Il principino e il Re

Le cronache e l’informazione mondiale – tv, giornali, internet, radio, cellulari – da almeno un mese vanno narcotizzando la coscienza collettiva e ottundendo il ben dell’intelletto, con tonnellate di scemenze, idiozie e di alluvionali servizii, per  metterci al corrente della futura – ora finalmente avvenuta – nascita del principe baby britannico, figlio dei coniugi William e Kate, quasi fosse, questa notizia, la necessità prima da soddisfare in quest’epoca di crisi etica ed economica.
Una vera iperdose di pozione mista di  eccitante e di sedativo. Scene di ordinario e beota becerume, con folle di automi assiepati ai cancelli, con individui quasi entusiasticamente spiritati che, partiti chi da Italia, chi Spagna, chi Francia ed approdati sulle rive del Tamigi tengono a farci sapere, dallo schermo tv, d’esser giunti colà, davanti alla reale clinica, per poter assistere all’evento e portarne il ricordo indelebile per tutta la vita, un vero tatuaggio virtuale e  per dire “io c’ero”. E’ questa la misura del totale degrado e della povertà mentale che affligge l’attuale società del divertimento e dell’effimero. A tirar su queste acerbe considerazioni, ci è venuto in mente un episodio di forte e drammatico impatto, passato sotto silenzio, di speculare ed inversa simmetrìa, che  certifica quanto la società moderna, pur vantandosi d’esser figlia della “ragione illuminata”, si qualifica come imbecille progenie di una madre altrettanto imbecille e sempre incinta: l’apparenza.

Il 21 dicembre dell’anno 1985 – abbiamo a testimone il ritaglio – un quotidiano italiano mise in piedi un “esperimento” il cui esito fu pubblicato due  giorni dopo, il 23 dicembre.
Ecco il fatto: la redazione telefonò alla Prefettura civica comunicando che, dalla stazione ferroviaria, vi era arrivata,  a tarda sera, una  giovane  coppia calabrese, lui operaio in cerca di lavoro e lei incinta e nell’imminenza di dover partorire. Si chiedeva di reperire alloggio, cibo e assistenza medica. La Prefettura fece presenti le difficoltà burocratiche e la carenza di personale il quale, per l’esodo vacanziero natalizio, s’era ridotto all’osso, pertanto ci si rivolgesse al Vicariato, il quale, interpellato ma dichiaratosi impicciato per i riti di Natale ed oberato da richieste più o meno simili, rispose non essere  in grado di soddisfare quanto chiesto dalla redazione consigliando, però, a bussare presso il Sindaco, ma l’ufficio di questi, data l’ora tarda – quasi le 22,00 – era chiuso e il primo cittadino irreperibile. Forse, suggerì un funzionario di turno, qualcosa si sarebbe potuto fare telefonando all’Ospedale Maggiore, il quale, però, dichiarò che posti letto non v’erano e che molto personale, medico e paramedico, era in ferie, ma chissà, fu suggerito, che provando con  qualche parrocchia della città con annessa qualche associazione di volontariato! Le tre parrocchie interpellate lamentarono mancanza di mezzi, di strutture e di assistenza e, soprattutto, l’ora tarda. “Telefonate alla. . . Prefettura!” 
I lettori – e noi pensiamo: anche i funzionarii, i sacerdoti, e le persone interpellate -  due giorni dopo appresero che la giovane coppia calabrese era stata un’invenzione del giornale ma la cui vicenda  aveva messa in evidenza come, la tanto sbandierata solidarietà di destra di centro e di sinistra, era la foglia di fico di una società distratta ed egoista, sicché se Maria incinta, e Giuseppe in cerca di lavoro fossero tornati in questo mondo del  XX secolo, modellato da civili costituzioni, abitato da cristiani “adulti”, zeppo di  ONLUS, intriso di filantropismo massonico, avrebbero avuto lo stesso trattamento ricevuto 1985 anni prima, a Bethleem. Il cronista non dice se gli interessati provassero un senso di vergogna. Ora, ed ecco il termine speculare ma inverso, noi crediamo che se, al contrario, la coppia reale, di cui si è fatta indigestione massmediatica, avesse un mese fa’, per vezzo o per calcolo pubblicitario, fatto richiesta di alloggio ad Enti, Alberghi, Parrocchie, associazioni onlus, avremmo assistito all’orgia dell’ospitalità entusiasta e, soprattutto, gratuita. “ Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” ( Mt. 8, 20 ).  
(su)



Papa Francesco I in Brasile e San Francesco a Tarquinia


Vorremmo, nel trattare l’argomento, invertendo l’ordine dei termini esposti in titolo, principiar dalla seconda tematica per poter, poi, concludere e stilare il succo del discorso. Il lettore, pertanto, ci scuserà ma poi converrà con noi sull’opportunità di questa partenza ab imis che ci permette di lumeggiare una stridente contraddizione e di evidenziare quanto lo spirito riformistico ed innovativo abbia nociuto, e nuoce tutt’ora alla Katholica.

I benemeriti Frati Francescani dell’Immacolata sono, da 10 anni, Rettori della chiesa gotico/romanica di San Francesco in Tarquinia, meravigliosa opera del XIII/XIV secolo, ed ivi, ogni domenica, alle ore 07,30, celebrano il Santo Rito della Messa nella forma solenne tridentina. Sicché, per grazia di Dio, dopo 44 anni da quell’infausto 3 aprile 1969, anno in cui venne varato il Novus Ordo Missae di Paolo VI deformato dal massone Annibale Bugnini e dai socii protestanti, abbiamo avuto la possibilità di “assistere” – diciamo: assistere  e non “partecipare” – a un Rito ricco di sacralità, di santità, di solennità quale si deve al Signore, di orazione e di silenzio, oltre che connotato, nei fedeli, da decoroso abbigliamento.
L’animo nostro ha così potuto riconquistare la disposizione interiore che, per 27 anni, in fanciullezza e gioventù, ci aveva permeato la mente e il cuore allorché, dalla sagrestìa è uscita la processione dei diaconi, in testa la Croce astile, il turiferario, i ceri, il celebrante mentre il coro salmodiava in un ascetico gregoriano. E poi: dall’introibo ad altare Dei, fino al Confiteor, all’incensazione dell’Altare, al bacio della mano del celebrante, all’offerimus tibi Domine calicem salutaris… , alla purificazione delle mani lavabo inter innocentes manus meas,  al prefazio ed ancora, dopo il Sanctus Deus Sabaoth,  al momento metafisico della “Transustanziazione” cui ci si prepara con il Te igitur clementissime Pater, nel silenzio raccolto in cui il celebrante pronuncia sotto voce il misterioso canone “qui pridie quam pateretur accepit panem in santas ac venerabiles manus suasHoc est enim Corpus meum” e, dopo, la solenne adorazione del Corpo del Signore – fedeli tutti in ginocchio – il mistero della conversione del vino nel Suo Sangue “Hic est enim calix Sanguinis Mei, novi & aeterni testamenti: mysterium fidei qui pro vobis & pro multis effundetur in remissionem  peccatorum”. Un susseguirsi di grazie e di preghiera.
Cara UNA VOX, gli angeli parevan raccolti attorno all’altare, proni in ginocchio ardentemente desiderando ciò che a loro è vietato ma che è concesso agli uomini: il Corpo e il Sangue di Lui. Nel nostro cuore - nel mio cuore -  sommerso da commozione e da reverenza per quel terribilis locus ove avveniva la discesa di Cristo tra i noi, è esplosa la gratitudine  per aver, dopo 44 anni di banalità e di ordinarietà liturgica, vissuto l’esperienza del divino e con il Poeta abbiamo, intimamente,esclamato : “O isplendor di viva Luce eterna!” ( Pg. XXXI, 139). Accostarsi all’altare per la Santa Comunione, riceverla in ginocchio, con la patena che proteggeva il Corpo divino da eventuali frammenti in dispersione, avendo accanto i diaconi con il cero ardente, ricevere ancora la benedizione trinitaria in ginocchio senza la becera, salottiera e  moderna appendice del “buona giornata”, è come aver effettuato un lavacro rigeneratore.
Ho visto chiaro, immediato lo spaventoso l’abisso che separa questa celebrazione da quella paolosesta: qui la trascendenza del Sacrificio del Signore, centro di ogni gesto e parola, la cosiddetta “sinassi”, l’assemblea, la comunità attorno alla mensa: qui il silenzio e l’adorazione, il chiasso, il pettegolezzo, il disdoro; qui il dovere dell’inginocchiamento, giusta San Paolo Fil. 2, 6/11, la proterva supponenza di chi resta in piedi davanti all’Onnipotente. Un abisso, cari lettori, incolmabile abisso.

Perché, dunque, abbiamo voluto parlare di questa nostra – mia – esperienza?
Per un confronto: per aver visto, nelle immagini televisive del viaggio papale in Brasile, non la Croce astile precedere il Pontefice o in sua mano, ma uomini del servizio di sicurezza, quelli che Gesù non volle nel Getsemani – le legioni degli angeli ; una folla  babelica, caotica  che, durante la Messa celebrata da Sua Santità Francesco, I  si muoveva e si agitava con grida e sventolar di bandiere, nel consumo di bevande e cibarie; la distribuzione dell’Eucaristìa su mani sudaticce, su tante anonime mani che si protendevano dalla massa e a cui, irresponsabili,  stolidi ed imprudenti preti, consegnavano la Particola senza preoccuparsi che destinazione avrebbe preso. Non Cristo al centro, ma l’uomo a cui l’applauso scrosciava come tuono.
Qui
, raccolti nella casa di Dio, sotto le arcate solenni e silenziose, nel magma vociante dello stadio ove nulla era la dimensione della preghiera.
Miserere nostri Domine! Fiat misericordia tua super Ecclesiam.
(su)



La chiesa come ludoteca infantile

Abbiamo scoperto, ma ce lo aspettavamo prima o poi, che nella chiesa del Carmelo, omonima parrocchia in Santa Marinella (Roma) -  laboratorio di esperimenti “ecclesiali”, propagandista del così detto “christian rock” urlato durante la Santa Messa, già protagonista per derive dottrinarie (dogmatica  e  mariologia) fatte scorrere su un foglietto  locale “Venite e Vedrete” e  che  la  rivista Si  Si  No  No (30 novembre 2012  pag. 7) censurò di netto – in questa chiesa, dicevamo,  il parroco ha riservato uno spazio della cantoria, di pochissimo discosto dall’altare, a deposito di giocattoli, pelusci, giornalini, colori, ninnoli ed ammennicoli. Sono ad uso dei piccoli che – così ci è stato spiegato – restando occupati nei giochi, lasciano liberi i genitori di partecipare alla funzione religiosa. Che poi gridolini, scorribande, rumori e suoni di trombette, capriole, vagiti e urletti costellino l’intera celebrazione, non è problema dacché, un autorevole laico mi spiega, anche Gesù dimostrò amore particolare verso i piccoli. E ciò che i piccoli fanno non è mai disturbo!
Sì, abbiamo osservato, è il famoso “sinite parvulos venire ad me” (Mt. 19, 14 ), ma citato a sproposito perché  non ci risulta che, durante la Cena pasquale precedente la Passione, Egli abbia ordinato ai suoi di apprestare un’area a ludoteca. Già, mi risponde lo stesso laico, ma la Messa altro non è se non la comunità dei fedeli da cui non possono essere esclusi i piccoli, vale a dire, la paolosesta “sinassi”. No! tronchiamo immediatamente: la Santa Messa è Il Sacrificio incruento di Gesù, il solo  ed unico Centro del Rito. L’assemblea assiste  e non è la presenza di questa a rendere valida la Santa messa  in quanto Cristo la rende valida in sé e per se, valida anche senza i fedeli.  Ma la Messa, ribatte sempre il laico autorevole, non è più sequenze penitenziali e atti che trasmettono timore; la Messa  è gioia da cui non possiamo escludere i bambini. Anche questo, replichiamo, è un luogo comune, banale e velenoso perché la Santa Messa è il Mistero di Cristo che s’incarna sotto le specie del Pane e del Vino e davanti al mistero non si gioisce e non si piange, non si schitarra e non ci si agita ma ci si raccoglie  in adorazione, si sta in contemplazione, due categorie metafisiche immuni da antropologica  o  sociologica commistione.
Il laico,  amico vicino per conoscenza ma lontano per dottrina, scuote la testa e resta in silenzio. Egli sostiene che questa iniziativa rende la Chiesa più vicina al mondo di cui non sarà più nemica ma Madre sollecita e dialogante, aperta a tutte le necessità compresa quella di far “partecipare” i lattanti, pur se collocati in una ludoteca.
Nessuna discriminazione, mai più. Insomma: dopo i pupazzi sull’altare – il funerale dell’attrice Sandra Mondaini;  dopo le motociclette davanti all’altare – il funerale dello sportivo Marco Simoncelli ; dopo il gioco televisivo dei pacchi praticato in una parrocchia di Anzio; dopo i canti festivalieri e le danze latino/americane con che don Bruno Maggioni vivacizza e sporca il Sacramento del Matrimonio, abbiamo, ora, la ludoteca.
Domanda: a quando il bar, opportuna modernità, dove d’inverno, un buon caffè, anzi: un… cappuccino potrebbe predisporre l’animo e il corpo a una migliore “partecipazione” liturgica oltre che favorire quello che i pedagogisti patinati definiscono “momento di aggregazione”? 
Si accettano scommesse.




luglio 2013

Ritorna al Sommario articoli diversi