IL FALLIMENTO DEL BOLSCEVISMO

Prima parte



di  Don Curzio Nitoglia


Prima parte
Seconda parte


Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/






Capitalcomunismo



INTRODUZIONE


Il democraticismo o demagogia è una tappa della Sovversione e il moto del disordine non si ferma a mezza strada ma tende all’estremo, che è rappresentato dal comunismo sovietico.

Tra plutocrazia liberistica, democraticismo e bolscevismo vi è una differenza accidentale, quantitativa e non sostanziale. Sono tre tappe del medesimo cammino sovversivo: il materialismo industrialistico (liberismo), il materialismo della quantità numerica delle masse (democraticismo) e il materialismo del proletariato (comunismo); è il potere della quantità materiale prodotta dalla tecnologia, dal suffragio universale e dalla lotta di classe.

Come si vede, la sostanza è la medesima, ossia il materialismo; esso differisce soltanto quanto all’accidentale: industria, suffragio, proletariato.
Tutti e tre vogliono “il paradiso su questa terra”, ma per il primo deve provenire dall’industrializzazione della borghesia, per il secondo dalla volontà delle masse espressa dal suffragio universale e per il terzo dalla guerra di classe.

Apparentemente può sembrare che tra i tre sistemi vi sia contrapposizione, ma in realtà - se si va al fondo delle cose - una volta ammesso il primato del benessere materiale e della volontà popolare si può giungere, senza contraddirsi, al primato del proletariato, che tende ultimamente all’anarchia o al regno dell’«uomo nuovo» su questa terra.


La rivoluzione studentesca del 1968 non è la contraddizione del bolscevismo, ma il suo sapersi rinnovare a seconda del mutar dei tempi. Infatti, se nel 1917 era il proletariato, la forza propulsiva della rivoluzione comunista, nel 1960 esso (oramai moribondo) doveva essere rimpiazzato dalla gioventù “studentesca” sfrenata dal freudismo e dal nichilismo filosofico della Scuola di Francoforte e dello Strutturalismo francese.
Il termine del bolscevismo è l’anarchia o la libertà assoluta in ogni campo ed è quello che ha prodotto il XXI secolo, un miscuglio di liberal/socialismo tendenzialmente anarcoide, che ha annichilato ogni valore e la natura dell’uomo rendendolo un animale istintivo e passionale.

Sembrerà una contraddizione, ma il social-comunismo è figlio “naturale” (anche se non desiderato, ma neppure abortito) del liberismo.
Infatti, furono alcuni liberali che verso il 1820, per reagire contro le palesi ingiustizie del liberismo nei confronti degli operai, iniziarono il movimento socialistico, nell’intento di porre un rimedio a tali ingiustizie.


“Loro punto di partenza fu la costatazione del fatto che la libertà, quale l’aveva concepita il liberalismo, impediva l’uguaglianza tra gli uomini, asservendo il proletario al proprietario. Per questo concentrarono l’attenzione più sull’uguaglianza (equa ripartizione dei beni) che sulla libertà” (1).

Ora, il vero fondatore del socialcomunismo scientifico fu Carlo Marx.

Vediamo ora quale fosse il fondamento filosofico dell’economia marxista.


La filosofia del socialismo

Secondo la filosofia della storia di Hegel il pensiero (‘Idea’) è in continuo movimento, creando oggetti attraverso un’evoluzione e un’attività senza posa. Ogni Idea (tesi) contiene il suo contrario (antitesi) e dal loro “equilibrio instabile” (tesi-antitesi) nasce una nuova composizione, una nuova idea (sintesi), che a sua volta sarà travolta da un nuovo vortice “creativo” verso una nuova sintesi e così all’infinito.

Mentre Hegel applicò quest’evoluzione al campo dello spirito (Idee: è il cosiddetto evoluzionismo o idealismo dialettico), Marx l’applicò alla Materia (materialismo dialettico) e alla storia (materialismo storico).
Marx s’appropriò del metodo di Hegel e l’adattò alla Materia: essa è la prima e fondamentale realtà, tutto ciò che esiste è Materia, che è in continuo processo evolutivo. Poi, Marx passò ad applicare la sua teoria materialistica anche alla storia e ne è venuto fuori il materialismo storico, ossia la lettura materialistica della storia, vale a dire: l’economia (mangiare, bere, aver di che vestire e un tetto sotto il quale ripararsi) è l’elemento più importante per l’uomo; solo dopo, l’uomo potrà pensare allo Stato, alla Religione, alla Scienza, all’Arte.
Il fine dell’uomo è soltanto di produrre nel mondo economico e la forza che lo stimola a far tutto questo è la lotta di classe la quale è finalizzata a liberare la classe operaia dal suo oppressore, il capitale.
Onde si deve combattere tutto ciò che ostacola la lotta di classe, cioè la Patria, la Famiglia e la Religione.

Infatti, la Patria divide i proletari che invece devono unirsi nell’internazionale, la Religione si fonda sullo spirito, su Dio, mentre per il marxismo esiste solo la materia e la Morale insegna a rispettare l’altrui proprietà, mentre il marxismo la vuol fagocitare.


L’economia socialista

Secondo il marxismo bisogna togliere tutti i mezzi di produzione ai capitalisti e darli allo Stato. Per Marx il destino ultimo del capitalismo è il suo collasso per cause interne a esso, cioè per le contraddizioni che lo caratterizzano.

Tuttavia, dopo Marx si formarono due fazioni marxiane: a) il Marxismo riformista o evoluzionista (il Socialismo), che ripudia la rivoluzione cruenta e propugna la trasformazione della Società mediante riforme e leggi e la statalizzazione della proprietà; b) il Marxismo rivoluzionario o Comunismo (che nel 1917 sfociò nel bolscevismo sovietico) e che vuol cambiare la Società mediante la rivoluzione cruenta.  Il comunismo, perciò, si distingue dal socialismo solo quanto ai mezzi da adoperare per cogliere il proprio fine e non quanto alla sostanza.
Ecco perché Pio XII ha scomunicato sia il comunismo sia il socialismo.

Il suo fondamento è il Materialismo, esso perciò ne dipende e ne è falsato. Certo, nella storia - bisogna riconoscerlo - l’economia è uno degli elementi principali: occorre un certo benessere materiale per occuparsi di scienza, arte, virtù. Primum vivere, deinde philosophari. Tuttavia, ammesso ciò, è del tutto esagerato asserire, con Marx, che il fattore economico domina completamente la vita sociale dell’uomo, e che esso è il fine di ogni azione umana e che pertanto basta da solo a spiegare tutta la storia.

“L’uomo non è soltanto un tubo digerente, oppure un sacco da riempire, ma è anche uno spirito. E la questione sociale non è soltanto una questione materiale [...] ma soprattutto è una questione spirituale, morale. Credere che, accomodato il corpo, riempito lo stomaco, tutto sia messo a posto, significa non conoscere l’uomo, significa [...] professare il più ributtante materialismo, condannato non solo dalla Fede ma anche dalla ragione”  (2).
Tale materialismo non è conseguenza del solo socialismo (di cui è la sostanza), ma anche del liberismo, secondo il quale il fine dell’uomo è capitalizzare, produrre, arricchirsi onde ha trasformato l’economia in ‘crematistica’ (arte di arricchirsi come fine dell’uomo).

Come il liberalismo scambia il mezzo (libertà) per il fine (il Sommo Bene), così il liberismo scambia la ricchezza per il Bene infinito, mette Mammona al posto di Dio, il dio “Quat-Trino” al posto del Dio Trino e Uno.
Ora, mettere il mezzo al posto del fine (o scegliere la creatura [£/$/€] al posto del Creatore), è la definizione stessa del peccato: “Aversio a Deo et conversio ad creaturas”.
Perciò, il liberalismo filosofico e il liberismo ‘economico’ sono un peccato grave, anzi una sorta d’idolatria, che adora la libertà assoluta e la ricchezza materiale al posto di Dio. Questo è il grave e tragico errore del liberal-liberismo (libertario e libertino).

La teoria marxiana del plus-valore è insostenibile. Essa, essendo materialista, vede solo la quantità del lavoro non la qualità, vede solo il lavoro manuale e materiale, non quello intellettuale e direttivo.
La teoria del plus-valore nega ogni valore morale al capitale e al lavoro del datore di lavoro, che è equiparato al furto. Invece il capitale (= guadagno “sudato col lavoro della propria fronte”, messo da parte e risparmiato perché produca altra ricchezza), data la sua produttività, va remunerato.
È inammissibile anche la teoria socialista secondo cui il valore delle cose deriva soltanto dal lavoro. Infatti, esso dipende anche da altre condizioni e dalla loro diversa utilità; per esempio il vino migliore è pagato giustamente più del vino scadente, anche se il produttore ha impiegato la stessa fatica e lo stesso lavoro per produrre entrambi, così come l’affresco della cappella Sistina verrà remunerato di più di una mano di vernice bianca, passata da un solerte imbianchino su una superficie pari a quella della volta della Sistina. 
È altresì falso sostenere, come fanno i socialisti, che il proprietario non debba ritenere per sé una parte del bene prodotto dagli operai col lavoro manuale. Infatti, nel produrre una cosa, il proprietario coopera assieme all’operaio, anche se in modo diverso. Coopera mettendo a servizio e a rischio il suo capitale, offrendo all’operaio le materie prime e gli strumenti di lavoro.
Compiuto poi il lavoro, l’unica preoccupazione dell’operaio è di riscuoter la giusta paga, mentre il proprietario deve pensare a vendere il bene prodotto e tutto ciò a suo rischio e pericolo, nel caso che esso rimanga invenduto o sia venduto a un prezzo inferiore, che non eguaglia il salario complessivo che deve erogare ai suoi dipendenti.
Perciò, è del tutto falso asserire, come fa Marx, che tutta la produzione appartiene al lavoro o all’operaio e per nulla al capitale o al datore di lavoro.

Léon de Poncins nota come all’origine del liberismo vi sia stato David Ricardo “un banchiere ebreo inglese, figlio di un banchiere ebreo olandese emigrato a Londra alla fine del XVII secolo” (3)  e all’origine del comunismo scientifico vi sia “Karl Marx, un ebreo tedesco, che si poneva sullo stesso terreno di Ricardo: il concetto puramente economicistico del mondo, il mercantilismo e l’affaristica” (4).
Perciò, se liberismo e comunismo arrivano a conclusioni diverse, hanno come principio e fondamento la stessa filosofia del mondo che li accomuna: il primato dell’affaristica e il materialismo (5).

L’idolatria della macchina produttrice come mezzo, per ottenere il paradiso in terra, che però schiaccia l’uomo sotto l’inferno dell’industrializzazione e dell’affaristica, accomuna ulteriormente bolscevismo sovietico (6) e plutocrazia americanista.

Secondo queste ideologie la macchina è riuscita, dove Dio avrebbe fallito: dare il benessere e la felicità già su questa terra.
L’uomo faber è il padrone o il “dio” del mondo nuovo. Tuttavia, questo mondo è entrato in una paurosa crisi dei suoi valori fondamentali: le ricchezze materiali. L’uomo contemporaneo si trova, così, senza Dio e senza benessere temporale, il suo stato è simile alla pena del danno dell’inferno. Questo è il coma della modernità.
Solo Dio può farci uscire da questo letargo con la sua giustizia e la sua misericordia.

Il vero e unico antidoto al veleno della modernità è il cattolicesimo, il quale nonostante tutti i limiti degli uomini che ne fanno parte (in membris) e lo rappresentano (in capite), è la religione che meglio di tutte riesce a equilibrare azione e contemplazione in subordinazione gerarchizzata.
Il cattolicesimo non conduce solo in cielo, ma ha suscitato la cultura, la civiltà, le opere caritative, la bellezza artistica, la poesia, la filosofia e la teologia già su questa terra.
La modernità all’inizio ha prodotto qualche cosa di apparentemente “geniale”, ma oggi (a partire dai primi decenni del Novecento) si constata una mancanza totale di  valori umani e nello stesso tempo non si hanno più quelli ultra terreni.

Questo è il paradiso in terra promesso dalla plutocrazia liberista, dal democraticismo progressista, dall’industrialismo borghese o proletario.
Il nichilismo è il termine della folle corsa della locomotiva del mondo moderno, la quale si va inabissando nel nulla ove tutto sprofonda.
Occorre bere l’amaro calice sino alla feccia per risorgere sino alle stelle.








NOTE

1 - G. M. ROSCHINI, La questione sociale e le sue soluzioni. Alla luce delle encicliche papali, Rovigo, Istituto Padano di Arti Grafiche, 1953, pag. 38. 

2 - G. ROSCHINI, op. cit., pagg. 54-55.
3 - Tempete sur le monde moderne, cit., p. 167.
4 - Ivi.
5 - Ibidem, p. 168; cfr. G. BATAULT, Le problème juif, Parigi, Plon, 1921, p. 41.
6 - Cfr. il piano quinquennale di sviluppo industriale dell’Urss di Stalin, ottenuto grazie alla collaborazione del capitale americano e della mano d’opera russa.







 
ottobre 2025
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI