Breve riflessione sul testo della
Dichiarazione dottrinale del 15 aprile 2012



Di un sacerdote anonimo della Fraternità San Pio X

Questa breve riflessione è stata pubblicata il 10 marzo scorso sul sito francese La Sapinière gestito da sacerdoti e laici della Fraternità San Pio X, contrari all'accordo con Roma

Si veda il testo della dichiarazione dottrinale del 15 aprile 2012


Mi è stata chiesta una prima impressione sul testo oggi pubblicato su La Sapiniére e altri buoni siti della Resistenza al Ricongiungimento. Spero che qualcuno meglio qualificato di me avrà il tempo di studiare tutte le sottigliezze di questa dichiarazione, ma certi punti problematici sono facilmente individuabili fin da adesso.
Ecco dunque, come richiestomi, alcune riflessioni a caldo.

Come diceva lo stesso Mons. Fellay, a maggio o giugno 2012, la reazione a questo testo dipenderà dalla disposizione di spirito di ciascuno («occhiali rosa o neri…»).
In effetti, dopo diversi paragrafi che riaffermano l’attaccamento al Papa e alla dottrina tradizionale, si trovano delle affermazioni scandalose.
Questo miscuglio di vero e falso ricorda il procedimento dei modernisti, come denunciato nella Pascendi da San Pio X. Dunque è il caso di dire che si tratta di un testo ambiguo, cosa che in sé è una mancanza grave, poiché non si può cercare di ricostruire la Chiesa basandosi su un malinteso. Questa non è onestà, né in rapporto a Roma, né in rapporto alla Tradizione.
Il Consiglio Generale ci mostra in pratica che esso crede che il fine giustifichi i mezzi. Quanto meno su di essi grava una piccola onta, poiché ha dovuto essere la Resistenza a pubblicare questo testo [il 9 marzo 2013 ].
Ecco dunque in breve alcuni punti problematici, per non dire di più.


1 – In questo testo si ritrova, senza sorpresa, ciò che si sapeva da lungo tempo, poiché rivelato da Don Pfluger il 5 giugno 2012 a Saint-Joseph-des-Carmes, à Carcassonne, nell’Aude, mi pare, e che in sé è un’abominazione (cfr. il punto 3.4 della dichiarazione).
Dire che il Vaticano II esplicita «certi elementi» contenuti implicitamente nell’intera Tradizione della Chiesa, significa mettere questo concilio «pastorale» (peraltro dirottato, piratato, dai massoni e dai modernisti) sullo stesso piano dei concilii legittimi e dottrinali. Quando si rifletta, il Vaticano II, anche se si è svolto sotto la presidenza e l’approvazione di due Papi, si può accostare di più ad un conciliabolo che a un vero concilio, perché questi Papi se ne sono serviti in maniera illegittima, cioè per produrre una rivoluzione nella Chiesa. Per questo parlo di conciliabolo.
La prima cosa che un Papa cattolico farà, sarà dichiarare questo concilio illegittimo e come mai avvenuto, come è accaduto per diversi concilii orientali all’inizio della Chiesa.

2- La seconda mancanza grave di questa parte del testo consiste nel non menzionare quali sono gli elementi della Tradizione che sarebbero stati esplicitati dal Vaticano II.
Si tratta della libertà religiosa? Della collegialità? Del «subsistit in»? Dell’ecumenismo? Del permesso perché le letture della Messa si facessero in volgare? Del permesso di portare il clercyman invece della tonaca?

3 – La terza cosa che faccio notare è che invece di dire che vi sono dei testi erronei, che non possono in alcun modo essere interpretati bene, si dice che vi sarebbe modo di discuterne per arrivare ad una buona interpretazione (cfr. punto 3.5). Non si dice neanche che il concilio Vaticano II insegna delle dottrine precedentemente condannate dai Papi tradizionali.
Ora, questo si scontra con la nostra posizione di sempre, secondo la quale nel Vaticano II vi sono tre tipi di documenti: quelli «buoni», quelli da interpretare nel senso della Tradizione e quelli da correggere assolutamente (si veda il Catechismo cattolico della crisi nella Chiesa, di Don Gaudron, n° 29).

4- Globalmente, questa dichiarazione dice che si vuole rimanere fedeli alla Tradizione, ma che si è pronti a mettere da parte la questione dottrinale. Si è pronti a firmare un accordo, e per il futuro, una commissione di studio si incaricherà di delucidare i punti del Vaticano II che sembrano andare contro la Tradizione (cfr. punto 3.6). Si tratta dunque della formulazione del principio secondo il quale si è pronti a firmare un accordo puramente pratico, senza la preventiva correzione degli errori del Vaticano II.

5 – Invece di una dichiarazione contro la nuova Messa, in quanto attenta gravemente alla maestà di Dio e in quanto peccato grave contro il 1° Comandamento, ci si accontenta di riconoscerne la validità a certe condizioni (cfr. punto 3.7). Si mette sotto il moggio il fatto che il Novus Ordo Missae attenta direttamente al più grande tesoro della Chiesa, alla fonte della vita soprannaturale, che è il Sacrificio del Capo della Chiesa, Nostro Signore Gesù Cristo.

6 – Vi è anche il riconoscimento del Diritto Canonico del 1983, sotto il quale si accetta di porsi. Mons. Lefebvre diceva che detestava questo Codice avvelenato dalle teorie del Vaticano II. Ricordiamoci del canone 844 che permette la «communicatio in sacris», la condivisione dei sacramenti fra cattolici e non cattolici (cfr. punto 3.8).

In conclusione, questa dichiarazione dottrinale ci mostra fino a che profondità il Consiglio Generale è caduto nell’abisso. Essa conferma l’avvertimento del Catechismo di Don Gaudron, che ci avvisava del grave pericolo di contaminazione che comporta la frequentazione delle autorità romane (Cathéchisme catholique de la crise dans l’Église, pp. 291-294 dell’edizione del 2008).
Avesse voluto il Cielo che il Consiglio Generale avesse letto il Catechismo di Don Gaudron  prima di coricarsi… Non saremo a questo punto!






maggio 2013

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