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La Chiesa è indefettibile di
don Jean-Michel Gleize, FSSPX
Pubblicato sul mensile Courrier de Rome, n° 678 -
settembre 2024
ripreso sul sito francese della Fraternità della Fraternità San Pio X La Porte Latine 1. Indefettibile e indefettibilità:
alle origini di una terminologia
7. Ecco
perché l’unità della Chiesa non è unicamente, e
perfino fondamentalmente, solo una unità di governo, come nelle
altre società di ordine naturale. Essa è anche e innanzi
tutto una unità di fede e di sacramenti. Poiché il Papa e
i vescovi possono governare solamente coloro che hanno prima istruito
con il loro potere di Magistero e di cui devono assicurare la
santificazione.1. Il sostantivo francese «indefettibilità» appare nel XVII secolo. Il Dictionnaire de l’Académie Française lo menziona nella sua terza edizione del 1740, lo indica come un «termine dogmatico» e lo definisce come «la qualità di ciò che è indefettibile», precisando che viene usato solo in questa frase: L’indefettibilità della Chiesa. Esso rimarrà così nelle varie edizioni, fino alla 7° del 1878, in cui viene introdotta una nuova precisazione: «la parola viene usata anche come termine filosofico: La indefettibilità delle sostanze. E’ solo nel 1935, nella 8° edizione del Dictionnaire, che al nostro sostantivo viene attribuito un significato non più esclusivamente dogmatico: esso è armai presentato come «un termine didattico» e indica «la qualità di ciò che è indefettibile», nel senso più ampio del termine: «l’indefettibilità della Chiesa, l’indefettibilità delle sostanze». Il Dictionnaire de l’Académie riserva la stessa sorte all’aggettivo «indefettibile». Anch’esso appare nella 3° edizione del 1740 e fino alla 7° edizione del 1878 è indicato come un «termine dogmatico», definito come « ciò che non può venir meno, non può cessare di essere» ed è «usato solo nella frase La Chiesa è indefettibile». E’ con l’8° edizione del 1935 che il termine viene indicato come «termine didattico» che in senso lato significa « « ciò che non può venir meno, non può cessare di essere. La Chiesa è indefettibile. Linea di condotta indefettibile». L’attuale edizione del Dictionnaire, la 9°, conferma questa evoluzione semantica. L’aggettivo «indefettibile» è definito come «ciò che non può fallire o cessare di essere. Una memoria indefettibile. Un’amicizia indefettibile, deve durare fino alla fine dei tempi». Il sostantivo «indefettibilità» viene definito come «la qualità di ciò che è indefettibile. L’indefettibilità di un sentimento. L’indefettibilità della Chiesa». 2. Questo ampliamento del significato è importante, perché la storia del termine conferma qui la portata della cosa che è indicata con l’impiego del termine stesso. L’indefettibilità è originariamente esclusiva della Chiesa, e questo si intende facilmente poiché la Chiesa appare come la sola realtà creata di cui si possa dire in terra, non solo che non è mai cessata, ma anche che non può cessare di essere ciò che è: non solo non carente o immutabile, ma proprio indefettibile o, se ci si permette di usare un neologismo, «infallibile». Il termine significa qui, nel suo significato primario, una impossibilità di principio e non un semplice fatto. E questo attiene sicuramente alla natura essenzialmente soprannaturale della Chiesa. Al punto che l’indefettibilità non potrebbe dirsi, per estensione, di altre realtà terrene, se non in senso improprio e diminuito, nel significato di un semplice fatto e non più di una mera impossibilità. 2. Definizione della Chiesa 3. Occorre anche avere un’idea molto precisa di ciò che è la Chiesa. Poiché la natura dell’attributo dipende, qui come in tutte le cose, da quella della realtà da cui deriva. L’indefettibilità di cui si tratta è precisamente quella della Chiesa intesa come tale. E quando si tratta di determinare la natura esatta della Chiesa, per dedurne quella della sua indefettibilità, è importante assumere come regola il principio ricordato dal Papa Leone XIII nella sua Enciclica Satis cognitum del 1896: «La Chiesa è stata fondata e costituita da Gesù Cristo Nostro Signore; quindi, quando ci si interroga sulla natura della Chiesa, l’essenziale è sapere ciò che voleva fare Gesù Cristo e ciò che in realtà ha fatto. E in realtà, Gesù Cristo ha voluto fondare la Sua Chiesa come una società visibile». Ed è qui che cominciano le difficoltà. Per sfuggirvi è opportuno cominciare a ricordare quelle evidenze che spesso vengono trascurate (1). 2.1 Una società… 4. La realtà di una società è quella del legame stabile che deriva da un’azione comune. Questo si riflette nel fatto che le azioni individuali dei suoi membri non sono indipendenti l’una dall’altra, ma, al contrario, costituiscono le parti complementari di una stessa azione (2). Ora, un’azione è sempre intermediaria tra un soggetto e un oggetto, tra un agente e un fine. L’azione comune che è implicata nella definizione di società – perché è il fondamento del legame propriamente sociale – non sfugge a questa regola. Essa si situa necessariamente nella duplice dipendenza da un’autorità e da un bene comune. Questa azione comune si definisce innanzi tutto in riferimento al suo oggetto,che è un bene comune, cioè un bene che è proprio di molti. D’altra parte, questa azione comune non potrebbe esistere senza un’autorità che unifichi le azioni individuali nel perseguimento di questo bene comune; poiché «molti cercano necessariamente diversi scopi, mentre uno solo ne cerca solo uno, cosa che fa dire ad Aristotele: «Ogni volta che diversi elementi sono ordinati ad un solo fine, ce n’è sempre uno che prede la guida e che dirige» (3). L’azione comune, quindi, si definisce anche in relazione al suo soggetto, che è precisamente, non l’autorità, ma l’unione di tutti gli agenti particolari, membri della società, soggetto che è tale solo se questi agenti particolari sono diretti dall’autorità. Vale a dire, per ricorrere al linguaggio della Scuola, che l’autorità è la causa motrice della società, mentre la sua causa formale è il buon ordine o l’unione, o anche il legame delle diverse azioni particolari. Quanto alla sua causa finale, si tratta del bene comune, che è il bene di cui tutti devono beneficiare come del loro bene proprio e che si identifica nell’azione comune virtuosa. 5. Questo dovrebbe già permettere di intravedere, se non dove si situa l’indefettibilità della Chiesa, quanto meno dove non si situa necessariamente. 2.2 …unica nel suo genere 6. La realtà della Chiesa, che è quella di una società, è definita dal fatto che ogni fedele battezzato agisce di concerto con tutti gli altri sotto la direzione dell’autorità gerarchica, per professare pubblicamente la fede e il culto cattolici. Come essa risulta da questa azione comune, la realtà della Chiesa è, nella sua causa formale, quella di triplice legame: legame dell’unità nell’attività esterna e pubblica della fede, nel culto e nel governo. L’autorità suprema del Papa e l’autorità subordinata dei vescovi ne sono il principio come causa motrice. La professione esterna e pubblica della fede e del culto ne è il principio come bene comune o causa finale prossima. Questa realtà della Chiesa è designata per mezzo dell’espressione: «Corpo mistico di Cristo», che equivale ad una analogia metaforica rivelata. Essa intende rendere conto del fatto, pur essendo realmente una società nel senso proprio del termine, la Chiesa non lo è nello stesso significato delle società dell’ordine naturale. La Chiesa è una «società» di ordine soprannaturale, e dunque in un senso analogico. L’analogia implica somiglianza e differenza. La somiglianza con le società naturali consiste nel fatto che la Chiesa comporta – nella sua causa motrice – un governo. La grande differenza è che questo governo presuppone innanzi tutto un Magistero, poiché la professione di fede è il legame radicale e assolutamente primario dell’unità sociale della Chiesa. Ed essendo la fede finalizzata alla vita eterna (poiché essa è l’inizio della salvezza), questo governo presuppone anche il potere di santificare. Come in ogni società, il bene comune è il principio assolutamente primario, fondamentale e radicale, che dirige tutta la realtà della Chiesa. Ma qui, questo bene comune è quello di una perfezione di ordine soprannaturale, che equivale alla santificazione della anime tramite la grazia e l’esercizio della carità, come presuppone la professione di fede e di culto. E’ in seguito che si esercita il governo, come atto direttivo dell’autorità che si attua in dipendenza da questo bene comune che ne misura ogni attività, poiché ne costituisce il suo oggetto specifico. Come già diceva il Papa Leone XIII nella sua Enciclica Satis cognitum (4), l’unità di fede precede l’unità di governo, così come la comprensione e l’unità delle intelligenze è il fondamento dell’armonia delle volontà e dell’accordo nelle azioni. E nell’Enciclica Mortalium animos, il Papa Pio XI diceva anche: «E’ l’unità di fede che deve essere il legame principale che unisce i discepoli di Cristo. […] Questa unità può nascere solo da un unico Magistero, da un’unica regola di fede e da una stessa credenza dei cristiani» (5). Pio XI non dice solo che l’unità della Chiesa nasce dalla regola della fede, egli dice che non può nascere diversamente. E le due prime unità, l’unità di fede e l’unità di governo, sono date in vista dell’unità di santificazione, attraverso il culto. 3. L’indefettibilità della Chiesa 8. Che sarà, dunque, l’indefettibilità della Chiesa? Essa implica due elementi: quanto all’esistenza, la perpetuità; quanto all’essenza, il fatto dell’immutabilità sostanziale. Una società è dunque indefettibile nel senso che in terra, prima della fine del mondo, non potrà cessare di esistere, né cambiare sostanzialmente. Da qui si comprende perché questa indefettibilità è propria della Chiesa, società di ordine soprannaturale: e questo perché essa potrebbe spiegarsi solo in ragione di una assistenza dello stesso ordine, l’assistenza divina. Solo la Chiesa può beneficiare di questo tipo di assistenza. 9. L’indefettibilità della Chiesa non è stata oggetto, finora, di una definizione esplicita da parte del Magistero solenne e infallibile della Chiesa (6); che ha definito solo la perennità del Primato del vescovo di Roma (7). La Sacra Scrittura insegna questa indefettibilità della Chiesa nel Vangelo di San Matteo, al versetto 18 del capitolo XVI, quando Nostro Signore predice che le potenze nemiche non riusciranno mai a distruggere la Chiesa. Gesù dice al Suo Apostolo: «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa». Il Magistero avvalora questa verità rivelata quando il Papa Pio VI, nella Bolla Auctorem fidei del 28 agosto 1794, dichiara che «la proposizione che afferma: “In questi ultimi secoli si è diffuso un oscuramento generale su delle verità di grande importanza, relative alla religione e che sono la base della fede e della dottrina morale di Gesù Cristo”, è eretica». Poiché questa proposizione condannata nega allo stesso modo l’indefettibilità della Chiesa. Quindi la Chiesa è indefettibile e negarlo rappresenta implicitamente una eresia. Infine, il Papa San Pio X, nel decreto Lamentabili del 3 luglio 1907, condanna la seguente proposizione: «La costituzione della Chiesa non è immutabile; ma la società cristiana è sottomessa, come la società umana, ad una perpetua evoluzione». Ora, questa proposizione nega implicitamente l’indefettibilità della Chiesa. Il decreto Lamentabili dichiara quindi implicitamente che la Chiesa è indefettibile. Il valore dogmatico di questa affermazione è quello di una «dottrina cattolica», cioè di una verità divinamente rivelata e insegnata – equivalentemente o implicitamente – dal Magistero ordinario o non infallibile della Chiesa (8). Non può essere considerata come un dogma propriamente detto, anche se richiede l’adesione dell’assenso religioso interno (9), cioè l’equivalente dell’obbedienza da parte dell’intelletto. 10. Notiamo soprattutto che questa indefettibilità è propria della Chiesa, come abbiamo spiegato prima: essa non è prima di tutto e innanzi tutto, o fondamentalmente, propria dell’autorità, propria della gerarchia – ripetiamo: prima di tutto e innanzi tutto. Certo, è una verità di fede, solennemente definita, e dunque un dogma, che il Primato del Papa è perpetuo; ma l’indefettibilità è diversa dalla perpetuità, ed è innanzi tutto propria della Chiesa intesa come società: è fondamentalmente l’indefettibilità del triplice legame dell’unità di professione esterna e pubblica della fede e del culto, nella sottomissione al governo gerarchico divinamente istituito. Indubbiamente, l’indefettibilità di questo legame suppone l’indefettibilità del governo e dell’autorità gerarchia, e dunque la sua perennità. Ma non può ridurre a questo, anche se le due cose di solito coincidono. O più esattamente, l’indefettibilità della Chiesa, presa in questo triplice legame della sua unità, può non andare sempre di pari passo con l’indefettibilità dell’autorità presa nell’esercizio dei suoi atti; la storia lo dimostra. E’ questo è anche il significato della distinzione espressa nel versetto 18 del capitolo XVI del Vangelo di San Matteo già citato: «e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa». A cosa rimanda il pronome dimostrativo «essa»? Questo passo del Vangelo è stato oggetto di interpretazioni diverse sulle quali il Magistero non si è pronunciato (10). Cristo indica in maniera indiretta l’indefettibilità della Sua Chiesa, per mezzo della pietra sulla quale la edificherà, cioè il Papato, o la indica in maniera diretta affermando che le porte degli inferi non prevarranno mai contro la stessa Chiesa? Tutto dipende dal significato che si dà all’inciso «contro di essa». Comunque sia, l’indefettibilità della Chiesa rimane sempre affermata nel suo principio. Ma come tale, essa si distingue dall’indefettibilità del Papato, cioè dall’autorità suprema nella Chiesa. E l’indefettibilità del Papato (che è un dogma) si distingue a sua volta dall’indefettibilità dell’esercizio del Papato, o di ogni suo atto, indefettibilità che non è un dogma e che non è in alcun modo affermato nelle fonti della Rivelazione. 11. In effetti, bisogna distinguere tra, da un lato, la stessa istituzione della Chiesa, che è una istituzione divina e dunque indefettibile, e dall’altro gli atti degli uomini che rappresentano questa istituzione. Questa distinzione è messa in rilievo da San Tommaso d’Aquino nella Somma teologica, quando studia la perpetuità della nuova Legge, all’articolo 4 della questione 106 nella I I II: la nuova Legge deve durare fino alla fine del mondo o dovrà sopravvenire un’altra Legge diversa? Se si mantiene l’idea che la Chiesa è l’unica istituzione sociale voluta da Dio per adempiere la nuova Legge nello stato di questo mondo, la domanda qui posta è equivalentemente quella dell’indefettibilità della Chiesa. 12. Ora, la Legge come la si trova nello stato di questo mondo può subire due tipi di cambiamenti. Primariamente, un cambiamento che la riguarda in quanto tale e che quindi sarebbe il cambiamento della Legge stessa. Un tale cambiamento è impossibile e in questo senso nessun altro stato deve succedere a quello della nuova Legge. Essa è già successa alla Legge antica come uno stato più perfetto succede ad uno stato meno perfetto; ma nessun altro stato della vita presente può essere più perfetto di quello della nuova Legge, poiché niente può essere più prossimo al fine ultimo di ciò che l’introduce immediatamente. La Chiesa che adempie questa Legge non può dunque cambiare. Ma, secondariamente, la Legge come la si trova nello stato di questo mondo può anche cambiare accidentalmente, nel senso che, rimanendo la Legge la stessa, gli uomini si comportano diversamente nei suoi confronti, con più o meno perfezione. In questo senso, lo stato della Legge antica ha conosciuto frequenti cambiamenti: a volte le disposizioni legali sono state osservate con cura; a volte sono state totalmente trascurate. Del pari, lo stato della nuova Legge varia anch’esso, a seconda della differenza dei luoghi, delle epoche, delle persone, nella misura in cui la grazia dello Spirito Santo è posseduta più o meno perfettamente da questo o da quello. Di conseguenza, la Chiesa rimarrà sempre identica a se stessa, mentre gli uomini che vivono nella Chiesa possono comportarsi in modi diversi nei confronti di essa. La Chiesa in quanto tale è dunque indefettibile, benché non lo sia in questo o quello dei suoi membri, anche se sono detentori dell’autorità nella Chiesa. 13. Abbiamo qui un principio solido, sul quale il teologo può e deve basarsi per descrivere dei fatti che potrebbero apparentemente condurre a negare l’indefettibilità della Chiesa, ma che trovano la loro spiegazione alla luce della suddetta distinzione. 4. Soluzione delle obiezioni 14. In primo luogo ci si potrebbe obiettare che la Chiesa di Roma, visibile nella sua gerarchia umana, ha fallito, a volte a partire da decimo secolo secondo gli scismatici ortodossi, a volte dal sedicesimo secolo secondo gli eretici riformati. Così, se la Chiesa è indefettibile, non lo è la Chiesa di Roma secondo gli scismatici o la Chiesa visibile e gerarchica secondo i protestanti. Quindi la Chiesa non è indefettibile in quanto si identificherebbe con la Chiesa cattolica romana, società visibile e gerarchica. A questo è facile rispondere: il fallimento indicato, se è provato, non riguarda la Chiesa visibile di Roma in quanto tale, presa come istituzione e nei suoi poteri divinamente istituiti, ma riguarda alcuni dei suoi membri, che sono caduti nello scisma e nell’eresia approfittando di alcuni atteggiamenti imperfetti, persino scandalosi, di altri membri della Chiesa. 15. In secondo luogo, a partire dal concilio Vaticano II, le autorità della Chiesa insegnano degli errori gravi già condannati precedentemente dal Magistero della Santa Sede. Ora, questo sta a significare che la Chiesa fallisce (11), che la Chiesa non è dunque indefettibile. A questo rispondiamo che: il fallimento non riguarda la Chiesa in quanto tale, considerata nel suo Magistero, ma riguarda alcuni atti compiuti da certi membri della sua gerarchia, che hanno rotto con la Tradizione e che occupano disgraziatamente i posti di autorità nella Chiesa. Ciò che si è convenuto indicare «Chiesa conciliare» non è un’altra società che sarebbe nata dalla corruzione, cioè dalla morte o dal fallimento della Chiesa cattolica. Essa è una privazione, ed è la privazione non d’essere, ma dell’agire della Chiesa cattolica. E’ una paralisi, relativa a certi dei suoi membri, dell’azione comune della Chiesa (cioè della sua professione di fede e di culto), ma che non potrebbe essere la morte della Chiesa, poiché essa non può cessare di essere prima della Parusia. 16. In terzo luogo, a partire dal concilio Vaticano II, è apparsa quella che Mons. Lefebvre non ha esitato a chiamare «una nuova Chiesa, una Chiesa liberale, una Chiesa riformata, simile alla chiesa riformata di Lutero» (12), una «Chiesa conciliare» e «modernista» (13). Ora, la Chiesa è unica e non può essere distinta come tale da un’altra Chiesa, ma da una setta, scismatica o eretica. Quindi, essendo diventata liberale e modernista, la Chiesa non è più cattolica e ha fallito. Quindi, La Chiesa non è indefettibile. A questo rispondiamo che nello spirito di Mons. Lefebvre le espressioni che egli ha impiegato parlando di Chiesa liberale, modernista o conciliare, non indicano la Chiesa in quanto tale, ma la Chiesa considerata in una delle sue parti, che tende a paralizzarne il funzionamento dall’interno, sostituendo al fine della Chiesa cattolica, voluto dal suo divino Fondatore, un altro fine inventato di sana pianta dai cospiratori. In altre parole, si dice che la Chiesa è liberale, modernista o conciliare non essenzialmente e in quanto tale (perché allora non sarebbe più cattolica e sarebbe fallita), ma accidentalmente e nella misura in cui alcuni dei suoi membri stanno sottoponendo altri agli effetti nocivi di una «infiltrazione nemica». NOTE 1 - Il lettore potrà riferirsi aquanto abbiamo scritto nei numeri di febbraio e settembre 2013 del Courrier de Rome, e nell’articolo «Unità e legalità» pubblicato nel numero di maggio 2017 della stessa rivista. 2 – Cajetano, nel suo Commento della Somma teologica di San Tommaso, sull’articolo 1 della questione 39 nella IIaIIae, per designare questa realtà utilizza l’espressione dell’«agere ut pars»: il membro della società, preso come tale, che «agisce in quanto parte di un tutto». 3 – San Tommaso d’Aquino, Somma teologica, 1 parte, questione 96, articolo 4, corpus. 4 – Leone XIII, Enciclica Satis cognitum, in Insegnamenti pontifici di Solesmes, La Chiesa, t. 1, n° 557. 5 – Pio XI, Enciclica Mortalium animos, in Insegnamenti pontifici di Solesmes, La Chiesa, t. 1, nn° 867-869. 6 – Joachim Salaverri, De Ecclesia Christi, tesi 7, nn° 294-296. Il concilio Vaticano II aveva previsto di pubblicare la definizione formale ed esplicita della perennità della Chiesa, nei due schemi successivamente proposti ai Padri (quello di Clément Schrader, rigettato, poi quello di Joseph Kleutgen), ma questa iniziativa non poté giungere a compimento per le ragioni note. E si deve notare che la perennità è diversa dall’indefettibilità. 7 – Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica Pastor Aeternus, Prologo (DS 3051-3052) e capitolo I (DS 3056-3058). E’ affermata la perpetuità della Chiesa («…quae fundata supra petram ad finem saeculorum usque firma stabit…), ma questa non è l’oggetto diretto della definizione. 8 - Salaverri, n° 297. 9 – Si vedano nel numero di aprile 2016 del Courrier de Rome gli articoli: «Assentiment ou soumission ?» e « Obéir ou assentir ? ». 10 - Cfr Dominique Palmieri, Tractatus de romano pontifice, tesi 1, § 6, 5° dimostrazione, Rome, 1877, p. 257–259. 11 - «La Chiesa conciliare nasce dalla corruzione della Chiesa cattolica e può vivere solo di questa corruzione » (« Editoriale » di Le Sel de la terre, n° 85, estate 2013, p. 10). 12 – Mons. Lefebvre, «Conferenza a Ecône del 29 settembre 1975» in Vu de haut n° 13, p. 24. 13 - Intervista di Mons. Lefebvre, «Un an après les sacres» [Un anno dopo le consacrazioni] in Fideliter n° 70 (luglio- agosto 1989), p. 6 et 8. Don Jean-Michel Gleize è professore di apologetica, di ecclesiologia e di dogma al Seminario San Pio X di Ecône. E’ il principale redattore del Courrier de Rome. Ha partecipato alle discussioni dottrinali fra Roma e la Fraternità San Pio X tra il 2009 e il 2011. |