La Curia romana a rimorchio

del Cammino sinodale tedesco

Seconda parte



di Fraternità San Pio X


Prima parte
Seconda parte





Riunione del  Comitato sinodale tedesco maggio 2025


Il Sinodo sulla sinodalità, con la sua fase di «attuazione» che durerà fino ad ottobre 2028, mostra con sempre più chiarezza ed evidenza come la Curia romana sia a rimorchio del Cammino sinodale tedesco, e finisca con l’adottare delle posizioni o delle linee disciplinari, che essa ha condannato, talvolta severamente, del movimento sinodale di oltreReno.

Due elementi serviranno a provare quanto espresso nel titolo: il primo riguarda i membri del Sinodo, di cui abbiamo parlato nel primo articolo.
Il secondo riguarda il molto controverso “Consiglio sinodale” tedesco.


1) Circa il Cammino sinodale

Dichiarazione della Santa Sede

Il 21 luglio 2022, una dichiarazione non firmata, pubblicata dalla Sala Stampa della Santa Sede, aveva avvertito che «non sarebbe stato permesso introdurre nelle diocesi, prima di un accordo concertato a livello di Chiesa universale, delle nuove strutture ufficiali o dottrinali che avrebbero costituito una violazione della comunione ecclesiale e una minaccia per l’unità della Chiesa».

Decisione della creazione di un Consiglio sinodale sovradiocesano

Il 10 settembre 2022, nel corso della quarta Assemblea sinodale, venne adottato un testo destinato a «rafforzare durevolmente la sinodalità», che prevedeva la creazione di un «Consiglio sinodale» per la Chiesa cattolica in Germania.

Tale Consiglio è descritto come un «organo consultivo e decisionale» che «delibera sulle evoluzioni essenziali della Chiesa e della società, e prende delle decisioni di principio di importanza sovradiocesana sulle pianificazioni pastorali, sulle questioni future e sulle questioni di bilancio della Chiesa, che non vengono prese a livello diocesano».

Il 26 settembre 2022, intervenendo alla Conferenza Episcopale tedesca (DBK), Mons. Nikola Eterovic, Nunzio apostolico, ha precisato che il Cammino sinodale «non ha il potere di obbligare i vescovi e i fedeli ad adottare nuove forme di governo». Citando la dichiarazione suddetta, egli ha attribuito tale potere «al Papa, alla Segreteria di Stato e agli organi della Curia romana».
Ha aggiunto che «i vescovi hanno un ruolo essenziale che non è trasmissibile e non può essere delegato».


Reazione della Curia romana

Il 16 gennaio 2023, i cardinali Pietro Parolin, Segretario di Stato, Luis Ladaria, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, e Marc Ouellet, Prefetto del Dicastero dei Vescovi, inviarono una lettera a Mons. Georg Bätzing, Presidente della DBK, in seguito ad una domanda di cinque vescovi tedeschi in merito al Comitato sinodale istituito in Germania per applicare le decisioni del Cammino sinodale.
Lo scopo principale di questo nuovo Comitato sinodale era proprio l’attuazione di questi Consigli sinodali.

La lettera affermava che «Al di là della decisione che verrà presa da ogni vescovo in vista della partecipazione al “Comitato sinodale” (…) noi teniamo a precisare che né il cammino sinodale, né alcun organismo da esso istituito, né alcuna Conferenza Episcopale hanno la competenza di istituire un “Consiglio sinodale” a livello nazionale, diocesano o parrocchiale».
E’ precisato che questa risposta è stata approvata del Papa “in forma specifica”, cosa che le conferisce una autorità particolare.

Il 27 febbraio 2023, Mons. Nikola Eterovic intervenne una nuova volta all’assemblea episcopale tedesca a Dresda. Egli spiegò che «era stato incaricato di precisare» che un “Consiglio sinodale” a livello delle diocesi non è realizzabile dal punto di vista di Roma: «Neanche un vescovo diocesano può istituire un consiglio sinodale a livello diocesano o parrocchiale».


Le vicissitudini del Comitato sinodale

Mentre si faceva più chiara la costituzione del Comitato sinodale, Roma intervenne nuovamente.
In una lettera del 16 febbraio 2024 indirizzata ai vescovi tedeschi, i cardinali Pietro Parolin, Segretario di Stato, Manuel Fernandez, Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede e Robert Prevost, Prefetto del Dicastero dei Vescovi, chiesero di prorogare la costituzione del Comitato sinodale.

E questo per due motivi: a causa del «dialogo già in corso» che dovrà essere proseguito nel prossimo avvenire. E soprattutto perché il Comitato avrà come primo compito l’istituzione del consiglio sinodale». Ora, «un tale organismo non è previsto dal Diritto Canonico in vigore e una decisione della DBK sull’argomento non sarebbe valida – con le conseguenze giuridiche che ne derivano».

Ma, dopo una riunione svoltasi a Roma fra la Curia e i vescovi tedeschi il 22 marzo seguente, la costituzione del Comitato sinodale fu autorizzata, a condizione che le sue decisioni fossero «in accordo con l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, con le prescrizioni del Diritto Canonico e con i risultati del Sinodo mondiale» e che esse fossero «sottoposte all’approvazione della Santa Sede».
Una pessima decisione.

Perché, il 28 giugno seguente, la Curia fu costretta a riformulare i piani del Comitato sinodale. Essa chiese che il futuro organismo sinodale nazionale non fosse denominato «Consiglio». Inoltre, esso non doveva essere «superiore o uguale alla Conferenza Episcopale».
Una revisione al ribasso che non ha impressionato più di tanto i vescovi tedeschi, che hanno perseguito il loro obiettivo in sordina.


Circa il Sinodo sulla sinodalità

Le proposte della Commissione canonica

A margine del Sinodo sulla sinodalità è stata creata una Commissione canonica. Essa doveva presentare le sue conclusioni nel mese di giugno 2025, ma, con i suoi dieci gruppi di studio, essa è stata prorogata fino al prossimo dicembre.
Ma nel suo rapporto provvisorio essa fa diverse proposte. Una di queste è particolarmente sorprendente.

Essa propone «una istituzione funzionale a “due fasi”: un organismo deliberativo episcopale superiore (Consiglio provinciale propriamente detto di composizione episcopale) e un organismo consultivo misto (sotto forma di consiglio pastorale diocesano o interdiocesano), creando così un sistema un poco simile al dualismo orientale del Sinodo episcopale e dell’Assemblea patriarcale».

A parte il fatto che sia l’Assemblea patriarcale sia il Sinodo episcopale, nelle Chiese d’Oriente sono strettamente riservate al clero, cosa che rende il paragone del tutto traballante, è una vera sorpresa vedere il Dicastero per i Testi Legislativi – responsabile di questa Commissione – proporre un organismo consultivo interdiocesano misto, composto da chierici e laici.

Questo assomiglia stranamente ad un «Consiglio sinodale nazionale, che è stato chiaramente respinto dalla Curia romana.
Forse il lettore attento farà notare che esso è presentato come «consultivo». Senza dubbio. Ma sopra, per sottolineare l’importanza della consultazione» è stato «ritenuto opportuno» togliere del tutto dal Codice di Diritto Canonico l’espressione «solamente consultivo».
Si trattava peraltro di un suggerimento del Documento finale del Sinodo (n° 92).

Il puramente «consultivo» deve sparire.
Ora, esiste una via di mezzo tra «consultivo» e «deliberativo»? Potrebbe essere «consultivo obbligatorio», che indica un obbligo per il superiore di tenere conto del parere che gli è stato dato da un organismo. In altre parole, in parte deliberativo …
La Commissione precisa che «in un tale sistema “a due fasi” la presenza dei laici sarebbe obbligatoria ed anche vincolata alla loro proporzione».

Che dire di una tale proposta, se non che, al termine del Sinodo sulla sinodalità, il Dicastero per i Testi Legislativi propone, in forma senza dubbio mitigata, un organismo «pastorale» (sinodale in effetti) che è stato più volte denunciato dalla Curia romana fin dal 2022, nel quadro del progetto del Consiglio sinodale nazionale (o interdiocesano) del Cammino sinodale tedesco.

E che la Curia romana è tristemente a rimorchio del Cammino sinodale tedesco.


 
agosto 2025
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