A proposito del popolo ebraico

nei suoi rapporti col cristianesimo


Con questo titolo, che è nostro, pubblichiamo tre articoli di Don Jean-Michel Gleize, FSSPX, che costituiscono un unico saggio sullo stato del popolo ebraico in relazione col cristianesimo.


Terzo articolo

Il segno di contraddizione



Articolo di Don Jean-Michel Gleize, FSSPX

Primo articolo - Il popolo eletto
Secondo articolo - Un popolo sempre eletto?
Terzo articolo - Il segno di contraddizione



Pubblicato sul n° 675 del Courrier de Rome, maggio 2024










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La cristologia di fronte al pluralismo religioso


1. Filosofo e teologo protestante, John Hick (1922-2012) è unanimemente conosciuto come uno dei rappresentanti più in vista del pluralismo religioso. La sua idea principale è quella dell’uguale dignità, verità ed efficacia in materia di salvezza di tutte le religioni.
Tra coloro in cui si è fatta sentire la sua influenza, il più celebre è incontestabilmente il gesuita belga Jacques Dupuis (1923-2004).
Chiamato nel 1984 alla Pontificia Università Gregoriana, a Roma, per insegnarvi la cristologia, egli è stato dal 1985 al 1995 consultore al Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. La opera maggiore, frutto delle sue ricerche e del suo insegnamento, venne pubblicata nel 1997 col titolo: Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso.
La Congregazione per la Dottrina della Fede, allora diretta dal cardinale Joseph Ratzinger, fece esaminare il libro e pubblicò una Notificazione ne l’Osservatore Romano del 26 febbraio 2001.
L’opera di Dupuis non è né interdetta né modificata, ma, nel commento che accompagna la Notificazione, gli esaminatori sottolineano «la gravità e il pericolo di certe affermazioni che, pur sembrando moderate e proprio a causa di questo, rischiano di essere considerate frettolosamente e ingenuamente come compatibili con la dottrina della Chiesa, in particolare da parte di persone sinceramente impegnate nella riuscita del dialogo interreligioso».
In particolare, si rimprovera a Padre Dupuis una mancanza di chiarezza sull’unicità del ruolo di Cristo nella salvezza del mondo, e delle ambiguità sulla presenza dell’azione dello Spirito Santo nelle religioni non cristiane.
In quella occasione, il cardinale Ratzinger fece notare che l’opera e l’influenza di John Hick fossero la fonte di queste gravi ambiguità nell’opera di Jacques Dupuis.


2. Pubblicata dalla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, approvata e confermata « certa scientia et apostolica sua auctoritate »  dallo stesso Papa, la Dichiarazione Dominus Jesus porta la data del 6 agosto 2000.
Secondo l’intenzione dello stesso cardinale Ratzinger vi dobbiamo vedere il disconoscimento e la condanna di questa teologia del pluralismo religioso ereditata da John Hick e troppo prevalente in Jacques Dupuis.
Al numero 14, la Dichiarazione ricorda il seguente principio: «Deve essere, quindi, fermamente creduto come verità di fede cattolica che la volontà salvifica universale di Dio Uno e Trino è offerta e compiuta una volta per sempre nel mistero dell’Incarnazione, Morte e Risurrezione del Figlio di Dio». Così che  «Risulterebbero, tuttavia, contrarie alla fede cristiana e cattolica quelle proposte di soluzione, che prospettassero un agire salvifico di Dio al di fuori dell’unica mediazione di Cristo».
Nel suo intervento alla Sala Stampa della Santa Sede, in cui espose il contesto e il significato della Dichiarazione Dominus Jesus, il cardinale Ratzinger denuncia le concezioni erronee presentate da John Hick e Jacques Dupuis, secondo le quali «credere che esista una verità universale, vincolante e valida nella storia stessa, che si realizza nella figura di Gesù Cristo e che trasmessa dalla fede della Chiesa, è considerato come una sorta di fondamentalismo che costituirebbe un attacco contro lo spirito moderno e rappresenterebbe una minaccia contro la tolleranza e la libertà».
Lontano da queste idee false, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede intese ricordare che «la pretesa del cristianesimo all’unicità e alla universalità salvifica deriva essenzialmente dal mistero di Gesù Cristo, che prosegue la Sua presenza nella Chiesa, Suo Corpo e Sua Sposa».

3. Evidentemente, tutto questo rende più cruciale la questione sollevata negli articoli precedenti del presente numero del Courrier de Rome (1) e aggrava la difficoltà che si trova alla base di questo interrogativo. Infatti, da un lato la nuova dottrina ereditata dal Vaticano II e sviluppata da Giovanni Paolo II e i suoi successori, considera che la religione ebraica non è estrinseca alla religione cristiana, essa in certo modo vi è intrinseca (2), al punto che i cristiani non possono considerare il giudaismo come una religione estranea alla loro (3).
D’altra parte, il giudaismo viene definito essenzialmente come una religione che intende procurare la salvezza in opposizione al mistero di Cristo, mentre la nuova dottrina emersa nel post-concilio sostiene che, lungi dal sostituirsi al giudaismo, il cristianesimo gli riconosce il suo valore specifico sul piano religioso e nel mistero della salvezza.
In queste condizioni, come armonizzare questi due punti di vista e come armonizzarli con la dottrina richiamata dalla Dichiarazione Dominus Jesus?


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Un tentativo teologico

4. Un teologo ha voluto tentare questa impresa, ed è piuttosto notevole che la sua spiegazione sia simile a quella tentata dal Papa emerito Benedetto XVI, nonostante l’autore, al pari di Jacques Dupuis, sia anch’egli debitore per la sua ispirazione alle ricerche di John Hick.
Gavin D’Costa – è questo il suo nome – è nato nel 1958 in Kenia ed è immigrato in Gran Bretagna nel 1968; ha studiato teologia all’Università di Birmingham sotto la direzione di John Hick. In seguito ha insegnato al West London Institute, all’università di Bristol. Egli è stato professore a Roma, successivamente nel 1998 è stato professore all’Università Gregoriana e negli anni 2020-2021 alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino.
Le sue ricerche vertono sulla teologia del dialogo interreligioso  e il dialogo giudeo-cattolico. Su queste ha pubblicato un libro nel 2019, ma la traduzione in francese è apparsa recentemente, nel 2023, presso le Edizioni du Cerf col titolo: Doctrines catholiques sur le peuple juif après Vatican II [Dottrine cattoliche sul popolo ebraico dopo il Vaticano II].
In circa 300 pagine, il nostro autore cerca di analizzare le fondamentali difficoltà sollevate dalla nuova dottrina inaugurata a partire dal Vaticano II.
Dapprima (capitolo I) egli espone il principio secondo il quale l’Alleanza contratta da Dio col popolo ebraico è rimasta irrevocabile.
In seguito egli ne esamina le conseguenze (capitoli dal II al V).
Per prima cosa tratta del problema posto dal valore sempre salvifico dei riti della religione ebraica (capitolo II; in seguito (capitoli III e IV) tratta del problema posto dalla promessa della Terra riservata in Palestina al popolo ebraico (capitolo III) e quello posto dalla volontà teologica di realizzare tale promessa, così come si esprime nel sionismo (capitolo IV); infine tratta del problema posto dalla possibilità di una missione cattolica evangelizzatrice da intraprendere presso il popolo ebraico (capitolo V).
Noi qui ci limiteremo alle riflessioni esposte nei due primi capitoli.


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Unicità salvifica del cristianesimo
e
Valore salvifico del giudaismo

5. 5. Il nostro autore a cura di distinguere i due aspetti di ciò che tratta, nel primo capitolo del suo libro, circa il principio fondamentale della nuova dottrina. Secondo quest’ultima, l’Alleanza col popolo ebraico è irrevocabile, ed è dunque applicabile al giudaismo rabbinico, cioè al giudaismo attuale e contemporaneo.
«Il Concilio [Vaticano II] ha enunciato la prima parte di questa affermazione e il Papa Giovanni Paolo II gli ha dato l’impulso per la seconda. Nella sua forma attuale, non si tratta di una dichiarazione infallibile e irrevocabile, ma la sua ripetizione continua da parte di tre Papi ci impone di rifletterci e di trarne tutto il significato» (4).

6. Il nostro autore definisce «rivoluzionaria» (5) l’allocuzione pronunciata da Giovanni Paolo II a Magonza il 17 novembre 1980. Il Papa parla precisamente di «popolo attuale dell’Alleanza conclusa con Mosè», marcando così la differenza con la nuova Alleanza conclusa con la venuta di Gesù. «Questa espressione è stata in seguito ripetuta dal Papa con forme diverse nel 1982, due volte nel 1986 e di nuovo nel 1991» (6).
Questa identificazione del giudaismo rabbinico con i doni e le promesse dell’Antico Testamento è proseguita con i successori di Giovanni Paolo II: con Benedetto XVI nel corso delle sue visite alla sinagoga di Roma, nel 2006 e nel 2010 (7); e con Francesco nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium del 2013 (8). Essa ha trovato la sua espressione sintetica nel documento pubblicato il 10 dicembre 2015 dalla Commissione per le relazioni religiose col giudaismo, organo del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, intitolato «I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (9).

7. la dottrina insegnata fino ad ora e seguita dai teologi, era che l’antica e prima Allealza ebraica è stata abrogata e trasferita alla Chiesa di Cristo – dottrina della «sostituzione».
La nuova dottrina predicata a partire dal Vaticano II insegna che non è così, poiché l’Alleanza ebraica è irrevocabile.
Allora, «qual è la nuova relazione tra cattolici e ebrei, se il giudaismo è ritenuto come dato da Dio?».
Gavin D’Costa mostra che i teologi postconciliari sono divisi tra due tipi di risposta.
«Gli uni mettono l’accento sulla indipendenza di ogni Alleanza; gli altri sul compimento della prima Alleanza nella seconda, ma non sull’abrogazione della prima né sulla sua sostituzione. Questo solleva il problema di sapere se il compimento deve essere chiaramente distinto dalla sostituzione» (10).
Il primo tipo di spiegazioni è indicato dal nostro autore come la posizione della «doppia Alleanza». Essa corrisponde all’idea che «Dio a contratto due Alleanze, permanenti e separate, ciascuna ugualmente efficace per raggiungere lo scopo di condurre gli uomini verso il Dio vivente» (11). Questo primo tipo si riallaccia nel suo principio al pluralismo religioso, e come tale è condannato dalla Dichiarazione Dominus Jesus (12).
Sempre secondol’autore, è dunque il secondo tipo di spiegazioni che corrisponde alla posizione del Magistero e dei suoi organi. Ma, se si vogliono conciliare questi due tipi di spiegazioni con la Dominus Jesus, la difficoltà rimane ugualmente. In effetti, «se si afferma che ogni salvezza viene da Cristo, anche in un giudaismo ancora valido, non sussisterà una forma sottile di sostituzionismo?
Logicamente, se la salvezza nel giudaismo viene da Cristo, sarebbe meglio che gli ebrei divenissero cristiani, piuttosto che rimanere ebrei» (13) […] «Le affermazioni di verità alla quali il cattolicesimo non può rinunciare e che sono fatte parallelamente  all’effermazione secondo la quale l’Alleanza ebraica è irrevocabile, sono le seguenti: ogni salvezza viene causalmente da Gesù Cristo; Gesù Cristo è il Messia ebreo che ritornerà alla fine dei tempi in ciò che si chiama la seconda venuta;  la pienezza della verità di Dio è presente in Gesù Cristo perché Gesù Cristo è l’incarnazione di Dio, vero Dio e vero uomo. La vera sfida per il cattolicesimo è di mantenere queste affermazioni alla luce di questa nuova affermazione: che l’Alleanza ebraica è valida. Queste affermazioni possono coesistere?» (14).


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Dalla sostituzione al compimento

8. La risposta affermativa a questa domanda, secondo il nostro autore, richiede una rinnovata comprensione della nozione di «compimento», comprensione che dovrebbe condurre alla conclusione che «il compimento deve essere chiaramente distinto dalla sostituzione» (15). In questa ipotesi, se realizza «il compimento» del giudaismo, il cristianesimo non implica «lo sradicamento dell’alleanza ebraica per il popolo ebraico» e non esige che «l’alleanza sia valida per gli ebrei che non riconoscono Gesù come Messia, come avviene per la gran maggioranza di essi» (16).
La riflessione si concentra qui, nel capitolo II del libro, sul problema posto della cessazione delle leggi cerimoniali del giudaismo. «La tradizione ha ritenuto che le leggi cerimoniali del giudaismo siano morte [inefficaci] e mortifere [fonte di peccato]. La tradizione della legge cerimoniale morta e mortifera è entrata negli insegnamenti magisteriali. Questo è d’ostacolo alla teologia del compimento. E’ incompatibile con gli insegnamenti dottrinali della Chiesa, definite dal magistero nella Cantate Domino (1441) e ribadite nella Mystici corporis (1943). L’una e l’altra enciclica insegnano che la legge cerimoniale ebraica è morta e mortifera.
Alcuni aggiungono a questa corposa lista i canoni precedenti del quarto Concilio del Laterano (1215): i canoni 66-70. Questa è un’obiezione grave. Se vera, essa mette un freno agli insegnamenti recenti, poiché comporterebbe una auto-contraddizione magisteriale» (17).
La nozione di «compimento», come la definisce e l’esplicita qui l’autore, intende superare l’opposizione che sarebbe solo apparente tra gli insegnamenti del Concilio di Firenze in Cantate Domino e gli insegnamenti di Pio XII nella Mystici corporis, da una parte, e dall’altra la nuova dottrina emersa dal Vaticano II e sviluppata da Giovanni Paolo II e dai suoi successori (18).

9. Il nostro autore intende giustificare le sue considerazioni richiamandosi alla nozione teologica de «l’ignoranza invincibile». Gavin D’Costa pensa infatti di trovare nel n° 840 del Nuovo Catechismo di Giovanni Paolo II (1992) un utile contributo per la soluzione della sua problematica. «Quando si considera l’avvenire», dice il Catechismo, «il Popolo di Dio dell’Antica Alleanza e il nuovo Popolo di Dio tendono a scopi analoghi: l’attesa della venuta (o del ritorno) del Messia. Ma l’attesa è da un lato il ritorno del Messia, morto e resuscitato, riconosciuto come Signore e Figlio di Dio, dall’altro è la venuta del Messia, i cui tratti rimangono velati, alla fine dei tempi, attesa accompagnata dal dramma dell’ignoranza o della misconoscenza di Cristo Gesù».
Questa precisazione sembra essere qui della massima importanza, se si ammette che «le cerimonie rituali del giudaismo sono stati istituiti da Dio ed erano efficaci», e se si postula che «ciò che ha posto fine alla loro efficacia è la presunta disobbedienza del cuore e della volontà di coloro che compivano tali riti – poiché si riteneva che così essi rigettassero l’efficacia unica della salvezza in Gesù Cristo» (19).
Se si postula che l’efficacia o la non efficacia dei riti dell’antica legge era dovuta alle disposizioni soggettive di chi li compiva, diviene impossibile intendere la nozione di compimento in un senso che supera la contraddizione apparente tra Firenze e Vaticano II, tra Pio XII e Giovanni Paolo II. Ed è questo il genere di postulato che rivendica il nostro autore, quando afferma che: «Se essi non hanno liberamente rifiutato Cristo, agendo per ignoranza invincibile, allora la pratica di questi riti può essere considerata ancora come divinamente istituiti ed efficaci, in una maniera non sviluppata in Cantate» (20)

10. Quindi, tutto accadrebbe come se la cessazione dell’Antica Alleanza e l’elezione del popolo ebraico fossero formalmente dipendenti dall’attitudine adottata dagli ebrei nei confronti di Gesù di Nazareth. Il rifiuto colpevole, che va di pari passo con l’insufficiente conoscenza di Cristo Gesù, farebbe cessare l’Alleanza, mentre il rifiuto non colpevole, che va incibile sulla sua qualità di Messia e di Figlio di Dio, non la farebbe cessare e le manterrebbe invece tutto il suo valore e la sua efficacia salvifica. Così che diventa possibile conciliare le due affermazioni apparentemente contraddittorie del Concilio di Firenze e del concilio Vaticano II, poiché se l’uno nega e l’altro afferma la validità dell’Antica Alleanza, la negazione e l’affermazione non vertono sullo stesso soggetto.
Il Concilio di Firenze negherebbe la validità dell’Alleanza per quegli ebrei che rifiutano Cristo in maniera colpevole e consapevolmente, mentre il concilio Vaticano II l’affermerebbe per quegli ebrei che rifiutano Cristo in maniera non colpevole, in ragione di una ignoranza invincibile.
«Così, a giusto titolo si può concludere che gli ebrei del Vaticano II sono l’oggetto di una qualificazione diversa da quella degli ebrei di Cantate. Benché il termine utilizzato sia il medesimo, la presunta ignoranza invincibile del referente ebreo del Vaticano II e la presunta colpevolezza del rifiuto della verità in Cantate significano che il referente è diverso in ciascun caso. Una volta riconosciuto questo, non si può più sostenere che gli insegnamenti magisteriali si contraddicono» (21).
L’argomento confuterebbe anche la spiegazione della doppia alleanza e giustificherebbe la spiegazione del compimento. Non vi sono due alleanze; vi è solo la presa di coscienza degli ebrei e il riconoscimento da parte loro del fatto che Gesù di Nazareth è il Messia: ed è in questo che la nuova alleanza «compie» l’antica.


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Una contraddizione rivelata da Dio

11. Per aver tentato di evitare il pluralismo, non si rischia di cadere qui nel relativismo soggettivita? Qui bisogna ripetere quello che abbiamo sottolineato nell’articolo precedente (22)?
In tutta la verità rivelata, la cessazione dell’Antica Alleanza e dell’elezione del popolo ebraico è formalmente indipendente dallo stato d’animo e dalla coscienza degli ebrei nei confronti di Gesù di Nazareth. Il fatto che il rifiuto di Cristo sia colpevole o no, il fatto che gli ebrei abbiano riconosciuto o non abbiano riconosciuto Gesù di Nazareth come il Messia e il Figlio di Dio, non cambia niente della cessazione dell’Antica Alleanza e dell’elezione del popolo ebraico. Infatti, queste dovevano derivare dalla venuta oggettiva di Cristo, compimento della Promessa. Non basta negare il rifiuto colpevole e affermare l’ignoranza invincibile del popolo ebraico per poter negare che l’Antica Alleanza sia stata revocata e per poter affermare che il giudaismo attuale continui ad essere il popolo eletto di Dio. In realtà l’elezione del popolo ebraico è cessata, qualunque sia la conoscenza o l’ignoranza di questo popolo riguardo a Cristo. E questa cessazione resta un fatto oggettivo nella sua causa, che è l’avvento stesso di Cristo, segno oggettivo della contraddizione che ormai oppone la Nuova all’Antica Alleanza divenute incompatibili (Lc. II, 34). Il risultato è dunque proprio quello della sostituzione.


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Il relativismo di Benedetto XVI

12. La spiegazione tentata dal Papa emerito Benedetto XVI deriva dallo stesso presupposto falso che avvelena tutta la riflessione di Gavin D’Costa.
Scrive Joseph Ratzinger: «Circa la formula dell’Alleanza mai revocata, che è l’oggetto della nostra ricerca, è giusto dire che non vi è revoca da parte di Dio. Ma la rottura dell’Alleanza da parte dell’uomo fa parte della reale storia di Dio col popolo d’Israele. […] Che significato ha questo per la nostra questione? La storia dell’alleanza fra Dio e Israele poggia, per un verso, sulla continuità della scelta di Dio che è indistruttibile, ma, per un altro verso, è codeteminata da tutto il dramma del fallimento umano. […] certo, l’amore di Dio è indistruttibile. Ma il fallimento umano, la rottura dell’alleanza e le sue conseguenze intrinseche (distruzione del Tempio, dispersione di Israele, chiamata alla penitenza che rende l’uomo di nuovo idoneo per l’alleanza) fa anche parte della storia dell’alleanza fra Dio e l’uomo. L’amore di Dio non può semplicemente negare il “no” dell’uomo. Come può essere vissuta oggi l’alleanza?  Questa è la domanda che ha diviso la concreta realtà dell’Antico Testamento in due vie: il giudaismo e il cristianesimo» (23).

13. Anche qui, occorre ridare la stessa spiegazione esposta nell’articolo precedente (24)?
Certo, esiste una distinzione tra l’unicità e la continuità del disegno indistruttibile di Dio, da una parte, e dall’altra parte la sua concreta realizzazione nell’uomo. Ma se questo viene presentato nella forma di una dualità di alleanze, non si spiega in ragione del fallimento umano e non deriva dal “no” dell’uomo, che troverebbe la scusa dell’ignoranza invincibile. Questa dualità si spiega perché Dio ha voluto tenere conto di ciò che è nella natura dell’uomo, che consiste nel passare progressivamente dall’imperfetto al perfetto. L’imperfezione essenziale dell’Antica Alleanza doveva necessariamente condurre alla sua cessazione a favore della perfezione di una Nuova Alleanza, che sarebbe stata il suo compimento e si sarebbe sostituita ad essa come la perfetta età dell’uomo si oppone all’imperfetta età del bambino. O anche: la Nuova Alleanza del cristianesimo si oppone all’Antica Alleanza del giudaismo come la realtà figurata si oppone alla figura che essa sostituisce.

14. Noi diremmo volentieri, col Dottore angelico (25), che qui si tratta di una opposizione di relazione, la relazione di ciò che è misurato con ciò che gli dà la sua misura: la relazione della figura con la realtà figurata – relazione che certo non è reciproca, poiché è la figura che è misurata dalla realtà di cui è la figura e non viceversa.
L’Antica Alleanza era essenzialmente relativa alla Nuova, che le dava la sua misura.
La religione del giudaismo di dopo Cristo è tutt’altro: essa si oppone al cristianesimo secondo una opposizione non più di relazione, ma di privazione.
Così è messa in luce l’impostura di Giovanni Paolo II e dei suoi successori, i cui discorsi vorrebbero presentare il rapporto del giudaismo attuale col cristianesimo come una opposizione di relazione, e reciproca; fondata sulla supposta comunicazione di uno stesso patrimonio comune.

15. «Lottare contro l’antigiudaiamo», dice il Gran Rabbino di Francia ai vescovi francesi, «significa naturalmente lottare contro l’antisemitismo». Ma significa anche lottare contro il cristianesimo.
Nel 1933, Conrad Henry Moelhman, titolare della cattedra di Storia del Cristianesimo alla Colgate-Rochester Divinity School, negli Stati Uniti, scriveva già: «Chi inizia lo studio del problema tra ebrei e cristiani, trova subito che la ragione ultima dell’antisemitismo, benché il termine sia di origine recente, è il Calvario» (26). Poiché il Calvario è l’espressione della Regalità di Cristo, che compie le Scritture.

Noctem lux eliminat




NOTE

1 – Si vedano gli articoli «Il Popolo eletto» e «Un Popolo sempre eletto?».
2  – Giovanni Paolo II, Discorso alla sinagoga di Roma del 13 aprile 1986.
3 – Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium del 24 novembre 2013, n° 247.
4 - Gavin D’Costa, Doctrines catholiques sur le peuple juif après Vatican II, Cerf, 2023, p. 31. Da ora in poi il riferimento è abbreviato in Doctrines.
5Doctrines, p. 39.
6 - Doctrines, p. 40-41.
7 - Cfr. Doctrines, p. 41-43.
8 - Cfr. Doctrines, p. 43-44.
9 - Cfr. Doctrines, p. 44-45.
10 - Doctrines, p. 47.
11 - Doctrines, pp. 47-48.
12 - Il documento del 10 dicembre 2015, «I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» lo segnala al n° 35: «Affermare che esistono due diverse vie, quella degli ebrei senza Cristo e quella con Cristo, che per i cristiani è Gesù di Nazareth, significherebbe rimettere in discussione gli stessi fondamenti della fede cristiana»
13Doctrines, p. 50.
14 - Doctrines, p. 54.
15 - Doctrines, p. 47.
16Doctriness, p. 50.
17 - Doctrines, pp. 63-64.
18 - Doctrines, pp. 65 e 72-73.
19 - Doctrines, p. 83.
20 - Doctrines, p. 83.
21Doctrines, p. 92.
22 - Si veda l’articolo «Un Popolo sempre eletto?» nel presente numero del Courrier de Rome [vedi].
23 - Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Ce qu’est le christianisme, Editions Le Rocher - Artège, 2023 [Che cos’è il cristianesimo, Ed. Mondadori, 2023]; ID, Grâce et appel sans repentance. Observations sur le traité De judaeis, p. 104 [Grazia e chiamata senza pentimento. Osservazioni sul trattato De judaeis»], pp. 106-109.
24 - Si veda l’articolo «Un Popolo sempre eletto?» nel presente numero del Courrier de Rome [vedi].
25 – San Tommaso d’Aquino, Commento sulla Metafisica di Aristotele, libro V, lezione 17, n° 1003 ed. Marietti.
26 - Citato da Norman C. Tobias, La Conscience juive de l’Eglise. Jules Isaac et le concile Vatican II, Salvator, 2018, p. 33-34.






Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, di ecclesiologia e di dogma al Seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali fra Roma e la Fraternità San Pio X tra il 2009 e il 2011.




 
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