Confusione bergogliana al Sinodo dei vescovi,

seguito logico della Rivoluzione conciliare




Articolo di Francesca de Villasmundo


Pubblicato sul sito Medias-presse.info 




 

In vista del prossimo Sinodo dei vescovi, Papa Francesco ammette al voto settanta non-vescovi, cosa che rischia di provocare una controversia.
Si può ancora parlare di Sinodo dei vescovi dopo questa decisione di autorizzare la partecipazione e il voto a settanta membri non-vescovi?

Un comunicato firmato dal servizio stampa del Segretariato generale del Sinodo dei vescovi enuncia le nuove regole dettate dal Vaticano bergogliano. La cosa finisce col rendere obsoleto il Motu Proprio Apostolica sollicitudo col quale Paolo VI ha creato quest’organo nel 1965.


Focus sulle donne, ma il tema è il laicato


Francesco sta innovando nella logica evoluzionista proposta dal concilio Vaticano II.
La sua ultima invenzione epocale è quella di consentire la partecipazione e il voto di settanta membri non-vescovi durante il futuro Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, che inizierà il prossimo ottobre e si concluderà un anno dopo.

La novità è stata segnalata in tutto il mondo, insistendo prima di tutto sull’implicazione delle donne: in effetti, il comunicato ha annunciato che tra i settanta membri non-vescovi dovrà esserci una quota del 50% di donne.
Il prestigioso New York Times, per esempio, ha riportato il fatto con questo titolo: Pope Gives Women a Vote in Influential Bishops Meeting (Il Papa dà alle donne un voto nella riunione influente dei vescovi).
Una novità che è stata indubbiamente apprezzata dai media e alla quale ha strizzato l’occhio anche il cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del prossimo sinodo, affermando al quotidiano italiano Il Corriere della Sera che “il battesimo è uguale per donne e uomini”.
Ma la rivoluzione è più profonda: oltre all’accesso delle donne al voto, viene avallato l’accesso dei non-vescovi, in particolare dei laici, al Sinodo dei vescovi.


Una discussione aperta

Il permesso dato ai laici di votare al Sinodo porta ad un’altra discussione aperta nella Chiesa dopo la promulgazione della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium [19 marzo 2022] con la quale è stata riformata la Curia, la discussione che apre la possibilità che i laici possano essere posti a capo delle strutture di governo della Chiesa.

Il cardinale Gianfranco Ghirlanda, considerato uno principali architetti della riforma, ha difeso queste innovazioni affermando che «il potere vicario per esercitare un officio è lo stesso: sia che venga ricevuto da un vescovo o da un prete, un uomo o una donna consacrati, sia che venga ricevuto da un laico o una laica». Ed ha aggiunto che «è l’uguaglianza fondamentale tra tutti i battezzati che fonda la sinodalità, anche se nella differenziazione e nella complementarità».


Certi cardinali, poco numerosi, sono contrari

Ma l’implicazione dei laici nelle strutture dell’istituzione ecclesiale non è apprezzata da tutti, al contrario. Nel corso del concistoro sulla riforma della curia, tenutosi lo scorso agosto, quasi cinque mesi dopo l’entrata in vigore della Costituzione Apostolica, si è manifestata una opposizione. Una delle voci più critiche è stata quella del cardinale Gerhard Ludwig Müller, che nel suo discorso preparato per la circostanza ha sottolineato che «la sacramentalità dell’episcopato significa anche che i vescovi non sono né deputati né delegati del Papa» poiché «essi esercitano i poteri spirituali che sono stati loro conferiti da Cristo nel corso dell’Ordinazione in nome di Cristo, e non sotto l’autorità del Papa, come ancora una volta vorrebbe questo odierno papalismo estremo». Il prelato tedesco ha anche dichiarato che «né il Papa può conferire ad un laico il potere di giurisdizione in una diocesi o nella curia romana, tramite una via extra-sacramentale – cioè con un atto formale e giuridico».
Un concetto che ha ribadito in una recente intervista a La Bussola Quotidiana, nella quale l’ex titolare della Congregazione per la Dottrina della Fede aveva rigettato la possibilità che dei laici potessero essere messi a capo di qualunque dicastero, perché la Curia è «un’istituzione ecclesiastica». Cosa che vale anche per il Sinodo che è anch’esso una istituzione ecclesiastica, come ha scritto Paolo VI nella Apostolica sollicitudo.

Ma il cardinale Müller non è stato il solo a rendere pubblico il suo dissenso per la collocazione di laici alle più alte funzioni della Curia. Anche il cardinale Paul Josef Cordes l’ha fatto in un intervento in cui ha scritto:
«Se la Chiesa non si riferisce espressamente all’Ordo nel suo servizio di direzione, e se quest’ultimo non è inteso come ancorato al primo – cioè se il governo della Chiesa è staccato dal sacramento – resta solo un’autorità monarchica di un uomo mortale: il Papa».

Una posizione, questa, ancora più significativa per il fatto che il cardinale Cordes è stato a capo del Pontificio Consiglio per i Laici negli anni di Giovanni Paolo II ed è considerato come il grande protettore dei movimenti laici della Curia.


Controversie future: la Rivoluzione divora i suoi figli

I commenti delle organizzazioni laiche che chiedono più spazio nella Chiesa per le donne suggeriscono uno scenario di inclusione a tutti i costi a Roma nell’ottobre 2023 e nell’ottobre 2024: Deborah Rose, direttrice esecutiva di Future Church, ha accolto con favore l’apertura, ma ha previsto che al Sinodo «ci saranno momenti in cui soffriremo».

Ma questi cambiamenti hanno già scontentato alcune delle donne impegnate nella «femminilizzazione» della Chiesa ufficiale: intervistata da Adnkronos, la storica Lucetta Scaraffia, già direttrice della pagina rosa de L’Osservatorio Romano, ha criticato i criteri di selezione dei membri non-vescovi, che non saranno eletti ma indicati direttamente da Francesco da una lista di nomi presentata dalle Conferenze Episcopali:
«Saranno donne scelte dal Papa, che non interpellerà le numerose organizzazioni e associazioni femminili che esistono nella Chiesa. Questa centralizzazione può ridurre considerevolmente la portata dell’innovazione».
Ed ha aggiunto che lei trova «incredibile questo fatto del Papa sinodale che centralizza sempre di più».

Questo fa presagire numerose controversie tra le diverse tendenze progressiste esistenti nella Chiesa conciliare evoluzionista e post-moderna, poiché c’è sempre qualcuno più radicale che vuole fare avanzare il progressismo più rapidamente, più lontano e con maggior forza.

La Rivoluzione divora i suoi figli, quali che siano, compreso un papa progressista come Jorge Bergoglio. La Rivoluzione conciliare iniziata una sessantina di anni fa non deroga alla regola.
Così si può salutare positivamente la presa di posizione di alcuni dei cardinali attuali, ma si deve

Si può quindi accogliere con favore la presa di posizione di alcuni degli attuali cardinali, ma dispiace che non comprendano che la loro progressista apertura di ieri, cioè la loro approvazione e diffusione delle innovazioni dottrinali contrarie alla Tradizione cattolica imposte dal concilio Vaticano II e dai papi conciliari, è la radice del progressismo di oggi.

«Dio se la ride delle creature che deplorano gli effetti di cui hanno a cuore le cause».
                                                                                       




maggio 2023

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