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La Curia romana a rimorchio del Cammino sinodale tedesco Prima parte ![]() Percorsi per attuazione del Sinodo Il Sinodo sulla
sinodalità, con la sua fase di «attuazione» che
durerà fino ad ottobre 2028, mostra con sempre più
chiarezza ed evidenza come la Curia romana sia a rimorchio del Cammino
sinodale tedesco, e finisca con l’adottare delle posizioni o delle
linee
disciplinari che essa ha condannato, talvolta severamente, del
movimento sinodale di oltreReno.
Due elementi serviranno a provare quanto espresso nel titolo: il primo riguarda i membri del Sinodo. La composizione dell’Assemblea sinodale I) Circa il cammino sinodale Il 4 settembre 2019, il cardinale Marc Ouellet, allora Prefetto della Congregazione per i Vescovi, inviò una lettera al cardinale Marx, allora Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca (DBK). La lettera conteneva una analisi della bozza di Statuto del Cammino sinodale elaborata dal Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei Testi legislativi (diventato Dicastero per i Testi Legislativi). Ogni concilio o sinodo è munito da un regolamento appropriato, i cui elementi essenziali sono tuttavia definiti dal diritto della Chiesa. Il giudizio del Pontificio Consiglio criticava essenzialmente tre punti di questa bozza degli Statuti. Quello che a noi interessa è il terzo punto, ma va detta qualche parola sui primi due. Lo scopo del Cammino sinodale è illegittimo Il Pontificio Consiglio notava: «che questi argomenti [da trattare] non riguardano solo la Chiesa della Germania, ma la Chiesa universale», e non possono essere oggetto di risoluzioni e decisioni di una Chiesa particolare. Inoltre, il Comitato Centrale dei cattolici tedeschi (ZdK) aveva accettato di partecipare a condizione che le decisioni avessero un «carattere vincolante». Cosa che va oltre «la prerogativa di una Chiesa particolare» per gli argomenti trattati. Questo punto è il solo che verrà corretto nella versione finale degli Statuti. Il Cammino sinodale è un concilio particolare che rifiuta di dire il suo nome Il Pontificio Consiglio accusa la DBK di organizzare un concilio particolare «senza usare questo termine». I vescovi tedeschi dovrebbero seguire la procedura prevista dal Diritto Canonico, osservando che le regole canoniche devono essere seguite da ogni «Assemblea diocesana» o a fortiori, nazionale. La procedura considerata comporta: le regolare convocazione, la conferma da parte della Santa Sede dell’elezione del Presidente del concilio, gli obblighi sul numero e la qualità dei membri convocati in concilio, la trasmissione di tutti gli atti del concilio alla Curia vaticana, atti che potranno essere promulgati solo dopo il riconoscimento da parte della Sede apostolica. La composizione dell’Assemblea sinodale è contraria al diritto La bozza degli Statuti mostra che la DBK e la ZdK sono su un piano di parità: inviano lo stesso numero di partecipanti, fanno parte della direzione con gli stessi diritti, votano tutte le decisioni. Il Pontificio Consiglio precisa che questa parità tra chierici e laici è contraria al Diritto Canonico. Poiché la Chiesa non è strutturata democraticamente, e le decisioni non sono prese dalla maggioranza dei fedeli. E il Pontificio Consiglio aggiunge: «La sinodalità nella Chiesa (…) non è sinonimo di democrazia o di decisioni prese a maggioranza, ma è un modo diverso di partecipare al processo decisionale». La risposta tagliente del cardinale Marx Il cardinale Marx avrebbe risposto che il Cammino sinodale è un «processo sui generis» che non dovrebbe essere interpretato «attraverso il prisma degli strumenti del Diritto Canonico». Poco dopo, il cardinale Marx incontrò Papa Francesco a Roma, e il Cammino sinodale non fu più turbato. Nessuna correzione fu apportata agli Statuti sugli elementi menzionati dal Pontificio Consiglio, salvo quella menzionata prima. II) Circa il Sinodo sulla sinodalità Il 15 marzo 2025, il cardinale Mario Grech, Segretario Generale del Sinodo dei vescovi, ha annunciato alla gerarchia cattolica l’avvio della terza fase del Sinodo sulla sinodalità, detta «fase di attuazione»: articolata su tre anni, essa seguirà le stesse tappe delle precedenti (diocesana, continentale, romana) e sarà conclusa con una «Assemblea ecclesiale» che si terrà a ottobre 2028. Cos’è una «Assemblea ecclesiale»? Interpellato da Andrea Tornielli, Direttore Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, su questa Assemblea ecclesiale, il cardinale Grech ha riconosciuto che «è la prima volta che si riunisce una Assemblea ecclesiale», che «si svolge a livello dell’intera Chiesa» e che «molte cose devono ancora essere chiarite». Insoddisfatto di questa risposta, il giornalista insiste: «Quali saranno le sue caratteristiche?». Il cardinale maltese lo spiega innanzi tutto indicando il suo obiettivo: «che non è altro che quello indicato dal Documento finale della seconda fase e cioè concretizzare la prospettiva dello scambio di doni tra le Chiese e nella intera Chiesa». Poi finisce col confessare che «L’Assemblea è ecclesiale, il che sottolinea la sua differente natura e funzione rispetto all’Assemblea sinodale che abbiamo già celebrato e che è essenzialmente una Assemblea di vescovi». Il cardinale Grech si rende conto della contraddizione che esprime con questa risposta? Tralasciando il fatto che si trova nella impossibilità di definire l’Assemblea ecclesiale [una novità], egli ci dice che ha una natura e una funzione diverse rispetto all’Assemblea sinodale, dandoci una chiave di lettura: quest’ultima è una Assemblea di vescovi. Riassumiamo. Il Segretario generale del Sinodo spiega il processo avviato fino al 2028 come terza fase di un Sinodo episcopale (attuazione). Egli ammette che un Sinodo episcopale è una Assemblea di vescovi. Ma l’Assemblea ecclesiale, punto d’orgoglio di questa terza fase, non sarà una Assemblea di vescovi… Così il Sinodo deve chiudersi cambiando natura. Si tratta di una ammissione significativa. D’ora in poi, a partire dalla costituzione del Sinodo dei vescovi: Episcopalis communio, secondo l’interpretazione del Segretario Generale del Sinodo, un Sinodo deve concludersi trasformandosi in una entità fino ad allora completamente sconosciuta nel Diritto Canonico, che non è specificamente una Assemblea di vescovi… Una Assemblea senza alcuna base giuridica … o ecclesiale L’espressione «Assemblea ecclesiale» è una innovazione giuridica. Chiunque può verificare che essa non esiste nel Codice di Diritto canonico del 1983. Nel Codice, una assemblea è sempre quella di un gruppo esistente: parrocchia, ordine religioso, diocesi, sinodo dei vescovi, ecc. Ma non esiste una “assemblea della Chiesa”. Questa innovazione – che dunque non ha alcunché di legale – permette a chiunque di riunirsi come gli pare. E questo è precisamente quello che hanno fatto i vescovi tedeschi per il Cammino sinodale con la loro assemblea «sui juris» che, come abbiamo appena visto, è stata duramente criticata dalla Curia romana. La novità affonda le sue radici nella concezione del cardinale Gianfranco Ghirlanda, per il quale la giurisdizione ecclesiastica si riassume nel Papa, che la distribuisce a chi vuole, laici compresi, senza tenere alcun conto della struttura gerarchica della Chiesa. Ma nessuno si lasci ingannare: questa «Assemblea ecclesiale» non ha alcuna legittimità ecclesiologica, non più di quella del Cammino sinodale. Ma ciò che colpisce di più è questa contraddizione della Curia romana: a 6 anni di distanza essa promuove una struttura che aveva fermamente condannato, mettendosi in ultima analisi a rimorchio del movimento sinodale tedesco. E purtroppo non solo su questo punto. (continua)
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