I vescovi della “continuità” verbale ma non reale

Franz König




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Nacque il 3 agosto 1903 a Rabenstein in Austria. Venne ordinato sacerdote nel 1933. Nel 1952 fu consacrato vescovo di Liviade, nel 1956 fu promosso a Vienna, nel 1958 creato cardinale e nominato arcivescovo di Vienna. Nel 1965 fu nominato Presidente del “Segretariato per i non Credenti”.

Il suo teologo al Concilio fu Karl Rahner. «Negli anni Cinquanta Rahner […], entra in conflitto con il Magistero. Nel 1951 la sua Mariologia non ottiene il permesso di pubblicazione […], la sua presa di posizione a favore della concelebrazione  […] viene criticata da Pio XII e il S. Uffizio gli vieta di esprimersi ancora su questo tema. […].

Il card. Julius Döpfner, che per Rahner aveva già sempre professato alta stima e simpatia, intercedette per lui presso Giovanni XXIII, in un’udienza il 24 gennaio 1961. La conseguenza di questo intervento fu che […] il 22 marzo 1961 egli fu nominato consultore della “commissione preparatoria del Concilio”. […].

Alla fine Rahner sarebbe diventato una delle guide teologiche determinanti del Vaticano II. […]. In virtù di questa sua “autorevolezza” gli riuscì più volte con Y. Congar, E. Schillebeeckx, J. Ratzinger, H. Küng e altri, di far saltare alcuni schemi accuratamente preparati, presentando prospettive teologiche più aperte» (1).

König svolse un ruolo di primo piano sia al Concilio che per l’elezione di Paolo VI e Giovanni Paolo II (2). Egli fu «una delle personalità di maggior spicco di tutto il Concilio» (3).

Il 31 ottobre del 1962 chiese l’inserimento della concelebrazione e della comunione sotto le due specie (4). Il 29 ottobre 1963 si scontrò con il card. Santos di Manila, il quale voleva inserire la trattazione sulla mariologia in un documento a parte, per dare maggior rilievo al ruolo di Maria Mediatrice e Corredentrice, mentre König voleva che la mariologia fosse solo un capitolo minimalista da inserirsi nel De Ecclesia (5), per non urtare i protestanti; il Concilio approvò la tesi di König con 1114 voti contro 1097, per soli 17 voti.

König fu il paladino della sacramentalità dell’episcopato e della collegialità vescovile contro il Primato petrino (6), ossia l’episcopato non è il terzo grado dell’Ordine sacerdotale (7), ma è un Ordine a parte e, infine, i vescovi non ricevono la giurisdizione dal Papa per missione canonica, ma direttamente dalla consacrazione vale a dire da Dio stesso, onde essi sono assieme al Papa il soggetto del potere di giurisdizione che si suddivide in: supremo magistero (insegnare) e imperium (governare, cioè dirigere i fedeli in ordine alla vita eterna) o potestà legifera, giudiziale e coattiva ecclesiastica, mentre per la dottrina cattolica (8) il soggetto del magistero e dell’imperium è il Papa, che - se vuole - può associare a sé ad tempus il “corpo dei vescovi” sparsi nel mondo o riuniti in Concilio.

Inoltre, il 24 settembre 1964 (9) appoggiò il testo sulla “libertà religiosa”. Fece alcuni interventi a favore dei rapporti ecumenici (19 novembre 1963, 23 settembre e 15 ottobre 1964) (10) . Si pronunciò a favore del dialogo con le religioni non cristiane (28 settembre 1964 e 11 ottobre 1965) (11).

Infine, si spinse anche a favore del dialogo con i rappresentanti dell’ateismo (27 settembre 1965) (12). In seguito venne costituito uno speciale Comitato sotto l’autorità dei cardinali König e Seper (il quale succedette ad Ottaviani alla guida dell’ex S. Uffizio!), composto dai periti Henry de Lubac e Jean Daniélou.

Per quanto riguarda Nostra aetate, auspicò il 28 settembre del 1964 che alcune espressioni ancora troppo antiquate, le quali sembravano giustificare l’accusa di uccisione di Gesù da parte del Sinedrio fossero espunte e si tornasse allo schema precedente che era stato bocciato soprattutto a causa delle pressioni dei vescovi arabi (13).

Nel post-concilio ha saputo esprimere con molta diplomazia e franchezza le sue riserve verso «la mentalità predominante nel 1985 in certi ambienti romani e così lontana dal Vaticano II» (14) . Una specie di Martini austriaco, corretto da un pizzico di “ermeneutica della continuità”, già fin dal 4 luglio del 1965 (15), infatti durante un pellegrinaggio a Mariazell, denunciando «i due atteggiamenti sbagliati di fronte al rinnovamento della Chiesa: quello di coloro che con il pretesto del rinnovamento mettevano in pericolo la sostanza stessa del patrimonio della fede, e quello di coloro che minacciavano il rinnovamento della Chiesa rifiutando di ammettere che essa è un organismo che va sviluppandosi, e non un pezzo da museo» (16).

La sua mentalità non è un’eccezione tra i periti e i vescovi conciliari, egli rappresenta la quadratura del cerchio o il cerchiobottismo che, dando un colpo al cerchio, e uno alla botte, cerca di “salvare capra e cavoli” o di mantenere “la botte piena e la moglie ubriaca”.

Infatti, già nel 1964 a Costanza dove si commemoravano i 550 anni del Concilio ivi svoltosi il Nostro cercò di contrapporre il conciliarismo o episcopalismo di Costanza-Basilea: due errori condannati da Giovanni XXII, secondo i quali il Papa non è essenziale alla Chiesa e può essere giudicato dal Concilio, che è superiore a lui, onde l’organo supremo del regime ecclesiastico non è il Papato, ma il Concilio ecumenico, costituito anche da soli vescovi uniti in Concilio senza il Papa; essi ricevono il potere direttamente da Dio e costituiscono l’autorità suprema della Chiesa, superiore al Papa; solo la Chiesa è infallibile e indefettibile, onde se il Papa e i vescovi errassero, resterebbe sempre qualche anima pia che manterrebbe la Fede e la sussistenza e continuità della Chiesa (17). Il percussore del Concilio di Costanza fu il Gersone e da loro derivarono le eresie di Wyclif e Hus, condannate in maniera definitiva dal Vaticano I, DB 1830 (18).

Secondo König questi due estremi (‘tesi-antitesi’) che impoveriscono la Chiesa, la ‘sintesi’ di essi sarebbe il Vaticano II, che non ha espresso la dottrina della collegialità in maniera così radicale come a Costanza e neppure il Primato di Pietro e suoi successori, in maniera così stretta come nel 1870 al Vaticano I. Il Vaticano II era per lui una sorta di coincidentia oppositorum o di sintesi, che equilibrava Costanza (tesi) col Vaticano I (antitesi), per darci il Vaticano II (19).


LA DEBOLEZZA INTRINSECA DEL CONCILIARISMO

Spesso nei tempi di crisi nella Chiesa, a causa di un Papa non all’altezza del suo compito o per altri motivi, si è pensato di  risolvere la soluzione appellandosi non più al Papa, ma al Concilio o all’Episcopato  ritenuti superiori al Papa, ma il rattoppo è peggiore del buco  poiché per restaurare la Chiesa se ne cambia la divina istituzione.
Un disordine pratico (un Papa “eretico” o incapace, che semina il caos nell’ambiente ecclesiale) non si corregge, infatti, con un grave errore teologico per di più ereticale: la superiorità del Concilio sul Papa (Conciliarismo).

Così facendo, si distrugge la costituzione divina della Chiesa come monarchia fondata da Gesù su di uno soltanto (Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo) e la si rimpiazza con una costituzione non ancora democratica ma, perlomeno aristocratica.
Il Papa sarebbe come un re costituzionale, che può essere giudicato, corretto e rimosso dall’Episcopato (riunito in Concilio oppure sparso nel mondo), che è superiore al Papa come il tutto è superiore a una singola parte. Quindi, il Papa è sottomesso al Concilio o è pari a esso collegialmente.

Gesù c’insegna: “Se un cieco guida un altro cieco tutt’e due finiranno nella fossa” (Lc., VI, 39-40), vale a dire se il Papa non si comporta bene (nella fede, nella morale e nel governo della Chiesa) e lo si fa aiutare (deponendolo e dichiarandolo non-Papa) dall’Episcopato ritenuto superiore al romano Pontefice, allora il male diventa maggiore perché comune non più al solo Papa ma anche all’Episcopato (ammesso che quest’ultimo voglia seguire tale ipotesi ereticale).

Perciò, «il rimedio a un male così grande come “un Papa scellerato” e la crisi nella Chiesa in tempi di caos è la preghiera e il ricorso all’onnipotente assistenza divina su Pietro, che Gesù ha promesso solennemente» (GAETANO, Apologia de Comparata Auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum ed. Pollet, 1936, p. 112 ss.).


LA SOLUZIONE DELLA CRISI NEO-MODERNISTA NELLA CHIESA

Applicando i princìpi universali al caso particolare della crisi modernistica che sta attraversando la Chiesa, da mezzo secolo, occorre riconoscere, senza  adulare i cattivi Pastori né aver paura di essere disprezzati 1°) che delle novità si sono infiltrate nella pastorale della Gerarchia ecclesiastica a partire da Giovanni XXIII (“contra factum non valet argumentum”) e perciò si può “non ubbidire  nelle cose cattive e non adulare i malvagi prelati (20)”; 2°) che, tuttavia, i Papi “conciliari”, pur avendo malusato del loro sommo Potere lo conservano.

Pertanto, non si deve pretendere che l’Episcopato collegiale o la sola Tradizione senza Magistero vivente possano rimettere la Chiesa in ordine, ma bisogna, come consigliava il de Vio, ricorrere alla preghiera e alla riforma di se stessi perché negli uomini di Chiesa ritorni l’ordine, che solo Dio tramite il Papa e col concorso delle cause seconde (come avvenne a Costanza) può restaurare nella Chiesa.


NOTE

1 -  G. ALBERIGO (diretta da), Storia del Concilio Vaticano II. Il cattolicesimo verso una nuova stagione. L’annuncio e la preparazione, gennaio 1959-settembre 1962, Bologna, Il Mulino, 1995, vol. I, p. 477.
2 -  Cfr. V. D’AGOSTINO, Il cardinale Franz König: “Parlai con Paolo VI la notte prima dell’elezione”, in “La Rocca”, n° 12, 15 giugno 1964. Per quanto riguarda il conclave del 1978 cfr. F. KÖNIG, Where is the Church heading? Slough, 1986, p. 16.
3 -  J. GROOTAERS, I protagonisti del Vaticano II, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1994, p. 145.
4 - Acta Synodalia Sacrosanti Concilii Oecumenici Vaticani II, Città del Vaticano, 1970-1991, vol. I, cap. II, p. 53; in 31 volumi, d’ora in poi con la sigla AS.
5AS. vol. II, cap. III, p. 57.
6AS. vol. III, cap. III, p. 55.
7 -  Diaconato, sacerdozio, episcopato, cfr. S. Th., III, qq. 34-40; “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, voce “Ordine” di A. PIOLANTI; cfr. Conc Tr. sess. XXIII, can. 6, DB 938-968.
8 - Cfr. S. Th., II-II, q. 39, a. 3; ERNESTO RUFFINI, La gerarchia della Chiesa negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di S. Paolo, Roma, 1921; L. BILLOT, De Ecclesia Christi, Roma, 1927; A. OTTAVIANI, Institutiones Iuris Publici Ecclesiastici, Roma, 1936, 1° vol.; ID., Doveri dello Stato cattolico verso la Religione, Città del Vaticano, Libreria del Pontificio Ateneo Lateranense, 2 marzo 1953, M. RAMPOLLA DEL TINDARO, La città sul monte, Roma, 1938; PIO XII, Ad Apostolorum principis del 29 giugno 1958, appena due anni prima della preparazione del Concilio e quattro prima del suo inizio.
9AS. , III, II, 465.
10AS., II, V, 547; III, II, 283; III, IV, 451.
11AS., III, II, 565; IV, IV, 7.
12 - AS., IV, II, 447.
13AS., III, II, 565.
14 -  J. GROOTAERS, cit., p. 153. Cfr. F. KÖNIG, Where is the Church heading? Slough, 1986, pp. 99-100; 107-108.
15 -  Quaranta anni prima del discorso del 22 dicembre del 2005 di Benedetto XVI alla Curia, che ha tanto sorpreso i conservatori per la sua “originalità”, ma che è vecchio quanto il Concilio e gli esponenti ultra radicali di esso. Onde non si vede quali speranze possa suscitare in ambiente antimodernista tale teoria dell’ermeneutica della continuità. Addirittura il settembre 1966 di fronte ad intempestive iniziative liturgiche König pubblicò sul suo giornale diocesano una diffida contro gli abusi liturgici, richiamandosi al Concilio di Trento e alla Messa di S. Pio V, cfr. Documentation catholique, n° 63, 1966, pp. 1725-1726. Anche qui “nihil sub sole novi”…
16 - J. GROOTAERS, cit. p. 154. Cfr. Documentation catholique, n° 62, 1965, pp. 1499-1502.
17 - Questa mentalità è passata dopo il Concilio anche negli ambienti di alcuni ‘tradizionalisti’ specialmente ‘gallicaneggianti’, che di fronte alla crisi nell’ambiente ecclesiastico romano hanno cercato di correggere l’errore del Vaticano II con quello del conciliarismo, che poi è il cuore del Vaticano II stesso, “gli estremi si toccano”. “Error non corrigitur per errorem”.
18 -  Cfr. S. Th., I, q. 36, a. 2, ad 2; II-II, q. 1, a. 10. S. ROBERTO BELLARMINO, De Conciliis et Ecclesia, I, 1 e 2. C. MAZZELLA, De Ecclesia, 4, Roma, 1892, n° 1016 ss. D. PALMIERI, De Romano Pontifice, 5, Roma, 1931, thesis 28. “Enciclopedia Cattolica”, voce “Concilio Vaticano” di A. PIOLANTI.
19 - F. KÖNIG, Der Pendelschlag von Konstanz, in Die Furche, 30 luglio 1964.
Qualche mese prima in una conferenza fatta sempre a Costanza aveva paragonato il rinnovamento conciliare al movimento del mare in cui l’onda presenta un flusso e un riflusso, così all’attuale fase conciliare della storia della Chiesa sarebbe succeduta un’altra fase, la quale - attenzione - non annullerà la prima ma la consoliderà (v. “l’ermeneutica della continuità”, affermata ma non dimostrata), cfr. J. GROOTAERS, cit., p. 155, nota 27. Anche qui “niente di nuovo sotto il sole”. Tutti “gli errori nuovi (2005), sono vecchi quanto il diavolo” (1964), diceva p. Felice Maria Cappello.
20 -  CAJETANUS, De comparatione Papae et Concilii, ed. Pollet, 1936, cap. XXVII, p. 179, n. 411.




 
gennaio 2024
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