CONTRA CIANCIAS

Parte quarta

 
La teologia giudaizzante di Benedetto XVI




di Don Curzio Nitoglia


Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta

Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/










Introduzione

In quest’articolo vengono presi in esame i più recenti sviluppi del dialogo ebraico-cristiano, e la questione dell’avvenuta mutazione della dottrina della “sostituzione” con la dottrina delle “salvezze parallele”, in riferimento alla più che significativa visita di Papa Benedetto XVI in Sinagoga il 17 gennaio 2010 e al ‘succo’ delle parole che vi sono state pronunciate sia da Benedetto XVI che dal rabbino Riccardo Di Segni nonché ai più recenti eventi susseguitisi.


IDENTITÀ ETNICA D’ISRAELE,

IDENTITÀ SPIRITUALE DEL CRISTIANESIMO


Rabbi Riccardo Di Segni


Nel corso della visita di Benedetto XVI al Tempio Maggiore di Roma, è stata fatta dal Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni una lezione d’esegesi su “Israele-Popolo-Terra”.

Nella coscienza ebraica, ha detto Di Segni, è «fondamentale e irrinunciabile» ricordare che la terra santa «è la terra d’Israele» per «la promessa fatta ripetutamente dal Signore ai nostri Patriarchi di darla ai loro discendenti». Una promessa, ha sottolineato il rabbino, che «si basa sulla Bibbia» la quale per cattolici ed ebrei ha, «pur nelle differenti letture, un significato sacro».


ATTRIBUZIONE DI PORTATA TEOLOGICA ALLA SHOAH

CHE PER IL CRISTIANESIMO NON È

NÉ LUOGO TEOLOGICO NÉ DOGMA DI FEDE


Benedetto XVI


Purtroppo, nel suo discorso in Sinagoga il Papa ha asserito: “La shoah” segna “il vertice del cammino dell’odio”, che voleva “uccidere Dio” (1).

Ora, tutto ciò non può restare senza conseguenza sulla tendenza odierna – che va generalizzandosi sempre più – di conferire portata teologica e “neo-dogmatica” a un fatto storico come la shoah, quale “nuovo Olocausto”, che sembra addirittura aver voluto rimpiazzare quello di Cristo. Infatti, l’odio di satana ha mosso degli uomini (Sinedrio con il popolo ebraico a lui sottomesso e con la connivenza dei dominatori Romani) a uccidere Gesù Cristo, nella sua natura umana. Questo è il vero vertice dell’odio contro Dio.

La shoah non è né un “luogo teologico” – che, nella metodologia di Melchior Cano, è un criterio di prova teologica – né un dogma di fede, perché i dogmi di fede hanno per oggetto esclusivamente verità rivelate. Nessun cristiano è, quindi, autorizzato a enfatizzazioni fuorvianti.

L’appartenenza alla Chiesa non può essere condizionata dall’accettazione di un fatto storico, che non è, non può e non deve diventare un dogma di fede.

In ogni caso si tratta di un’appartenenza che non riguarda il popolo ebraico, il quale è interessato al dialogo ma non certo all’assimilazione; rischio che, invece, correrebbe la Chiesa, se continuasse il processo di giudaizzazione innescato da tempo e di cui, ad esempio, tra le realtà ecclesiali emergenti, il cammino neocatecumenale è una ‘punta’ avanzata.


DERIVE SINCRETISTE E MODERNISTE
E

PROCESSO DI GIUDAIZZAZIONE PRESENTI NELLA CHIESA


Dove viene espunta la Presenza Reale del Signore - in una celebrazione (il particolare rito neocatecumenale) la quale non è più il Sacrificio eucaristico che riattualizza il Sacrificio di Cristo, ma solo una festa assembleare che ‘commemora’ la Cena con la commistione del ricordo dell’uscita degli ebrei dall’Egitto - non è forse già entrato “l’abominio della desolazione”?

Oggi, negli insegnamenti e nelle prassi, soprattutto ai livelli più avanzati, si assiste a una progressiva giudaizzazione del cristianesimo, arbitrariamente attribuita a un sedicente spirito-del-concilio, che assume anche connotati neo-protestanti.

Di questo processo è riprova un recente articolo a firma di Marco Cassuto Morselli “L’ebraismo e i diritti culturali”, ove egli afferma tra l’altro:

Non vi è una Nuova Alleanza, che si contrapponga a una Vecchia Alleanza. Non vi è neppure un’unica Alleanza Vecchio-Nuova che costringerebbe gli ebrei a farsi cristiani o i cristiani a farsi ebrei. Vi è un’unica Torah eterna che contiene molte Alleanze, i molti modi in cui il Santo, benedetto Egli sia, rivela il suo amore per gli uomini e indica le vie per giungere all’incontro con Lui” (salvo che gli ebrei restano “il popolo dell’Alleanza” e noi i goyim...).

Nella conclusione, Morselli cita Elia Benamozegh, il noto rabbino livornese che in un’opera postuma pubblicata a Parigi nel 1914 scriveva: «La riconciliazione sognata dai primi cristiani come una delle condizioni della Parusia, o avvento finale di Gesù: il ritorno degli ebrei nel seno della Chiesa, senza di cui le diverse confessioni cristiane sono concordi nel riconoscere che l’opera della redenzione rimane incompleta, questo ritorno si effettuerà non come lo si è atteso, ma nel solo modo serio, logico e durevole, e soprattutto nel solo modo proficuo al genere umano. Sarà la riunione dell’ebraismo e delle religioni che ne sono derivate, e, secondo la parola dell’ultimo dei profeti, il sigillo dei veggenti, come i dottori chiamano Malachia, “il ritorno del cuore dei figli ai loro padri”» (Mal., 3,24) (2).

Questa è una citazione strumentale di Malachia, che parla anche della riconciliazione dei padri verso i figli. E nessuno autorizza a pensare che “i padri” siano gli ebrei e “i figli” siano i cristiani, i quali sono innanzitutto figli di Dio nel Figlio (Giov., Prologo 12-14).


DIALOGO A “SENSO UNICO”

Sta di fatto che gli ebrei si sono in qualche modo riappropriati di Cristo come rabbi e profeta e non certo come Dio... e, oggi, in riferimento al dialogo, arrivano a sostenere: “Il dialogo ebraico-cristiano era giunto negli ultimi mesi a un punto di crisi che sembrava insormontabile, intorno alla questione della conversione degli ebrei. In un recente incontro tra Autorità rabbiniche e Autorità episcopali italiane si è chiarito che non vi è nessuna intenzione da parte della Chiesa Cattolica di operare attivamente per la conversione degli ebrei e che di conversione si parla solo in una prospettiva escatologica” (3)  (citazione dall’articolo di Marco Cassuto Morselli sopra indicato – cfr. Comunicato della CEI riportato di séguito).

Certo, non può esistere da parte della Chiesa – in materia di conversione, che è un dono legato alla libertà inviolabile di ognuno – alcun comportamento coercitivo nei confronti di chicchessia, ebrei compresi; ma questo non significa che la Chiesa debba rinunciare ad annunciare il Signore a tutti, compresi gli ebrei. Questi hanno tutta la libertà di continuare a rifiutarlo e aspettare il “loro” Messia, ma non hanno il diritto di assimilarci a loro dopo aver annichilito l’Incarnazione, il Sacrificio e la Risurrezione di Cristo con la connivenza dell’apostasia ormai interna agli uomini di Chiesa.

E’ altresì certo che gli ebrei non vanno perseguitati. L’antisemitismo, la furia distruttrice contro qualsiasi popolo, in quanto creature di Dio è da condannare senza riserve. Questo sembra condiviso da ogni uomo di buona volontà prima ancora che da un vero cristiano.

Ciò premesso, dichiarazioni come quella della CEI riportata qui di seguito, nonché le espressioni sul valore delle false religioni presenti nella Dichiarazione Conciliare Nostra aetate e le ulteriori posizioni nei confronti degli ebrei non solo non sono imposte con autorità infallibile, ma sono posizioni “pastorali” ambigue e pericolosissime, in contrasto col Magistero precedente, anche perché aprono la strada all’indifferentismo e al relativismo religioso e, peggio, al sincretismo, i cui guasti abbiamo sotto gli occhi giorno dopo giorno.

Nell’incontro con il rabbino Laras di Milano e Di Segni di Roma il card. Bagnasco ha dichiarato: «Non c’è, nel modo più assoluto, alcun cambiamento nell’atteggiamento che la Chiesa Cattolica ha sviluppato verso gli Ebrei, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II. A tale riguardo, la Conferenza Episcopale Italiana ribadisce che non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei» (4).

In virtù di quell’incontro e di quella dichiarazione della CEI, è stata ripresa la celebrazione comune della Giornata di riflessione ebraico-cristiana, che cade ogni anno il 17 gennaio e che tre anni fa non vide la partecipazione degli ebrei.

“È stata comune la convinzione – si legge nel comunicato – che la ripresa di tale Celebrazione aiuterà la comprensione reciproca e renderà più fruttuosa la collaborazione per la crescita dell’amore verso Dio e il prossimo. Il cammino compiuto in questi ultimi decenni è stato straordinario e pieno di frutti per tutti. In tale orizzonte, quindi, continuerà la riflessione sulle Dieci Parole, come Benedetto XVI aveva auspicato nella sinagoga di Colonia”.

Quest’anno, pertanto, per la Giornata di riflessione ebraico-cristiana, si è ripreso il quarto comandamento, secondo la numerazione ebraica: “Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo”. “La fede nel Dio dei Padri, ricevuta in dono – è stato affermato al termine dell’incontro – rende responsabili i credenti cristiani ed ebrei per l’edificazione di una convivenza basata sul rispetto dell'Insegnamento di Dio”.

Ora, noi non possiamo e non dobbiamo ignorare che il riferimento ai dieci comandamenti, gli ebrei lo fanno anche quando ne attribuiscono l’osservanza ai “noachiti” né possiamo dimenticare che Noè per loro non fa parte della Storia della Salvezza, la quale comincia con Abramo, e perciò noachiti sono tutti i non-ebrei, compresi noi, mentre gli ebrei si ritengono Popolo Sacerdotale al quale appartengono l’Alleanza e le promesse.

Perciò, se gli uomini della “Chiesa conciliare” si profondono in questo riconoscimento, altrettanto non può dirsi da parte degli ebrei nei confronti della Chiesa e dei cristiani, che appartengono alla Nuova ed Eterna Alleanza per essi inconcepibile e da essi tuttora rifiutata!

C’è da sottolineare, inoltre che l’impegno espresso con le parole: “Non è intenzione della Chiesa Cattolica operare attivamente per la conversione degli ebrei” eventualmente poteva esser preso, se fosse stato lecito, solo da una persona, che gode di una rappresentatività tale da poter parlare in nome dell’intera Chiesa, e questa persona è il Papa, e non una semplice conferenza episcopale.


CONCLUSIONE

L’irrevocabilità della predilezione appartiene al “Nuovo Israele”, cioè alla Chiesa, fuori della quale la vecchia Alleanza non ha né senso né fine. I rami vecchi sono stati recisi e i nuovi sono stati innestati sul tronco dell’Israele di Abramo che ha creduto nel Cristo venturo. La Legge antica non ha di per sé più alcuna linfa e i rami isteriliti potranno riavere vita solo dall’innesto in Cristo (v. San Paolo).

L’irrevocabilità della predilezione è qui e solo qui. L’unico oggetto d’una predilezione irrevocabile è la Chiesa. Da questa predilezione irrevocabile gli ebrei increduli restano fuori per loro scelta. 

L’Antica Alleanza vive, nella parte in cui doveva ancor continuare a vivere dopo la venuta di Cristo, nella Chiesa che è il Nuovo Israele non secondo la carne, ma frutto della Nuova ed Eterna Alleanza. Vivendo nell’Antica Alleanza, la fede degli ebrei non giustifica né salva, perché non è più la fede di Abramo e dei giusti che credettero nel Cristo venturo, né è quella di coloro, che hanno accolto il Cristo venuto.

La discendenza resta “marchiata” in eterno finché si rifiuta di riconoscere il Signore Gesù. Infatti, se è vero che il Signore è fedele alle sue promesse e quindi non ha mai revocato l’Antica Alleanza, è altrettanto vero che i suoi destinatari l’hanno respinta, e che nel Sangue Prezioso di Cristo è stata sancita la Nuova ed Eterna Alleanza, che ha portato a compimento la Salvezza la quale viene, sì, dai giudei, ma non prescindendo dal Signore Gesù.

Perciò, per salvarsi agli ebrei non basta la Torah e i Profeti (per nulla il Talmud), ma essi devono riconoscere Gesù Signore come Cristo, cioè come Messia, come colui, che doveva venire: è proprio per la sua fede nel Cristo venturo che Abramo ha ricevuto la sua giustificazione ed è divenuto il “padre dei credenti”.

Ora gli ebrei si stanno riappropriando di Gesù come rabbi, come profeta, ma non certo come Figlio di Dio e quindi come Dio. Molti rabbini, come Neusner (5), riconoscono i Suoi insegnamenti che sono legati anche alle fonti giudaiche, ma ne respingono il Discorso della Montagna che, guarda caso, sintetizza la Legge Nuova .... Gesù, sia durante l'Ultima Cena che sul Calvario, nonché oltre la Sua tomba vuota, ha fatto qualcosa di completamente nuovo che è esploso in un altro orizzonte: quello della Creazione Nuova, iniziata dal “fiat” di Maria e dal verginale concepimento di quel Figlio che ha detto un altro “fiat” definitivo.

Questa è la grande, meravigliosa, salvifica eredità che il Signore ci ha lasciato, ed è anche la nostra identità, sulla quale non accettiamo né interferenze né sconti, nel senso di diluizioni e sviamenti apportati da falsi profeti e cattivi maestri, figli del modernismo.

Quanto alle derive sincretiste, il rischio che corre seriamente una certa ala post-conciliare della Chiesa, presente nelle esternazioni di molti vescovi (Zollitsch, ad esempio), è quella di considerare la Morte in Croce di Cristo solo come un grande atto di solidarietà e non ciò che essa è e compie: un sublime atto d’Amore, certamente, ma un amore espiativo, oblativo, dono di sé fino alla fine, nel quale si fondono Giustizia e Misericordia da parte di Dio e obbedienza e affidamento totali da parte dell'uomo-Gesù per ogni uomo.

In questo senso la Croce di Nostro Signore Gesù Cristo è il Kippur perenne, affermato dal card. Koch e contestato da Di Segni (6); perché è il ripristino della Giustizia nel rovesciamento della disobbedienza originaria attraverso il duplice «Fiat», quello dell’Annunciazione e il suo inscindibile rapporto col mistero del Getsemani, quando “il Sovrano della Storia ha detto il «Fiat» della sofferenza e dell’unione con l’esistenza di tutti gli uomini, per liberare ogni uomo, ogni volta unico, dalla morte e farlo entrare in un’altra realtà di vita eterna” (7).




NOTE

1 -  Discorso tenuto durante la visita alla Sinagoga di Roma, il 17 gennaio 2009.
2 - MARCO CASSUTO MORSELLI, L'ebraismo e i diritti culturali, http://www.nostreradici.it/ebrediritti.htm.
3 - Ibidem.
4 - Dichiarazione del card. Bagnasco nell’incontro con i rabbini Laras e Di Segni, 22 settembre 2009.
5 - JACOB NEUSNER, Disputa immaginaria tra un rabbino e Gesù, Casale Monferrato, Piemme, 1996.
6L’Osservatore Romano, 7 e 29 luglio 2011. Entrambi i testi sono consultabili sulla rete Internet alla URL http://www.internetica.it/Croce-Kippur_CristianiedEbrei.htm
7 - GIUSEPPE SIRI, Getsemani, Roma, Comunità SS. Vergine Maria, 1987.




 
settembre 2024
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI