Il Filioque è una questione marginale?

Papa Leone III contro CarloMagno


di Gaetano Masciullo







La Santissima Trinità



Una cosa è omettere il Filioque perché è implicito, un’altra è ometterlo perché è sconveniente in una prospettiva ecumenica, considerato non necessario per la professione della vera fede, come qualcosa da trascurare o da discutere.


Filioque: Una aggiunta illegittima al Credo?

L’aggiunta del Filioque al Credo non è, da un punto di vista logico, una contraddizione.
Logicamente, dire che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio non contraddice l’affermazione che lo Spirito Santo procede dal Padre. Così come, con le dovute analogie e proporzioni – la frase “Mario è figlio di suo padre” non contraddice la frase “Mario è figlio di suo padre e di sua madre”. La seconda frase potrebbe contraddire la prima solo se quest’ultima fosse formulata in questo modo “Mario è solamente figlio di suo padre.
Nel caso del Credo, avremmo dovuto trovare “procede solo dal Padre”. Questo è esattamente ciò che esige l’errore del solipatrismo.

Facciamo un esempio. Se nel prossimo secolo venisse imposta una tradizione liturgica che dicesse: “Si è incarnato nel grembo dell’Immacolata Vergine Maria”, questa nuova tradizione non contraddirebbe in alcun modo il Credo stesso e sarebbe anzi una modifica legittima, anche se non obbligatoria, perché chiarirebbe una verità di fede implicita e conseguente a quell’articolo.

I 14 articoli del Credo degli Apostoli sono 14 dogmi fondamentali, che contengono ulteriori verità di fede, alcune delle quali sono state definite dogmaticamente.

Papa Leone III (795-816) riconobbe certamente la verità che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, ma si rifiutò di modificare il testo del simbolo Niceno-Costantinopolitano, perché gli antichi sapevano bene che cambiare una legge antica è sempre rischioso e temevano che l’aggiunta potesse mettere a repentaglio l’unità con le Chiese Orientali, che nei loro riti non latini recitavano il Credo senza il Filioque.

Anche i cattolici bizantini non aggiungono il Filioque nel Credo, non perché non ci credono, ma perché questa verità di fede per loro è implicita nel Credo e sono rimasti legati ad una tradizione liturgica non latina.

Una cosa è omettere il Filioque perché è implicito, un’altra è ometterlo perché è sconveniente in una prospettiva ecumenica, considerato non necessario per la professione della vera fede, come qualcosa da trascurare o da discutere.


Il caso di Papa Leone III e di Carlomagno


Ecco perché Papa Leone III (795-816) non inserì il Filioque nel Credo, senza rinnegarne la dottrina: voleva rimanere fedele alla tradizione liturgica.
Tuttavia, il Filioque era già diffuso, specialmente nel rito gallicano tra l’VIII e il IX secolo. Carlomagno lo sostenne e lo volle nel Credo cantato a Roma.

Il Filioque è una verità di fede creduta fin dai tempi apostolici, più tardi fu definita dal Sinodo di Seleucia-Ctesifonte (410) per il diffondersi di errori opposti.
Gli Atti di questo Sinodo sono particolarmente interessanti perché appartengono ad una antica Chiesa di rito orientale.
Nel 431, la Chiesa persiana si separò dalle altre Chiese, rigettando il Concilio di Efeso (431). Questo contribuì a fa cadere nell’oblio gli Atti di Seleucia-Ctesifonte.
Si trattava del noto “scisma nestoriano”.

Papa Leone III (795-816) riconobbe certamente la verità che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, ma si rifiutò di modificare il testo del simbolo Niceno-Costantinopolitano, perché gli antichi sapevano bene che cambiare una legge antica è sempre rischioso e temevano che l’aggiunta potesse mettere a repentaglio l’unità con le Chiese Orientali, che nei loro riti non latini recitavano il Credo senza il Filioque.

Nel 1810, Leone III fece addirittura incidere il testo originale del Credo, senza il Filioque, su due tavolette d’argento, che depose nella Basilica di San Pietro.

Tuttavia, con la diffusione dell’errore del solipatrismo, che Carlomagno ben conosceva, alla fine nel rito Gallo-Romano prevalse l’aggiunta del Filioque.

L’Imperatore franco, in effetti, si preoccupava della questione per almeno due motivi, che gli storici moderni tendono a trascurare semplicemente perché leggono la storia sempre secondo le categorie marxiste o pseudo-marxiste, cioè leggono gli eventi storici come mere relazioni di potere politico ed economico, dove i potenti cercano sempre di imporre le loro immorali intenzioni ai meno potenti.

Carlomagno volle l’aggiunta del Filioque nel Credo per due semplici ragioni.
Prima, per combattere eresie come l’adozionismo e l’arianesimo, diffuse soprattutto in Oriente, ma non solo.
Seconda, per prevenire l’emergere di cattive teorie politiche legate al solipatrismo.

Per Carlomagno e per la Chiesa romana, affermare che lo Spirito Santo procede anche dal Figlio serviva, non solo a difendere la vera immagine di Gesù Cristo, ma anche a dare un chiaro ordine alla politica, che per gli uomini del tempo era modellata sulle relazioni trinitarie, come ogni grande sistema di relazioni umane.

Se si fosse affermato che lo Spirito Santo procede solo dal Padre, come voleva l’Imperatore bizantino, si sarebbe giustificato un sistema politico in cui il potere dell’Imperatore era al di sopra di tutto; e la Chiesa e i giudici erano separati e subordinati.
Invece, nella visione cattolica medievale, il potere ha origine dalla Chiesa (analoga al Padre), passa al Re (analogo al Figlio), e da lui raggiunge i giudici e i funzionari (analoghi allo Spirito Santo).
In questo modo si manteneva un legame diretto e ordinato fra fede, regno e giustizia.


L’impulso non venne da Carlomagno

In realtà, contrariamente a quanto spesso si dice, più che da Carlomagno, che come abbiamo visto svolse un ruolo molto importante nella difesa della vera fede, la più importante apologia del Filioque venne dalla Spagna, alcuni secoli prima, e precisamente dal primo Concilio di Toledo (589) e dall’ottavo Sinodo di Toledo (653).
Il contesto storico fu la conversione dei Visigoti dall’arianesimo al cattolicesimo. I testi dei Concilii, su interessamento del Re Ricaredo, furono poi raccolti nella Collectio Hispanica, una raccolta che permise il “trasferimento” del Filioque al Regno dei Franchi.

Nel Sinodo di Cividale del Friuli (796-797), proprio per difendere la fede, si decise di aggiungere il Filioque al Simbolo di Nicea: è degno di nota che il vescovo San Paolino di Nola fosse pienamente consapevole che si stavano facendo delle aggiunte al Simbolo, ma respinse l’accusa di innovazione arbitraria richiamandosi all’esempio dei Padri di Costantinopoli, che avevano apportato modifiche al Simbolo di Nicea.

Scrisse Paolino:
«Questi santi Padri non sono da biasimare come se avessero aggiunto o tolto qualcosa alla professione di fede dei trecentodiciotto Padri di Nicea, perché non hanno dato un significato diverso, contrario al pensiero di quei Padri, ma si sono preoccupati di completare correttamente la loro purissima interpretazione».

Il ragionamento di Paolino va interpretato alla luce di quanto detto prima riguardo alla compatibilità logica del Filioque come verità di fede implicita, non esplicita, nella versione del Credo di Nicea.







dicembre  2025
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