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| IL FALLIMENTO DEL BOLSCEVISMO Seconda parte ![]() CONCLUSIONE In questo triste tempo in cui ci troviamo a vivere dobbiamo cooperare con l’onnipotenza divina, che sola può porre rimedio a uno sfacelo talmente profondo e universale, 1°) lottando contro la Sovversione a) e le sue forze visibili: materialismo, antropo/latria, mercantilismo crematistico, democraticismo, plutocrazia, progressismo, comunismo, anarchismo, b) e le sue forze nascoste: massoneria, esoterismo, giudaismo talmudico, modernismo (1) , occultismo, satanismo; 2°) proponendo un ideale positivo di restaurazione dell’ordine tradizionale rivoluzionato dalla modernità: la civiltà greco/romana informata dalla spiritualità cattolica. “La civiltà tradizionale non è da inventare, ma da restaurare incessantemente contro gli assalti dell’empietà moderna e contemporanea” (san Pio X). O ritorneremo alla pura Tradizione cattolica o scompariremo inghiottiti dal nulla del caos nichilistico contemporaneo, tertium non datur! Attenzione! Se rifiutiamo di ritornare al reale, alla sana ragione e alla retta ‘Dottrina sociale’ (2), continuiamo a correre verso il baratro che si aperto sotto i nostri piedi in maniera chiara ed evidente a tutti specialmente a partire dal 1968 e che ha preso il potere globale nell’universo col ‘Nuovo Ordine Mondiale’ (1991/2001), le cui manifestazioni recenti sono la crisi economico/finanziaria e quella delle guerre in Africa mediterranea, in Medio Oriente e nel Vicino Oriente, in Ucraina e Russia che potrebbero avere conseguenze inimmaginabile e umanamente irreparabili. La modernità, che da CARTESIO a HEGEL, si proponeva di divinizzare l’Io e renderlo Assoluto, è poi sfociata nell’effetto opposto: la post-modernità nichilistica (NIETZSCHE, MARX e FREUD), che si prefiggeva la distruzione della ragione, della morale e dell’essere stesso. Essa ha avuto il suo exploit con la ‘Scuola di Francoforte’ (MARCUSE e ADORNO) e lo ‘Strutturalismo francese’ (LÉVY-STRAUSS, SARTRE, RICOEUR) negli anni Sessanta e oggi (2011/2025) sta raggiungendo il suo avveramento terminale col pericolo di una guerra nucleare dai risultati apocalittici. Ora, quando ci si accorge di aver sbagliato strada occorre ritornare indietro per andare avanti, ma nel verso giusto. Perciò, se la modernità è fallita ed è stata uccisa dalla sua figlia, la post-modernità, occorre ritornare ai princìpi della metafisica dell’essere e della filosofia politica che ne consegue. La “politica” odierna che vorrebbe uccidere Dio (marxismo, niccianesimo, psicanalisi, teologia della morte di Dio) va combattuta non con l’idealismo soggettivista (che voleva divinizzare l’uomo e metterlo al posto di Dio), ma con la metafisica e la filosofia politica perenne e tradizionale, classica, scolastica e canonica. Attenzione! “Tertium non datur”. O si ritorna al realismo aristotelico/tomistico, all’armonia e alla collaborazione nella subordinazione gerarchica dei fini tra potere temporale e spirituale; oppure si sprofonda nel mare del nulla nichilista ove tutto affonda e niente si salva. Viviamo oggi una crisi politica ed etica senza pari; v’è un’involuzione di cultura, civiltà e moralità che ci sta riportando verso la barbarie e il paganesimo. Purtroppo la modernità ha cercato la sua perfezione, felicità e fine in se stessa, nelle proprie opere, già a partire dall’Umanesimo. Mentre il Vangelo ci insegna: “Chi vuol salvare la sua vita la perderà e chi la perderà per Gesù Cristo, la troverà” (3); l’uomo moderno cerca se stesso, non accetta il Vangelo integrale e non addolcito, anzi s’irrita e fugge via, ma tutto ciò non prova che le semi-verità possano salvare l’uomo; prova soltanto che la salvezza dell’uomo non è opera umana ma divina e che solo la verità integra e totale, unita alla carità, può salvare gli uomini di buona volontà. Gli altri rifiuterebbero il Vangelo anche se annacquato; “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” dice il proverbio. È illuminante l’esempio che ci ha lasciato Gesù quando annunziò l’Eucarestia: la maggior parte dei discepoli s’irritò e L’abbandonò, ma Lui non addolcì, non annacquò nulla, anzi chiese agli Apostoli se anche loro volevano abbandonarlo. Occorre cercar di capire cosa sta succedendo per porvi rimedio e non scivolare nel caos anarchico e nella barbarie, che sembra stia inghiottendoci. Davanti al pericolo di disintegrazione che corre il mondo intero e il mondo cristiano in particolare, bisogna riscoprire i princìpi fondatori dell’Ordine e della Società, che possono dare all’uomo la tranquillità, il benessere temporale, permettendogli di coltivare il suo spirito e cogliere il fine suo ultimo che è il Cielo. Se la crisi attuale ci porta al modernismo, al nichilismo, al caos e all’anarchia, essa viene da una sorta di dualismo manicheo e gnostico. “L’ossessione separatista e dualista propria del laicismo”, scrivevano i vescovi italiani 65 anni fa (“Episcopato italiano”, Il Laicismo, 1960). Secondo il dualismo manicheo esistono due princìpi: uno buono, creatore dello spirito; l’altro malvagio, creatore della materia che sarebbe intrinsecamente cattiva. Ebbene, il laicismo o liberalismo, figlio del dualismo gnostico manicheo, ha peggiorato l’errore e l’ha applicato nel dominio socio-politico. Infatti, per il liberalismo lo spirito o la Chiesa è il male, mentre la materia o lo Stato è il bene; quindi, occorre tenerli assolutamente separati, secondo il manicheismo gnostico: “Il singolo - scriveva Erik Peterson - deve creare in se stesso il dualismo [o la separazione di Stato e Chiesa, di materia e spirito] per mezzo della gnosi” (4) . Qualcuno per evitare l’anarchia rivoluzionaria sarebbe tentato di far ricorso al totalitarismo, ma il totalitarismo non è la soluzione del problema politico, anzi ne è una distorsione. Ogni eccesso è un difetto e si può errare sia per difetto sia per eccesso; il totalitarismo rappresenta l’eccesso, mentre la virtù politica consiste nel giusto mezzo (di altezza e non di mediocrità) della prudenza sociale, tra temerarietà e pavidità. La modernità, invece, ha concepito lo sviluppo dell’umanità in una sorta di progresso costante all’infinito, diviso in tre epoche (una sorta di “trinità” laica che avrebbe dovuto rimpiazzare la SS. Trinità), delle quali la terza è la più perfetta e definitiva, che tocca l’infinito e l’auto-divinizzazione dell’umanità. Queste tre epoche sono religione, metafisica e positivismo per Comte; antichità, medioevo ed età moderna per Hegel; nobiltà, borghesia e proletariato per Marx. Tale tripartizione la ritroviamo già in Gioacchino da Fiore: età del Padre (Antico Testamento), età del Figlio (Nuovo Testamento) ed età dello Spirito Santo (Nuovissimo Vangelo), ma essa fu condannata dalla Chiesa. Infatti, se la terza età è definitiva, la seconda, ossia il cattolicismo o il Nuovo Testamento di Cristo, è tramontata, finita, passata e per lei non vi è più speranza (cfr. New Age). Perciò, “dopo l’Incarnazione del Verbo, la storia ruota attorno a questo dilemma: o con Cristo o contro Cristo; tertium non datur. Le epoche della storia sono solo due: quella anteriore a Cristo e quella da Cristo in poi. [...] Il Verbo Incarnato non può essere sconfitto dai suoi nemici e il regno di Dio giungerà al suo compimento ultraterreno nonostante i tradimenti e le sconfitte. In una prospettiva del genere, l’epoca moderna e contemporanea può essere compresa solo come un periodo nel quale il principio ostile a Cristo ha pro tempore prevalso (Dio l’ha permesso), ma non ha affatto riportato una vittoria decisiva, nonostante le apparenze, ed anzi, un giorno, quando Dio vorrà, scomparirà [...]. Dal punto di vista della teologia della storia, il tramonto dell’epoca presente è quindi un fatto certo quanto la legge di gravità, se così possiamo esprimerci. [...]. La costellazione che sempre si ripete è la seguente: ribellione, castigo, purificazione, pentimento, vita nuova. Il castigo di Dio è categoria essenziale nella teologia della storia. Egli punisce e salva, nella misura in cui induce gli individui e i popoli al pentimento. Sempre che Dio conceda loro il tempo. [...]. È sicuro, quindi, che su questo mondo così corrotto, si abbatterà un giorno il castigo di Dio. [...]. La decadenza di tutto un mondo comporta un castigo che può essere stornato solo col pentimento e la conversione” (5). Ma, ci si domanda: è ancora possibile ritornare alla vera Civiltà, a una sana Società, a una Politica morale, a un’Autorità giusta? Se - umanamente - la cosa sembra molto difficile - soprannaturalmente - Gesù ha detto: “Non temete, piccolo gregge, Io ho vinto il mondo!”. “Le porte dell’Inferno non prevarranno”. “Questa è la nostra vittoria che vince il mondo: la nostra Fede! ” (1a Gv., V, 4). Allora, con la ferma fiducia che il braccio di Dio non si è accorciato, studiamo il problema e viviamo coerentemente con i nostri princìpi, perché l’Ordine e la distinzione nella collaborazione e subordinazione tra Stato e Chiesa, ritornino a vivere non solo nelle nostre intelligenze, ma nella Società. Infatti, l’unica alternativa è la cooperazione dei due poteri, ossia la Regalità sociale di Cristo. In essa soltanto v’è l’Ordine e la sana Restaurazione. Come il corpo è sottomesso all’anima e l’uomo (anima e corpo) è sottomesso a Dio, così - socialmente - lo Stato deve essere sottomesso al Potere spirituale, ed essi entrambi (i due poteri: Stato e Chiesa), sottomessi a Dio, indirizzano l’uomo al suo fine ultimo. Dalla loro cooperazione, deriva la maggior facilità di poterlo conseguire, mentre dalla loro separazione deriva la lotta, il caos, il disordine, la Sovversione, che rendono difficile all’uomo vivere secondo la fede, la speranza e la carità, come sperimentiamo oggi. La Regalità sociale di Cristo rappresenta, perciò, la Resurrezione del mondo moderno, che ha apostatato ed è ricaduto nel pandemonio del paganesimo e può essere salvato solo da Chi per primo ci sollevò dalla rovina del peccato originale, e desidera ancora attrarci a sé, dopo la rovina dell’apostasia laicista della modernità. Leone XIII ha detto: “Se qualcuno vuole restaurare una Società in decadenza, gli si prescrive di ricondurla alle sue origini” (6). Il cristianesimo ci offre delle risorse che il paganesimo non conosce, e, se noi lo vogliamo, potrà restaurare la vita individuale e sociale. “Certo - scrive monsignor Delassus - non si può ritornare alle forme sociali del passato” (7) . Leone XIII ha scritto anche che “Come, nel passato, contro le orde barbariche nessuna forza materiale ha potuto resistere, ma solo la virtù della religione cristiana che, penetrando i loro spiriti, fece scomparire la loro ferocia [...]; così contro i furori delle moltitudini sfrenate, l’unico ostacolo sicuro è la virtù della religione, che, diffondendo negli spiriti la luce della verità, introducendo nei cuori i precetti della morale cristiana, farà sentire loro la voce della coscienza e porrà un freno alle loro bramosie e spegnerà l’impeto delle loro passioni malvagie” (8). Occorre non dimenticare che la Società non sarà mai rigenerata se prima non lo è la famiglia, “Nessuno ignora che la prosperità privata e pubblica dipende principalmente dalla costituzione della famiglia” (9). Ma, ammonisce Dom Chautard, “Finché non si sarà capito che i capifamiglia devono diventare, non solo cristiani, ma apostoli, l’influenza pur tanto apprezzabile della madre cristiana sarà paralizzata ed effimera e non giungeremo mai ad assicurare il Regno sociale di Cristo” (10). Infatti, le passioni, scatenate dal liberalismo e dalla democrazia moderna, sovvertiranno ogni gerarchia e autorità e con esse la Restaurazione della Società. Mali infiniti ci minacciano e li eviteremo solo se arresteremo la Sovversione liberal-democratica, e ritorneremo nell’Ordine della verità economica, sociale e religiosa, dal quale ci ha fatto uscire l’errore dell’«immacolato concepimento dell’uomo». La Restaurazione deve avvenire nello spirito; l’opinionismo ha perso il mondo, e prima che un’altra idea contraria all’opinione rivoluzionaria non sia stata accettata dagli uomini, non vi sarà salvezza per la Società. L’uomo non è il sovrano assoluto come insegna il liberalismo; egli ha un Padrone: Dio, creatore del cielo e della terra. L’uomo tende al male, ferito dal peccato originale, in lui la Sovversione non è vinta, il bene è promosso solo grazie ad un’azione restauratrice dell’autorità paterna, civile e religiosa. La liberal-democrazia nega Dio, il fine ultimo e la legge morale che è la strada per giungervi; nega il peccato originale, afferma la sovranità dell’uomo, la sua perfetta assoluta libertà. Mentre la democrazia-cristiana riconosce Dio e il peccato originale, ma si rifà a uno Stato sociale fondato sulla libertà, sull’uguaglianza e sulla sovranità del popolo. L’unica regola di riforma è la ricerca della verità e confessarla, quando è necessario, qualsiasi cosa succeda. Bisogna riordinare le idee, riformare l’intelligenza e la morale. Più che mai bisogna dire la verità, senza sotterfugi né strategie abili. La lezione è che le verità diminuite non sono la Verità e solo la Verità porta con sé la vita; e solo lei può darci la risurrezione a partire dallo stato comatoso in cui ci troviamo. Gesù ha confessato la Verità e con ciò ha vinto il mondo, anche se ciò gli è costato la morte di Croce. Bisogna tornare alla sana filosofia perenne, alla Teologia scolastica e tomista al Dogma come lo presenta il Magistero autentico. Colui, che oggi, proclama la verità a metà, fa più danni di chi la nega risolutamente; abbiamo bisogno di Verità integrale. O la Fede, o l’Io. O il cristianesimo nelle anime e nella Società; o l’orgoglio, l’invidia e tutte le passioni disordinate, che l’egoismo nasconde in sé, e che la Sovversione scatena [...], tutto ciò che non è la piena, franca e intera Verità religiosa non può nulla sul cuore dell’uomo, né può rimettere la Società civile sulla carreggiata” (11) . Gesù ci ha insegnato: “Il vostro parlare sia sì sì, no no; quel che è di più viene dal Maligno!” Consigli pratici per la Restaurazione
1°) Innanzitutto, per riformare la Società occorre prima riformare se stesso (“nemo dat quod non habet”): “Ogni cambiamento nella Società deve avere il suo primo principio nei cuori di ogni uomo” (12). 2°) Ritornare a un linguaggio sincero, fuggendo le parole ambigue. La parola esprime l’idea e l’idea la cosa. Perciò, se vogliamo parlare di cose reali, e non di chimere astratte, dobbiamo usare parole che esprimano l’essenza delle cose. Dobbiamo adeguare il nostro linguaggio e la nostra mente alla realtà, dare alle parole il loro vero significato, solo così arriveremo alla verità (Veritas est adaequatio rei et intellectus), senza ricadere nell’errore nominalista. Quindi, sarà necessario rifiutare la ‘fraseologia corruttrice e confusionaria’ della filosofia moderna e idealista, che confonde le idee e corrompe la verità. I sovversivi “hanno fatto adottare le parole corruttrici; per mezzo di esse insinuano idee false e corrotte, e le idee preparano la via ai fatti sediziosi e rivoluzionari” (13) . 3°) Occorre ritornare alla verità filosofico-teologica. L’errore attuale è la negazione del peccato originale. «L’Uomo è Immacolato», quindi non ha bisogno di redenzione, di Cristo, di Chiesa, di Sacerdozio, di Grazia; gli basta la sola natura che è semi-deificata. Invece occorre diffondere “il catechismo nelle masse, la filosofia perenne e la teologia scolastica nelle classi istruite: soltanto a questo passo si può ottenere la salute [...] O la Fede o l’Io. O l’impero del cristianesimo; o l’orgoglio, l’invidia e tutte le passioni che l’egoismo racchiude e la Rivoluzione scatena” (14). 4°) Occorre incoraggiare l’uomo allo sforzo: la stasi debilita, lo sforzo vivifica! La pigrizia è un vizio funesto perché arresta lo sviluppo dell’individuo, della famiglia e della Società umana: “L’uomo che non ha più da lavorare e combattere si corrompe, e così la Nazione” (15). In breve: “L’ozio è il padre dei vizi” e “Bacco, Tabacco e Venere, riducono l’uomo in cenere”, come dice il proverbio. 5°) “Chi può - grazie a Dio - riprodurre tutto ciò? Colui, che è stato chiamato una prima volta a ristabilire sulla verità l’ordine sociale: l’uomo della teologia, il prete. Ma, per essere all’altezza di quest’opera, bisogna che il prete riprenda confidenza in se stesso, o meglio, nella virtù soprannaturale che la S. Ordinazione ha deposto in lui” (16). In breve, se non si lascia il modernismo attuale, non si può sperare di uscire dalle sabbie mobili del fallimento del mondo moderno. NOTE 1 - Il modernismo è stato definito da San Pio X “una setta segreta/ foedus clandestinum” (motuproprio Sacrorum antistitum, 1° settembre 1910). 2 - E. WELTY, Catechismo sociale, Chieti, Paoline, 1967, 3 voll. 3 - Mc., VIII, 35. . 4 - ENCICLOPEDIA CATTOLICA, vol. VII, coll. 1959-1963, Città del Vaticano, 1951. 5 - P. PASQUALUCCI, Politica e Religione. Saggio di teologia della storia, Pellicani, Roma, 2001, pagg. 79-83. 6 - Rerum Novarum, 15 maggio 1891. 7 - H. DELASSUS, L’esprit familial dans la famille, dans la cité et dans l’etat, Desclée, De Brouwer, Lille, 1910, pag. 97. 8 - LEONE XIII, Lettera agli Italiani. 9 - LEONE XIII, Lettera sulla famiglia cristiana, 11 luglio 1892. 10 - Dom J. B. CHAUTARD, L’anima di ogni apostolato, Paoline, 8ª ed, Roma, 1958, pag. 182. 11 - Ibidem, pagg. 399-400. Cfr. H. DELASSUS, Il problema dell’ora presente, Roma, Desclée, 1907, vol. I, p. 156. 12 - H. DELASSUS, Il problema dell’ora presente. Antagonismo tra due civiltà, II vol., La rinnovazione e le sue condizioni, Roma, Desclée, 1907, pag. 156. 13 - Ibidem, pag. 201. 14 - Ibidem, pag. 304 e 324. 15 - Ibidem, pag. 470. 16 - Ibidem, pag. 629 e 624. |