A proposito della Sede vacante


Sudio di Don Dominique Boulet, FSSPX





Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X

 La Porte Latine






Simbolo della Sede vacante



Presentazione

Il riaccendersi del dibattito su Papa Francesco, se sia Papa o no, e se quindi la Sede apostolica sia vacante o no, ci induce a pubblicare un vecchio articolo che tratta della annosa e dibattuta questione.

Il titolo è nostro.

L’articolo fu scritto da Don Dominique Boulet, FSSPX, e pubblicato l’1 dicembre 2004 sul sito francese della Fraternità San Pio X: La Porte Latine




Lo studio di Don Boulet


Su questo grave argomento. Mons. Marcel Lefebvre scrisse l’8 novembre 1979 il seguente articolo su Cor Unum, il bollettino interno della Fraternità San Pio X:
«Nel corso di questi ultimi dieci anni ho avuto occasione di rispondere molte volte a queste questioni che sono molto gravi. Io mi sono sempre sforzato di rimanere nello spirito della Chiesa, in conformità con i sui principii teologici che esprimono la sua fede, e con la sua prudenza pastorale espressa nella teologia morale e nell’esperienza della sua storia. Io credo di poter dire che non ho mai cambiato opinione su questi argomenti e che questo pensiero è fortunatamente quello della grande maggioranza dei sacerdoti e dei fedeli legati alla Tradizione indefettibile della Chiesa.
E’ chiaro che queste poche righe sono insufficienti per fare uno studio esaustivo di questi problemi. Si tratta piuttosto di esporre le conclusioni in modo chiaro, di modo che non ci si possa sbagliare sugli orientamenti e i pensieri della Fraternità Sacerdotale San Pio X».

In occasione del 25esimo anniversario di questa dichiarazione, io vorrei fornire ai nostri fedeli alcuni strumenti che li aiuteranno per una migliore comprensione della posizione ufficiale della Fraternità San Pio X, espressa dal suo fondatore.

Nel corso di questi ultimi venti anni, si sono verificati molti avvenimenti e ci sembra che la situazione della Chiesa odierna sia peggiorata rispetto al 1979. Col passare degli anni, il numero di avvenimenti inauditi e sconvolgenti si è moltiplicato con a grande rapidità. Mi si permetta di citarne solo alcuni: la riunione interreligiosa di Assisi del 1986, che venne ripetuta nel 2002; l’accordo di Balamand, del 1993, in cui la Chiesa cattolica rinunciò ufficialmente all’apostolato per la conversione degli Ortodossi; il documento cattolico-luterano sulla giustificazione, del 1999; e più recentemente, nel maggio 2004, la profanazione della Basilica di Fatima da parte di un gruppo indù.

Di fronte a questi avvenimenti sconvolgenti qualcuno di noi potrebbe chiedersi se Mons. Lefebvre manterrebbe oggi, nel 2004, la stessa posizione che aveva nel 1979. 

Ritorniamo alle parole di Mons. Lefebvre:
«Passiamo al secondo argomento non meno importante: abbiamo veramente un Papa o un intruso seduto sulla Sede di Pietro? Beati coloro che sono vissuti e sono morti senza doversi porre una simile domanda! Bisogna riconoscere che il Papa Paolo VI ha posto e pone ancora un problema serio alla coscienza dei cattolici. Senza cercare né di conoscere la sua colpevolezza nella spaventosa demolizione della Chiesa sotto il suo pontificato, non possiamo non riconoscere che egli ne ha accelerato le cause in tutti gli ambiti. Ci si potrebbe chiedere: come ha potuto un successore di Pietro causare in così poco tempo alla Chiesa più danni della Rivoluzione del 1789?»

Dei fatti precisi come la firma apposta all’articolo VII dell’Istruzione riguardante il Novus Ordo Missae, e quella apposta al documento sulla «Libertà Religiosa», sono scandalosi e offrono ad alcuni l’occasione per affermare che questo Papa era eretico e che per questa sua eresia non era più Papa. Le conseguenze di questo fatto sarebbero che la maggior parte dei cardinali attuali non sarebbero tali e quindi non sarebbero idonei ad eleggere un altro Papa. Così che Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II non sarebbero stati eletti legittimamente.
E’ quindi inammissibile pregare per un Papa che non lo è, e dialogare con chi non ha alcun titolo per sedere sulla Cattedra di Pietro.


1. Esposizione della tesi sedevacantista

Mi si permetta di citare innanzitutto un autore sedevacantista: «il sedevacantismo è una posizione teologica sostenuta da un certo numero di cattolici tradizionali che riconoscono certamente il papato, l’infallibilità del Papa e il primato del Pontefice Romano, ma che non riconoscono più Giovanni Paolo II come vero papa. La parola sedevacantismo è composta da due parole latine che significano: «la Cattedra è vacante» (1).
Il sedevacantismo appare quindi come una posizione teologica o una teoria sostenuta da alcuni cattolici tradizionali che pensano che i Papi più recenti, quelli del concilio Vaticano II, hanno perduto la loro autorità pontificia a causa delle gravi eresie che hanno diffuso e della crisi che ne è seguita.


1.1. Argomento teologico dei sedevacantisti

Esso consiste nel dire: «Un eretico non può essere a capo della Chiesa, ora, Giovanni Paolo II è un eretico, quindi non può essere Papa». Un noto sedecavantista, Frate Michael Diamondo, OSB, del Monastero della Sacra Famiglia, New York, USA, ha composto un elenco delle «202 eresie del Vaticano II» e delle «101 eresie di Giovanni Paolo II».
Sia detto per inciso, Frate Michael Diamond pensa che la Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX), la Fraternità Sacerdotale San Pio V (FSSPV) e la Congregatio Mariae Reginae Immaculatae (CMRI), siano eretiche perché credono nel “battesimo di desiderio” che, secondo lui, è una negazione del dogma «Fuori della Chiesa non c’è salvezza».
Frate Michael Diamond ha una reputazione consolidata per le sue posizioni estreme in diversi ambiti. Di fatto, egli si attribuisce una autorità quasi-magisteriale che gli permette di emettere dei giudizi infallibili in cui egli ha ragione e tutti gli altri hanno torto. Egli agisce come un papa.


1.2. Argomenti canonici dei sedevacantisti

Si tratta di considerare che le leggi della Chiesa invalidano l’elezione di un eretico, e che il cardinale Wojtyla al momento della sua elezione a Papa era eretico, dunque non poteva essere Papa. I sedevacantisti citano la Bolla Papale Cum ex Apostolatus Officio di Papa Paolo IV, che dice che se qualcuno era eretico prima dalla elezione a Papa, non poteva diventare un Papa valido, anche se eletto all’unanimità dai cardinali. Essi basano la loro argomentazione sul Diritto Canonico (2), canone 188 § 4: «In virtù della rinuncia tacita ammessa ipso jure,  sono vacanti ipso facto e senza alcuna dichiarazione tutti i tipi di ufficio, se il chierico:  § 4 Apostata pubblicamente la fede cattolica».


2. Sommario delle opinioni teologiche sul papa eretico

Per questo studio, seguirò il lavoro di Arnaldo Xavier de Silveira nel suo libro « La Nouvelle Messe de Paul VI, Qu’en penser ? » [versione italiana su http://www.unavox.it/doc85.htm] (da qui in avanti LNM) (3).
Dopo aver esposto come la Nuova Messa si discosti dall’insegnamento tradizionale della Chiesa, l’Autore fa uno studio approfondito dell’ipotesi teologica di un papa eretico. Tale studio era molto apprezzato da Mons. Lefebvre che parlò di: « studio molto obiettivo di Xavier de Silveira». A mia conoscenza, questo è lo studio più completo e più chiaro sull’argomento. Esso fu pubblicato inizialmente in una serie di articoli del giornale Catolicismo in Brasile, dal 1969 al 1971. Questa pubblicazione era sotto il controllo del movimento TFP (Tradizione, Famiglia e Proprietà) (4). Nel 1975 venne pubblicata la traduzione in francese. Poi la TFP vietò ogni altra pubblicazione o traduzione del libro.
Il fatto che LNM faccia un inventario di 136 autori che parlano della possibilità di un papa eretico, aggiunto al raffinato senso teologico di Xavier de Silveira, rende questo studio inestimabile e ineguagliabile.

2.1. Le cinque opinioni di San Roberto Bellarmino

1° opinione: il Papa non può mai cadere nell’eresia (riportata in LNM – sostenuta anche da Pighi, Suarez, Matteucci, Bouix, Billot).

2° opinione: la perdita del pontificato si verifica nel momento stesso in cui il Papa cade nell’eresia interna, cioè prima della sua manifestazione esterna (sostenuta anche da Torquemana).

3° opinione: A causa della sua eresia il Papa non perde mai il pontificato (sostenuta anche da Bouix).

4° opinione: Il Papa perde il pontificato quando la sua eresia diventa manifesta (sostenuta anche da Billot e Canu).

5° opinione: Il papa perde il pontificato solo dopo che la sua eresia è dichiarata tale da un concilio, dai cardinali, da gruppi di vescovi, ecc. (questa dichiarazione equivale ad una deposizione – oppure: questa dichiarazione equivale solo alla presa d’atto del fatto che la deposizione è avvenuta per l’eresia del Papa) (sostenuta da Gaetano e Suarez).


1° opinione

«Dio non permetterebbe mai che un papa cada nell’eresia». I sostenitori di questa opinione provano che Nostro Signore non permetterebbe mai a un papa di cadere nell’eresia.
Per il cardinale Billot, la possibilità teologica che un papa cada nell’eresia non diverrebbe mai una realtà, secondo la promessa di Nostro Signore: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc. XXII, 31-32). Per Billot, questa promessa non riguarderebbe solo San Pietro, ma anche i suoi successori, come è stato inteso sempre dalla Tradizione.
Contro questa opinione, noi abbiamo il caso di Papa Onorio (625-638), che fu condannato nel 680 dal 3° Concilio di Costantinopoli a causa delle sue lettere al Patriarca Sergio, le quali erano favorevoli all’eresia monotelita (5). Mi si permetta di citare questo Concilio: «Avendo constatato che (le lettere di Onorio) sono in completo disaccordo con i dogmi apostolici e le definizioni dei santi concilii e di tutti i Padri di fama; e che, al contrario, esse conducono alle false dottrine degli eretici, noi le respingiamo e le condanniamo come veleno per le anime … Noi affermiamo anche che Onorio, che fu papa dell’antica Roma, è stato respinto dalla Santa Chiesa Cattolica di Dio ed è anatemizzato a causa delle lettere che ha inviato a Sergio, in cui adotta le sue idee perniciose e riafferma i suoi principii empii» (6). 
Occorre notare che tale condanna arrivò 42 anni dopo la morte di Onorio. D’altra parte, indipendentemente da qualunque giudizio su Papa Onorio, è assodato che noi abbiamo un documento pontificio ufficiale che ammette che un papa possa cadere nell’eresia. Si tratta di un documento di Papa Adriano II, datato più di 200 anni dopo la morte di Onorio: «Dopo la sua morte, Onorio è stato anatemizzato dalla Chiesa d’Oriente; ma noi non dobbiamo dimenticare che fu accusato di eresia, il solo crimine che rendeva legittima la resistenza degli inferiori agli ordini dei loro superiori e il rifiuto delle loro dottrine maligne».

Come vediamo, la 1° opinione di San Roberto Bellarmino ha delle ragioni a favore e altre contro. Dobbiamo dunque affermare che questa opinione è solo probabile.


2° opinione

«Se cade nell’eresia, anche solo interna, il papa perde il suo pontificato ipso facto».
Oggi, questa opinione è stata abbandonata dai teologici. Dato che la Chiesa è visibile, è necessario che il suo governo sia visibile e quindi non dipende dagli atti interni.


3° opinione

«Anche se cade in una eresia notoria, il papa non perde mai il suo pontificato».
Xavier de Silveira commenta così: «tra i 136 autori che abbiamo consultato (per il libro LNM), Bouix è il solo che difende questa opinione».
Noi possiamo dire con San Roberto Bellarmino che questa opinione è solo molto probabile, perché va contro il consenso unanime della Tradizione della Chiesa.


4° opinione

«Se cadesse nell’eresia il papa perderebbe il suo pontificato ipso facto».
Alcuni autori dicono che il papa perderebbe il suo pontificato ipso facto nel momento in cui la sua eresia diventasse esterna; altri autori sostengono che il papa eretico perderebbe il suo pontificato solo quando la sua eresia diventasse notoria e diffusa pubblicamente.
Tra le cinque opinioni studiate da San Roberto Bellarmino, questa opinione appare la più probabile.


5° opinione

«Il papa eretico perde effettivamente il suo pontificato solo dopo una dichiarazione ufficiale di eresia». E’ chiaro che una tale dichiarazione non può essere giuridica, poiché il papa non ha superiori sulla terra in grado di giudicarlo. Si tratterebbe solo di un atto non giuridico col quale Gesù Cristo stesso priverebbe il papa delle sue funzioni.
Anche se tale opinione è difesa da teologi serii come Gaetano e Suarez, essa non è condivisa da San Roberto Bellarmino. In questa opinione io vedo due potenziali pericoli: il rischio di cadere nell’eresia del conciliarismo – che è stato condannato dalla Chiesa – o il rischio di cadere nel soggettivismo. Chi potrebbe mai dire con sicurezza che una dichiarazione di eresia emessa da un gruppo di vescovi non sarebbe un tentativo di deposizione?


3. conseguenze dell’eresia di un papa

3.1. Un papa può essere eretico?

Diversi papi hanno insegnato che un papa può insegnare delle eresie contro la fede. Papa Adriano VI († 1523), dice che: Se nella Chiesa romana si considera il capo o il Pontefice, è fuori questione che un papa possa errare negli ambiti relativi alla fede. Egli lo fa quando insegna una eresia tramite un suo giudizio o i suoi decreti. In verità, molti pontefici romani sono stati eretici. L’ultimo fu il Papa Giovanni XXII (†1334)».
Il beato papa Pio IX (†1878) ha riconosciuto il pericolo che un papa sia eretico e «insegni (…) in contrasto con la fede cattolica» e ha ordinato: «non seguitelo!». E ha detto anche: «se nel futuro un papa insegnasse qualsiasi cosa che fosse contraria alla fede cattolica, non seguitelo» (lettera a Mons. Brizen).


3.2.  Incompatibilità tra eresia e giurisdizione ecclesiastica

La Sacra Scrittura e la Tradizione insegnano chiaramente che vi è una profonda incompatibilità in radice tra la condizione di eretico e il possesso di un titolo di giurisdizione ecclesiastica, perché un eretico cessa di essere membro della Chiesa. Tuttavia, una tale incompatibilità non è assoluta, ed è per questo che i teologi usano l’espressione in radice. Come una pianta può rimanere verde per un certo tempo dopo che sono state tagliate le radici, così la giurisdizione può essere mantenuta, quantunque in maniera precaria, dopo che un chierico sia caduto nell’eresia (Suarez).
I teologi basano la loro argomentazione sul Diritto Canonico, canone 2314: «Gli apostati, gli eretici e scismatici incorrono nella scomunica; se ammoniti non resipiscono, saranno privati di benefici, dignità, pensioni, uffici o altro; saranno dichiarati infami e, se chierici, dopo una seconda ammonizione, deposti».
Poi, il Canone 2264 dichiara illeciti, ma non automaticamente invalidi, gli atti di giurisdizione posti da qualcuno che è stato scomunicato: «Un atto di giurisdizione posto da una persona scomunicata, sia in foro interno che in foro esterno, è illecito, tuttavia se è stata pronunciata un sentenza di condanna, esso diventa invalido, senza pregiudizio per le prescrizioni del Canone 2261; altrimenti è valido».
Dunque, il chierico eretico non perde automaticamente le sue funzioni, ma deve essere deposto con la buona e dovuta forma dall’autorità legittima.

Possiamo concluderne che l’eresia, anche esterna, non toglie automaticamente la giurisdizione. Contro la nostra tesi, certuni potrebbero utilizzare il canone 188 § 4: «Ogni ufficio diviene vacante per il fatto stesso e senza dichiarazione, nel caso di una rinuncia tacita riconosciuta dalla stessa legge, se il chierico… §4 abbandona pubblicamente la fede cattolica».

I sedevacantisti utilizzano questo Canone come una prova importante per le loro tesi, tuttavia questo Canone non può essere considerato come una prova finale che il papa ha perduto il suo ufficio. Si deve ricordare che il papa è sempre al di sopra della legge positiva, come quella del Canone 188. Un tale argomento sarebbe decisivo solo se potesse essere provato che le decisioni canoniche del Canone 188 appartengono al diritto divino positivo della Chiesa. Dovrebbe poi essere provato che questa legge divina positiva si applica con la buona e dovuta forma al caso specifico del papa.
Ma è proprio su questa questione che i più grandi teologi teologhi sono in disaccordo da secoli.


3.3. Giurisdizione dell’eretico

Pur essendo tagliata alla radice, la giurisdizione dell’eretico non sparisce automaticamente, ma rimarrà per tutto il tempo che sarà mantenuta dall’autorità superiore.
Un tale caso si verificherà se il Papa mantiene la giurisdizione di un vescovo eretico che non sia stato ancora punito secondo le disposizioni dei Canoni 2264 e 2314.
Ma che succede se lo stesso Papa cade nell’eresia? Chi ha il potere di mantenerlo nella sua giurisdizione? Non certo la Chiesa o anche un gruppo di vescovi, perché il Papa è sempre superiore alla Chiesa e non è vincolato dalla legge ecclesiastica.
Secondo LNM (7), Cristo stesso potrebbe mantenere, almeno per un certo tempo, la giurisdizione di un papa eretico.
Quale potrebbe essere la ragione che potrebbe giustificare il mantenimento di un papa eretico nelle sue funzioni? I teologhi hanno considerato diverse risposte a tale domanda. mantenere il papa eretico nella sua giurisdizione per tutto il tempo fino a quando la sua eresia diventi molto notoria e diffusa ampiamente. In questo frattempo, tutti gli atti di giurisdizione di un tale papa sarebbero validi e, se dovesse pronunciare una definizione dogmatica, anche questa sarebbe valida. In questo caso, sarebbe lo Spirito Santo a parlare per bocca del papa, come parlò per bocca dell’asina di Balaam (Numeri XXII, 28-30).
Questa conclusione di Xavier de Silveira è in pieno accordo col pensiero di San Roberto Bellarmino.
Il famoso Padre domenicano Garrigou-Lagrange (8) arriva alla stessa conclusione. Basando il suo ragionamento su Billuard, nel suo trattato De Verbo incarnato, egli spiega che un papa eretico, benché non sia più membro della Chiesa, può tuttavia rimanerne il capo. Infatti, ciò che è impossibile nel caso di un capo fisico è possibile, quantunque anormale, per un capo morale secondario. La ragione è che, mentre un capo fisico non può influenzare le membra senza ricevere l’influsso vitale dall’anima, un capo morale, come è il Romano Pontefice, può esercitare la sua giurisdizione sulla Chiesa anche se non riceve dall’anima della Chiesa un influsso di fede interiore o di carità.
In breve, il Papa è costituito come membro della Chiesa dalla sua fede personale, che può perdere, ma è il capo della Chiesa per la giurisdizione e l’autorità che ha ricevuto, e queste possono coesistere con la sua stessa eresia.


3.4. Eresia pubblica e notoria

Questi concetti devono essere intesi secondo i principii del Diritto Canonico.
Secondo la legge della Chiesa, un crimine pubblico non è necessariamente qualcosa che si fa in pubblico e che viene ripreso dalle videocamere della televisione, come pensa la maggior parte delle persone.
Ecco quello che ne dice il famoso canonista Bouscaren: «Classificazione secondo la pubblicità: un crimine è pubblico se è già noto al grande pubblico o se le circostanze portano a concludere che possa diventarlo  facilmente; (…) “Conosciuto in maniera pubblica” significa che è conosciuto dalla maggioranza degli abitanti o della comunità. Tuttavia, questo non deve essere compreso in maniera matematica, ma secondo una prudente stima morale.
Un crimine può rimanere occulto anche se è conosciuto da un certo numero di persone discrete; ma può diventare pubblico se viene a conoscenza di un piccolo numero di persone che si affrettano a divulgarlo» (9).
Siccome il Papa è il Pastore universale di tutta la Chiesa, come si possono applicare questi principii al caso della sua eresia?
Secondo i canonisti, un atto di eresia del Papa diventa pubblico se la sua conoscenza sarà stata diffusa ampiamente in mezzo ai fedeli della Chiesa universale, in modo tale che sia conosciuto dalla maggior parte di essi o almeno che sia praticamente impossibile impedirne la divulgazione. Questa eresia dovrà essere pubblicata in maniera ampia ed essere anche notoria – in modo da diventare pubblica secondo i termini canonici.
Perché l’eresia di un papa sia notoria, l’atto eretico deve essere conosciuto non solo in maniera pubblica, come abbiamo visto, ma deve essere anche compreso come un atto la cui responsabilità criminale è stato legalmente riconosciuta. In altri termini, per riconoscere legalmente la responsabilità criminale del papa eretico – in modo tale che la sua eresia possa essere dichiarata canonicamente notoria -  la conoscenza della sua eresia dovrà essere non solo diffusa ampiamente nella Chiesa, come abbiamo visto prima, ma dovrà anche essere riconosciuta dappertutto  come un crimine moralmente imputabile.


3.5. Notorietà di diritto e notorietà di fatto

3.5.1. Notorietà di diritto

Un crimine diventa notorio di una notorietà di diritto solo quando una sentenza giudiziaria è stata emessa da un giudice competente – ma il Papa non ha superiori e nessuno ha competenza giuridica per giudicarlo: «La prima Sede non può essere giudicata da nessuno» (10). Quindi nessun atto eretico di Giovanni Paolo II può essere considerato come notorio di una notorietà di diritto.


3.5.2. Notorietà di fatto

Possiamo dire la stessa cosa riguardo alla notorietà di fatto dell’eresia di un papa?
Perché sia così, essa dovrebbe essere riconosciuta ovunque come eretica e moralmente imputabile – come pertinace (persistente e determinata fino all’ostinazione).
Il che vuol dire che l’atto deve essere non solo notorio materialmente, essendo conosciuto in maniera ampia; ma anche notorio formalmente, essendo ampiamente conosciuto come imputabile moralmente e riconducibile al crimine di eresia formale.
Vediamo quello che ne dicono i canonisti: «Un reato è notorio di una notorietà di fatto se è conosciuto pubblicamente ed è stato commesso secondo delle circostanze che non permettono di considerare che possa essere nascosto con qualsiasi sotterfugio o scusato con una scusa riconosciuta dalla legge; vale a dire che il fatto del reato e l’imputabilità o la responsabilità criminale devono essere conosciute pubblicamente» (11).
Così, un atto di eresia papale sarà notorio di una notorietà di fatto solo se è “conosciuto pubblicamente” e se la sua “imputabilità o responsabilità criminale” è “conosciuta pubblicamente”. Visto che non vi è giudice competente per giudicare che il papa è colpevole, ne consegue che colpevolezza sarà notoria solo se è conosciuta dal grande pubblico – è anche richiesto che il grande pubblico sappia che l’atto sia imputabile moralmente. E’ anche richiesto che l’atto non possa essere scusato tramite il richiamo ad un qualsiasi “accidente”, ad una sorta di “legittima difesa” o ad un’altra qualsiasi scusa ammessa dalla legge; E’ anche necessario che non possa essere scusato con qualsiasi “sotterfugio”.


3.6. E’ possibile dichiarare che Giovanni Paolo II è un eretico notorio e pertinace?

Anche se i concetti di notorio e pertinace sono chiari in teoria, nondimeno la loro applicazione concreta è estremamente difficile, soprattutto nel caso di un papa.
La ragione principale è che una tale pertinacia è determinata dal riconoscimento dell’eresia da parte della legittima autorità. Sarebbe necessario che la conoscenza che Giovanni Paolo II ha commesso una eresia si diffondesse in tutta la Chiesa universale – cosa che evidentemente non è, poiché l’afferma solo una minoranza molto piccola della Chiesa, meno dell’1 per mille – ma sarebbe anche necessario che la conoscenza della colpa di eresia formale e pertinace del papa fosse anch’essa diffusa ovunque nella Chiesa.
Sarebbe anche richiesto che nessuna scusa potesse nascondere l’atto o la colpa: nessuna scusa dovuta a traduzioni falsificate del testo originale o a manovre delle telecamere; nessuna scusa proveniente da scrittori disonesti; nessuna scusa basata sull’età avanzata; nessuna scusa dovuta all’ignoranza o alla confusione sulla dottrina in questione; nessuna scusa dovuta ad un errore nella scrittura o nel discorso; nessuna scusa per il fatto che quelle parole “fossero in qualche modo compatibili con la dottrina della fede, a condizione che si comprenda il suo discorso nel quadro della filosofia moderna”; nessuna scusa basata su una sorta di legittima difesa ecclesiale in un contesto sociale ed ecclesiale che si ritiene liberale o ostile; anche se fosse impossibile nascondere il crimine e se non ci fosse una difesa o una scusa che non possa essere presa legalmente, tuttavia la maggior parte della Chiesa dovrebbe essere in grado di riconoscere la colpa morale e il fatto che l’atto non ha una scusa legale.
Sarebbe necessario che il crimine non potesse essere nascosto alle persone in qualunque modo o con qualunque stratagemma, né dai preti né dalla stampa cattolica.
E’ un fatto che la Chiesa ha numerose risorse e che i fedeli sono molto docili e rispettosi e che praticamente nessuno ha conosciuto l’eresia di un papa, per non parlare della sua colpevolezza morale e della inescusabilità legale. Infatti, i preti e i fedeli hanno abbracciato le stesse eresie di Giovanni Paolo II e non vi trovano niente di male o anche dicono che è “il miglior papa” che sia mai esistito; cose che si sentono dire frequentemente. Anche la stragrande maggioranza della minoranza che non ha abbracciato le sue stesse eresie non accetta che il papa sia nell’eresia - e la piccola parte che vede chiaro tende a scusarlo come se non avesse la pertinacia richiesta, ma cerca di spiegare il suo atteggiamento con la situazione generale in cui si trova la Chiesa, soprattutto dopo il Vaticano II, che ha accecato quasi tutti su un certo numero di vere dottrine della Fede.
E’ evidente che l’eresia di Giovanni Paolo II è formalmente nascosta, secondo i criterii canonici, poco importa che essa appaia chiara a certi “tradizionalisti”; i suoi atti non sono stati riconosciuti  come moralmente impupabili e legalmente inescusabili. Dunque la sua eresia non può essere riconosciuta come notoria di fatto e, di conseguenza essa non è notoria; e le condizioni legali con cui i canonisti hanno dimostrato la possibilità che un papa perda il suo ufficio a causa della sua eresia, non sono soddisfatte.


3.7. Si può presumere la pertinacia di Giovanni Paolo II?

Di fronte all’insistenza del Papa nel promuovere nuovi percorsi, che vanno contro la Tradizione e ai suoi attuali testimoni, è possibile avanzare questa opinione?
In sé forse, ma certo non in maniera sociale, tale che si possa giungere alla perdita dell’ufficio, ecc… che non può essere presunta, ma deve essere provata, altrimenti le società non potrebbero sopravvivere.
Si può comprendere che una risposta molto affrettata e imprudente a questa domanda difficile potrebbe facilmente portare qualcuno a impantanarsi nelle sabbie del sedevacantismo.
Se Giovanni Paolo II fa spesso affermazioni o dichiarazioni che portano all’eresia, nondimeno è difficile provare che egli se ne renda conto e che rifiuti un dogma della Chiesa (12). Com’è possibile per dei sudditi provare con certezza morale che il Papa, nel profondo del suo cuore (cioè in sé stesso) speri e lavori scientemente per il male di questi sudditi e che è per questo motivo che ha promulgato delle leggi malvagie?
Non è possibile.
Come liberale tipico, Giovanni Paolo II moltiplica le dichiarazioni ambigue e fa delle concessioni per piacere al mondo. Può accadere che egli pronunci delle dichiarazioni eretiche senza rendersene conto: dunque non può essere considerato un eretico formale (13).
Di conseguenza, finché non è possibile concludere con prove certe, è più prudente astenersi dal giudicare.
Fu questa l’attitudine prudente di Mons. Lefebvre.


4. Problemi con la tesi sedevacantista

Dopo avere studiato la possibilità teologica e canonica che un papa cada nell’eresia, vorrei trattare un argomento che ci tocca da vicino: cosa dobbiamo pensare delle teorie sedevacantiste che si diffondono intorno a noi.


4.1. Sulle qualità della Chiesa: Visibilità e Indefettibilità

La maggiore difficoltà del sedevacantismo è il poter spiegare come la Chiesa possa continuare ad esistere in maniera visibile una volta privata del suo capo.
San Roberto Bellarmino espone la credenza universale e constante della visibilità della Chiesa. Egli dice che questo è provato dalla necessità di obbedire al capo visibile della Chiesa, sotto pena di dannazione eterna (14). La visibilità della Chiesa è direttamente legata al Pontefice romano. Il concilio Vaticano I ha insegnato che la permanenza e la fonte dell’unità della Chiesa dipendono dall’esistenza perpetua del Pontefice romano: «Perché l’episcopato fosse uno e non diviso, perché, grazie alla unione stretta e reciproca con i pontefici, l’intera moltitudine dei credenti fosse conservata nell’unità della fede e della comunione, piazzando il beato Pietro al di sopra degli altri Apostoli, Egli stabilì nella sua persona il principio durevole e il fondamento visibile di questa doppia unità (…) Poiché le porte dell’inferno si ergono da tutte le parti con un odio di giorno in giorno crescente contro questo fondamento stabilito da Dio, per rovesciare, se lo potessero, la Chiesa, Noi riteniamo necessario per la protezione, la salvaguardia e l’accrescimento del gregge cattolico, con l’approvazione del santo concilio, di proporre a tutti i fedeli la dottrina che devono credere e mantenere sulla istituzione, la perpetuità e la natura del primato della Sede apostolica, su cui poggiano la forza e la solidità della Chiesa, in conformità con la fede antica e costante della Chiesa universale, e anche di proscrivere e condannare  gli errori contrarii, così perniciosi per il gregge del Signore» (15).

Dom Gréa utilizza dei termini molto forti per spiegare la perpetuità della Sede di Pietro:
«Se l’istituzione di San Pietro è tale perché tramite lui, e solamente per lui, Gesù Cristo, capo della Chiesa, sia reso visibile … E’ evidente che una tale istituzione deve durare quanto la Chiesa, poiché la Chiesa non può essere privata per un solo istante della comunicazione di vita che le viene dal suo capo. Se dunque la Chiesa non può privarsi un solo giorno della presenza manifestata e del governo esteriore e visibile del suo divino sposo, era necessario prevedere la successione di San Pietro» (16).
Questa citazione da Dom Gréa deve essere compresa correttamente. Tra la morte di un papa e l’elezione del successivo, vi è un periodo di interregno in cui il governo visibile della Chiesa è assicurato giorno per giorno dagli uffici della Santa Sede. Ecco come la permanenza dell’istituzione di San Pietro continua da un papa al suo successore.
I papi San Pio X, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II stabilirono delle regole precise per il tempo della vacanza della Sede Apostolica, tra la morte di un papa e l’elezione del suo successore. Queste regole precisano i poteri dei cardinali e della Curia romana durante l’interregno. Il più lungo interregno della storia della Chiesa durò tre anni.
Adesso, per coloro che seguono la teoria dei sedevacantisti, la Chiesa sarebbe senza papa da almeno quarant’anni.
I sedevacantisti (17) affermano di non rifiutare il papato, il primato e l’indefettibilità della Chiesa, ma è un fatto che non possono dirci in maniera oggettiva chi sarà il prossimo papa e da chi sarà eletto. Ecco la principale difficoltà della loro tesi.


4.2. Elezione dei papi recenti: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II

La Costituzione Apostolica Cum ex Apostolatus di Papa Paolo IV (1555-1559) dichiara invalida l’elezione di un eretico a qualsiasi funzione ecclesiastica, compreso il sommo pontificato. Tuttavia, questa bolla non può essere utilizzata per provare l’invalidità dell’elezione di Paolo VI e di Giovanni Paolo II.
Innanzi tutto, bisogna ricordare che questa bolla era semplicemente disciplinare e non dottrinale. Da allora, la Chiesa ha ritenuto che sarebbe stato preferibile per lei essere governata  da un eretico validamente, piuttosto che trovarsi nella situazione di essere governata da un eretico invalidamente e i cui atti sarebbero quindi nulli e come non avvenuti.

La legge che governava le elezioni papali e che era in vigore al momento delle elezioni dei papi Giovanni XXIII e Paolo VI era quella pubblicata per ordine di Papa Pio XII l’8 dicembre 1945: «Nessun Cardinale - per qualsiasi pretesto o motivo di scomunica, sospensione o interdetto, o per qualsiasi altro impedimento ecclesiastico - può essere escluso dall’elezione attiva e passiva del Sommo Pontefice. Di conseguenza, sospendiamo l’effetto di tali censure solo in ragione della suddetta elezione; in qualsiasi altra occasione, esse (le censure) rimangono in vigore» (18).
Ora, la partecipazione “attiva” ad una elezione equivale al voto e la partecipazione “passiva” alla possibilità di essere eletto, divenendo il soggetto “passivo” dell’elezione. Dunque, nessun cardinale sottoposto a qualsivoglia scomunica era “escluso dall’elezione attiva e passiva del Sommo Pontefice” e chiunque di loro due avrebbe potuto diventare papa. Ne consegue che, anche se Giovanni XXIII e Paolo VI fossero stati scomunicati per un qualche motivo sarebbero stati comunque eletti validamente al papato.
La stessa conclusione può essere applicata a Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, che sono stati eletti sotto una legislazione sostanzialmente identica, pubblicata il 1 ottobre 1975 da papa Paolo VI. Anch’essi sono stati eletti validamente.
Il Padre Brian W. Harrison commenta:
«Se la legge della Chiesa richiedeva che un cardinale fosse esente da censure ecclesiastiche per essere eleggibile al papato, gli elettori non avrebbero avuto alcuna garanzia che un candidato fosse in realtà ineleggibile a causa di un crimine segreto per il quale era incorso nella scomunica. Senza rendersene conto, avrebbero contribuito a un’elezione non valida, in cui il “papa” da loro eletto non sarebbe stato realmente tale. L’invalidità dei suoi atti sarebbe stata una sorta di cancro spirituale, che avrebbe lentamente distrutto le strutture vitali della Chiesa dall’interno: i vescovi da lui nominati non avrebbero avuto alcun diritto reale di governare le rispettive diocesi; qualsiasi legislazione da lui approvata non avrebbe avuto forza di legge; e, in particolare, i cardinali da lui nominati non avrebbero potuto eleggere validamente un futuro papa. Come potremmo quindi avere di nuovo un vero Papa? Chi sarebbe competente a decidere la situazione? Quando il fatto di questa scomunica occulta venisse alla luce, il caos che ne deriverebbe sarebbe inimmaginabile. Nessuno potrebbe essere sicuro di chi avrebbe ancora la vera autorità nella Chiesa, e uno scisma - probabilmente una serie di scismi - sarebbe quasi inevitabile. Per questa situazione catastrofica, le leggi della Chiesa prevedevano quindi che, se eletto Papa, anche un eretico segreto o addirittura un apostata, potesse effettivamente salire sulla Cattedra di Pietro con pieni diritti di giurisdizione sulla chiesa universale sulla terra» (19).

Mons. Lefebvre fece anche allusione ad un altro problema che avrebbe potuto incidere sull’elezione dei papi recenti: «l’allontanamento dei cardinali con più di 80 anni e le conventicole che hanno preparato i due ultimi conclavi non renderebbero invalida l’elezione di questi papi: forse invalida è troppo, ma comunque dubbia? Tuttavia, l’accettazione di fatto posteriore all’elezione e l’accettazione unanime da parte dei cardinali e del clero romano basta a rendere valida l’elezione. E’ questa l’opinione dei teologi» (20).


4.3. Il caso del Cardinale Siri

Certi sedevacantisti sostengono che i conclavi che hanno eletto i papi Giovanni XXIII e Paolo VI e quindi anche Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II sono stati affetti da diversi gravi difetti. Si sostiene che il cardinale Giuseppe Siri, ex arcivescovo di Genova, in Italia, sarebbe stato eletto papa nel corso dei conclavi del 1958, 1963 e forse 1978. Il cardinale Siri era estremamente popolare in Italia, soprattutto in ragione delle sue importanti realizzazioni in ambito sociale a Genova. Egli era anche considerato un convinto conservatore, sebbene non si fosse schierato pubblicamente in difesa della Tradizione durante il concilio Vaticano II. Dunque, apparentemente il cardinale Siri sarebbe stato eletto durante il conclave che ha seguito la morte di Papa Pio XII. Alcuni arrivano anche ad affermare che avrebbe accettato l’elezione da parte dei suoi fratelli cardinali e avrebbe preso il nome di Gregorio XVII.
Poco tempo prima che l’elezione fosse resa pubblica al mondo, un gruppo di cardinali si sarebbe rivoltato contro di lui e l’avrebbe costretto a rinunciare al supremo pontificato. Poi fu scelto il cardinale Roncalli e fu presentato al mondo col nome di Giovanni XXIII.
Certi sedevacantisti affermano di aver trovato un rapporto dell’FBI che avallerebbe questa ipotesi. Essi aggiungono che il “papa Siri” avrebbe creato segretamente dei cardinali per potergli succedere in futuro.

Francamente, questa ipotesi non ha senso, per diverse ragioni.
Prima di tutto, vi è una legge della Chiesa che vincola al segreto tutti i partecipanti ad un conclave, sotto pena di scomunica nei confronti di chiunque violasse tale segreto. Anche se il cardinale Siri fosse stato eletto correttamente papa, è un fatto che egli non l’abbia mai mostrato in pubblico. Egli fu tra i cardinali che prestarono fedeltà ai papi Giovanni XXIII e Paolo VI. Dopo i conclavi del 1968 e del 1963 egli ritornò nella sua diocesi di Genova.
Nel 1969, quantunque a malincuore, egli adottò il Novus Ordo Missae. Nel frattempo, un prete francese, Don Guérin, aveva fondato a Genova una comunità di preti “conservatori”.
Negli anni 70, Don Guérin viveva a Parigi, in Francia, dove celebrava una Messa Novus Ordo tutta in latino, con berretta e incenso, alla quale ho assistito alcune volte. Io conoscevo personalmente due membri della comunità di Don Guérin che erano stati ordinati preti dal cardinale Siri. Essi hanno adesso un apostolato in Francia e celebrano la Nuova Messa. La loro ordinazione venne fatta con la Nuova Messa, quantunque nella maniera più tradizionale. Infine, il cardinale Siri è morto nel 1989.

Ma la ragione più importante per la quale dobbiamo scartare la tesi del “papa Siri” è il principio fondamentale secondo il quale una accettazione pacifica di un papa dalla Chiesa universale è il segno  e l’effetto infallibile di una elezione valida.
Tutti i teologi sono d’accordo su questo punto. Il cardinale Billot dice: «Dio può permettere che una vacanza della Sede Apostolica duri un certo tempo. Egli può anche permettere che qualche dubbio si sollevi sulla legittimità di questa o quella elezione. Tuttavia, Dio non permetterà mai che l’intera Chiesa riconosca come papa qualcuno che non lo è realmente e legalmente. Così che, una volta che un papa è accettato dalla Chiesa e che è unito ad essa come il capo è unito al corpo, non si può sollevare il minimo dubbio che l’elezione sia stata viziata… Perché l’accettazione universale della Chiesa sana in radice qualunque elezione viziata.» (21).

Adesso la prova per assurdo: immaginiamo che io abbia completamente torto e che, in realtà, il cardinale Siri sia stato il vero papa che è uscito dai conclavi del 1958 e del 1963. Spingiamoci oltre: immaginiamo per un momento che “papa Siri” abbia nominato segretamente dei cardinali che gli potessero succedere dopo la sua morte. Tali cardinali nominati segretamente sono chiamati cardinali in pectore (vicini al cuore). E’ successo un certo numero di volte nella storia della Chiesa che dei papi abbiamo creato dei cardinali in pectore.
Per diverse ragioni, i papi non hanno voluto rendere pubblici i loro nomi, almeno per un certo tempo. Abitualmente la ragione invocata era per proteggere la vita di tali cardinali che vivevano in paesi in cui la Chiesa era perseguitata. Questo fu il caso del cardinale Slipyj, capo della Chiesa ucraina dal 1944 al 1984.
Vi è tuttavia una regola che dice che il nome di ogni cardinale creato in pectore deve essere reso pubblico dal papa che l’ha nominato. Dunque, tutti i cardinali creati in segreto il cui nome non è stato reso pubblico prima della morte del papa che li ha nominati perderebbero automaticamente il loro titolo (22). Questo fu il caso del cardinale Slipyj che era stato nominato cardinale in pectore da Giovanni XXIII nel 1960. Visto che Giovanni XXIII non rivelò mai il suo nome, il cardinale Slipyj non poté partecipare al conclave del 1963. Tuttavia, nel 1965, il Papa Paolo VI ripristinò ufficialmente il titolo del cardinale Slipyj, dandogli così tutti i diritti  e i privilegi di un cardinale di Santa Romana Chiesa. Di conseguenza, tutti e ciascuno dei cardinali che sarebbero stati nominati segretamente dal “papa Siri” perdettero il loro titolo nel 1989, alla morte del cardinale Siri, e perdettero automaticamente il diritto di partecipare all’elezione del successore del “papa Siri”.

Un tale argomento non è forse conclusivo per certuni. Essi potrebbero dirci che il “papa Siri” cambiò la legge per l’elezione pontificia in modo da permettere ai cardinali in pectore di parteciparvi, e così di assicurare l’elezione del suo successore.
Quando ci si spinge così lontano, la sola cosa che noi possiamo dire è che questi malati di cospirazione hanno perduto completamente il contatto con la realtà.


4.4. Il caso di Mons. Thuc

Poco importano le divisioni del mondo sedevacantista, è un fatto assodato che esso sopravvive sacramentalmente grazie alle consacrazioni episcopali di Mons. Martin Ngo-Dihn-Thuc (1897-1948).
Mons. Thuc era l’ex arcivescovo cattolico romano di Hué, nel Vietnam. All’epoca della caduta del Vietnam in mano comunista, nel 1975, egli dovette andare in esilio fuori dal paese e fu più o meno abbandonato dalle autorità romane. Nel 1976, egli consacrò vescovo Clemente Dominguez, il fondatore della setta di El Palmar de Troya, in Spagna.
Mons. Thuc venne allora scomunicato dal Vaticano a causa di questa consacrazione, ma venne “riconciliato” da Paolo VI nel corso dello stesso anno.
Nel 1977, consacrò vescovo Mons. Laborie, il fondatore della setta chiamata Chiesa Latina di Tolosa. Poi, nel 1981-1982, consacrò vescovo Mons. Guérard des Lauriers e altri tre vescovi, in diverse cerimonie voltesi in segreto nel suo appartamento di Tolone, in Francia.
Nel 1982, pubblicò un documento chiamato Dichiarazione di Monaco, col quale dichiarò vacante la Sede di Pietro, affermando che Giovanni Paolo II aveva perduto il suo incarico.
Poi, Mons. Thuc venne “riconciliato” dal Vaticano poco prima della sua morte, nel 1984.

Così, dal 1976 alla sua morte, Mons. Thuc oscillò tra sedevacantismo e riconciliazione col Vaticano.
Questo fatto è sufficiente perché ci si interroghi sulla serietà della Dichiarazione di Monaco.
Io penso che fosse un uomo buono, di cui abusarono in molti in ragione della sua disponibilità a consacrare dei vescovi; non potrebbe essere considerato come colui che Dio avrebbe scelto come strumento della Sua Provvidenza, quantunque il suo agire apparisse provvidenziale ai sedevacantisti! (23).
Non dimentichiamo che i vescovi sedevacantisti e i preti che essi hanno ordinato vengono tutti dalla linea episcopale di Mons. Thuc.


5. Attitudine sedevacantista

5.1. Messa Una cum

Mons. Guérard des Lauriers (24) aveva l’abitudine di dire che: «citare il nome di Giovanni Paolo II al Te igitur della Santa Messa è oggettivamente e ineluttabilmente un doppio crimine di sacrilegio e di scisma capitale».
Al contrario, l’espressione Una cum del Canone della Messa non significa che si affermi di essere «in comunione» con le opinioni erronee del papa, ma invece che si vuole pregare per la Chiesa e «per» il papa, il suo capo visibile.
Per essere certi di questa interpretazione, segnaliamo la rubrica del Messale per la celebrazione della Messa da parte di un vescovo. In questo caso, il vescovo deve pregare per la Chiesa «Una cum… me indigno famulo tuo», che non significa che egli prega «in comunione… con me stesso, vostro indegno servitore» (che non avrebbe senso!), ma che prega «e per… me stesso, vostro indegno servitore».
Si può dunque dire che coloro che rifiutano di nominare il papa durante il Canone della Messa pensano che la Chiesa abbia perduto il suo capo visibile. Questa attitudine è scismatica!


5.2. Validità dei nuovi Sacramenti

Molti sedevacantisti sostengono che la Nuova Messa e i nuovi Sacramenti sono sempre invalidi. Essi ritengono che tutti i preti ordinati col nuovo rito, dopo il 1969, non sono preti.

Su questo argomento, mi si permetta di citare Mons. Lefebvre: «Ora, è facile dimostrare che la nuova Messa … manifesta un accostamento inspiegabile con la teologia e il culto protestanti. I dogmi fondamentali della Santa Messa non vi appaiono più con chiarezza e sono anche contraddetti… Dobbiamo quindi dire che tutte queste Messe sono invalide? Posto che le condizioni essenziali esistenti per la validità, cioè la materia, la forma, l’intenzione e il prete validamente ordinato, non si vede come lo si potrebbe affermare. Le preghiere dell’Offertorio, del Canone e della Comunione del prete che circondano la consacrazione sono necessarie per l’integrità del Sacrificio e del sacramento, ma non per la sua validità… Che vi siano sempre meno Messe valide via via che la fede dei preti si corrompe e che non hanno più l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa, poiché la Chiesa non può cambiare l’intenzione, è evidente. L’attuale formazione di coloro che sono detti seminaristi non li prepara a celebrare delle Messe valide» (25).


5.3. Confusione sulla vera natura della Chiesa

A questo punto, vorrei poter offrire una diagnosi dell’attitudine sedevacantista, non formulata da me.
«I sedevacantisti sono veramente ossessionati dalla questione del papato. Ci si può chiedere se in molti di loro questo non sia dovuto ad una sorta di trauma psicologico. La loro ancestrale venerazione per il papa sembra aver scatenato un vero panico di fronte al contrasto che esiste tra la loro immagine idealizzata e cara del papato e la realtà dei papi Paolo VI e Giovanni Paolo II. Il sedevacantismo appare più come un problema psicologico che teologico… noi vediamo dunque fin troppo bene gli effetti che queste considerazioni teologiche possono produrre su dei cattolici appassionati. Essi sono diventati i papi di se stessi. Giudicano i loro preti. Molti di loro non fano più ricorso al sacramento della penitenza. Non ascoltano più gli insegnamenti infallibili della Chiesa. In linea generale, essi portano la rovina morale nelle loro famiglie» (26).

La loro immagine cara e ideale del papato li porta ad agire in pratica come se la Chiesa fosse solo una istituzione divina. E invece, la Chiesa fondata da Gesù Cristo è insieme divina e umana. Essa è divina nella sua origine, nella persona del suo fondatore e nel suo capo invisibile … ma è umana nei suoi membri, in particolare nel suo capo visibile, il papa.
In quanto divina, la Chiesa è la sposa di Cristo senza macchia e senza difetti… ma in quanto umana la Chiesa è composta da uomini che, come voi e come me, sono dei peccatori. Quindi non dobbiamo sorprenderci se l’attuale papa possa tradire il suo Maestro, come fece San Pietro.
Col sedevacantismo possiamo rivivere i vecchi errori di Jean Wycliffe e di Jean Hus, che pretendevano che i peccatori avevano cessato di essere membri della Chiesa.
Ecco alcune proposizioni condannate dal Concilio di Costanza (1414-1418): «Se il papa è reprobo e malvagio, e di conseguenza un membro del diavolo, nessuno gli ha dato del potere sui fedeli, salvo forse Cesare» (27) e «Se il papa è malvagio e soprattutto se è riprovevole, come Giuda l’apostolo, egli è del diavolo… non è il capo della Santa Chiesa militante, poiché non vi fa più parte» (28).


5.4. Soggettivismo

Poco importa come essi cercano di giustificare la loro posizione, dobbiamo necessariamente ammettere che la tesi sedevacantista non è basata su fatti oggettivi, ma piuttosto sul soggettivismo. Il criterio oggettivo richiesto dalla teologia cattolica per il riconoscimento di un vero papa è il riconoscimento dell’eletto da parte dei cardinali, dei vescovi e da tutta la Chiesa. Nel cervello dei sedevacantisti questo criterio non può più essere oggettivo, ma si dovrà necessariamente fare appello ad una fonte che è fondamentalmente soggettiva, anche se si cercherà di giustificarsi facendola apparire come oggettiva.
Poiché l’attitudine sedevacantista non è basata sui principii sicuri e oggettivi della teologia cattolica, non deve sorprendere il vedere certi rovesciamenti e inversioni quantomeno sorprendenti: negli anni 80, il Padre Olivier (Louis-Marie) de Blignières, che era un ardente difensore della tesi sedevacantista di Padre Guérard des Lauriers, aveva fondato in Francia una comunità.
Poi, nel 1988, sulla scia del motu proprio Ecclesia Dei adflicta di Papa Giovanni Paolo II, lo stesso Padre de Blignières fece una completa inversione di marcia e si mise nelle mani della Commissione Ecclesia Dei. La sua comunità fu immediatamente riconosciuta dalle autorità romane col nome di Fraternità San Vincenzo Ferreri, e ottenne lo statuto di diritto pontificio. Nel corso degli anni 80, in campo dottrinale, il Padre de Blignières pensava che la libertà religiosa fosse eretica. Adesso egli scrive dei libri per giustificare la libertà religiosa del Vaticano II (29).


6. Giudizio sul sedevacantismo

Potremmo dire che la tesi sedevacantista è semplicemente una tesi errata che dovremmo tollerare in uno spirito di carità? No. Io penso che il sedevacantismo è molto pericoloso, esso conduce ad una attitudine che non è cattolica, ma scismatica.


6.1. Scisma

«Di conseguenza, è vero che vi possono essere delle discussioni teologiche per sapere se i sedevacantisti sono formalmente scismatici o no, ma la risposta dipende dal grado di sedevacantismo. Vi sono dei sedevacantisti radicali, che dicono che noi siamo eretici perché siamo in comunione con un eretico (Wojtyla). Costoro sono certamente scismatici, perché rifiutano chiaramente la comunione con i veri cattolici, che non sono affatto modernisti. Facendo del loro sedevacantismo quasi un articolo di fede, essi rientrano certamente nella categoria delle persone considerate nel Canone 1325 § 2, che dichiara chi è scismatico: «E’ scismatico colui che rifiuta la comunione con i membri della Chiesa che gli sono sottomessi (al Sommo Pontefice)».
Come conseguenza del loro rifiuto di essere parte della Chiesa e del fatto che fanno una “chiesa” secondo le loro idee, i sedevacantisti sono certamente scismatici (30). E’ questo propriamente il caso del CMRI [Congregazione di Maria Regina Immacolata] (Mont St. Michel, a Spokane, USA), che dice: «I cattolici tradizionali sono soggetti alla gerarchia locale e in ultima analisi a Roma? … Egli (il sedevacantista) riconosce che di fatto non è un suddito e sotto l’obbedienza di Giovanni Paolo II» (31).

Altri sedevacantisti dicono che, tenuto conto del cedimento della gerarchia del Vaticano II, adesso possono eleggere un loro papa. Una tale teoria è chiamata conclavismo.
Si tratta della categoria più radicale del sedevacantismo, ma di fatto la più logica.
Adesso vi sono una ventina di “papi” nel mondo, per esempio “Gregorio XVII”, a Saint-Jovite nel Québec; “Pio XIII” negli Stati Uniti…
Certamente, il conclavismo è scismatico. Questo significa che ogni sedevacantista è uno scismatico formale? Non mi spingerei fino a tanto. Tra coloro che seguono le teorie sedevacantiste vi è un certo numero di cattolici perplessi che sono attratti dalle risposte “semplici” e “chiare” dei maestri sedevacantisti riguardo ai problemi posti dalla situazione nella Chiesa.

E’ principalmente a questi cattolici perplessi che è rivolto questo studio: diffidate dei miraggi del sedevacantismo, essi vi allontaneranno dalla Chiesa e dai sacramenti!


6.2. Malattia spirituale dei sedevacantisti

6.2.1. Desolazione spirituale

E’ possibile comprendere lo stato d’animo dei sedevacantisti?
Io direi che esso è caratterizzato da un’idea fissa, che è quasi un’ossessione. Apparentemente, il loro pensiero è fissato sul problema del papa, che appare loro come molto serio e molto urgente.
E’ un caso tipico di desolazione spirituale, che turba la loro anima finché non trovano una “risposta chiara” a questo problema serio. I sedevacantisti affermano che vi è un bisogno urgente di esprimere un giudizio sui papi del Vaticano II. Per loro si tratta del problema fondamentale su cui tutti i cattolici tradizionali dovrebbero concentrarsi. Per esempio, ecco una citazione di Mons. Pivarunas: 
«Per quanto spiacevole, i cattolici tradizionali si trovano di fronte a problemi terribili e a domande scottanti: la Chiesa conciliare è la Chiesa cattolica? Giovanni Paolo II, come capo della Chiesa conciliare, è un vero papa? … Il meno che si possa dire è che la questione del papa è una questione difficile, e non è piacevole; ma è una questione necessaria e di una tale importanza, che non può essere ignorata» (32).

Riassumiamo l’approccio sedevacantista al problema del papa:

- E’ una questione che sta loro a cuore:
- Essi reclamano una risposta finale con una certezza assoluta;
- Questo problema è talmente urgente che diventa il centro della loro attenzione, al punto da perdere di vista il resto.

Così, non è tanto contro la Chiesa moderna – di cui non hanno molta stima – che dirigono le loro frecce, ma contro i loro fratelli cattolici tradizionali che non condividono le loro conclusioni.

San Francesco di Sales ha sofferto una desolazione spirituale simile, a proposito della predestinazione. La sua intelligenza era impantanata in questo problema e la paura di essere condannato, qualunque cosa facesse, non lo abbandonava mai. Più studiava, più sorgevano nuove domande e più si disperava.
In che modo San Francesco riuscì ad uscire da questa prigione intellettuale?
Un giorno, egli cadde in ginocchio davanti ad una statua della Madonna e disse: «O Santa Vergine, sento che sto per essere dannato. Se devo maledire Dio per l’eternità, vorrei almeno offrirti questo giorno per rendere gloria a Dio». Si rialzò guarito.
Era riuscito a mettere la sua ossessione in secondo piano a vantaggio dell’umile compimento del suo dovere quotidiano.

Applichiamo questo esempio al parassita sedevacantista:
«Chi sa se Giovanni Paolo II è papa? Chi sa se la Fraternità San Pio X è scismatica perché riconosce il papa e non gli obbedisce?»
In un cervello sedevacantista, tali domande producono delle profonde reazioni emotive, che portano alla collera e al panico: il sedevacantista esige subito una risposta completa.
Questa sorta di desolazione spirituale è molto pericolosa. Essa minaccia le anime pie che si sono convinte che tradirebbero la loro coscienza se osassero ignorare questi problemi fondamentali.
Questo problema affligge le persone che sono tentate dall’orgoglio intellettuale e che hanno la tendenza a cercare le soluzioni più estreme e disperate, come Frate Michael Diamond, del Monastero della Santissima Famiglia.


6.2.2. Rimedio

Nel libro degli Esercizi Spirituali, Sant’Ignazio di Loyola dà le regole per il discernimento degli spiriti. Ecco quelle che dovrebbero essere applicate alcaso della desolazione spirituale dei sedevacantisti:
non fare alcun cambiamento alle risoluzioni precedenti (5° regola);
contrattaccare la tentazione con la preghiera e la penitenza (6° regola);
compiere un atto di volontà col quale ci si rifiuta di lasciarsi coinvolgere in una controversia che non si è qualificati a risolvere (12° regola).

Per ottenere questo scopo bisogna praticare una stretta disciplina intellettuale e una mortificazione della propria volontà, detta anche umiltà. Nella nostra vita di tutti i giorni vi sono dei problemi che non siamo in grado di risolvere, perché non siamo qualificati per farlo. Dobbiamo riconoscerlo con umiltà.
Più ancora, io penso che sia necessario calmarsi e sdrammatizzare il problema del papa: quando vi presenterete davanti a San Pietro non pensate che vi chiederà quale opinione avete di uno dei suoi successori.
Sia chiaro: io non pretendo di voler evitare il problema reale della Chiesa dopo il Vaticano II, ma voglio semplicemente offrire alcune semplici regole di disciplina intellettuale per sdrammatizzare la questione sedevacantista, che appare chiaramente come un caso di desolazione intellettuale.
Ricordatevi sempre che il demonio è un mentitore. Egli si serve del parassita sedevacantista per distogliere certe anime pie dai mezzi di santificazione: la Messa e i sacramenti.
State in guardia! 


7. La vera natura del Magistero Infallibile

7.1. E’ concepibile che si possa trovare un’eresia in un documento del magistero?

Uno studio sia pure superficiale dei teologi che hanno parlato dell’argomento del papa eretico porterebbe ad una risposta negativa a questa domanda. Esaminata con gli occhiali sedevacantisti si arriverebbe alla conclusione che l’esistenza dell’eresia nel magistero di Giovanni Paolo II è una prova in più che egli non sarebbe papa, e dunque che tutto il suo magistero sarebbe nullo e non avvenuto.
Tuttavia, è un fatto che tutti gli autori che hanno studiato la possibilità di un papa eretico hanno solo considerato la possibilità di un papa eretico come persona privata (33) e hanno considerato fuori discussione la possibilità di un’eresia in un documento ufficiale, come riporta Xavier de Silveira (34).
Di conseguenza, nel suo articolo sulla infallibilità del papa, Dublanchy dice che non si può concludere che, in ragione della sua infallibilità, il papa non possa mai cadere nell’eresia come dottore privato (35).


7.2. Fallibile o Infallibile?

Solo recentemente, dopo la definizione dell’infallibilità al Vaticano I, l’argomento dell’infallibilità del magistero ordinario è entrato nel dibattito teologico.
E’ molto importante avere le idee chiare sulla natura del magistero infallibile del papa.

Io vorrei raccomandare il libro Pope or Church? (36) che contiene due saggi sull’infallibilità del magistero ordinario. Questo libro è stato riassunto in un articolo pubblicato nelnumero di gennaio 2002 della rivista SiSi NoNo (versione inglese): «La cosa che da più preoccupazione ai cattolici nella presente crisi della Chiesa, è proprio il “problema del papa”. Ci servono idee chiare su questo argomento. Noi dobbiamo evitare lo sbandamento a destra e a sinistra, da un lato per lo spirito di ribellione, dall’altro per una obbedienza inadeguata e servile. L’errore magistrale soggiacente a molte delle catastrofe attuali è credere che il “Magistero Autentico” non sia nient’altro che il “magistero ordinario”».

E’ molto importante comprendere bene ciò che è e ciò che non è infallibile nel magistero del papa. Xavier de Silveira afferma che non si può escludere la possibilità dell’esistenza di una eresia in un documento pontificio non infallibile (37).
Il Rev. Padre Le Floch, Superiore del seminario francese di Roma, nel 1926 predisse: «L’eresia che sta per nascere sarà la più pericolosa di tutte: l’esagerazione del rispetto dovuto al papa e l’estensione illegittima della sua infallibilità».
Uno dei suoi studenti era il futuro arcivescovo Marcel Lefebvre.


7.3. Il caso del Magistero Conciliare

Io vorrei citare un articolo molto dettagliato di Don Alvaro Calderon, FSSPX, pubblicato su Le Sel de la Terre (38). In questo articolo, Don Calderon analizza le condizioni richieste per l’infallibilità del magistero ordinario. Egli conclude che il magistero conciliare (del Vaticano II e postconciliare) non è coperto dal carisma dell’infallibilità: «vi sono due maniere per esercitare il carisma dell’infallibilità, una straordinaria e l’altra ordinaria e universale. Ora, vinte dal liberalismo, le autorità conciliari non hanno voluto insegnare con l’infallibilità in modo straordinario, e per questo stesso motivo, esse hanno impedito al magistero ordinario di arrivare all’universale. Ecco perché il magistero conciliare non è infallibile e non potrà diventarlo in alcun modo fintanto che le autorità ecclesiastiche non abbandonino il loro liberalismo» (39).

Non dimentichiamo che i due papi Giovanni XXIII e Paolo VI non hanno voluto che il concilio Vaticano II fosse un concilio dogmatico, ma un concilio pastorale volto a provvedere alle necessità del mondo moderno. La paura di utilizzare il carisma dell’infallibilità è tipico dei liberali. Mons. Lefebvre parlò del liberalismo di Paolo VI: «Il liberalismo di Paolo VI, riconosciuto dal suo amico il cardinale Daniélou, è sufficiente per spiegare i disastri del suo pontificato. Il papa Pio IX in particolare ha parlato molto del cattolico liberale, che considerava come il distruttore della Chiesa. Il cattolico liberale è una persona bifronte in continua contraddizione. Egli vuole rimanere cattolico ed è posseduto dall’ansia di piacere al mondo. Egli afferma la sua fede col timore di apparire troppo dogmatico e nei fatti agisce come i nemici della fede cattolica. Un papa può essere liberale e rimanere papa? La Chiesa ha sempre rimproverato severamente i cattolici liberali. Essa non li ha scomunicati tutti» (40).


8. Una attitudine cattolica per il nostro tempo

8.1. Riconoscimento

Come cattolici, noi siamo tenuti a credere tutto ciò che la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica crede e insegna, e noi desideriamo con tutto il cuore di morire con questa fede, poiché fuori dalla Chiesa non vi è salvezza. Noi professiamo anche una perfetta comunione con Pietro e con i suoi successori legittimi, e per niente al mondo noi ci separeremo da Pietro, la roccia sulla quale Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa. Noi crediamo fermamente all’infallibilità pontificia come è stata definita dal primo concilio del Vaticano. Noi riconosciamo che il potere del papa non è assoluto, ma è delimitato dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione. A Dio solo noi rendiamo obbedienza illimitata e incondizionata.


8.2. Resistenza

Noi resistiamo alle autorità ecclesiastiche quando esse si allontanano dalla Tradizione.
Sia chiaro: non è con un giudizio particolare che scegliamo ciò che vogliamo seguire negli insegnamenti di Papa Giovanni Paolo II, ma è in virtù del criterio oggettivo che è la Tradizione. La Fraternità San Pio X ha preso un impegno chiaro e definitivo a favore della Tradizione. Per questo fatto noi abbiamo il diritto di rifiutare i documenti ufficiali che si allontanano da 2000 anni di Tradizione.

Citiamo alcuni teologi rinomati.

San Tommaso d’Aquino insegna che nelle situazioni estreme è lecito opporsi pubblicamente ad una decisione papale, come San Paolo resistette a San Pietro (Galati II, 14): «Tuttavia si deve osservare che, se la fede è in pericolo, un suddito potrebbe rimproverare il suo prelato anche pubblicamente. E’ così che Paolo, che era suddito di Pietro, lo rimproverò in pubblico a causa del pericolo imminente di scandalo relativo alla fede e, come dice Sant’Agostino nel  suo commento a Galati II, 11: “Pietro diede un esempio ai suoi superiori che, se in qualsiasi momento si fossero allontanai dalla retta via, avrebbero dovuto attendersi di essere rimproverati dai loro sudditi”» (41).

San Roberto Bellarmino dice: «E’ lecito resistere al Sommo Pontefice se cerca di distruggere la Chiesa. Io dico che è lecito resistergli non eseguendo i suoi ordini e impedendo l’esecuzione della sua volontà» (42).

Il papa Leone XIII dice: «Ma quando il diritto di comandare viene meno o il comando è contrario alla ragione, alla legge eterna, all’autorità di Dio, allora è legittimo disobbedire, intendiamo dire agli uomini, per obbedire a Dio» (43).

Dom Guéranger: «Quando il pastore si trasforma in lupo, è innanzi tutto al gregge che spetta difendersi. Di regola, indubbiamente la dottrina discende dai vescovi al popolo fedele e i sudditi, nel campo della fede, non debbono giudicare i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione ci sono dei punti essenziali di cui ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza ed è tenuto a custodirli. Il principio non cambia, che si tratti di credenza o di condotta, di morale o di dogma. I tradimenti come quello di Nestorio sono rari nella Chiesa; ma può accadere che i pastori rimangano in silenzio, per una causa o per un’altra, in certe circostanze in cui è in gioco la religione stessa. I veri fedeli sono gli uomini che, in tali circostanze, traggono solo dal loro battesimo l’ispirazione per una linea di condotta; non i pusillanimi che, col preteso specioso della sottomissione ai poteri stabiliti, aspettano per correre contro al nemico o per opporre alle sue imprese un programma che non è necessario o che non gli si deve offrire» (44).

Mons. Marcel Lefebvre: «Nessuna autorità, anche la più alta nella gerarchia, può costringere ad abbandonare o a sminuire la nostra fede cattolica chiaramente espressa e professata dal magistero della Chiesa da diciannove secoli. San Paolo dice: «Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!» (Galati 1, 8). Non è quello che ci ripete oggi il Santo Padre. E se una certa contraddizione si manifestasse nelle sue parole e nei suoi atti, così come negli atti dei dicasteri, allora noi scegliamo quello che è sempre stato insegnato e non ascoltiamo le novità distruttrici della Chiesa» (45).


8.3. Preghiera per il papa e per la Chiesa

Potremmo dire che, a causa degli insegnamenti eretici di Papa Giovanni Paolo II, i cattolici tradizionali non sono tenuti a pregare per lui?
Prima di ogni considerazione, io direi che il rifiuto della preghiera per il papa non è un comportamento cattolico. Quando San Pietro fu gettato in prigione da Erode, tutta la Chiesa pregò per lui: «La Chiesa non cessava di rivolgere a Dio delle preghiere per lui» (Atti XII, 5). Adesso noi siamo in una situazione diversa, benché potremmo dire che i papi del Vaticano II sono in qualche modo prigionieri  delle loro false idee. Il loro liberalismo impedisce che essi compiano pienamente la loro missione di confermare i loro fratelli nella fede: «E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli» (Lc. XXII, 32).
Noi abbiamo bisogno di pregare per il papa perché abbia la forza di compiere la sua missione di successore di San Pietro, come definito nel concilio Vaticano I. «Poiché lo Spirito Santo non è stato promesso ai successori di Pietro perché facciano conoscere, sotto la sua rivelazione, una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza essi conservino santamente ed espongano fedelmente la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede» (46).
D’altronde, se noi vogliamo guadagnare delle indulgenze, siamo tenuti a pregare per le intenzioni del papa. Se noi ci rifiutassimo di pregare per il papa non saremmo in grado di guadagnare la maggior parte delle indulgenze e per questo dovremmo arrostire per lungo tempo in Purgatorio. Il Canone 934 § 1 dice: «Se per guadagnare un’indulgenza è prescritta una preghiera generale per le intenzioni del Sommo Pontefice è perché una preghiera semplicemente mentale non basta: è accettabile una preghiera vocale a scelta dei fedeli, a meno che non sia stata assegnata una preghiera particolare».


8.4. Attitudine di Mons. Lefebvre

«Anche in questo caso dobbiamo rimanere nello spirito della Chiesa. Noi dobbiamo rifiutare il liberalismo da qualunque parte venga, perché la Chiesa l’ha sempre condannato severamente, perché è contrario alla regalità di Nostro Signore e in particolare alla Sua regalità sociale. Come per il problema dell’invalidità della Nuova Messa, coloro che affermano che non vi è il papa, semplificano troppo i problemi. La realtà è più complessa. Se ci si sofferma sulla questione di sapere se un papa può essere eretico, ci si accorge che il problema non è così semplice come si potrebbe pensare. Lo studio molto oggettivo su questo argomento di Xavier de Silveira mostra che un buon numero di teologi pensano che il papa può essere eretico come dottore privato, ma non come dottore della Chiesa universale. Bisognerebbe quindi esaminare in che misura il papa Paolo VI ha voluto impegnare la sua infallibilità nei diversi casi in cui ha firmato dei testi prossimi all’eresia, se non eretici» (47).


9. Conclusione

9.1. Nostro Signore era sedevacantista?

Quando Egli predicava in Palestina, fino a quando venne arrestato e condannato a morte, Nostro Signore continuò a riconoscere l’autorità del sacerdote mosaico: «Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Fate dunque e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”» (Cfr. Matteo XXIII, 1-3).
Inoltre, Nostro Signore non allontanò San Pietro dopo il suo triplice rinnegamento nella notte della Passione, ma lo confermò nelle sue funzioni dopo che Pietro fece riparazione per il suo peccato (Giovanni XXI, 15-17).


9.2. La Madonna era sedevacantista?

Quando apparve a Fatima, la Madonna chiese che la consacrazione della Russia fosse fatta dal papa in unione con i vescovi di tutto il mondo. Come sappiamo, una tale consacrazione non è stata ancora effettuata. Se non ci fosse più il papa, vorrebbe dire che la madonna si sarebbe sbagliata nel predire che la consacrazione si sarebbe fatta, ma più tardi.


9.3. Parole di saggezza

Alla fine di questo studio vorrei citare il grande Dom Marmion: «Quando appariremo davanti a Cristo nell’ultimo giorno, Egli non ci chiederà se abbiamo digiunato molto, se siamo vissuti in penitenza, se abbiamo passato molte ore in preghiera; no, ma se abbiamo amato i nostri fratelli. Quindi, gli altri comandamenti saranno lasciati da parte? Certo che no; ma l’averli adempiuti non sarà servito a nulla se non abbiamo osservato il precetto dell’amore fraterno, così caro a Nostro Signore perché è stato suo il comandamento di amarci gli uni gli altri» (48).

Permettetemi una parafrasi: quando appariremo davanti a Cristo, Egli non ci chiederà la nostra opinione sulla legittimità del pontificato di Giovanni Paolo II; ci chiederà invece se abbiamo conservato la fede, se l’abbiamo nutrita assistendo a delle Messe valide e ricevendo dei sacramenti validi.
Questa è la missione della Fraternità San Pio X. Fornire alle anime questi mezzi necessarii per la santificazione.


NOTE

1Sedevacantism, di Mons. Mark A. Pivarunas, Cmri. Mons Pivarunas è le Superiore della Congregatio Mariae Reginae Immaculatae [CMRI]. Mons. Pivarunas ha ricevuto il suo episcopato dai vescovi della linea di Mons. Thuc. I preti della CMRI operano nella scuola di Mont Saint-Michel, a Spokane, WA, USA.
2 – Tutti i riferimenti al Diritto Canonico sono tratti dal Codice di Diritto Canonico pubblicato nel 1917 sotto il Papa Benedetto XV.
3 - LNM: userò questa  abbreviazione per indicare il libro La Nouvelle Messe de Paul VI : Qu’en penser ?
4 - TFP (Tradizione, Famiglia, Proprietà) è il movimento fondato in Brasile negli anni trenta dal Professore Plinio Correa de Oliviera che  per 40 anni fu amico di Mons. Antonio de Castro Mayer. Plinio ha scritto un libro famoso sulla riforma agraria in Brasile, in cui difendeva con successo i principii cattolici. Tuttavia, all’inizio degli anni 80, Mons. Antonio de Castro Mayer si separò pubblicamente dalla TFP, quando si convinse che era diventata una setta basata sul culto della personalità, e avente per scopo la glorificazione del fondatore: il Dr. Plinio Correa de Oliveira. Dei giovani idealisti e religiosi vennero attratti dal programma molto convincente del movimento. Gli appelli alla tradizione morale, dogmatica e liturgica, molto attraenti nei nostri tempi difficili, sono stati utilizzati sfortunatamente come esca per attirare le persone nella setta.
5 - L’eresia monotelita pretendeva che vi fosse un sola volontà in nostro Signore, negando con questo l’esistenza delle Sue volontà umane e divine.
6 - LNM, p 246.
7 - LNM, pp. 276- 279.
8 – Il R. P. Réginald Garrigou-Lagrange o.p. (†1964) fu uno dei teologi di maggior talento del XX secolo. Egli era particolarmente noto per la sua straordinaria capacità di operare la sintesi del pensiero di San Tommaso d’Aquino. Nelle sue numerose opere egli si è dimostrato un abile teologo tomista e romano. Si veda Per la Santa Chiesa Romana, V.A. Berto, Cèdre, 1976.
9 - Canon Law : A Text and Commentary, Bouscaren, 1951.
10 – Canone 1556.
11 - A Practical Commentary on the Code of Canon Law, Woywod Smith, 1943.
12 – Recentemente, ancora una volta, Papa Giovanni Paolo II ha tessuto le lodi del suo predecessore Paolo VI. E del concilio Vaticano II che «ha segnato un vero rinnovamento della Chiesa». Egli ha aggiunto: «La Chiesa è oggi vivente più che mai! Ma, a pensarci rimane ancora molto da fare, il lavoro comincia oggi e non finisce mai», Castel Gandolfo, Angelus del 9 agosto 2004.
13 - Le Sel de la Terre, n°49 (2004), p. 28. Rivista trimestrale di qualificati studi teologici, pubblicata dai Padri Domenicani tradizionali di Avrillé, France. Questa rivista rientra nello spirito di Mons. Marcel Lefebvre e della Fraternità San Pio X nella battaglia per la Tradizione.
14 – DTC (Dictionnaire de Théologie Catholique), Dublanchy, articolo Église, col. 2143.
15 – Costituzione Pastor Aeternus, 18 luglio 1870.
16 - De L’Église et de sa Divine Constitution, Dom Gréa, Parigi, 1885, p. 153. Quest’opera dà un commento della costituzione dogmatica Pastor Aeternus del concilio Vaticano I. Essa contiene anche una sezione molto interessante su «l’azione straordinaria dell’episcopato», giustifica dottrinalmente le azioni dei vescovi cattolici in tempo di crisi. Dom Gréa enumera tre ragioni: 1. Uno stato di necessità tale che l’esistenza stessa della religione sarebbe in pericolo; 2. Se il ministero dei pastori ordinari è annientato o reso impotente; 3. Quando non c’è speranza di un possibile ricorso alla Santa Sede.
17 - Sedevacantism, di Mons. Mark A. Pivarunas, Cmri, op. cit.
18 – Costituzione Apostolica Vacantis Apostolicae Sedis, 8 dicembre 1945.
19 - A Heretical Pope Would Govern The Church Illicitly But Validly, Living Tradition, Maggio 2000.
20 - La Nouvelle Messe et le Pape, Mons. Lefebvre, 8 novembre 1979.
21 - Billot, Tractatus de Ecclesia Christi, Vol. I, pp. 612–613. Con il Padre Garrigou-Lagrange o.p., Louis Card. Billot s.j. è stato uno dei più grandi e più qualificati teologi del XX secolo. Egli era un intimo amico di Padre Henri Le Floch C.S. Sp., Superiore del seminario francese di Roma, dove studiò Mons Lefebvre. Citiamo Don Berto, che studiò  nello stesso seminario sotto Padre Le Floch, e che fu il teologo personale di Mons. Lefebvre durante il concilio Vaticano II: «Il genio del cardinale Billot consistette nell’aver ritrovato, separato, ampliato, rinnovato la dottrina dell’Angelo della Scuola (San Tommaso d’Aquino); e averla insegnata nella sua purezza con un accento personale e una incomparabile maestria». Pour La Sainte Église Romaine, V.A. Berto, Cèdre, 1976. p. 110.
22 - Canone 233 n° 2: «Se, tuttavia, il Romano Pontefice annuncia la creazione di (qualche) cardinale in Concistoro, (ma) mantiene il suo nome riservato nel suo cuore, colui che è stato promosso, nel frattempo non riceve alcuno dei diritti e dei privilegi di un cardinale, ma quando il Romano Pontefice successivamente renderà pubblico il suo nome, egli beneficerà di tali privilegi dal giorno della pubblicazione del nome, ma con il diritto retroattivo a partire dal giorno della riserva nel cuore».
23 - Sedevacantism – A False Solution to a Real Problem  [Sedevacantismo – Una falsa soluzione per un problema reale], pp. 51–57, Angelus Press, 2003.
24 – Reverendo Padre (poi Monsignore) Michel Guérard des Lauriers o.p. (+1988). Negli anni 70 venne chiamato da Mons. Lefebvre per insegnare nel seminario di Ecône. Più tardi, Mons. Lefebvre dovette allontanare Padre Guérard des Lauriers a causa delle sue idee sedevacantiste. Verso la fine degli anni 70, Padre Guérard des Lauriers aveva elaborato la sua tesi del papa materiale, nota come Tesi di Cassiciacum. Nel 1981, egli fu consacrato vescovo da Mons. Thuc.
25 - La Nouvelle Messe et le Pape, Mgr Lefebvre, le 8 novembre 1979.
26 - Concerning a sedevacantist Thesis, SiSiNoNo edizione inglese, Novembre 1998.
27 - Concilio di Costanza, Sessione VIII: errore n° 8 di Jean Wycliffe.
28 - Concilio di Costanza, Sessione XV: errore n° 20 di Jean Hus.
29 - NDLR de La Porte Latine: gli spiriti faceti dicono che questa congregazione è
«sedevacantista di diritto pontificio».
30 - Is a Sedevacantist to be considered a non-Catholic [Un sedevacantista può essere considerato non cattolico]? Questions/Answers, Fr. Peter Scott, Angelus magazine.
31 - Sedevacantism, di Mons. Mark A. Pivarunas, Cmri.
32 - Sedevacantism, di Mons. Mark A. Pivarunas, Cmri.
33 - Le Sel de la Terre, n° 47 (2003), p. 73.
34 - LNM, p. 317.
35 - DTC (Dictionnaire de Théologie Catholique), Dublanchy, articolo Infaillibilité du Pape, col. 1716.
36 - Pope or Church ? Angelus Press, 1998. Questi i titoli originali in francese di questi studi: Le Magistère pontifical ordinaire, lieu théologique, di Dom Paul Nau, e L’infaillibilité du Magistère Ordinaire de l’Église, del P. René-Marie (Chanoine Berthod). Sfortunatamente, la versione francese attualmente non è disponibile in libreria.
37 - LNM, p. 318.
38 - Le Sel de la Terre, n° 47 (2003).
39 - Le Sel de la Terre, n° 47 (2003), p. 47.
40 - La Nouvelle Messe et le Pape, Mgr Lefebvre, le 8 novembre 1979.
41 - Somma teologica IIa IIae, Qu. 33, articolo 4, ad2.
42 - De Romano Pontifice, Lib. II, c. 29.
43 – Enciclica Libertas, n° 13.
44 - L’Année Liturgique, Le Temps de la Septuagésime, [L’anno liturgico, Il Tempo di Settuagesima] Volume 4, festa di San Cirillo di Alessandria, Dom Guéranger, p. 321–322.
45 – Dichiarazione del 21 novembre 1974 [http://www.unavox.it/Documenti/Doc0286_Dichiarazione_Lefebvre__21.11.1974.html]
46 – Costituzione Pastor Aeternus, 18 luglio 1870.
47 - La Nouvelle Messe et le Pape, Mgr Lefebvre, le 8 novembre 1979.
48 - Le Christ, vie de l’âme, Dom Marmion, p. 433.









 
Giugno 2024
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