th., I-II, q. 68, a. 1; GIOVANNI DI SAN TOMMASO, In I-II, dist. 16, a. 3.
5 - Cfr. A. GARDEIL, De donis Spiritus Sancti in genere, Torino, Marietti, 1930; R. SPIAZZI, I Doni dello Spirito Santo, Milano, 1955; L. BILLOT, De Virtutibus, Roma, Gregoriana, 1928.
6 - «I Doni sono disposizioni infuse da Dio, per cui l’anima santificata è resa docile e pronta agli impulsi dello Spirito Santo. […]. I Doni sono abiti infusi distinti dalle Virtù con questa differenza che mentre le Virtù sono principi intrinseci di attività, i Doni sono disposizioni delle potenze dell’anima a ricevere l’impulso esterno dello Spirito Santo. Si paragonano opportunamente le Virtù ai remi della nave e i Doni alle vele spiegate e pronte a ricevere l’impulso del vento» (P. PARENTE, Dizionario di teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, voce “Doni”).
7 - Cfr. S. Th., I-II, q. 63, a. 1; III Sent., dist. 34, q. 1, a. 1.
8
- Teologia della perfezione cristiana, Roma, Paoline, 1960, p. 169.









marzo 2023
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