FILIOQUE

Apologia di un dogma


Articolo di Luciano Pranzetti





 

Da un po’ di tempo si avvertono voci contrarie alla cultura ecumenistica – quella che il CVII avviò con la pubblicazione, e la diffusione, dei relativi documenti quali: Lumen GentiumGaudium et SpesNostra Aetate, cultura che è passata come un tosaerba sul campo delle Confessioni pareggiandole tutte, in un delirio di “oclocrazia religiosa” con cui, sotto le lame del Concilio, è caduto il fiore più alto e l’unico, portato al basso livello degli altri miseri arbusti.
Parliamo della religione cattolica - decapitata per apparire non più quale istituzione divina, trascendente ma come istituzione umana, immanente, di pari valore alle altre, così come stabilito dall’ordinamento massonico che regge e dirige l’0NU - e parliamo della situazione attuale che vede le confessioni eretico-scismatiche ortodosse alla ribalta per una tragica contingenza abbattutasi sul mondo, cioè la guerra aggressiva scatenata dalla Russia contro l’inerme Ucraina.

Il solito lettore ci chiederà che riflesso possa avere tale conflitto su un eventuale discorso riguardo la religione cattolica e la confessione ortodossa, quale rapporto possa intercorrere fra le due diverse realtà – una divina e l’altra umana. È presto detto e il chiarimento dirà quanto autolesivo sia – diciamo: è – il ragionamento portato avanti da una buona parte della comunità cattolica.

Abbiamo accennato, ad inizio di intervento, all’esistenza di voci contrarie al suicidario andazzo della cultura cattolica e noi ci dichiariamo parte attiva di questo controcanto certi di essere nel giusto, non tanto per nostra personale soggettiva presunzione quanto per la testimonianza e il conforto che ci vengono dalla parola di Dio con il sigillo del Magistero, inalterato ed inalterabile, della Chiesa Cattolica. Dunque vediamo:
    il 24 febbraio del 2022, Vladimir Putin – padrone della Russia – invade l’Ucraina devastandola, irrigandola con fiumi di sangue innocente, spazzando città intere, distruggendo ospedali, chiese, scuole, deportando migliaia di bambini, decapitando soldati ucraini. Di fronte a tali delitti e nefandezze, di cui, stia sicuro, renderà conto a Dio, cosa credete che ne pensi un largo settore della cattolicità – vescovi, fedeli, massmedia – e della consorteria politica, nostalgica orfana del comunismo sovietico?
Pensano questo:
   Putin è la Russia sana, incorrotta, è colui che ha rimesso in trono la “religione” (?) ortodossa, dandole visibilità dopo il lungo periodo di silenzio trascorso sotto il comunismo; è la società che condanna l’omosessualità; colui che vieta, nella sua nazione, la presenza attiva del movimento LGBT. È, come concordano i vari Mons. Viganò e i nuovi convertiti alla Alessandro Gnocchi, il braccio armato di Dio contro un Occidente debosciato, ateo, relativistico, abortista, eutanasiaco, depravato di cui l’Ucraina è il simbolo attante ed eminente e, pertanto, “giusta e santa” è la sua guerra, benedetta da Kirill, patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie.

Siffatte considerazioni stanno spostando l’asse dell’attenzione, dell’interesse e della simpatia verso la confessione ortodossa tale da prevedere un fenomeno occulto di passaggi dal campo cattolico a quello eretico-scismatico, cioè apostasie di fronte alle quali è d’obbligo, per il cattolico, entrare nell’arengo della “disputatio” ragion per cui tutto questo preambolo è funzionale a uno scopo ben preciso, vale a dire, esaminare le cause della lite che, nel 1054, ha determinato la secessione dell’Oriente con cui si è frantumata l’unità dei cristiani.

Ufficialmente, il Grande Scisma deflagrò – con la regìa di Michele Cerulario - per una polemica sul pane “azzimo” usato dai latini per la Consacrazione e, a questo pretesto, fu aggiunto il rifiuto del celibato ecclesiastico praticato sempre dai latini. Stranamente non si parlò del FILIOQUE. Diciamo “stranamente” dacché era già stato posto, quale insormontabile ostacolo all’unità teologica dai tempi di Fozio (858).
 Spieghiamo intanto in che cosa consiste detto termine.
   Quando si trattò di dare un corpus dottrinario alla Fede cristiana, sorse la disputa sulla reale identità dello Spirito Santo. Già dal 5° sec. detta formula venne introdotta nel Credo per indicare che la terza Persona della SS. Trinità procede dal Padre e dal Figlio = qui ex Patre Filioque procedit.
   Non staremo a descrivere ciò che si sviluppò, in termini di polemiche e di contese, tra latini e greci i quali ultimi affermavano, invece, l’esclusiva processione dal Padre. Questo, ed altri motivi collaterali – non esclusa la volontà di gestire in proprio il capitolo delle finanze - in stretta sintesi, il disaccordo che, ancora oggi, separa la confessione ortodossa dalla Chiesa Madre, la Cattolica.

Poiché ci càpita – quando il parkinson allenta la sua presa consentendoci di articolare sufficientemente comprensibili le parole – di intrattenere dei dialoghi con taluni ortodossi di nostra conoscenza: romeni, russi, ucraini residenti nella nostra cittadina, abbiamo preso ad affrontare solo ed unicamente ciò che ci divide – in senso dottrinario – poiché, tra due realtà separate, come sono la cattolica, l’ortodossa e la protestante, non c’è alcun elemento che le unisca perché, pur adorando Dio Padre e Gesù Figlio, pur promovendo riti di eguali rubriche, di identiche formalità, sono sterili, inefficaci, inutili perché “tralci staccati e secchi” destinati – parola di N. S. G. C. - ad essere bruciati (Gv. 15, 1/8). Se il paragone regge, possiamo assimilare il valore delle loro liturgie alla fatica di Sisifo, il mitico re di Corinto condannato a spingere, per l’eternità, un masso dalla base alla cima di un monte, senza mai raggiungerla, ché, ogni volta che vi si avvicina, il masso rotola in basso costringendolo a nuovo e ripetuto tentativo. Sforzi inutili.

Quanto affermato in queste precedenti riflessioni valga come “caveat” a che non si pensi essere, la nostra, una posizione avversa per pregiudizio o per antipatia stante, invece, al fondo della nostra requisitoria, la carità cristiana che ci spinge al recupero dei tralci secchi pur se con scossoni forti e ripetuti o con maniere che possano apparire dure così come seppero di aspro e d’amaro le ristrettezze, la fame e la miseria al figlio prodigo, ma che lo indussero, pentito, al ritorno in casa paterna, ed ivi, accolto con gioia.

Bene, andiamo al tema che ci siam proposti di trattare, e cioè: l’ortodossia del dogma espressa dal FILIOQUE.
  Gli scismatici, così detti “ortodossi” – che, giusta lezione, dovrebbero essere appellati, almeno dalla comunità cattolica “eterodossi” – sostengono la tèsi secondo cui lo Spirito Santo – la terza Santissima Persona della Santissima Monotriade – procede dal solo Padre, l’ipostasi prima da cui si genera – increato – il Figlio al quale gli ortodossi possono arrivare a riconoscere, tutt’al più, la “trasmissione” dello Spirito Santo. Inutile e vuota concessione in quanto non è in discussione tale funzione ma la “processione” che la Chiesa Cattolica, già dal primo Concilio di Nicea (325) e da quello di Costantinopoli (381) la insegna avvenire dal Padre e parimenti dal Figlio, inserendola nel Credo a fondamento dogmatico.

Per simili impegni, è nostra consuetudine lasciarci guidare dalla parola di N.S.G.C. che, nella presente contingenza è chiaro e definitivo.
  Intanto smontiamo il punto su cui gli scismatici ortodossi poggiano la loro erronea convinzione e, cioè, il passo evangelico che così recita: “Quando verrà il Consolatore CHE IO vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza” (Gv. 15, 26). L’interpretazione, che gli ortodossi conducono su questa pericope, sfrutta la lezione greca “òn egò pèmpso ymin toù patros” tradotta da Gerolamo “quem ego mittam vobis a Patre” dove è ben visibile la trasmissione dello Spirito Santo per il tramite di Gesù, funzione che gli ortodossi, ripetiamo, sono disposti a riconoscerGli come “distributore” ma null’altro. Ma non è una funzione di semplice e mero passaggio benché, alla luce di questo passo evangelico, sembrerebbe trattarsi di un’azione finale che, iniziata dal Padre continua nel Figlio il quale, necessariamente, appare come colui che manda ad effetto la trasmissione. Non è così.

Ora, noi sentiamo doveroso, e soprattutto logico, distinguere la “processione” dalla “trasmissione” in quanto con la prima è da intendersi un aspetto ontologico-genetico, vale a dire che la processione attiene alla sostanza divina cioè, riguarda l’essenza del Padre che genera altra e identica essenza, mentre la trasmissione è il dinamismo con cui lo Spirito Santo viene trasfuso, come avverrà nel giorno di Pentecoste, e che attiene ad un’azione, diciamo meccanica, delle due santissime Persone, il Padre e il Figlio.
 Il passo evangelico – parola del Signore - “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv. 10, 30) è quello che chiude qualsiasi polemica perché dichiara espressamente essere il Figlio consustanziale al Padre.
   La versione greca è molto sintetica e precisa “Egò kài o’ Patèr èn èsmen” e Gerolamo la traduce con “Ego et Pater unum sumus”. Il Padre e il Figlio sono una sola essenza sostanziale perché, diversamente, questa unicità sostanziale diverrebbe unione col risultato di avere non più una Monotriade ma una Trimurti. Ora, davanti a tale netta affermazione si deve ammettere che lo Spirito Santo “procede” dal Padre come qualmente procede dal Figlio e da entrambe le divine Persone vien trasmesso. 

Rafforza questa verità quanto Gesù comunica ai suoi discepoli, nel discorso tenuto nel Cenacolo, che nella versione greca è reso con “Paràklitos to pnèuma to aghìon ò pèmpsei ò Patèr èn to onòmati moù” che Gerolamo traduce con “Paraclitus autem Spiritus Sanctus quem mittet Pater in nomine meo” riportato in italiano con “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome” (Gv. 14, 26) dove si osserva come non sia assolutamente credibile che Iddio Padre mandi il suo Spirito nel nome di un semplice messaggero o trasmettitore quale gli ortodossi designano Gesù, perciò, nella pericope si manifesta un ruolo molto più elevato e, cioè, quello di chi spartisce sostanza, essenza ed essere con il Padre tale da qualificare l’azione effusiva dello Spirito come processione, confermando, così il dogma del FILIOQUE.

Esibiamo un’altra prova, dimostrativa oltre ogni ragionevole ed ostico dubbio, della ortodossìa dogmatica della formula, con l’escussione di un altro passo evangelico da cui è palese la fondatezza di quanto insegna la Chiesa Cattolica nella professione di Fede a proposito dello Spirito Santo, laddove l’evangelista riporta l’episodio dell’apparizione di Gesù ai discepoli nel dopo Resurrezione, quando, entrato a porte chiuse nel Cenacolo dice: “Pace a voi . . . dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv. 20, 23).
 Se Cristo effonde lo Spirito alitando è, quanto meno, da supporre essere lo Spirito Santo sostanza del suo essere Dio, diversa interpretazione non si può dare.
  E questo è quanto sigilla la questione.

Sentiamo di dover concludere col rendere a ciascuno il suo, vale a dire che, avendo all’inizio, dato notizia di quanto giusta, buona, retta e incorrotta sia rappresentata, in Occidente, la nazione russa, è cosa equa, per verità speculare, nostro dovere, onde non lasciare zone buie, raccontare la faccia nascosta di Putin, della sua politica imperialistica e della società russa. Vediamo:
  l’ordine sociale è tenuto sotto il controllo di un dispotismo assoluto prova essendone l’amministrazione giudiziaria la quale commina decine di anni di galera per il più piccolo dissenso espresso sulla politica interna e nei casi di noti ed influenti avversari si ricorre al veleno. L’alcolismo è una piaga endemica che, in questi ultimi tempi, a motivo della guerra, dilaga nella popolazione. L’aborto, nonostante la legge che ne vieta la pubblicità, viene praticato nella clandestinità da circa un milione di donne all’anno. Il divorzio – permesso anche dalla confessione ortodossa – registra il record mondiale.
  Ma ciò che lascia – sulle prime – esterrefatti è il consenso che la gerarchia ortodossa, con il capo Kirill, ha accordato a Putin per la mattanza ucraina. Abbiam detto “sulle prime”, perché la confessione ortodossa russa, a ben vedere, è sempre stata una comparsa nel teatro cesaropapista russo, consenziente per opportunismo e strategia di sopravvivenza. E non è un caso che il patriarca Kirill abbia “lavorato”, in tempi addietro, nel KGB, a fianco di Putin.

Non si comprende per quale occulta ragione, la comunità cattolica occidentale provi, ed esterni, consenso e ammirazione per l’azione politica e militare russa in corso. Il “merito” che in misura maggiore si riconosce a Vladimir Putin è quello di aver riaperto le chiese ortodosse e aver, così, permesso il rifiorire del sentimento religioso popolare.
   Ma non pensate, anime candide, Alessandro Gnocchi, Mons. C. M. Viganò, che state esaltando una confessione eretica e scismatica, uno dei tanti tralci secchi, priva, pertanto di “merito” davanti a Dio a Cui voi renderete conto come complici e compari?







aprile 2023

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