I vescovi della “rottura” sia nelle parole sia nei fatti:

verso Bergoglio e il Vaticano III?


Helder Câmara




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Hélder Pessoa Câmara nacque a Fortaleza, Brasile, il 7 febbraio 1909, morì a Recife il 27 agosto 1999. Fu ordinato sacerdote il 15 agosto 1931 a Rio de Janeiro, dove venne nominato vescovo ausiliare il 3 marzo 1952 ricevendo l'ordinazione episcopale il 20 aprile 1952. Qui fondò la Banca della Provvidenza di San Sebastiano, che assisteva i poveri e gli emarginati. Sempre a Rio, organizzò il 36º ‘Congresso Eucaristico Internazionale’ e la ‘Conferenza Nazionale dei Vescovi Brasiliani’ (CNBB), della quale fu attivissimo segretario.

Partecipò al Concilio Vaticano II offrendo notevoli contributi. Fu anche tra i fautori - assieme a Lercaro - di quella che sarebbe stata chiamata “opzione preferenziale per i poveri”. Il 12 marzo 1964 venne nominato da Paolo VI arcivescovo di Olinda e Recife. 

Fu uno dei maggiori precursori della ‘teologia della liberazione’ latinoamericana, e uno degli esponenti che maggiormente integrò dimensione politica progressista/filocomunista e dimensione spirituale della fede cristiana. Lasciò la diocesi il 2 aprile 1985, per raggiunti limiti di età secondo le disposizioni del Diritto canonico, vivendo sempre nell’appartamento popolare in cui si trasferì all’inizio del suo ministero episcopale, a Recife, fino alla morte, avvenuta il 27 agosto 1999.

Nel 2004 è stata pubblicata in Brasile, come primo volume delle Obras completas di monsignor Hélder Câmara, una raccolta delle circolari inviate dal Vaticano II agli amici brasiliani dall’influente prelato, un uomo che, come scriverà poi il cardinale belga LEO JOSEPH SUENENS, suo grande amico, «svolse un ruolo fondamentale da dietro le quinte, anche se non prese mai la parola durante le sessioni conciliari» (Ricordi e speranze, Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline, 1993, p. 220), forse ancor più dello stesso Suenens.

In Italia con il titolo: Roma, due del mattino. Lettere dal Concilio Vaticano II (Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2008) la curatrice SANDRA BIONDO propone una selezione dell’opera omnia di HELDER CÂMARA, che si concentra in particolare sull’azione al Concilio del vescovo brasiliano. Da essa sappiamo che dietro a strutture più note come l’IDOC («International Documentation on the Catholic Church», originariamente un servizio d’informazione sul Concilio per la stampa olandese, che però diventò con il tempo una struttura permanente capace d’influenzare il modo in cui il Concilio fu percepito dalla stampa mondiale) emersero organizzazioni assai più riservate come la misteriosa opera di cui Câmara è magna pars, denominata Opus Angeli: una realtà molto “discreta” per non dire segreta.

Non si riesce a sfuggire all’impressione che realtà di questo genere cercassero d’influenzare il Concilio con metodi alquanto curiosi: riunioni cospiratorie, contatti privilegiati con i media, nomi in codice perché non si può mai sapere chi legge o ascolta al telefono (così il cardinale Suenens, che è stato il principale portavoce-carismatico, anche se in maniera molto discreta e quasi-segreta anche lui, delle idee del suo “mentore” o teologo Câmara nei dibattiti conciliari, è quasi sempre indicato come «Padre Miguel») e perfino segnali convenuti per indicare ai padri conciliari «amici» come dovessero votare in aula.

Né è chiaro esattamente chi facesse parte dell’Opus Angeli, anche se una notazione secondo cui «il capo della banda e il padrone del circo […] abita a Cuernavaca» (p. 488) – insieme ad altri riferimenti e al fatto che la citata Elisabeth Hollants, segretaria dell’Opus Angeli, fosse anche all’epoca la sua segretaria personale – permette d’identificarne una figura chiave nel teologo austriaco Ivan Illich (1926-2002), allora residente appunto a Cuernavaca, in Messico.

Ma, emergono pure i nomi del teologo svizzero Hans Küng (1928-2021) e del teologo moralista tedesco Bernard Häring (1912-1998), cui si aggiunge in seguito anche donGiuseppe Dossetti (1913-1996), capofila del cosiddetto cattolicesimo democratico in Italia. Câmara considerò un grave errore, il rifiuto di Papa Paolo VI di far pronunciare il Concilio sull’illiceità degli anticoncezionali: un rifiuto che già preannuncia l’Humanae vitae, rispetto alla dottrina enunciata nella quale Câmara, già tre anni prima dell’enciclica del 1968 di Paolo VI, dette un giudizio durissimo come un «errore» destinato «a torturare le spose, a turbare la pace di tanti focolari», «a suo modo, una nuova condanna di Galileo» (p. 363); anzi, addirittura, «la morte del Concilio», «la negazione pratica della collegialità», «l’annichilimento pratico dell’ecumenismo» (p. 461).

Ma, Câmara e i suoi amici preparavano anche la soluzione per il post-concilio: andare «oltre i testi conciliari», trovare nel Concilio «affermazioni implicite la cui spiegazione compete a noi», «al chiarore del suo spirito» (p. 439).

Hélder Câmara opponeva uno «spirito del Concilio» agli schemi (come farà poi per i documenti) fin dal 13-14 ottobre 1962, due giorni dopo l’apertura dell’assise ecumenica (p. 33). E nell’imminenza della chiusura della stessa assise, in una circolare invitò gli amici a cominciare fin da subìto un «inizio di preparazione del Vaticano III» (p. 454), un nuovo Concilio da convocare «entro 10 anni» (p. 397).

Alla chiusura del Vaticano II, Câmara dunque già preparava il Vaticano III e diffondeva a piene mani la tesi secondo cui «occorrerebbe seguire non i testi del Concilio ma il suo spirito». Questa espressione, che in un certo modo sintetizza il pensiero del presule brasiliano, non è sua ma di papa Benedetto XVI, che vi vede il segno caratteristico della falsa «ermeneutica della discontinuità e della rottura», la quale tanti danni ha causato nella Chiesa dopo il Vaticano II.

La descrizione di questa mentalità, da parte di Benedetto XVI nel Discorso alla Curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, del 22 ottobre 2005, costituisce una sintesi, se non del libro di monsignor Hélder Câmara (come pure di Lercaro), almeno della mentalità e dell’ambiente in cui il vescovo brasiliano si mosse nella fase finale del Concilio e che già preparava il post-concilio.

Una mentalità la quale «asserisce che i testi del Concilio come tali non sarebbero ancora la vera espressione dello spirito del Concilio. Sarebbero il risultato di compromessi nei quali, per raggiungere l’unanimità, si è dovuto ancora trascinarsi dietro e riconfermare molte cose vecchie ormai inutili. Non in questi compromessi, però, si rivelerebbe il vero spirito del Concilio, ma, invece negli slanci verso il nuovo che sono sottesi ai testi: solo essi rappresenterebbero il vero spirito del Concilio, e partendo da essi e in conformità con essi bisognerebbe andare avanti.

Proprio perché i testi rispecchierebbero solo in modo imperfetto il vero spirito del Concilio e la sua novità, sarebbe necessario andare coraggiosamente aldilà dei testi, facendo spazio alla novità nella quale si esprimerebbe l’intenzione più profonda, sebbene ancora indistinta, del Concilio.

In una parola: occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo spirito. In tal modo, ovviamente, rimane un vasto margine per la domanda su come allora si definisca questo spirito e, di conseguenza, si concede spazio a ogni estrosità».

A queste «estrosità» il magistero della Chiesa – già, per la verità, di Paolo VI che - anticipando il Discorso alla Curia del 22 dicembre 2005 di Benedetto XVI di 33 anni - nel Discorso al Sacro Collegio dei Cardinali del 23 giugno 1972 denunciò «una falsa e abusiva interpretazione del Concilio, che vorrebbe una rottura con la Tradizione, anche dottrinale, giungendo al ripudio della Chiesa pre-conciliare, e alla licenza di concepire una Chiesa “nuova”, quasi “reinventata” dall’interno, nella costituzione, nel dogma, nel costume, nel diritto», quindi di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI – ha cercato di porre rimedio.

Che il Brasile visse un «post-concilio lungo» è confermato dall’entusiasmo piuttosto acritico con cui molti media cattolici di quel Paese accolsero la pubblicazione dei documenti per molti versi gravi e inquietanti che scandiscono la partecipazione di monsignor Hélder Câmara al Concilio, e dalla proposta di avvio del processo di beatificazione del presule avanzata nel febbraio del 2008 dalla ‘Commissione Nazionale dei Presbiteri’ (CNP), un organismo collegato alla ‘Conferenza Episcopale Brasiliana’.





 
gennaio 2024
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