Il “metodo Bergoglio”
per piacere al mondo e non scontentarlo mai

di Matteo D'Amico



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E’ stato realizzato dalla “Disney+” un docufilm su papa Francesco intitolato “Amen”, nel quale il papa parla con dei giovani che gli pongono diverse domande in modo familiare, in un contesto volutamente informale.   Personalmente ho visto solo il trailer di lancio e letto delle sintesi del contenuto sui giornali, ma è stato sufficiente per vedere all’opera un ben preciso metodo usato abitualmente da Bergoglio per affrontare le questioni più spinose.
Naturalmente tutta la stampa si è gettata avidamente sull’evento, sempre pronta a dare il massimo risalto a ciò che può apparire come in rottura con la dottrina cattolica.
Ecco come titola ad esempio l’ANSA:
Papa Francesco: “Il sesso è una delle cose belle donate da Dio”.

Si noti la grossolanità e l’insensatezza dell’espressione: Dio non dona “il sesso”, dona all’uomo la vita e la possibilità di trasmetterla, cioè di essere procreatore. Il “sesso” non è un dono fine a se stesso e non è in generale un fine, bensì un mezzo dato all’uomo in vista della crescita e della moltiplicazione degli uomini sulla Terra. 
Quale banalità e quale volgarità poi nell’enfatizzare che “è una delle cose belle donate da Dio”, come se nell’epoca della ipersessualizzazione forzata di tutto e tutti fin dalla prima infanzia ci fosse bisogno di ripetere una simile ovvietà. Bergoglio si è affaticato inutilmente: oggi nessuno sembra dubitare che “il sesso” sia una cosa bella, visto che è l’unica esperienza proposta, soprattutto ai giovani, come desiderabile e degna di essere ricercata.
Il problema sta semmai nella completa distorsione e nel completo pervertimento di che cosa venga inteso con il termine “sesso” oggi dalla maggior parte delle persone;  oggi infatti per lo più si  pensa alla sessualità come a un fine in sé, da perseguire cercando di evitare in ogni modo il pericolo che dal compimento dell’atto coniugale sorga una nuova vita.  Dunque Bergoglio sarebbe stato coraggioso e avrebbe fatto il suo dovere di pastore del popolo cristiano se avesse ricordato ai giovani che lo interrogavano che il fine della sessualità voluto da Dio è la procreazione e che quindi, per legge di natura, non è mai lecito scindere il significato unitivo e il significato procreativo dell’atto coniugale.

Ad una giovane che vende contenuti pornografici in rete, il Papa dice: “Chi è dipendente dalla pornografia è come se fosse dipendente da una droga che lo mantiene a un livello che non lo lascia crescere”.

Stante che la pornografia è l’atroce piaga che consuma e inquina l’anima di un numero sterminato di uomini del nostro povero tempo, è una catastrofe mondiale contro la quale bisognerebbe lottare con tutte le forze, ciò che dice Bergoglio è veramente troppo poco: in fondo si limita a dire che è male perché non lascia crescere la persona che ne dipende.  Chi sarà mai scoraggiato da questa pratica orrenda e diabolica sentendo frasi anodine come queste, che in nessun modo suonano come una vera e severa condanna?

Ecco un altro passo del video riferito da L'Osservatore Romano con riferimento a ciò che, con il linguaggio della teologia morale, potremmo chiamare la sfera degli atti impuri : “Esprimersi sessualmente è una ricchezza. Allora tutto ciò che sminuisce la reale espressione sessuale sminuisce anche te, e impoverisce questa ricchezza in te. Il sesso ha una sua dinamica, ha una sua ragion d’essere.
L’espressione dell’amore è probabilmente il punto centrale dell’attività sessuale. Allora tutto ciò che te lo trascina da un’altra parte e che te lo toglie da quella direzione ti sminuisce l’attività sessuale”.

Si noti la frase “L’espressione dell’amore è probabilmente il punto centrale dell’attività sessuale”. Questa frase altro non significa se non che Bergoglio pensa che il fine unitivo sia il fine primario del matrimonio (gli andrebbe fra l’altro ricordato che non esiste una generica “espressione sessuale”, ovvero che l’esercizio della sessualità è lecito solo all’interno del matrimonio). 
L’insegnamento perenne della Chiesa è diverso, essendo sempre stato insegnato che il fine primario del matrimonio è la generazione e l’educazione della prole, e non l’“espressione dell’amore” (ovvero il fine unitivo), che la Chiesa ha sempre definito come fine secondario.  Spicca qui l’approccio palesemente personalista della visione della sessualità da parte del pontefice.

Non poteva ovviamente mancare una domanda su come la Chiesa vede il mondo LGBT.  Ecco la risposta di Bergoglio:
Ogni persona è figlia di Dio, ogni persona. Dio non rifiuta nessuno, Dio è padre. E io non ho diritto a cacciare nessuno dalla Chiesa. Non solo, il mio dovere è di accogliere sempre. La Chiesa non può chiudere la porta a nessuno. A nessuno”.

Anche qui non vengono fatte distinzioni e chiarimenti essenziali: in generale è più corretto dire che la Chiesa è pronta ad accogliere chiunque, anche il peggior peccatore, a condizione che questi si penta e voglia lasciare il suo peccato, voglia sinceramente convertirsi (con tutte le fragilità e le cadute che possono esserci  lungo il cammino).
La Chiesa non accoglie per accogliere, ma accoglie per salvare le anime, donando ad esse i mezzi necessari  per una piena conversione: la retta dottrina, i sacramenti, in particolare della confessione, la direzione spirituale, etc. La Chiesa infatti non è uno sportello  di assistenza psicologica il cui fine è confortare  chi vive nel disordine morale anche più grave con un’accoglienza tutta e solo umana, ma è arca di salvezza istituita da Dio stesso per guidare gli uomini verso la santificazione personale, la vita di carità e, appunto, la salvezza eterna.

Infine il Pontefice rivolge una critica a tutti coloro che, fondandosi sulla Sacra Bibbia, giustificano l’esclusione dalla comunità ecclesiale delle persone  Lgbt: “Queste persone sono infiltrati che approfittano della Chiesa per le loro passioni personali, per la loro ristrettezza personale. È una delle corruzioni della Chiesa”.

Anche questa ci pare un’affermazione molto discutibile e sicuramente erronea: vale infatti il discorso fatto prima; la persona “LGBT”, ad esempio un transessuale o un omosessuale,  va effettivamente escluso dalla comunità ecclesiale nell’ipotesi rimanesse convinto, ereticamente, che non urta la legge naturale con il suo comportamento e continuasse quindi a seguire le sue inclinazioni pubblicamente, pretendendo al tempo stesso di accedere al sacramento dell’Eucarestia. In questo caso infatti, se non venisse escluso, quanto meno dall’accesso ai sacramenti, si darebbe scandalo pubblico e un gravissimo cattivo esempio: i piccoli nella fede infatti potrebbero pensare che le scelte morali di questa persona non sono in contrasto con l’insegnamento della Chiesa e non sono severamente proibite dalla legge di natura.
E’ altrettanto ovvio, come già detto, che andrà accolto con tutto l’amore possibile l’“LGBT” che, sinceramente pentito, vuole tornare a una piena vita di grazia e che si propone con sincerità di lasciare la sua condotta viziosa.

In conclusione le poche frasi riportate dal docufilm “Amen” mostrano perfettamente all’opera il “metodo  Bergoglio”, una vera e propria tecnica di comunicazione rispettata sempre quando è posto di fronte agli idoli del Nuovo Ordine Mondiale:
1. Evitare precisazioni e distinzioni che lo esporrebbero, obbligandolo a contraddire l’opinione pubblica su delicate questioni morali;
2. Enfatizzare una generica misericordia tutta mondana e umana come unico atteggiamento concesso alla Chiesa e al cristiano; del resto, se non si fanno distinzioni, è inevitabile finire con l’ “accogliere” tutti;
3. Non porre mai le questioni in termini di peccato o colpa, di vita di grazia e pentimento. Il concetto stesso di peccato è dissolto in una nebulosa incoerente fatta di buoni sentimenti all’ingrosso e di grossolane semplificazioni, dove tutto si confonde;
4. Dissolvere anche solo il ricordo più vago del fatto che la vita cristiana è militia, combattimento volto a conquistare la salvezza eterna della propria anima. In Bergoglio è normalmente assente ogni riferimento ai Novissimi, al giudizio di Dio sull’uomo, al rischio terribile dell’eterna dannazione. Tutto è ridotto alla sfera storica e naturale: il soprannaturale e l’eterno sono completamente dissolti.

Con un simile approccio metodologico ai più delicati e tragici problemi del nostro tempo Bergoglio è riuscito, fin dal primo giorno del suo pontificato, a non scontrarsi mai con i poteri che dominano questi tempi apocalittici; egli riesce a piacere sempre a tutti, soprattutto ai nemici della Chiesa cattolica, dalla sinistra ai gruppi ecologisti, dal movimento LGBT alla massoneria, dal World Economic Forum alle multinazionali dei vaccini. E’ sempre perfettamente allineato con i poteri forti e ciò da subito: sei mesi dopo la sua elezione erano già usciti 200 libri che lo celebravano in vario modo, cosa che, fra l’altro, si fa un po’ fatica a pensare che non sia stata organizzata e pianificata con attenzione, probabilmente da prima della sua elezione.

Come nel documentario “Amen”, così in tutto il suo pontificato, Bergoglio finisce quindi col non dire la verità, occultandola dietro il paravento del suo sospetto “buonismo”. In tal modo non vengono combattute le battaglie che dovrebbero vedere la Chiesa in prima linea nel denunciare il complotto mirato a diffondere l’ideologia del gender, l’omosessualismo, l’aborto, la corruzione morale fra bambini e giovani, l’eutanasia, il transumanesimo,…

L’episcopato e il clero, i laici cattolici vengono ammutoliti e tacciono a loro volta, o per un’obbedienza fraintesa e malriposta a tutto ciò che dice il papa anche solo come dottore privato, o per intima adesione a una concezione del tutto modernista della fede, fede pensata quindi come mobile ed elastica, che deve virtuosamente adattarsi allo spirito del tempo.





maggio 2023
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