I vescovi della “rottura” sia nelle parole sia nei fatti:

verso Bergoglio e il Vaticano III?


Giacomo Lercaro




Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/







Nacque a Quinto al mare (Genova) il 22 ottobre 1891. Nel 1914 venne ordinato sacerdote e nominato professore di S. Scrittura e Patrologia. Nel 1937 divenne parroco a Genova, dieci anni dopo fu consacrato arcivescovo di Ravenna. Nel 1952 venne promosso nella sede cardinalizia di Bologna e nel 1953 venne creato cardinale.

Partecipò al Concilio come moderatore assieme a Döpfner, Suenens e Agagianan.
In Concilio il “quartetto” veniva denominato scherzosamente i tre sinottici (Lercaro, Döpfner, Suenens, poiché similmente progressisti; mentre Agagianan piuttosto conservatore, che seguiva un’altra via, era paragonato al Vangelo secondo Giovanni).
Nel 1964 sino al 1968 fu Presidente del “Consilium ad exsequendam constitutionem de sacra liturgia”. Nel 1968 dette le dimissioni (1) che vennero accolte.
Morì il 18 ottobre del 1976 a Bologna.

Già prima del Concilio, pur mantenendo una formazione apologetica e moralistica che inclinava all’utopia angelistica, al disimpegno e all’irrealismo, si aprì radicalmente ed esageratamente (anche per i gusti di Paolo VI) alle novità del movimento liturgico.

Lercaro durante il Concilio era uno dei pochi cardinali italiani sostenuti dai vescovi e teologi del nord-Europa (“Il Reno che si gettava nel Tevere”). Suoi teologi di fiducia furono don Giuseppe Dossetti (che da vecchio ex-parlamentare democristiano riusciva a orientare in maniera favorevole ai progressisti l’andamento delle votazioni durante il Concilio, mentre la maggior parte dei vescovi era a digiuno di queste pratiche “parlamentari”) e il prof. Giuseppe Alberigo (autore della monumentale “Storia del Concilio Vaticano II”, in 5 volumi), il vescovo ausiliario di Bologna, “promosso” poi a Ivrea, Luigi Bettazzi e il giornalista Raniero La Valle, che poi dette nascita al movimento dei “cattolici per il comunismo” e si aggiunse in fine Alberto Melloni, questo gruppo d’intellettuali fu chiamato “l’officina di Bologna”, da essa nacque soprattutto la riforma liturgica, eseguita da Lercaro e da mons. Annibale Bugnini sotto la supervisione di Paolo VI.

Nei primi anni del Concilio la sua amicizia con Montini era assai salda, si raffreddò quando Lercaro voleva rigettare la Nota explicativa praevia, fatta aggiungere da Paolo VI alla Lumen gentium sulla collegialità.

Egli che all’inizio del Concilio era amico dell’allora card. Montini, col passar del tempo, quando Montini divenne Paolo VI, contrappose la direzione spirituale del Concilio, propria di papa Roncalli a quella giuridica di Paolo VI, «che non aveva saputo mantenere lo slancio originale di papa Giovanni […], frenata, se non tradita» (2). 

Inoltre, il 23 febbraio del 1964 volle chiedere la canonizzazione di Giovanni XXIII da parte del Concilio e non del solo Papa e il 4 ottobre ritentò la carica assieme a mons. Luigi Bettazzi (3), irritando papa Montini.

Il suo cavallo di battaglia fu la “Sacrosantum concilium” sul rinnovamento liturgico e l’opzione per la “Chiesa dei poveri” assieme ad Helder Câmara.

Fu avversario del “centralismo romano”, ma - almeno inizialmente - abile e diplomatico. Infatti, quando l’8 novembre 1963 avvenne lo scontro tra Frings e Ottaviani sui metodi del s. Uffizio reputati da Frings e dal suo teologo Joseph Ratzinger troppo antiquati sorpassati, egli seppe riportare una certa tranquillità nell’aula conciliare.



NOTE

1L. BEDESCHI, Il cardinale destituito, Torino, 1968.
2 - G. LERCARO, Linee per una ricerca su Giovanni XXIII, in “Per la forza dello Spirito”, Bologna, 1974, pp. 305-306. .
3 - G. ALBERIGO, Breve storia del Concilio Vaticano II, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 132 e 141.





 
gennaio 2024
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI