Anatomia del sacerdote di domani


Articolo della Fraternità San Pio X





Ordinazioni presbiteriali in Francia



Come saranno i parroci tra qualche anno?
È questa la domanda a cui cerca di rispondere la recente indagine di Bayard Etudes condotta in venticinque seminari diocesani.
Nonostante i possibili inconvenienti di questo tipo di indagine, emergono diverse tendenze che suggeriscono che il Vaticano II e il periodo post-conciliare stanno gradualmente svanendo nelle nebbie di un passato lontano.

Su 673 candidati al sacerdozio interpellati da Bayard Etudes in 25 seminari francesi, 434 (il 64%) hanno accettato di rispondere alle domande poste. La sintesi di queste risposte è stata pubblicata alcuni giorni prima di Natale 2023.

La prima sorpresa, piuttosto positiva peraltro, è che i futuri sacerdoti rivendicano una chiara identità sacerdotale.

Una visione classica del sacerdozio è condivisa dalla maggioranza degli interpellati, che citano il Santo Curato d’Ars come loro modello, e mettono in rilievo la loro volontà di essere chiaramente identificati come sacerdoti, cioè come uomini di sacrificio.

Quasi i tre quarti dei seminaristi interpellati intendono portare l’abito talare almeno in certe occasioni, la metà dichiara di volerlo portare abitualmente.
I futuri sacerdoti non sembrano volere scegliere il look “dolcevita - jeans - scarpe da ginnastica”, e preferiscono il ruolo di alter Christus alla figura decostruita del prete ereditata dagli anni Settanta.

Quando si parla del loro futuro ministero, il 70% ritiene che il cuore della loro missione sarà innanzi tutto la celebrazione dei sacramenti; con l’aggiunta della preghiera; trascurando l’animazione pastorale con la chitarra a tracolla.

E’ interessante notare che i seminaristi intervistati hanno respinto alcune formulazioni del questionario che consideravano “mondane” e hanno espresso il loro timore di cadere in una “tiepidezza spirituale”.


Un interesse certo e senza riserve per la Messa tradizionale

Allo stesso modo, la Messa tradizionale è molto meno divisiva per gli attuali candidati al sacerdozio rispetto ai loro predecessori, più segnati dalle lotte liturgiche dell’epoca post-conciliare: il 14% dei seminaristi intervistati vorrebbe poter celebrare secondo entrambi i riti e il 7% vorrebbe usare regolarmente il Messale tradizionale, mentre il 34% ritiene di non avere nulla contro la Messa antica.

Si è lungi dall’ostracismo messo in atto dal motu proprio Traditionis Custodes, che appare lontano dalle aspirazioni dei giovani candidati al sacerdozio.
Più in generale, alla domanda sul Vaticano II, il 24% di loro dice che è una bella eredità, anche se la sua attuazione ha portato ad abusi: una valutazione inedita, tanto reale quanto discreta.

Il rinnovato interesse per la liturgia antica ha una motivazione: il 47% dei seminaristi intervistati ha avuto contatti regolari o occasionali con una parrocchia o una comunità tradizionalista sufficientemente visibile e dinamica da attrarli e farli riflettere.

Sulla questione dell’omosessualità nella Chiesa, il 32% delle risposte insistono sul fatto che la Chiesa non deve “promuovere l’omosessualità come paritaria dell’eterosessualità»; e il 19% fa riferimento all’insegnamento del Catechismo della Chiesa cattolica…, chiaramente in contrasto con quanto propone la Dichiarazione Fiducia supplicans, che permette la benedizione non rituale delle coppie dello stesso sesso.

Ciò che il sondaggio non sottolinea è il fatto che la gerarchia è sempre più in problematica rispetto alle aspirazioni dei futuri sacerdoti, che, a differenza della maggior parte dei loro predecessori, non hanno un vero e proprio complesso per la Tradizione: è decisamente vero che per andare avanti è meglio guardare nello specchietto retrovisore.

E se la vera primavera della Chiesa non fosse solo un dolce sogno?



 
gennaio 2024
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