Messico:
il nuovo rito maya della Messa



Articolo della Fraternità San Pio X



Pubblicato in due parti il 16 aprile 2023 sul sito informazioni della Fraternità
prima parte - seconda parte




Il vescovo, il prete e i fedeli maggiorenti davanti ad un altare maya



Come è stato riportato in un breve recente articolo, in Messico è in preparazione un rito “maya” della Messa. Lo studio è già in fase avanzata ed è stato approntato un progetto, a cui stanno lavorando un gruppo di vescovi messicani riunito nella diocesi di San Cristobal de Las Casas, insieme a Mons. Aurelio Garcia Macias, sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina del Sacramenti.

Preparato nel mese di febbraio, il progetto verrà sottoposto a tutti i vescovi messicani prima di essere inviato a Roma nel mese di maggio.

Prima di esaminare il testo, è utile conoscere il contesto.


La diocesi di San Cristobal de Las Casas

La diocesi è stata per decenni sotto la sorveglianza di Roma: a causa del sincretismo, delle decisioni comunitarie, dell’attivismo politico di sinistra e dell’ordinazione di centinaia di diaconi permanenti associati alle loro mogli, al fine di realizzare una«chiesa autoctona».

L’iniziativa è partita da Mons. Samuel Ruiz Garcia, vescovo della diocesi dal 1960 al 2000, ed è proseguita sulla stessa linea dal nuovo vescovo Mons. Felipe Arizmendi Esquivel – dal 2000 al 2017 -, creato cardinale nel 2020.
La cosa ha suscitato diverse inquietudini a Roma.

Il caso dei diaconi permanenti associati alle loro mogli

Nel 2000, il Vaticano chiese che al momento dell’ordinazione, il vescovo non imponesse le mani sul capo delle mogli dei diaconi permanenti, come si faceva. Nel 2005, la Congregazione per il Culto Divino sospese le «ordinazioni dei diaconi permanenti, fino a quando non fosse stato risolto il problema ideologico soggiacente» e chiese che fosse rafforzato il concetto del celibato sacerdotale, e che fosse interrotta «la formazione dei candidati al diaconato permanente».
La diocesi contava allora 340 diaconi permanenti sposati e 85 preti: le parrocchie erano dirette soprattutto dai diaconi permanenti con le loro mogli. Nel 2007, Roma chiese di sopprimere dall’annuario della diocesi l’indicazione che questi diaconi potessero diventare preti sposati.

Gli incoraggiamenti di Papa Francesco

Il cardinale Arizmendi racconta che dal 2013 è stato incoraggiato dal nuovo Papa Francesco, che gli disse che il diaconato permanente poteva essere una soluzione molto opportuna nelle comunità indigene e che bisognava incoraggiarlo. E’ quello che raccomanda l’esortazione apostolica Querida Amazonia al n° 92.

Qualche mese dopo, il cardinale ha spiegato che «siamo stati autorizzati a proseguire queste ordinazioni». In effetti, Papa Francesco ha incoraggiato il diaconato permanente indigeno con le mogli considerate come co-diaconi; ed ha incoraggiato lo sviluppo di un rito indigeno.


Gli elementi generali alla base del nuovo progetto


Diversi di questi elementi erano presenti nel Sinodo dell’Amazonia del 2019: rafforzamento del ruolo liturgico delle donne (verso un diaconato femminile); ruolo preponderante dei diaconi indigeni sposati (verso i preti sposati); inculturazione liturgica mista ad elementi idolatri (si veda il culto della Pachamama).
Quanto all’antica religione maya, essa era impregnata di politeismo, di animismo, di credenza nella comunicazione con gli antenati, nonché di sacrifici umani.


Il rito “maya” com’è già praticato nella diocesi di San Cristobal de Las casas

Esiste già un’inculturazione avanzata dei riti maya approvata dal vescovo locale. Un certo numero di questi elementi dovranno essere integrati nel progetto in corso.

Incensamento dell’altare da parte delle donne

Si tratta di un’antica funzione delle donne maya, che incensavano diversi oggetti e l’altare maya; questa funzione è stata integrata nella celebrazione della Messa, con gli stessi tipi di incensieri: le donne incensano l’altare in diversi momenti della Messa usando un incensiere maya.

Le danze rituali

La cultura maya usa delle danze rituali: previste alla fine della Messa. Queste danze sono considerate dei mezzi per comunicare con gli dei e con gli spiriti. Il sito World History spiega: «Le danze rituali erano praticate per comunicare con gli dei; esse richiedevano dei costumi sontuosi che rappresentavano i volti delle divinità. (…) I Maya pensavano che abbigliandosi e agendo come un dio potessero comunicare con esso».

La terra, «dea madre»

Le cardinal Arizmendi spiega: «Nella “teologia indiana” la terra è essenziale ed è conosciuta col nome di Dea Madre. Essa ha una sua personalità, è sacra. E’ un soggetto col quale si parla ed è venerata. La terra è la fecondità divina. Le piante, in particolare il mais, sono la carne degli dei, data agli uomini per la loro sussistenza».

Sincretismo e indifferentismo religiosi

La rinascita delle pratiche e dei simboli maya è percepita come un ritorno alle tradizioni «precolombiane», cioè pagane. Ma per la teologia indiana non vi è contraddizione col cattolicesimo. Un autore scrive: «Mons. Ruiz ha sottolineato che il dio venerato nella teologia indiana non è diverso da Gesù venerato nel cattolicesimo».

Lo stesso autore descrive l’incorporazione degli antichi rituali religiosi nei riti cattolici: «Certuni hanno incorporato elementi come l’acqua, il fuoco, i colori ancestrali, che non hanno a che vedere con le preghiere della Chiesa cattolica: si evoca, non solo il Dio cristiano, ma anche la terra, le montagne, l’acqua, la luna, il sole, tra diversi altri…».

Il ruolo liturgico delle donne

Esso si manifesta con l’inclusione delle mogli nell’ordinazione dei diaconi permanenti.
Mons. Arizmendi scrive: «La moglie rimane accanto al diacono durante tutta la cerimonia e tiene la mano del marito nel momento della promessa di obbedienza». Inoltre, «ella riceve con suo marito il libro dei Vangeli e apporta il suo aiuto come ministro straordinario della Comunione. Nelle celebrazioni ordinarie, ella incensa l’altare, i Vangeli, le immagini, i ministri e i fedeli».

In più «noi abbiamo autorizzato due donne ad amministrare il Battesimo e a presiedere la celebrazione del matrimonio quando non ci sono altri ministri»: si tratta di una delle rivendicazioni del Cammino Sinodale.

L’altare maya

Si tratta di un altare dedicato agli dei e alle credenze della religione maya. Questi altari si trovano già nelle chiese della regione e in occasione di numerose cerimonie religiose. Mons. Arizmendi scrive: «In certi posti è consuetudine approntare davanti all’altare della chiesa, “l’altare maya”, con fiori e candele colorate, secondo le quattro direzioni dell’universo, e con dei frutti della terra».

Ogni colore ha un significato specifico, quattro di essi rappresentano i punti cardinali. Ad un dato momento la congregazione si inchina verso il centro dell’altare, dove vi sono due candele che rappresentato Cristo, queste candele hanno anche altri significati.

Mons. Arizmendi spiega: «Abbiamo incoraggiato l’inculturazione dell’adorazione del Santo Sacramento nell’“altare maya”».
Nella cultura maya, Dio è invocato come il cuore del Cielo e il cuore della Terra»; e il cardinale precisa che «Gesù unisce il Cielo e la terra poiché è Dio e uomo».

Accensione dei ceri

Mons. Arizmendi scrive: «Il prete che presiede la celebrazione annuncia alla comunità che la preghiera universale sarà fatta secondo la modalità dell’accensione delle candele, come avveniva nella tradizione degli antenati». Secondo la tradizione maya, è possibile comunicare così con gli antenati. Prima dell’inizio della Messa, si prepara davanti all’altare un posto dove saranno accese le candele.

Il numero delle candele varia in funzione dell’oggetto della preghiera. Il direttore – sempre un laico – invita la gente a pregare, mentre viene suonata la musica tradizionale con l’arpa, il violino e la chitarra. Tutti i partecipanti si inginocchiano. Una donna incensa le candele, poi l’officiante le accende. Il prete si porta davanti al posto dove si trovano le candele, si inginocchia e prega con il capo.

Danza rituale

«Alla fine dell’omelia, - scrive il cardinale -, può essere eseguita una danza rituale. Si tratta di un leggero movimento del corpo e dei piedi che si può fare in una o tre volte».

Alcuni di questi elementi erano presenti nella Messa papale del 15 febbraio 2016, celebrata da Papa Francesco durante la sua visita alla diocesi di San Cristobal de Las Casas: il Papa incensò l’altare con due delle mogli dei diaconi che tenevano in mano degli incensori maya, sotto lo sguardo dei loro mariti: due indigeni diaconi permanenti. Vi fu anche una danza rituale.

Il lettore sarà forse urtato da questa scomposta inculturazione che introduce gli elementi di una cultura profondamente pagana e che può solo produrre come minimo una deleteria confusione, ma che mira piuttosto a realizzare un rito che non ha più niente di cattolico e che è solo puro sincretismo, quale che sia l’intenzione degli autori.

Coloro che leggono l’inglese possono accedere all’articolo completo, che noi abbiamo riassunto, che è stato pubblicato sul sito LifeSiteNews.
https://www.lifesitenews.com/blogs/the-new-mayan-rite-of-mass-encouraged
-by-pope-francis-is-replete-with-pagan-idolatry-and-symbolism/




Accensione rituale: una donna indigena accende le candele

Il progetto è in fase di ultimazione, il sito lifesitenews ha potuto averne una bozza. Essa conferma l’introduzione di elementi della cultura maya nella liturgia. Il documento intitolato: Adattamento dell’Ordinario della Messa per i popoli indigeni della diocesi di San Cristobal de Las Casas, è datato aprile 2023, composto da 31 pagine, ed è stato fornito dal cardinale Felipe Arizmendi Esquivel.


I punti chiave

Gli elementi centrali del progetto sono: degli incensamenti durante la Messa effettuati da laici, uomini o donne; delle preghiere dirette da un laico, uomo o donna, dotato di una nuova funzione liturgica, e che viene denominato “principale”; le danze maya; l’“altare maya”, il cui «contenuto è denominato “offerte maya”».

La diocesi ritiene così di stabilire due nuove funzioni liturgiche, assolte da un laico, uomo o donna, scelto dalla comunità parrocchiale con la conferma del vescovo. La prima di queste funzioni è quella di “principale”, la seconda è quella di “incensiere”.

Il “principale” o “anziano”

Il “principale”, posto a fianco del prete, dirige le preghiere comunitarie durante la Messa. Questo ruolo sminuisce considerevolmente l’importanza del prete. Tale funzione riveste una grande importanza.

«L’incarico liturgico di “principale” è conferito ad una persona, uomo o donna, che è un’autorità morale nella comunità, che guida il suo popolo nella preghiera e nella fede. Egli veglia su coloro che hanno un ministero nella comunità. Nella liturgia, su invito di colui che presiede la celebrazione, egli guida il popolo nei momenti della preghiera comunitaria».

Il progetto colloca il “principale” al di sopra del diacono permanente e di sua moglie: «Il principale o anziano, che rappresenta la comunità ecclesiale indigena, è un agente molto importante della formazione. Egli accompagna il diacono permanente e sua moglie con i suoi consigli, la sua esperienza e la sua saggezza, vegliando sul loro radicamento nella comunità conformemente alla sua cultura».

L’incensatore

Questi deve incensare nei diversi momenti della Messa, sminuendo ancora di più il ruolo del prete. Il progetto parla di «incensamento della croce e dell’altare e, ove opportuno, delle immagini di Maria e dei Santi». Questa nuova funzione liturgica può essere esercitata da un uomo o da una donna:
«Si propone che, tra i popoli originari della diocesi, l’ufficio liturgico dell’incensamento rimanga nelle mani delle persone, uomini o donne, designate dalla comunità e approvate dall’Ordinario».

Queste funzioni di principale e incensatore sono già in atto con l’approvazione episcopale. 



Una donna incensa l'altare all'inizio della Messa


La preghiera comunitaria secondo la cultura maya


Le radici di questa cultura sono pagane. Nonostante la spiegazione del cardinale Arizmendi: «I riti che noi proponiamo hanno una base cattolica, ma sono stati sviluppati da questi popoli di origine maya, che si sono allontanati dagli antichi Maya», rimane il timore del sincretismo.
Il progetto afferma che le pratiche maya sono indispensabili agli indigeni per entrare in relazione con Dio:
«La preghiera comunitaria ad alta voce, guidata dal “principale”, permette di entrare in diretta relazione con Dio. Senza questo elemento, il cuore non è disposto alla partecipazione. Così, questa preghiera comunitaria è un elemento essenziale da includere nella Messa celebrata con i popoli della diocesi. Senza di essa non si entrerebbe in maniera adeguata in relazione personale con Dio».

In altri termini, senza questa antica maniera di pregare, accompagnata dall’accensione dei ceri posti sul pavimento davanti all’altare – pratica tratta dai rituali pagani del popolo maya – la grazia del sacrificio della Messa sembrerebbe essere diminuita.
Secondo il progetto: «vi è anche un elemento storico, poiché era questa la maniera di queste culture di vivere la relazione con Dio.
«In questo modo, la celebrazione dell’Eucarestia e la maniera propria di pregare di questi popoli non sono considerate come estranee o separaste, esse si fondono insieme, in armonia, insieme con la creazione».
Per un cattolico, l’armonia con la creazione si realizza con Dio e dunque con Gesù Cristo.

L’accensione delle candele o ceri

La necessità di questa pratica è spiegata così: «La preghiera comunitaria con l’accensione dei ceri è stata uno dei modi di pregare più frequentemente utilizzato dagli indigeni, per mezzo del quale essi esprimono tutte le richieste che la comunità ha nel cuore. (…) Questo modo di pregare è uno dei mezzi di cui dispongono questi popoli per esprimere più fortemente la loro fiducia in Dio».

Gli autori del progetto sembrano dire che il rito dell’accensione delle candele è per gli indigeni un mezzo più potente di unirsi a Dio di quanto lo sia la Messa, o quanto meno il mezzo necessario per la sua piena efficacia.

La Terra madre e gli antenati

La cerimonia dell’accensione, che si accompagna ad una inclinazione della testa, ad un contatto con il suolo e a dei canti, è destinata ha permettere i il contatto, non solo con Dio, ma anche con gli antenati e con la Terra madre, così che si mettono sullo stesso piano Dio, la terra e gli antenati. Da qui si vede che l’adorazione di Dio sembra essere messa sullo stesso piano dell’adorazione degli idoli.



Un altare maya

L’altare maya

L’accensione delle candele è legata all’istallazione di un altare maya, nel documento denominato “offerta maya”, che è descritto così: esso deve essere posto all’interno della chiesa, in prossimità dell’altare, e secondo i colori simbolici maya: rosso, nero, bianco e giallo, nonché secondo i punti cardinali. I colori «cardinali» hanno un significato tratto dall’antica religione politeista.

«Vicino all’altare sono posti piante, frutti e semi della regione, nonché delle candele i cui colori rappresentano i punti cardinali: a Est il rosso, a Ovest il nero, a Nord il bianco e a Sud il giallo. Vicino alle candele vengono posti dei frutti e dei fiori dello stesso colore. Al centro sono posti un Crocifisso, una Bibbia, una candela blu e una verde, nonché dell’acqua, della terra, e una chiocciola».


Danza liturgica: «I piedi accarezzano il volto della Terra Madre»

Secondo il progetto, «il ringraziamento può essere espresso con una danza». Si tratta di un «ringraziamento collettivo: nella danza, i piedi accarezzano il volto della Terra Madre, con dei movimenti leggeri. Il volto di Dio è salutato piazzandosi nelle quattro direzioni dell’universo. E’ questo il momento di sentire la prossimità dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, che danzano insieme sullo stesso essere.
«Dio danza in mezzo a noi. (…) E questo fa sentire la presenza di Gesù, dei Santi, dei nostri antenati, che danzano con noi, non con l’immaginazione, ma secondo una presenza spirituale reale, in una comune armonia».

Il testo afferma dunque che in questa danza rituale gli antenati sono «realmente presenti spiritualmente», cosa che può essere esatta secondo la dottrina cattolica.
Questa danza è «parte integrante dell’azione liturgica»: è una liturgia danzata e non «una danza senza liturgia».


Una parola sugli autori del progetto

L’autore principale è un gesuita, il P. Felipe Jaled Ali Modad Aguilar, già implicato nella preparazione del Sinodo per l’Amazzonia. Egli è coordinatore della commissione diocesana per il nuovo rito indigeno a Chiapas che è molto attento alla comunicazione con gli antenati.

Un altro autore è il P. Víctor Manuel Pérez Hernández, è parroco della parrocchia di San Juan Chamula, nota per i sacrifici degli animali e per altre pratiche cultuali pagane.
Diversi turisti raccontano le esperienze che hanno vissuto in questa chiesa.
Eccone un campione.

«Dall’esterno, la chiesa somiglia a tutte le altre chiese messicane: una facciata luminosa e colorata, con una architettura molto semplice. Si pagano 25 pesos d’entrata, ma è vietato fare foto o video». All’interno, «i fedeli eseguono dei rituali unici, che implicano dei Santi cattolici, bevono dell’alcool di contrabbando e praticano dei sacrifici di animali».
«Il visitatore è sommerso dall’odore dell’incenso a base di resine di copal, e dal fumo di migliaia di candele. I muri soni tappezzati di statue di santi forniti di specchi per allontanare il male. Non vi sono dei banchi; aghi freschi di pino ricoprono il suolo. Ogni famiglia spazza uno spazio libero e incolla delle candele sulle piastrelle.
«I fedeli lasciano consumare completamente le candele durante e dopo le loro cerimonie personali. Pregano ad alta voce in tzotzil, talvolta piangono e fanno spesso il segno della croce. Bevono della Cocacola o del “pox” – il distillato regionale; ruttano con l’intenzione di espellere gli spiriti maligni.
«Talvolta, la famiglia è raggiunta da un curandero [sciamano] che può imporre le mani sui malati, assorbire le loro malattie in un uovo di gallina e guarirli agitando una gallina viva sulle loro teste. La gallina viene poi sacrificata».
In questa chiesa, il parroco Hernández celebra regolarmente la «Messa».


Conclusione

Appare evidente che l’adattamento di elementi cultuali e di riti di origine maya nella diocesi di San Cristobal de Las Casas non evita il sincretismo. Per delle persone che sono immerse in una cultura trasmessa da secoli e carica del suo primitivo significato, è difficile, se non impossibile, liberarsi di ciò che è connesso a questo sistema.

Se i vescovi e i preti possono distinguere le cose, lo stesso non vale per i fedeli. In più, il bisogno di fare immergere i discepoli di Cristo in questi elementi, può solo turbarli, lasciandoli attaccati a delle pratiche per lo meno superstiziose e per di più idolatre.
E’ evidente la responsabilità nella fissazione di un tale rito paganizzato.



Un altro altare maya









aprile 2023

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