I PAGANI RIMPIAZZERANNO ISRAELE?

Parte prima



di Don Curzio Nitoglia

Parte prima
Parte seconda

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“SODOMA SARÀ TRATTATA MEGLIO DI BETSAIDA!”
(Matteo XI, 16-24; Luca X, 12-16)



LA CONDANNA DELLE CITTÀ CHE RIFIUTARONO IL MESSIA
(MT., XI, VV. 20-24)


Il Redentore, per il peccato d’incredulità del Giudaismo postbiblico, muove alcuni forti rimproveri alle città della Galilea: prima a Corozaim (Corazim o Corazin) e a Betsaida messe assieme, poi, alla sola Cafarnao presa separatamente (Matteo XI, v. 21 e 23a), perché  tutte e tre non Lo hanno accolto come Messia e Salvatore (vv. 20-24).

In quest’articolo, studiamo il testo di San Matteo (XI, 20-24) – alla Luce della Tradizione patristica, scolastica ed esegetica – affinché essa ci aiuti a comprendere, in tutta la sua portata e in maniera più approfondita, il significato della condanna fatta da Gesù a) non solo del Giudaismo incredulo (Mt., XI, 16-19), ma b) anche delle città della Galilea che Lo hanno respinto, nonostante i miracoli che esse hanno potuto constatare, per poterne trarre una lezione moralmente utile pure quanto a noi stessi.



Il testo di Matteo (XI, 20-24)


«Allora Egli cominciò a rinfacciare alle città, nelle quali aveva fatto molti miracoli, che non avessero fatto penitenza: “Guai a te, o Corozaim; Guai a te, o Betsaida; perché se in Tiro e in Sidone fossero stati fatti questi stessi miracoli che sono stati compiuti presso di voi, già da molto tempo esse avrebbero fatto penitenza nella cenere e nel cilicio”. Per questo vi dico: “Tiro e Sidone, nel giorno del Giudizio, saranno trattate meno severamente di voi. E tu Cafarnao, t’innalzerai sino al cielo? No, tu, sarai abbassata sino all’inferno! Infatti se, a Sodoma fossero stati fatti i miracoli che sono stati compiuti presso di te; forse essa sussisterebbe ancor oggi”. Perciò, vi dico: “La terra di Sodoma sarà trattata meno rigorosamente di te, o Cafarnao, nel giorno del Giudizio”».


A – GLI ESEGETI APPROVATI


I – Padre Marco Sales

Il Padre Domenicano, Marco Sales, scrive: «San Luca (X, 13-16), riferisce questo rimprovero di Gesù alle tre città infedeli e incredule della Galilea in cui Egli aveva operato moltissimi miracoli, molto più tardi, cioè verso la fine del Suo ministero in Galilea, sùbito dopo la missione dei 72 Discepoli. Tutto induce a credere che l’ordine seguìto da San Luca sia quello cronologico; mentre quello di San Matteo sia piuttosto logico. Tuttavia, Sant’Agostino pensa che Gesù lo abbia ripetuto per ben due volte, in due diverse circostanze» (Commento al Vangelo secondo San Matteo, Proceno – Viterbo, Effedieffe, II ed., 2015, p. 72, nota n. 20).

Corozaim, Corazim o Corazin (che significa “Forno di fumo”) era una piccola cittadina della quale non si parla mai in tutto l’Antico Testamento; dagli storici essa viene identificata con i ruderi di Keraze a circa 3 chilometri al nord della più famosa Cafarnao (da Kefar Nahum, ossia “Villaggio di Nahum”, che significa “Villaggio della consolazione”), nella Galilea, vicino al Lago di Genezareth detto anche Mare di Tiberiade oppure Lago di Galilea.

Invece, Betsaida detta anche Betseda (che significa “Casa della pesca”) è una piccola città galilea, che si trova sulla riva occidentale del Lago di Genezareth, assai vicina alla ben più grande Cafarnao. Essa era la patria degli Apostoli San Pietro, di suo fratello Sant’Andrea e di Filippo oltre che di Giovanni e suo fratello Giacomo il Maggiore.

Tiro e Sidone sono state, una dopo l’altra, le Capitali della Fenicia (l’odierno Libano), esse erano site sulle rive del Mar Mediterraneo al nord della Galilea (non lontane dall’attuale Beirut) ed erano assai ricche a causa del commercio che vi si teneva, affacciandosi verso l’Italia, la Grecia e l’Africa bianca, potendo arrivare di lì, facilmente, sino alla Spagna; però erano tristemente famose per la mollezza dei loro costumi e la corruzione morale dei loro abitanti (1).

Il cilicio (in ebraico saq) era una sorta di abito a sacco, di tela grossolana, che veniva indossato nei giorni di lutto. Inoltre, gli Orientali, in segno di penitenza e di mestizia, erano soliti sedersi a terra e cospargersi il capo di cenere (Gerem.,VI, 23; Giona, III, 16).

Insomma, la rampogna di Gesù, in parole povere, sta a significare che «al Giudizio universale sarà più tollerabile la condizione degli abitanti pagani di Tiro e Sidone nella Fenicia, che pur non godevano buona reputazione, di quella del popolo “una volta eletto” dei Giudei di Corozaim e di Betsaida, perché le due prime città pagane hanno disprezzate minori grazie e minori lumi delle ultime due città  israelite della Galilea, in cui Gesù ha operato numerosissimi miracoli» (M. SALES, cit., p. 72, nota n. 21 e 22).

Adesso, il rimprovero tocca alla più celebre Cafarnao. La condanna di questa città è ancora più severa, poiché «avendo essa ricevuto maggiori benefizi di tutte le altre, non ne ha fatto alcun caso e, dunque, è paragonata addirittura a Sodoma (Gen., XIII, 13; XVIII, 20), ossia il non plus ultra della corruzione morale, la città peccatrice per eccellenza» (M. SALES, cit., p. 73, nota n. 23).

L’invettiva di Gesù è assai aspra e forte; infatti, Egli dice a Cafarnao che invece di elevarsi (come avevano preteso Lucifero, Adamo ed Eva, i “costruttori” della Torre di Babele) sino al sommo del cielo - in cui anche Cafarnao, come pure tutti questi altri personaggi, pensava di poter salire con le sue arti e le sue forze - essa sarà sprofondata sino al più profondo dell’inferno; ove “cielo” e “inferno”, non devono essere intesi esclusivamente in senso stretto: “Visione Beatifica” e “Dannazione eterna”, ma rappresentano due “estremi” per eccesso e per difetto; infatti, «Cafarnao dimentica dei miracoli e della predicazione di Gesù, non pensa che ad accumular maggiori ricchezze, maggior gloria e maggiori piaceri; perciò, non solo non avrà quel che brama, ma sarà precipitata nell’inferno, vale a dire, come minimo, sarà condannata all’oblio e all’ignominia; ora, Cafarnao è l’unica delle tre città a essere rimasta in piedi, pur se ridotta a un cumulo di macerie; mentre di Corozaim e di Betasaida non ne resta che la memoria, come pure di Sodoma e Gomorra (2), che furono totalmente rase al suolo; dunque, la predizione del Redentore si è verificata alla lettera» (M. SALES, cit., p. 73, nota n. 23), come pure per il Tempio di Gerusalemme (Mt., XXIV,  15).

Quest’invettiva contro il Popolo eletto del Vecchio Testamento, ossia, i Giudei ma anche, in maniera specifica, contro le città della Galilea, dobbiamo ritenerla come rivolta pure a ciascuno di noi stessi; infatti, se non ci convertissimo sinceramente e presumessimo di bastare a noi stessi, saremmo non solo “umiliati” o “abbassati” (in senso largo) in questa terra, ma - molto probabilmente - anche “dannati” o “prostrati” (in senso stretto) per tutta l’eternità.

Infine, San Matteo (XI, 25) continua, qui, a narrare il discorso di Gesù, riportando ciò che Egli disse agli Scribi e ai Farisei, ma forse cronologicamente in un'altra occasione (come riporta giustamente San Luca, X, 21); però, logicamente vi è un nesso molto forte tra ciò che il Messia aveva appena detto alle tre città della Galilea e ciò che ora Matteo Gli fa dire come spiegazione e conclusione logica di quanto or ora ha asserito: «Io ti ringrazio, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai saggi e ai prudenti di questo mondo e le hai rivelate ai semplici e ai piccoli».

Insomma, padre Sales, commentando San Matteo, afferma che «Gesù ringrazia il Padre Suo perché ha permesso che i misteri della dottrina evangelica - ossia, l’Incarnazione, la Redenzione, la Trinità … - rimanessero nascosti ai prudenti e ai sapienti del secolo, cioè ai Farisei e agli Scribi del Suo tempo, superbi e orgogliosi; mentre sono stati manifestati e accettati dai semplici, dagli umili che vengono chiamati “fanciulli” per indicare l’umiltà, semplicità e facilità con cui si lasciavano condurre dal Redentore come i piccoli bambini dai loro genitori, senza presumere di se stessi. Quindi, i grandi e i sapienti secondo questo mondo, hanno rifiutato il Vangelo di Cristo; mentre, i piccoli e gli umili l’hanno accolto. La lezione morale, che ne tira il divin Maestro è che la sapienza orgogliosamente mondana, non basta a far conoscere i misteri divini e, dunque, Gesù ne ringrazia il Padre Suo» (M. SALES, cit., p. 73, nota n. 25), che esalta gli umili e umilia i superbi.


II – Padre Severiano del Paramo

Il padre gesuita scrive: «Queste minacce contro le città impenitenti di Betsaida, Corozaim e Cafarnao sono riportate anche dal pagano San Luca (X, 13-16), ma in un contesto cronologicamente diverso, ossia quando Gesù lascia definitivamente la Galilea».

«Ora, può darsi che Gesù le abbia pronunziate due volte, come scrive anche S. Agostino. Tuttavia, si può anche supporre che la cronologia esatta dei fatti sia quella presentata da San Luca.  Invece, San Matteo preferisce porre queste minacce in tale occasione per la connessione logica e non cronologica che esse hanno con la condanna dell’incredulità dei Giudei, che le precede immediatamente» (SEVERIANO DEL PARAMO, Commento al Vangelo secondo Matteo, Roma, Città Nuova Editrice, 1970, p. 187, nota n. 20).

Il dotto esegeta dell’Università di Granada in Spagna, fa anche notare che se l’Evangelista scrive che in queste città Gesù aveva fatto moltissimi miracoli e aveva predicato spesso; inoltre, sottolinea pure che nei Vangeli vi è soltanto un accenno di sfuggita alla predicazione e ai miracoli di Gesù a Corozaim e a Betsaida, mentre essi parlano solo di Cafarnao; per cui, egli conclude giustamente che «la narrazione evangelica omette molti fatti che erano senza dubbio conosciuti dai primi Cristiani, grazie alla Tradizione orale, risalente agli Apostoli e ai loro Discepoli, che avevano assistito ad essi e che ne erano testimoni» (cit., p. 188, nota n. 20); ecco, nel Vangelo stesso,  uno degli esempi numerosi della verità della dottrina cattolica delle due fonti della Rivelazione divina: la Tradizione e la S. Scrittura, esplicitamente contraria all’eresia luterana della “sola Scrittura” come unica fonte della Rivelazione.

Inoltre, padre del Paramo osserva che «Le minacce di Gesù si realizzarono talmente appieno su Corozaim e Betsaida, che di esse non sappiamo più con certezza il luogo in cui sorgevano. Tuttavia, considerando che, l’Evangelista afferma che queste due città avevano visto moltissimi miracoli del Messia; esse possono collocarsi ragionevolmente sulla riva occidentale del Lago di Genezareth, volta verso il Mare Mediterraneo e ove Gesù svolse la massima parte del suo ministero in Galilea. Gli archeologi moderni ritengono che Corozaim sia la città di Hirbeth Kerazeh, oramai in totale rovina e della quale son rimasti soltanto i ruderi, che si trova a circa 4 km da Tell-Hum; invece, Betsaida sembrerebbe essere situata non lungi da Cafarnao, ma sempre sulla riva occidentale del Lago di Genezareth» (cit., p. 188, nota n. 21).

Ciò che ci interessa maggiormente è la comparazione fatta da Gesù tra queste due città della Galilea con le città idolatriche e fenice di Tiro e Sidone, le quali erano chiamate le “Regine dei mari” ed erano distanti tra di loro non più di 50 km, affacciandosi verso Beirut, dalla quale erano separate da non più di altri 30 km; esse sorgevano sulla costa mediterranea ed erano famose per i loro commerci, le loro ricchezze e i loro vizi, i quali ci erano stati narrati già da Isaia (XXIII, 1-18) ed Ezechiele (XXVI, 1-28), che circa sei/settecento anni prima di Cristo, avevano profetizzato la loro rovina, avvenuta realmente tre/quattrocento anni dopo, cioè nel 333 prima di Cristo, sotto l’Impero di Alessandro Magno.

La citazione di Tiro e di Sidone da una parte e di Sodoma e di Gomorra (distrutte attorno al 1900 a. C.) dall’altra parte, è utilizzata dalla S. Scrittura, tipicamente, per descrivere i castighi della Giustizia divina, che immancabilmente si abbattono sopra gli uomini e le città impenitenti, sprofondate nel male morale.

Insomma, Gesù vuol far capire che «gli abitanti di Corozaim e Betsaida sono più meritevoli di castigo di quelli di Tiro e Sidone, poiché diversamente da questi ultimi, hanno ricevuto la grazia straordinaria di ascoltare la predicazione costante e copiosamente abbondante del Salvatore e di assistere ai suoi numerosi miracoli; anzi - aggiunge il Redentore - se gli abitanti di queste città pagane, avessero ricevuto le grazie che hanno avuto gli abitanti Israeliti di Corozaim e Betsaida; ebbene essi, benché pagani, già da molto tempo avrebbero fatto penitenza per i loro peccati, anche in maniera esteriore e pubblica “in cinere et cilicio”» (cit., p. 189, nota n. 22).

Perciò, non si può non notare l’assoluta categoricità dell’affermazione di Gesù Cristo, secondo cui, le corrotte e pagane Tiro e Sidone, avrebbero fatto certamente una gran penitenza, se avessero avuto la grazia di ascoltare il Messia e di vedere i Suoi miracoli, come al contrario questa grazia la ebbero le tre città galilee (Corozaim, Betsaida e Cafarnao), che invece Lo rifiutarono.

Tuttavia, ciò non significa che «gli abitanti di Tito e di Sidone mancassero di ogni genere di grazia per convertirsi, persino di quella sufficiente, che essi avevano ricevuto certamente da Dio come ogni uomo, ma essi non vollero corrispondervi liberamente; però, se essi avessero ricevuto la grazia abbondante che ebbero gli abitanti di Cafarnao, Betsaida e Corozaim - ossia dei Galilei in particolare e degli Ebrei in generale - che furono testimoni dei miracoli e della predicazione di Gesù; essi si sarebbero convertiti certamente» (S. DEL PARAMO, cit., p. 189, nota n. 22), ma qui si entra nel mistero tremendo della predestinazione... , di cui Sant’Agostino, giustamente, diceva: “Si non vis errare, noli velle scrutare” (De dono perseverantiae, 14, n. 35, PL tomo 45, col. 1014; ripreso dal Concilio II di Orange, dal Concilio di Quiercy, dal Concilio Tridentino, DB 198 ss.; 316 ss.; DB 826-827).

Poi, Gesù si rivolge a Cafarnao (separatamente da Betsaida e Corozaim, che prima erano state messe assieme), contro la quale scaglia l’invettiva più forte e più severa, poiché «questa città era stata particolarmente privilegiata tra tutte quelle della Galilea, ancor più delle prime due; infatti, Gesù l’aveva eletta a centro delle sue attività apostoliche e vi aveva posto il suo domicilio, operandovi il maggior numero dei suoi miracoli e predicandovi la maggior parte del suo tempo. Tuttavia, neppure essa rispose alla chiamata di Gesù. Non ci si deve meravigliare dunque, se la predizione del Redentore si sia avverata letteralmente per Cafarnao. Gli archeologi, infatti, hanno potuto trovare soltanto rovine di quella ricca e prospera città. Inoltre, anche queste macerie, non è assolutamente certo che siano proprio quelle della Cafarnao contemporanea di Gesù» (S. DEL PARAMO, cit., p. 189, nota n. 22).

Gesù paragona direttamente ed esclusivamente Cafarnao a Sodoma, la quale è stata totalmente cancellata dalla faccia della terra; tuttavia, il Vangelo ci rivela che Sodoma «sarebbe ancora in piedi, se Gesù avesse operato in essa i miracoli che compì a Cafarnao, poiché Sodoma si sarebbe convertita. Anzi, la sentenza di condanna, che nel giorno del Giudizio Universale colpirà gli abitanti di Cafarnao, sarà più dura di quella che si abbatterà sugli abitanti di Sodoma, perché il peccato dei Cafarnaiti è stato più grave, avendo essi ricevuto più grazie dei Sodomiti»  (S. DEL PARAMO, cit., p. 190, nota n. 24).  


B – I PADRI ECCLESIASTICI GRECI E LATINI

I – San Giovanni Crisostomo


San Giovanni Crisostomo, Vescovo di Antiochia e anche uno dei maggiori Padri della Chiesa d’Oriente, scrive:

«Gesù, per dimostrare che le popolazioni della Galilea non erano cadute nell’incredulità senza loro colpa e quasi per necessità, ma anzi con loro grave malvagità; cita il nome di quella città in cui Egli aveva fatto i maggiori miracoli e dalla quale erano venuti a Lui ben cinque Apostoli: Filippo, Pietro con suo fratello Andrea, Giovanni e suo fratello Giacomo (il Maggiore), i quali erano tutti natii di Betsaida. […]. Il Salvatore dimostra che soprattutto Cafarnao, ma anche Corozaim e Betsaida erano peggiori delle città più corrotte sia del popolo d’Israele (Sodoma) sia delle Genti (Tiro e Sidone nella Fenicia), sia del presente sia del passato.

Altrove (Mt., XII, 41; Lc., XI, 32) Gesù paragona i Giudei ai Niniviti (3), e anche alla Regina di Saba (4) , dicendo: «I Niniviti, nel giorno del Giudizio, si leveranno contro questa generazione e la condanneranno. Infatti, essi fecero penitenza, quando il profeta Giona (5) predicò nella pagana Ninive (odierno Egitto, ndr); mentre, ora e qui, c’è qualcuno che è molto superiore a Giona. […]. La Regina di Saba [in Etiopia, ndr] sorgerà nel Giudizio contro questa generazione e la condannerà; infatti, essa venne dai confini della terra [da Saba in Africa, ndr] ad ascoltare la saggezza di Salomone e qui c’è qualcuno molto superiore a Salomone». Tuttavia in quella circostanza, Gesù li paragonava a un popolo la cui condotta era stata retta, mentre qui li paragona a uomini corrotti, il che è un modo molto forte per condannare» (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento al Vangelo secondo San Matteo, Discorso XXXVII, 7-24, n. 4 (6)).


II – San Girolamo

San Girolamo osserva: «La condanna delle città di Corazin, di Betsaida e di Cafarnao viene pronunciata da Gesù perché esse si son rifiutate di far penitenza e di accoglierlo, nonostante Egli avesse fatto molti miracoli in esse. […]. Il Salvatore compiange Corazin e Betsaida, città della Galilea, perché pur dopo aver ricevuto tanti miracoli non si sono convertite, tanto che a esse sono da anteporre persino Tiro e Sidone, città pagane, dedite all’idolatria e al vizio; poiché Tiro e Sidone hanno violato la legge naturale, mentre le città galilee non solo hanno calpestato la legge di natura, ma anche quella divinamente rivelata e inoltre hanno disprezzato i miracoli e la predicazione del Vangelo di Gesù Cristo in persona» (SAN GIROLAMO, Commento al Vangelo di Matteo, XI, 16, libro II (7)).

Inoltre, per quanto riguarda Cafarnao, ancor più prediletta dal Redentore, il Vangelo di San Matteo ci narra che essa sarà sprofondata sino all’inferno, poiché avrebbe voluto salire sino al cielo con le sue sole forze naturali.

Ecco qui descritto e preannunziato il peccato del mondo moderno e odierno, che pretenderebbe di “transumanare” l’intero orbe, di fare a meno di Dio, di Gesù unico Redentore del genere umano e della Sua grazia.

Nihil sub sole novi”; infatti, proprio come stanno facendo gli uomini di oggi - con il “trans/umanesimo” e la “intelligenza artificiale” - fecero pure (nella Storia Sacra del Vecchio Testamento): Lucifero, Adamo ed Eva all’Eden, i “costruttori” della Torre di Babele, gli uomini che vivevano al tempo di Noè (che invece furono travolti dal Diluvio Universale), gli abitanti di Sodoma; oppure (nella mitologia pagana): i Titani, Icaro, Prometeo, Capanèo, Narciso …. 

L’esempio di queste città del Vecchio Testamento deve esserci di monito, come pure l’avvertimento che dette loro Gesù, circa 2000 anni fa; infatti, come esse furono incenerite da un “diluvio di fuoco”, così pure noi rischiamo di esserlo in questo terribile momento della storia umana, di cui forse non se n’è visto uno più tetro.

Infine, San Girolamo spiega in due modi la frase suddetta: «Precipiterai all’inferno, tu o Cafarnao, perché hai, con infinita superbia, opposto resistenza alla predicazione del Verbo incarnato; oppure, tu – o Cafarnao – sarai punita con maggior rigore, perché pur essendo stata favorita sommamente e in un certo modo sino al cielo, avendo ricevuto la visita del Salvatore, che proprio in te ha fatto i miracoli più strepitosi e ha predicato la maggior parte del tempo; ciononostante non hai voluto credere e hai chiuso volontariamente i tuoi occhi e le tue orecchie davanti a essi» (ivi).

Inoltre, san Girolamo, nota che, secondo San Matteo (XI, 21), mentre Tiro e Sidone - città pagane, politeiste e viziose - si sarebbero convertite e sarebbero state giustificate dal Signore «invece, la galilea Cafarnao, viene condannata per la sua incredulità volontaria e ostinata, come pure l’incredula Gerusalemme, che addirittura avrebbe crocifisso il Messia» (ivi) e, infine, l’incredulità del Giudaismo talmudico, che ancor oggi si ostina a rifiutare il Messia Gesù di Nazareth.



C – I DOTTORI SCOLASTICI


San Tommaso d’Aquino


Il “Dottore Ufficiale” della Chiesa di Cristo, distingue, precisa e insegna: «Il rimprovero di Gesù è duplice: 1°) rispetto ai benefici che le città incredule hanno ricevuto; 2°)  rispetto a coloro che avevano dato i benefici. Quanto ai benefici: Gesù aveva illuminato gli abitanti di Corozaim e Betsaida con la sua presenza, i suoi miracoli e la sua dottrina; quindi, essi erano ingrati e meritevoli di castigo. Egli li rimprovera negativamente per la loro negligenza e le loro omissioni, perché non avevano fatto penitenza, non essendosi convertiti e non li sgrida positivamente per i loro vizi o le loro azioni malvagie che pur sarebbero state da essi commesse» (S. TOMMASO D’AQUINO, Commento al Vangelo secondo Matteo, (Lezione 3, Cap. XI, vv. 20-24, n. 942 - 943 (8)).

Le città pagane di Tiro e Sidone saranno trattate meno severamente delle cittadine della Galilea il giorno del Giudizio Universale, poiché queste ultime non hanno messo in pratica ciò che hanno visto e udito da Gesù; anzi l’hanno negato e combattuto; quindi a esse si applica quanto detto nel Vangelo di San Giovanni (XV, 22): “Se non fossi venuto e non avessi parlato, non avrebbero alcuna colpa”.

Gesù ci rivela esplicitamente, in questo tratto di San Matteo, che non tutti i peccati sono egualmente gravi; infatti, il peccato dei Galilei - il popolo “una volta” (sino al Deicidio) prediletto dal Signore dal Quale ricevette la Rivelazione veterotestamentaria - è più grave di quello dei Gentili della Fenicia (gli abitanti delle città di Tiro e Sidone), che conoscevano solo la legge naturale e seguivano la retta ragione, non ancora illuminata dalla Fede e rafforzata dalla Carità soprannaturale.

Infine, Gesù passa a rimproverare la metropoli di Cafarnao e il Suo tono si fa ancor più minaccioso: «In primis rimprovera la sua superbia; infatti, i grandi s’insuperbiscono facilmente e maggiormente; in secundis rimprovera la sua incredulità, poiché in essa Egli fece la maggior parte dei Suoi miracoli e minaccia anche una pena severa per essa. In tertiis, l’apostrofe contro Cafarnao può essere interpretata come un interrogativo oppure come un’affermazione; vale a dire, nel primo caso: “Sarai forse innalzata sino al cielo?”, poiché essa fu realmente innalzata, ma dalla presenza di Gesù, che abitò per molto tempo in essa; invece, nel secondo caso, essa presunse di essersi innalzata da se stessa con le proprie forze naturali; quindi fu elevata non per la grazia di Dio, ma per la sua superbia. In questo senso la frase può essere letta come se fosse un’interrogazione o una domanda che si pone Gesù; alla quale, tuttavia, Egli risponde sùbito, con rimandi di citazioni della Scrittura: “Sino all’inferno sarai precipitata!” (Job., XX, 28); “Tu che sembri toccare il cielo, sarai precipitato nell’inferno! Infatti, la pena del superbo è la riprovazione” (Is., XIV, 14)» (Ibid., n. 953).

Quanto all’incredulità e all’impenitenza finale di Cafarnao, Gesù parla della sua colpa e poi della pena dovuta alla colpa; infatti, Egli esclama: «Se a Sodoma fossero stati fatti i miracoli che Io ho fatto in te [...]; ora, nessuno fece miracoli a Sodoma, in cui pur viveva il giusto Lot; invece, i Cafarnaiti hanno visto i miracoli e hanno ascoltato le prediche di Gesù; dunque, giustamente il giorno del Giudizio Universale la pena e il castigo inflitti a Cafarnao saranno maggiori di quelli che ricevette Sodoma, la quale pur fu incenerita totalmente …»   (Ibid., n. 954).



NOTE

1 -   La Terra Santa per motivi didattici, quanto alla Storia Sacra del Vecchio e Nuovo Testamento, può essere divisa sostanzialmente in tre aree: 1°) al nord c’è la Galilea, confinante con la Siria, nella quale si trova il Lago o Mare di Tiberiade, detto anche di Genezareth (dove gli Apostoli e specialmente Pietro, Andrea, Giovanni, Giacomo il Maggiore e Filippo,) andavano a pescare con le loro barche, essendo originari di quelle rive. Le città più famose della Galilea sono: Nazareth (dove vivevano Maria e Giuseppe e dove s’incarnò il Verbo), Cana (ove Gesù fece il suo primo miracolo visibile, transustanziando l’acqua in vino, durante un banchetto nuziale). Inoltre - sempre in Galilea - si trovano Cafarnao, Betsaida e Corozaim (di cui parliamo in quest’articolo); al nord della Galilea, ma fuori della Terra Santa, vi erano le città fenice e pagane di Tiro e Sidone, non lontane dall’attuale Beirut in Libano. 2°) Al centro della Palestina si situa la Samaria col Monte Garizim (la città santa con il Tempio dei Samaritani, in concorrenza col Tempio di Gerusalemme nella Giudea). Invece, 3°) al sud si trova la Giudea con Gerusalemme, poi vi è Betlemme (dove nacque Gesù), inoltre Aim-Karim (dove viveva Santa Elisabetta e ove essa partorì San Giovanni Battista) ed Emmaus, dove Gesù apparve - la domenica di Pasqua a sera - a due suoi discepoli, che Gli dissero: “Mane nobiscum Domine, quoniam advesperascit” (Mc., XVI, 12). Nella Giudea, infine, si trova il Mar Morto (dove sorgevano Sodoma e Gomorra, le quali vennero incenerite circa 1900 anni prima di Cristo), che è unito al Lago di Tiberiade dal fiume Giordano (ove battezzava San Giovanni Battista), il quale traversa l’intera Palestina dal nord al sud. Le città fenicie di Tiro e Sidone, delle quali parla Gesù in questo tratto di Vangelo (Mt., XI, 21-22) che stiamo studiando, si trovano all’estremo nord oltre i confini settentrionali della Terra Santa, sulla riva del Mar Mediterraneo; Sodoma e Gomorra, invece, stavano all’estremo sud della Palestina, in Giudea; mentre Cafarnao, assieme a Corazin e Betsaida erano site al nord-ovest della Galilea, nei pressi del Lago di Genezareth e non lontane dal Mar Mediterraneo. 

2 -  La distruzione di Sodoma e Gomorra - facenti parte delle famigerate “cinque città della pianura” presso il Mar Morto” (assieme a Zeboim, Adma e Zoar) - è rivelata nel libro della Genesi, al capitolo XIX. Gomorra era anch’essa sita nella pianura del Mar Morto ed era governata da un Re di nome Birsa, quando venne incenerita assieme a Sodoma, la quale era una città molto corrotta e popolata da Cananei, che erano una popolazione politeistica e abitavano in Palestina già prima degli Ebrei. Essa era sita non lontano dal Mar Morto nella Giudea (il sud della Palestina), al meridione di Canaan (l’attuale Libano, confinante con la Palestina, la Siria e la Giordania), a fianco del fiume Giordano; quindi, si trovava alla parte opposta di Cafarnao; mentre Corozaim e Betsaida si trovavano nella Galilea (il “profondo nord” della Palestina). 


3 - Ninive è una delle più famose città dell’antichità, sita sulla riva sinistra del fiume Tigri, nel nord della Mesopotamia, oggi Egitto. Si son trovati reperti archeologici di Ninive risalenti al VII millennio avanti Cristo. Ninive divenne, attorno al 704/681 avanti Cristo, la capitale dell’Impero Assiro, che fu la culla della civiltà. Nel 612, tuttavia, venne distrutta dai Medi e dai Caldei. Il profeta Giona (cfr. Giona, IV, 10-11) svolse la sua missione proprio nella città di Ninive.

4 - La Regina dell’Austro, del Sud o di Saba (cfr. I Re; II Cronache), nell’Etiopia visse attorno al mille avanti Cristo e si recò dall’Africa mediterranea in Palestina per conoscere di persona il Re Salomone, il figlio di Davide. 

5 - Giona (cfr. II Re, XIII, 25- XIV, 27) visse attorno al IX secolo avanti Cristo, era ebreo ed è uno dei Dodici Profeti Minori dell’Antico Testamento. La Chiesa cattolica lo venera come Santo il 21 settembre..

6 - Traduzione italiana, Roma, Città Nuova Edtrice, 1966, in tre volumi.

7 - Traduzione italiana, Roma, Città Nuova Editrice, 1969.

8 - Traduzione italiana, Bologna, Edizioni Studio Domenicano, 2018, in 2 volumi.






 
luglio 2025
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