IL MIGLIORAMENTO

DEL CARATTERE E DEL TEMPERAMENTO


di Don Curzio Nitoglia


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IL CARATTERE

Natura del carattere


Il CARATTERE è il modo d’essere abituale di un uomo, che lo distingue dagli altri e gli dà una personalità, intellettuale, morale e psicologica, propria.

Il carattere è distinto dal temperamento. Infatti, il carattere indica le disposizioni intellettuali, morali, psicologiche e anche spirituali dell’uomo; mentre il temperamento indica le tendenze, che nascono dalla sua costituzione organica e fisiologica.

La DIVISIONE del carattere contiene tre elementi: quello razionale (intelletto e volontà); quello sensibile (conoscenza dei sensi interni ed esterni/ appetito sensibile: irascibile e concupiscibile); e quello sociale o di relazione con gli altri.

a) L’elemento razionale comporta: lo speculativo puro [cerebrale arido] o l’intellettuale che tende all’amore del fine [contemplativo o saggio].

b) L’elemento sensibile si suddivide in apatia indolente [egoismo, ma non cattiveria] o apatia energica [lentezza metodica e costanza lavorativa]. Affettività emotiva [estro immaginativo e leggerezza o instabilità emotiva] o affettività passionata [passioni ardenti e profonde: collera e impulsività; passioni ben ordinate e durevoli].

c) La vita sociale distingue il riservato [mancanza di autostima o timidezza] dall’attivo, che a sua volta può essere irrequieto [tende all’azione eccessiva e frenetica senza scopo] o uomo d’azione [agisce dopo aver riflettuto e non demorde nel conseguire il proprio fine].

L’EDUCAZIONE del carattere comporta i seguenti consigli:
L’apatico deve sforzarsi di acquistare maggiore sensibilità.
L’intellettuale deve coltivare la forza di volontà.
L’affettivo deve stabilizzare le proprie emozioni e ordinare le proprie passioni al Fine ultimo.
Il timido deve acquistare maggior sicurezza interna e fiducia in Dio.


L’AMBIENTE FAMILIARE gioca un certo ruolo sul carattere dell’uomo poiché egli riceve il corpo dai genitori e l’anima da Dio. Ora, anche se il carattere riguarda soprattutto l’anima, che è infusa direttamente da Dio, tuttavia essa informa un corpo, il quale costituisce co-essenzialmente la natura dell’uomo, che è “unione sostanziale di anima e corpo” (Aristotele). L’uomo non è solo anima né solo corpo ma, anima e corpo. Quindi nel carattere rientrano anche fattori somatici che, tuttavia, non sono determinanti. L’ereditarietà dacché riguarda il corpo è correggibile dall’anima ben educata, che informa e attua il corpo e quindi è superiore e più nobile di esso. L’anima è l’elemento o co-principio sostanziale determinante il corpo, mentre il corpo è il co-principio sostanziale determinato dall’anima, come la materia dalla forma, la potenza dall’atto e l’essenza dall’essere (1).

L’AMBIENTE ESTERNO in cui l’uomo è nato e cresciuto esercita, a sua volta, un certo influsso sul suo carattere, aggiungendosi e sovrapponendosi a quello già ricevuto dai genitori. Il clima, la terra in cui si è nati e cresciuti, incidono ma non determinano il carattere umano, così pure l’alimentazione e l’igiene. È ovvio che un clima sano, una buona igiene, un nutrimento completo assicurano una tendenza positiva al buon carattere umano; mentre un ambiente cattivo, malsano, una nutrizione deficiente, un’abitazione sporca non aiutano la positività del carattere, anzi favoriscono, ma non determinano, una tendenza negativa. 

L’EDUCAZIONE BUONA O SCARSA che si riceve col crescere, l’ambiente familiare sereno o no in cui si vive, le amicizie virtuose o viziose che si hanno influiscono anch’esse sul carattere.

Tuttavia una buona volontà, una sana educazione intellettuale, morale e soprattutto spirituale riescono a colmare le lacune ereditarie e ambientali che si sono ricevute. Basta volere efficacemente correggersi dai propri difetti per ottenere grossi miglioramenti. Ci vuole, però, la buona e seria volontà, non basta la velleità sentimentalistica e insincera. La volontà umana, specialmente dopo il peccato originale, non è onnipotente e nemmeno ha un “potere dispotico” ma solo “diplomatico” sulla sensibilità, le passioni e gli istinti che appartengono al corpo. Perciò, oltre la buona volontà ci vuole la Grazia soprannaturale e la vita spirituale per migliorare il carattere umano e renderlo il meno deficiente possibile.


L’elemento psicologico e morale del buon carattere

PSICOLOGICAMENTE il carattere buono è quello equilibrato, ossia quello composto di tutti gli elementi essenziali della natura umana: l’intelligenza profonda, la volontà forte ed anche la sensibilità ben ordinata. Infatti, l’intelletto è servito dalla memoria e dalla fantasia, che sono due facoltà della conoscenza sensibile interna (“nihil in intellectu quod prius non fuerit in sensu”). La volontà deve essere illuminata dall’intelligenza (“nihil volitum, nisi praecognitum”) e a sua volta deve dirigere l’intelletto verso il vero (“voluntas ex se sola flectit intellectus quo vult”) e non verso il capriccio umano (“doctus cum pietate et pius cum doctrina”).
Infine; la sensibilità, che accomuna l’uomo all’animale, non può né deve essere distrutta o repressa nell’uomo, il quale deve fare i conti anche con il corpo che è co-principio sostanziale della natura umana composta di anima e corpo, onde egli non può fare a meno del suo corpo altrimenti sarebbe un fantasma, ma la sensibilità deve essere educata e sottomessa all’intelligenza e alla volontà, infatti “l’uomo è animale razionale” (Aristotele) e non puramente istintivo, passionale e sensibile (“un porcellino del gregge di Epicuro”), né puro spirito, né bestia, né angelo, ma un misto misterioso dei due elementi, che devono essere messi in unione di collaborazione subordinata (“chi vuol far l’angelo fa la bestia”). Così si avrà un uomo d’intelletto profondo, di volontà forte e costante e di sensibilità ordinata e subordinata alla parte nobile dell’animo umano: intelletto e libera volontà e infine sublimata o finalizzata a Dio.

MORALMENTE il buon carattere deve essere fornito di coscienza retta la quale è la voce interna che approva le azioni buone e condanna quelle cattive. Essa ci aiuta a compiere il nostro dovere (“fa il bene, evita il male: questo è tutto l’uomo”), ci rende liberi dal rispetto umano o vano timore del giudizio degli uomini mondani e ci preserva dal fariseismo di una doppia vita. Poi dà forza di volontà che ci rende padroni di noi stessi; infatti, la sola intelligenza non ci dà questo controllo sulle nostre azioni morali.
Infine occorre la bontà di cuore per armonizzare la coscienza con la volontà ed evitare che la prima diventi uno spietato giudice degli altri e anche di se stessi e la seconda la testardaggine ostinata e fredda. È grazie alla bontà di cuore o benignità che il carattere sarà positivamente e rettamente umano: intelligente/ libero/ sensibile, ma non spietato, testardo, freddo o “disumano” (S. Th., II-II, q. 114, a. 2). Occorre saper evitare i due errori per eccesso (freddezza disumana/ostinazione cieca) e per difetto (sentimentalismo disordinato e non educato o subordinato/ insensibilità estrema).


La formazione del carattere

È la fatica e il lavoro difficile di tutta la vita nella lotta contro il proprio “io” ferito dal peccato originale e tendente all’egoismo o amor proprio: all’orgoglio intellettuale o all’ignoranza bruta, alla debolezza di volontà o all’ostinazione cieca, all’eccessiva sensibilità o alla durezza di cuore. Occorre quindi conoscere noi stessi sino in fondo non rifiutando di vedere anche le pieghe e le piaghe più recondite della nostra personalità, per poterle premunire contro il male e educare positivamente.


IL TEMPERAMENTO

Natura del temperamento

IL TEMPERAMENTO è l’insieme delle tendenze e inclinazioni che sgorgano dalla costituzione fisiologica dell’uomo. Nello studio del temperamento prevale la parte corporea dell’uomo, senza annichilare quella razionale o spirituale, come nel carattere prevale l’elemento razionale o spirituale dell’anima umana, senza negare quello sensibile e corporeo. Il temperamento è l’indole naturale e innata dell’uomo.

I quattro temperamenti fondamentali

Nessun temperamento esiste allo stato puro ma coesiste con gli altri, anche se predomina sugli altri. La classificazione classica, che risale a Ippocrate, è - secondo i maestri di spiritualità - quella più corrispondente alla realtà, essa enumera quattro temperamenti fondamentali: il sanguigno, il nervoso, il collerico e il flemmatico.
Vediamoli assieme.


Il TEMPERAMENTO SANGUIGNO è quello che predomina nell’eccitarsi facilmente e fortemente, reagisce immediatamente e bruscamente, ma l’impressione o l’eccitazione non è durevole ed è presto dimenticata.

Qualità: il sanguigno è affabile, allegro, aperto, entusiasta, simpatico, compassionevole con i bisognosi, e sottomesso davanti ai superiori, è anche spontaneo e franco (sino all’inconvenienza). Se è ingiuriato risponde ingiuriando, ma dimentica subito e non serba rancore. Egli è fondamentalmente ottimista, non si scoraggia facilmente di fronte alle difficoltà e spera sempre nella buona riuscita. Accetta le battute e gli scherzi non malevoli, ha lo spirito dell’umore. È portato all’amicizia e alle relazioni sociali, ha un’intelligenza viva, brillante ma non molto profonda. È portato per le attività pratiche piuttosto che per quelle speculative, non ha la stoffa del “sapiente”, ma ha buona memoria, fantasia, oratoria. Il difetto che occorre colmare con la buona educazione è la superficialità e la faciloneria la quale dovrebbe essere corretta con la profondità e la sottigliezza.

Difetti: la superficialità, l’incostanza, una certa tendenza alla sensualità e alla pigrizia. Infatti, poiché, è molto rapido e brillante, gli sembra di aver capito tutto e subito, quando invece ha afferrato solo la punta dell’iceberg. Da qui deriva la facilità al pressappochismo, a emettere giudizi affrettati, inesatti, incompleti, anche se non totalmente privi di fondamento. Inoltre, poiché le sue impressioni non durano molto, è portato anche all’incostanza nel bene e nello sforzo. Egli non ama l’abnegazione, il sacrificio, lo sforzo. Può soffrire di sbalzi di umore, può cadere facilmente davanti alle tentazioni, ma si pente subito (per esempio S. Pietro Apostolo), però altrettanto facilmente potrebbe ricadere per fragilità non per malizia consumata. Infine, poiché ha una natura ardente o infuocata, è portato alla sensualità o passionalità.

Educazione: normalmente la buona educazione o correzione si basa sulla diminuzione dei difetti e l’incremento delle qualità. Perciò, il sanguigno deve dare alla sua indole tendenzialmente esuberante e volitiva un fine nobile. Più che reprimere occorre sublimare o nobilitare le tendenze che si ritrovano nella natura umana. Principalmente sublimazione e secondariamente mortificazione, la quale però non va mai esclusa, anche se non deve occupare il primo posto: l’acqua impetuosa travolge ogni diga, se prima non è correttamente incanalata e indirizzata.

Il TEMPERAMENTO NERVOSO: all’inizio non si scalda facilmente, ma dopo è portato a ricordare a lungo i torti commessi contro di lui, è assai profondo anche se non appariscente o brillante.

Qualità: il nervoso è meno vivo e brillante, ma più profondo e costante. Egli è inclinato naturalmente alla riflessione, alla solitudine, alla quiete e alla vita interiore e contemplativa (per esempio S. Giovanni Apostolo). Normalmente è sobrio e padrone di sé, non è attratto troppo dalle passioni.

Difetti: tendenza esagerata alla tristezza, alla sensibilità estrema, al pessimismo, alla timidezza, alla sfiducia e alla disistima.

Educazione: occorre perfezionare la profondità del nervoso, la sua concentrazione intellettuale e volgerla verso Dio distraendola da se stesso. Infondergli fiducia, speranza in Dio e in se stesso. Occorre fargli evitare la suscettibilità, la diffidenza corretta da un ottimismo coraggioso e realistico.

Il TEMPERAMENTO COLLERICO s’infiamma subito e con violenza, ma a differenza del sanguigno non scorda facilmente.

Qualità: l’attività costante, intensa, l’intelletto acuto, la volontà forte, la magnanimità e la bontà. L’intelligenza profonda del collerico è tendenzialmente volta all’azione pratica e svelta. Ciò lo rende un buon superiore o capo e apostolo (per esempio S. Ignazio da Loyola).

Difetti: la tenacia o forza di carattere lo espone a una certa durezza nei modi, all’ostinazione, all’insensibilità, all’iracondia. Può essere vittima del volere la vendetta, della crudeltà, del desiderio di comandare e prevalere, dell’eresia, dell’azione.

Educazione: bisogna rendere il collerico padrone di se stesso, soprattutto non deve agire precipitosamente, ma rinviare, riflettere e agire con flemma. Inoltre si deve portare il collerico alla sopportazione dei deboli e molesti, a non umiliare nessuno, a non esercitare l’autorità tirannicamente, ma dolcemente ed educatamente.

Il TEMPERAMENTO FLEMMATICO O APATICO non si eccita facilmente e se lo fa è in maniera debole e placida. Dimentica subito le impressioni ricevute.

Qualità: il flemmatico lavora adagio, ma costantemente. Non deve essere sottoposto ad uno sforzo troppo grande. Se offeso non si risente, resta tranquillo e giudizioso. Non è soggetto a forti passioni o tentazioni. Ha la pazienza del certosino, ma gli manca la creatività del genio o dell’artista, l’entusiasmo. Tuttavia se è ben determinato pian piano arriva immancabilmente e con ottimi risultati al suo scopo (per esempio S. Tommaso D’Aquino, il “bue muto”).

Difetti: la lentezza eccessiva, la tendenza all’egoismo e alla mancanza d’ideali.

Educazione: se s’inculcano all’apatico convinzioni profonde, e se lo si sprona all’azione costante, metodica e non violenta o rapida poco a poco giungerà molto in alto.

Conclusione

La realtà è sempre più complessa degli schemi speculativi. In un individuo si trovano mischiati vari elementi di tutti e quattro i temperamenti. Tuttavia ve n’è uno che predomina e che ci permette di “catalogarlo” o meglio individuarlo senza schedarlo definitivamente.

Il TEMPERAMENTO IDEALE è quello che unisce le doti del sanguigno (simpatia/vivacità/altruismo), del nervoso (profondità/sensibilità), del collerico (attività inesauribile/tenacia e forza di volontà), del flemmatico (dominio di se stesso/prudenza/perseveranza).
 
Facile a dirsi, difficile ma non impossibile a farsi, con l’aiuto di Dio: “Omnia possum in Eo qui me confortat” (San Paolo).




NOTA

1 -    Cfr. J. DE GUIBERT, Il carattere, Torino, Marietti, 1945; A. TANQUEREY, Compendio di Teologia Ascetica e Mistica, Roma-Bruxelles, Desclée, 1928; A. ROYO MARÌN, Teologia della perfezione cristiana, Roma, Paoline, 1960. 

 
aprile 2023
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