L’alterco con i Farisei (Gv. 8, 46-59)


di Don Patrick de La Rocque, FSSPX


Pubblicato sul Bollettino del Priorato di Nizza: Lou Pescadou n° 231



Ripreso dal sito francese della Fraternità San Pio X: La Porte Latine





I Farisei davanti a Gesù



Questa pagina è la più violenta del Vangelo di Giovanni. L’opposizione fra Cristo e i Farisei è al culmine. Presto la violenza delle parole lascerà il posto a quella dei fatti e Cristo sarà crocifisso.

In realtà, l’aperta ostilità dei Farisei non era recente; San Giovanni aveva già descritto l’odio dei Farisei in occasione della guarigione del paralitico affetto dalla sua malattia da 38 anni e guarito da Gesù nel giorno di sabato (Gv. 5, 9). I capi del popolo, rifiutando scientemente di considerare l’evidente miracolo, accusano Gesù di violare il riposo del sabato, e di atteggiarsi a pari di Dio: Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio (Gv. 5, 18). Di fronte a questa ostilità, Gesù si era ritirato in Galilea.
Dopo alcuni mesi così trascorsi, punteggiati da miracoli e insegnamenti – compreso quello sul pane della vita – Gesù tornò a Gerusalemme per la festa dei Tabernacoli (Gv. 7, 10).
La nostra pagina del Vangelo si colloca tra questa festa e quella della Dedicazione (Gv. 10, 22), cioè tra settembre e la fine di dicembre. Siamo a pochi mesi dalla Passione di Cristo.

In questo passo del Vangelo, l’odio da un lato e l’amore dall’altro esplodono ad ogni parola. Il Verbo incarnato aveva di nuovo proposto a questi Farisei, sebbene fossero così ribelli: Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Gv. 8, 31-32). Ma questi Giudei l’avevano rigettato, rinchiudendosi in un odio simile a quello di Caino, pronto ad uccidere (Gv. 8, 37 e 8, 40).
Il loro rifiuto della salvezza divina li rendeva solo figli del diavolo, che è omicida fin dal principio (Gv. 8, 44).


Chi di voi può convincermi di peccato?

Esplode allora – nel primo versetto del nostro passo – lo sdegno dell’amore. Grido di dolore di fronte alla malizia degli uomini, grido di incomprensione di fronte all’ostinazione nel male, anche quando viene offerta la liberazione totale: A me, invece, voi non credete, perché dico la verità (Gv. 8, 46). Bisogna cogliere la veemenza di queste parole; Gesù vi mette tutto il Suo essere. Sono pari al dolore di Gesù: Egli venne fra i suoi, 
ma i suoi non l’hanno accolto (cfr. Gv. 1, 11). Tuttavia, tutto grida in favore di Gesù, a cominciare dalla Sua assoluta innocenza: Chi di voi può convincermi di peccato? (Gv. 8, 46). Già in questo Egli si distingue da tutti gli altri uomini.




I Farisei e Gesù

A coloro che erano venuti a presentargli la donna presa in flagrante adulterio, Gesù aveva detto: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei (Gv. 8, 7); e tutti si erano ritirati, perché tutti avevano peccato.
Sì, ogni uomo è peccatore e tutti possono accogliere il grido di Isaia: Io sono perduto,
 perché sono un uomo dalle labbra impure 
e abito in mezzo a un popolo
 peccatore (Cfr. Is. 6, 5).

Ma il Verbo incarnato, nel venire ad abitare fra noi, ha assunto la nostra natura tranne il peccato. Egli è l’innocenza stessa: Colui nel quale il Padre ha messo tutta la Sua compiacenza (cfr. Mt. 3, 17) e che dà la Sua umanità come prezzo per il nostro riscatto.
Paradossalmente, tutti coloro che condannarono Gesù si vedranno obbligati a riconoscere pubblicamente questa innocenza: da Caifa, Erode e Pilato fino a Giuda: ho tradito sangue innocente (Mt. 27, 4).


Tu sei posseduto dal demonio!

Sempre, la santità del giusto accusa il malvagio. Se quest’ultimo non si pente, non ha altra alternativa che l’ingiuria e il disprezzo, ultime risorse dei deboli e dei volgari. Tale fu la reazione dei Farisei: non poteva essere altrimenti. Quando la ragione non ha più argomenti, l’ostinazione non ha altra arma che la passione. Così i Farisei arrivano agli insulti prima di venire alle mani (Cfr. Gv. 8, 59): Non diciamo con ragione che sei un Samaritano e hai in te un demonio? (Gv. 8, 48).
I Giudei non disponevano di peggiori accuse.

Tuttavia, Gesù non raccoglie la prima ingiuria: agli occhi di Dio non vi è alcunché di odioso ad essere Samaritano. Egli l’ha detto e mostrato al pozzo di Giacobbe (Gv. 4). Tutti sono chiamati alla salvezza, siano essi Giudei, Samaritani o Romani: Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che Lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l’invocano (Rm. 10, 12).
La seconda ingiuria colpisce Gesù al cuore, poiché tocca l’onore di Suo Padre, Gesù non è figlio del demonio, ma Figlio di Dio. Così che trattarlo di posseduto dal demonio significa identificare il Padre col demonio. E quando è attaccato il Padre, Gesù non può tacere.


Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte

Nostro Signore è chiaro. Non è il suo onore umano che Egli difende, Suo Padre lo fa per Lui: Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca e giudica (Gv. 8, 50). E’ la gloria di Suo Padre ad essere in gioco: Io onoro il Padre mio e voi mi disonorate (Gv. 8, 49). E in questo è detto tutto: è descritta l’opposizione tra la condizione di peccatori che condividiamo tutti – il peccato disonora Dio – e la condizione di Cristo, l’innocenza stessa, tutto onore per il Padre.
Sì, nel loro peccato, questi Farisei sono figli del demonio, mentre Gesù è Figlio di Dio. Il loro padre e il Padre di Gesù sono inconciliabilmente nemici: Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro (Gv. 8, 38).

Tra questi due padri dobbiamo scegliere, con i nostri atti.
E Cristo propone la salvezza a questi uomini, così indegni di lui: In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte (Gv. 8, 51). Egli viene a strapparci dalla morte del peccato. Non contento di essere l’innocenza stessa, Egli vuole donarla anche a coloro che l’hanno perduta. Il Battista l’aveva predetto: Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie il peccato del mondo … Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio incombe su di lui. (Gv. 1, 29 e 3, 36).

Questa promessa è molto semplicemente il cuore del Vangelo. Fondamentalmente, il cristiano è colui che partecipa alla resurrezione di Cristo; in terra con la remissione dei peccati e la nuova vita della grazia, in Cielo con la vita eterna; e alla fine dei tempi con la gloriosa resurrezione dei corpi.


Ora sappiamo che hai un demonio in te

Questa salvezza i Farisei non la vogliono. Dello sguardo divino hanno solo disprezzo. La vita di cui parlano è solo umana: Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: ‘Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte’. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere? (Gv. 8, 52-53). Nella loro follia che rigetta la Vita essi ribadiscono la loro blasfemia: Ora sappiamo che hai un demonio in te (Gv. 8, 52).

A Gesù essi oppongono Abramo e i profeti, la Legge e i libri sacri che per loro sono tutto. Ma questi libri santi essi non li hanno compresi: questi infatti parlano del Messia! E non li hanno compresi perché solo chi è di Dio comprende la parola di Dio. E Gesù ribadisce: Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio (Gv. 8, 47). E anche questi libri li accusano: Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c’è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza. Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto (Gv. 5, 45-46).

E mentre essi si appellano ad Abramo, Gesù invoca la sua testimonianza: Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò (Gv. 8, 56). Parole mirabili: che sottolineano tanto l’immortalità di Abramo quanto l’eternità del Figlio di Dio.
A questi Giudei che hanno per orizzonte solo la misera terra, Gesù comincia col dire come Abramo, quantunque morto, sia vivente, mentre essi, quantunque viventi, siano morti. Ed essi sono morti perché Dio, che è la vita dell’anima, non è più in loro: Abramo, quantunque morto, vive nel seno di Dio. E a partire dal limbo, il mistero dell'incarnazione è tutta la sua gioia.
Ma Gesù dice ancora di più: mentre era ancora sulla terra, Abramo ha intravisto il mistero trinitario, e questo è stata la sua gioia più grande.


Prima che Abramo fosse, …

Nella loro collera, i Farisei esclamano: chi pretendi di essere? (Gv. 8, 53). Come puoi dire che sei contemporaneo di Abramo con duemila anni di distanza? E la risposta di Gesù è splendida: prima che Abramo fosse, Io Sono (Gv. 8, 58). Egli non dice: prima che Abramo fosse, io ero, come avrebbe potuto dire un Angelo, Cristo è più che un Angelo, Egli è Dio: prima che Abramo fosse, Io Sono. Il greco di San Giovanni è preciso: prima che Abramo venisse, io sono. Abramo, come ogni altra creatura, appare nel divenire; Gesù, Essendo Dio, è nell’essere. Egli è l’Essere stesso sussistente, l’Essere eterno. Questo è lo stesso nome di Dio, il nome col quale Egli si era qualificato con Mosè (Es. 3, 14), il nome che la Legge ebraica proibiva di pronunciare, per rispetto. Ed ecco che Nostro Signore, non solo lo pronuncia, ma se lo attribuisce: prima che Abramo fosse, Io Sono.
I Giudei non si sbagliano ed è per questo che vogliono lapidare Gesù (Gv. 8, 59).
Rifiutando di adoraLo come Dio, essi lo considerano come un blasfemo; e diranno apertamente a Pilato: Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio (Gv. 19, 7).





Gesù si nascose e uscì dal tempio (Gv. 8, 59). Che scena simbolica! Rifiutare ostinatamente la divinità e la signoria di Gesù significa condannarsi a morte, alla morte definitiva: Gesù si nascose e uscì dal tempio. Cosa terribile! Dio si nasconde agli occhi del peccatore, la cui coscienza si acceca. Dio che era la sua luce lo lascia, Egli esce dalla sua anima come esce dal tempio.

Può apparire sorprendente che Dio permetta che si manifesti tale odio contro di Lui. Era dunque impotente a mettere a tacere i suoi avversari, non poteva annientarli all’istante? Di generazione in generazione la questione si rinnova, e forse ancora di più nella nostra attuale decadenza. Questo equivale a dimenticare che il potere del faro si manifesta nella tempesta e che l’artista usa il contrasto per far emergere il suo soggetto principale. Così Gesù usò l’odio di questi uomini per rivelare in modo ineguagliabile la maestà della Sua divinità.






aprile 2023
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