LA MEDIAZIONE UNIVERSALE

DI MARIA SANTISSIMA


prima parte




di Sua Ecc.za Mons. Antonio de Castro Mayer


Seconda parte


Pubblicato su SI SI NO NO – ANNO LI  n° 19 -  15 novembre 2025

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Premessa di SI SI NO NO

Nel 1978 mons. Antonio de Castro Mayer, allora Vescovo di Campos in Brasile, scrisse una magnifica “Lettera pastorale” al Clero della sua Diocesi, in cui chiedeva a Giovanni Paolo II (allora da poco regnante), la proclamazione ufficiale, mediante un pronunciamento dogmatico e infallibile del Magistero Straordinario Pontificio del Dogma di Maria Corredentrice, Mediatrice e Dispensatrice di tutte le grazie.

Il Vescovo (morto nel 1991) che è stato sostenitore prezioso e affezionato di “sì sì no no”, dimostrava, con rara maestria, che tali titoli, tributati alla Beata Vergine Maria, sono contenuti nella Sacra Scrittura (dalla Genesi all’Apocalisse) nella Tradizione (la totalità dei Padri della Chiesa latina e greca) nei Dottori scolastici (da san Tommaso d’Aquino ai neo-tomisti del XX secolo).

Perciò, concludeva mons. De Castro Mayer, tale verità è già divinamente rivelata e definita ma solo dal Magistero Ordinario e in maniera non ancora solenne.

Mancava, dunque, un pronunciamento solenne ex cathedra o straordinario.
Purtroppo, tale pronunciamento non è venuto, anzi il 4 novembre del 2025 la “Congregazione per la Dottrina della Fede” ha scritto che non si può presentare Maria come Corredentrice.
Questa decisione è oggettivamente “almeno prossima all’eresia” se non addirittura materialmente “eretica”.

Proponiamo ai nostri lettori queste belle pagine che riassumono la Dottrina cattolica, come è contenuta nella Sacra Scrittura, nella Tradizione e nel Magistero ecclesiastico, della Mediazione corredentrice e dispensatrice di ogni grazia della Madre di Dio.

Ci raccomandiamo a Lei (in questo tempo così buio per l’umanità e per l’elemento umano della Chiesa) affinché voglia accoglierci sotto il suo Manto come l’Arca di Noè accolse dentro di sé i pochi uomini che, al tempo del Diluvio universale, erano rimasti fedeli.



Testo della Lettera pastorale – prima parte


Maria santissima è Madre di Dio. Dogma soavissimo, contenuto esplicitamente nei santi Vangeli, e definito nel concilio di Efeso, il 22 giugno 431, contro le deviazioni di Nestorio, patriarca di Costantinopoli, con la più grande esultanza del popolo fedele, che tributò un omaggio trionfale ai Padri conciliari, accompagnandoli con fiaccole e con acclamazioni di giubilo, al ritorno dal Concilio alle loro sedi.

Maria santissima è Madre di Dio perché, con la sua carne verginale, ha collaborato con il divino Spirito Santo alla formazione della natura umana del Figlio di Dio, il che ha portato Sant’Agostino alla bella e ardita espressione, «Caro Christi, caro Mariae», «la carne di Cristo è la carne di Maria» (1).

Quindi, il Verbo di Dio è venuto al mondo per mezzo di Maria. Nacque da Maria, è vero Figlio di Maria, e dal momento che il Verbo è Dio (2), Maria santissima è veramente Madre di Dio.
San Luca, nel tratto del suo Vangelo dedicato all’infanzia del Signore, racconta il messaggio di Dio trasmesso alla Vergine santissima dall’arcangelo san Gabriele. In questo messaggio si afferma, in modo indiscutibile, la Maternità divina di Maria.
Disse l’arcangelo: «Ecco, tu concepirai nel tuo seno e darai alla luce un figliuolo, a cui porrai nome Gesù […]. Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra e perciò il santo che nascerà da te sarà chiamato figlio di Dio» (3).
L’espressione «sarà chiamato» vuole dire: avrà come nome proprio, indicativo della sua natura, poiché è questo, nella sacra Scrittura, il valore dei nomi imposti da Dio (4).



La partecipazione di Maria all’opera della Redenzione

Il fatto che Maria santissima sia stata scelta come Madre di Dio, e che lo sia realmente, perché è Madre del Figlio di Dio fatto uomo, comporta una conseguenza indiscutibile nell’economia della grazia, nel piano della Redenzione del genere umano.
Osserva assai bene sant’Agostino che Dio avrebbe potuto farsi uomo senza nascere da una donna, senza il concorso della Vergine Maria. Sarebbe stata una cosa facilissima per la sua onnipotente maestà. Come ha potuto nascere da una donna senza il concorso di un uomo, così avrebbe potuto ugualmente fare a meno della collaborazione di Maria (5).
Perciò, se ha voluto nascere da Maria, è perché Maria entrava nel piano divino che ha determinato l’Incarnazione del Figlio di Dio.

L’Altissimo, infatti, non fa nulla senza motivo. Essendo un agente infinitamente saggio, non agisce sconsideratamente.
Tocca a noi, se vogliamo partecipare ai disegni divini, accettare il presupposto irrefragabile della Sua misericordia, quando ha deciso che l’Incarnazione del Verbo si facesse per mezzo del corpo umano formato nel seno purissimo di Maria santissima.
E siccome Gesù si è incarnato, come professiamo nel Credo, «per noi uomini e per la nostra salvezza» (6), non ci è lecito escludere la collaborazione di Maria santissima dall’opera con cui la bontà divina ha redento il genere umano.


La Tradizione ecclesiastica

D’altronde, la tesi che pone in relazione la Maternità di Maria con il piano della restaurazione del genere umano è anteriore a sant’Agostino.
Il Dottore della Grazia è soltanto un anello, senza dubbio prezioso, della corrente formata dalla Tradizione ecclesiastica che rimonta alla Chiesa apostolica.
Infatti, già nei primi secoli, i Padri della Chiesa associavano Maria santissima al suo divin Figlio nella missione restauratrice del genere umano.

Nell’Epistola ai Romani, san Paolo dichiara che, come per la disubbidienza di un solo uomo tutti sono divenuti peccatori, così, per l’ubbidienza di uno solo, tutti vengono giustificati (7).
I Padri della Chiesa, come per completare il pensiero dell’Apostolo, inseriscono nell’antitesi tra Adamo e Gesù Cristo l’opposizione tra Eva e Maria.

Nel secolo II gli annali ecclesiastici registrano la testimonianza di san Giustino martire (†165), secondo il quale l’ubbidienza di Maria ha annullato la disubbidienza di Eva: «Eva – afferma il santo –, vergine e senza macchia, concedendo la parola del serpente, generò la disubbidienza e la morte; ma Maria, acconsentendo alla parola dell’Angelo […] generò Colui che ha sconfitto il serpente e i suoi accoliti, angeli e uomini» (8).
In modo più esplicito, Sant’Ireneo (†202) vescovo di Lione, attesta, nello stesso secolo II: «Come Eva, vergine, con la sua disubbidienza, diventò causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria, con la sua ubbidienza, diventò causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano […]. Così la catena della disubbidienza di Eva fu spezzata dall’ubbidienza di Maria. […] Come il genere umano venne incatenato alla morte per opera di una vergine, così fu salvo per opera della Vergine Maria» (9).

In Africa, Tertulliano sviluppa il medesimo pensiero tra la fine del secolo II e l’inizio del III: «Eva prestò fede al serpente, Maria a Gabriele; la colpa commessa dall’incredulità dell’una, l’altra la cancellò con la sua fede» (10).

Nella misura in cui avanziamo nella storia, continua nell’insegnamento ecclesiastico la medesima concezione dell’economia della grazia, che fa di Maria la restauratrice della disgrazia causata da Eva (11).

L’antitesi, poi, tra Eva, causa della nostra rovina, e Maria, causa della nostra vita, è il modo comune della Tradizione per sottolineare, presso i fedeli, la missione riservata alla santissima Vergine Maria nell’opera della Redenzione del genere umano.


La divina Rivelazione

Non vi è dubbio, amati figli, che questa dottrina proviene dagli Apostoli.
Infatti, attraverso Sant’Ireneo giungiamo a san Giovanni Evangelista, dal momento che il vescovo di Lione è stato discepolo di san Policarpo, che a sua volta ha ascoltato il discepolo prediletto.
D’altro canto, il modo in cui si esprimono questi santi Padri dei primi secoli, è quello di persone che trasmettono una verità che fa parte della dottrina cristiana, ossia della dottrina rivelata affidata da Gesù Cristo ai suoi Apostoli.
In altre parole: nel fissare l’antitesi tra Eva e Maria, questi santi Padri non intendono proporre un pensiero proprio. Essi espongono semplicemente la verità cattolica. Per ciò stesso questo insegnamento è generale.
San Giustino è della Palestina e visse a Roma; Tertulliano è africano; sant’Ireneo venne dall’Oriente a stabilirsi in Francia. Sono ugualmente delle diverse regioni della Cristianità i continuatori di questa tradizione: sant’Efrem è della Siria, san Cirillo, di Gerusalemme, ecc.

Perciò non vi è dubbio: la partecipazione di Maria santissima all’opera della Redenzione, come restauratrice della disgrazia causata da Eva, è dottrina rivelata.

Ecco che, nel Medioevo, è passata a figurare nella sacra liturgia, costruendo una professione di fede della stessa Chiesa. Anche negli ultimi breviari, d’altronde, si leggono, nell’inno delle lodi dell’ufficio comune della beata Vergine Maria, i versi attribuiti a Venanzio Fortunato (†600), in cui si professa: «Quanto Eva, infelice, ci sottrasse/Tu ci rendi con la santa prole» (12).


Il Mediatore principale e necessario

Non ci turbi, quindi, amati figli, il fatto che la frase della Epistola ai Romani, da noi citata, non dica nulla di Maria. Infatti, i testi della sacra Scrittura devono sempre essere intesi in armonia con gli altri dati della Rivelazione, dal momento che fanno parte di un tutto coerente, che è la verità affidata da Gesù Cristo ai suoi Apostoli: «Andate dunque, ammaestrate tutte le genti, […] insegnando loro tutto quanto vi ho comandato» (13).
Prendendoli isolatamente, e dando loro un senso esclusivo che non sempre posseggono, ci esponiamo a intenderli male e a fare naufragio nella Fede, come avvertiva san Pietro, alludendo esplicitamente agli scritti di san Paolo (14).
Quindi, per il fatto che certi testi sottolineano una verità della fede, non ne escludono altri ugualmente rivelati.
Nella Epistola ai Romani, l’Apostolo inculca nella mente dei fedeli un punto fondamentale dell’economia della grazia, e cioè che solamente il sacrificio di Gesù Cristo è stato capace di soddisfare condegnamente, per il suo valore infinito, rispettando pienamente la giustizia, la maestà e la santità di Dio, offese dai peccati degli uomini.
Di conseguenza, poiché la Provvidenza stabilì di chiedere una riparazione perfetta per il peccato, nessun essere creato, angelo o uomo, ha potuto restaurare l’amicizia tra il Cielo e la terra. In questo senso, Gesù Cristo è l’unico Mediatore, come afferma l’Apostolo nella prima lettera a Timoteo: «Poiché uno è Iddio, uno anche il mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo» (15), mediazione di cui beneficia la stessa Vergine Madre, come ha proclamato Pio IX, nel definire il dogma della Immacolata Concezione della beata Vergine Maria (16).


Non è questo l’unico aspetto della Redenzione

Ora, le grazie meritate da Gesù Cristo per santificare realmente gli uomini hanno bisogno di giungere alle anime, di informarle, espellendo da esse il peccato e rendendole gradite a Dio, capaci di fare atti soprannaturali, meritevoli della vita eterna.
E questa applicazione della grazia alle anime, meritata da Gesù Cristo, non si fa senza l’intervento di Maria.

Così com’è interamente certa l’affermazione dell’Apostolo – che per l’ubbidienza di uno solo tutti sono giustificati, come per la disubbidienza di uno solo il genere umano si è perduto -, così è ugualmente veritiera l’asserzione che per mezzo di una donna, Maria, ci vennero la grazia e la vita, come per mezzo di una donna, Eva, avemmo il peccato e la morte.

Ecco che Gesù Cristo e Maria sono entrambi causa della nostra salvezza: Gesù Cristo perché realizza la soddisfazione che placa l’ira divina e merita la grazia per tutto il mondo; Maria, perché raccoglie questa grazia, frutto della soddisfazione di Gesù Cristo, e la applica agli uomini individualmente.
E poiché senza questa applicazione in realtà l’uomo non si salva, Maria è anche causa della salvezza del genere umano. Come dice san Bernardo (17), Maria è il canale, l’acquedotto, attraverso cui ci giungono i torrenti di grazie che sgorgano dalle sacratissime piaghe di Gesù Cristo.
È pertanto normale che al di fuori di questo canale gli uomini non si possano dissetare con l’acqua viva che sgorga per la vita eterna.


Mediatrice necessaria per volontà di Dio

Questa è, amati figli, l’armonia fra il dogma contenuto nella frase dell’Apostolo, quando afferma che vi è un solo Mediatore tra Dio e gli uomini, e la verità, trasmessa dalla Tradizione, che ci indica Maria santissima come Mediatrice secondaria necessaria, per volontà di Dio, nell’applicazione dei meriti di Gesù Cristo, dal momento che, secondo i disegni dell’Altissimo, la sua intercessione ottiene agli uomini le grazie di salvezza.

Questa mediazione universale di Maria santissima ha il suo fondamento, come abbiamo visto, nella cooperazione che, secondo il misterioso beneplacito della munificenza divina, le compete nell’opera della Redenzione operata dal suo Figlio Unigenito, cooperazione che le ha conferito la Maternità spirituale nei confronti di tutti gli uomini.

Implicita in diversi passaggi dei santi Vangeli – fra i rari in cui appare la Vergine Madre -, la Tradizione ne sottolinea specialmente due che favoriscono la spiegazione di questo mistero che è la Maternità della grazia, soavissima irradiazione della persona amabilissima di Maria.

Come non potrebbe fare a meno di essere, la presenza della Vergine Madre ai piedi della croce sul Monte Calvario richiama l’attenzione dei santi Padri.
Qui, soffrendo i dolori più acerbi che una madre possa patire, Maria assiste, in piedi, con pieno dominio di sé, alla crudele e atrocissima morte del suo Unigenito amatissimo. Qui, in una ineffabile misericordia, ella si unisce al Sacrificio espiatorio del Figlio di Dio, e i suoi dolori, il suo martirio, ci generano alla vita della grazia.

«Nella passione del suo Unigenito – scrive Ruperto di Deutz, teologo dell’inizio del secolo XII (†1129) – la Beata Vergine generò la salvezza di tutti noi, in modo che ella è, di diritto, Madre di noi tutti» (18).
L’interpretazione di Ruperto non è isolata. È infatti del Medioevo una sequenza cantata nella festa della Addolorata, in cui si afferma che, cooperando con il Figlio sotto la croce salutifera, Maria diventò nostra Madre (19).
E la liturgia, come sapete, amati figli, è uno dei mezzi di cui si serve la Chiesa per professare la fede cattolica.

Non sono mancati nella Chiesa maestri riconosciuti, per sottolineare la medesima convinzione secondo cui Maria, per i dolori sopportati nella sua anima, al fianco di suo Figlio sul Calvario, diventò la Madre delle membra del Corpo Mistico di Cristo.
Ecco quanto dice Sant’Alberto Magno (†1280): nel tempo della Passione si realizzò la profezia di Simeone «poiché una spada trapassò la sua anima […] e fu costituita […] Madre di tutto il genere umano» (20).
Sant’Antonino, arcivescovo di Firenze (†1459), sostiene che «anche Maria ci generò fra i più grandi dolori, soffrendo insieme al Figlio» ai piedi della croce (21).

Con maggiore autorità i Papi abbracciano questa dottrina.

Leone XIII insegna che «La Vergine santissima, perché Madre di Gesù Cristo, è anche Madre di tutti i cristiani, da lei generati in mezzo alle atrocissime pene del Redentore sul Calvario» (22).

San Pio X afferma, a sua volta che per la «comunanza di dolori e di sofferenze, tra la Madre e il Figlio, […] è stato concesso a questa santa Vergine di essere “presso l’Unigenito Figlio suo, potentissima Mediatrice e Conciliatrice del mondo intero”» (23). Le ultime parole sono tratte dalla bolla Ineffabilis Deus di Pio IX.


L’Apostolo Giovanni rappresenta tutti i fedeli

Come conseguenza di questa Maternità, che costò alla Vergine dolori molto più atroci di quelli comuni del parto, Gesù Cristo, dall’alto della croce, promulgò la sua missione materna, affidandole tutto il genere umano e ciascuno degli uomini nella persona di san Giovanni, il discepolo prediletto.
Benché un’esegesi eccessivamente preoccupata del significato letterale trascuri il senso spirituale di questo passo del quarto Vangelo, in cui il Signore affida a Maria il discepolo prediletto, non v’è dubbio che la Tradizione ha visto in esso la conferma della missione singolare di Maria nell’opera della Redenzione, come Madre di tutti gli uomini nell’ordine della grazia.

Infatti, già nel secolo III Origene sottolineava il senso mistico delle parole indirizzate da Gesù Cristo a sua Madre dall’alto della croce, «Ecco tuo figlio» (24). «Infatti – afferma il dottore alessandrino – il fedele perfetto non vive più di per sé, ma in lui vive Cristo: e proprio perché in lui vive Cristo, perciò di lui è detto a Maria: Ecco tuo figlio, il Cristo”» (25).
In altri termini, chi rinasce alla vita della grazia diventa un altro Cristo, e, come tale, figlio di Maria santissima.
L’interpretazione di Origene, con il tempo, diventa comune. Ruperto così continua il tratto che abbiamo citato: «Per questo, quanto allora fu detto del discepolo prediletto, potrebbe dirsi di chiunque altro fosse stato presente, poiché ella è Madre di tutti» (26).
In un’altra strofa della sequenza della festa dell’Addolorata, da noi già citata, si trasmette quest’interpretazione del passo di san Giovanni: «La Madre è data al discepolo con un grande mistero; sotto il nome di Giovanni s’intende ogni fedele» (27).

Sarebbe molto lungo enumerare i teologi, gli esegeti e i dottori ascetici che seguono l’interpretazione trasmessa nella liturgia dalla sequenza citata (28).
Vi basti, amati figli, la parola autorevole di Leone XIII nel commento al brano a cui abbiamo fatto riferimento: «Nella persona poi di Giovanni, conforme al sentimento perenne della Chiesa, Cristo additò tutti gli uomini e primieramente coloro che avrebbero creduto in Lui» (29).
Principalmente, dice Leone XIII, perché, come sottolinea Pio XI, «avendo accolto nel suo cuore di Madre tutti gli uomini affidatile sul Calvario, ama e protegge non meno quelli che ignorano di essere stati redenti da Gesù Cristo, di quelli che della Redenzione godono felicemente i frutti» (30).


Maria nostra “Madre spirituale”

Sul Golgota, Maria ci ha generato alla vita della grazia.

Gesù, tuttavia, non ha atteso la fine della sua vita mortale per fare di Maria la nostra Madre. Dice bene p. Braun O.P., nel suo commento al passo di san Giovanni che stiamo analizzando: «La donazione di tutti gli uomini fatta a Maria sul Calvario deve considerarsi come una consacrazione ufficiale in previsione del futuro, di un fatto già esistente» (31).

E realmente la rivelazione della Maternità spirituale di Maria santissima è contenuta nella dottrina della Ricapitolazione, tanto cara ai Padri della Chiesa, specialmente in Oriente (32).
Secondo questa dottrina, Adamo, in un certo senso, ha racchiuso in sé tutto il genere umano, in conseguenza del fatto che da lui avrebbero tratto origine tutti gli uomini. Erano tutti in Adamo «in germe». Il fatto poi che Adamo fosse il padre di tutto il genere umano, fece sì che egli coinvolgesse tutti gli uomini nella disgrazia del suo peccato (33).
In modo analogo, Gesù Cristo, il nuovo Adamo (34), racchiude in sé tutti gli uomini che, ricevendo da lui la grazia santificante, sono la sua discendenza nell’ordine soprannaturale della vita eterna.

Sinteticamente, sant’Ireneo afferma: «Come tutti siamo morti nell’Adamo corporale, così siamo vivificati in quello spirituale» (35).

I santi Padri, come complemento naturale dell’oggetto della Rivelazione che presenta Gesù Cristo quale capo dell’umanità, che racchiude in sé in germe tutti gli uomini, sviluppano la dottrina della Maternità universale di Maria santissima nei riguardi di tutti i fedeli.
Come Gesù è il nuovo Adamo, Maria è la nuova Eva, la nuova Madre di tutti gli uomini, benché adesso nell’ordine soprannaturale.


San Pio X

La migliore spiegazione di questo soavissimo mistero, la troviamo nell’enciclica con cui san Pio X preparò il popolo fedele a una degna commemorazione del cinquantenario della bolla Ineffabilis Deus, che definì il dogma della Immacolata Concezione della beata Vergine Maria.
Leggiamo, amati figli, per nostra edificazione, le dolcissime parole dell’ultimo Papa canonizzato:

«Non è Maria la Madre di Cristo?», domanda il Pontefice. E conclude: «Dunque è anche Madre nostra». E sviluppa l’argomentazione: «Ciascuno infatti deve avere la ferma convinzione che Gesù, Verbo incarnato, è anche il Salvatore del genere umano. Ora, in quanto Dio-Uomo, Egli ricevette come gli altri uomini un corpo fisico; in quanto Redentore della nostra stirpe, ebbe un corpo “spirituale”, o, come si dice, “mistico”, costituito dalla società di coloro che credono a Cristo» (36).
E san Pio X cita, a sostegno della sua dottrina, la parola di san Paolo: «Sebbene molti, formiamo un unico corpo in Cristo» (37). E continua: «La Vergine non ha concepito il Figlio eterno di Dio soltanto perché, assumendo da lei la natura umana, divenisse uomo; ma anche perché, mediante la natura ricevuta da lei, divenisse il Salvatore del mondo. Perciò l’Angelo disse ai pastori: “Oggi vi è nato il Salvatore, che è Cristo, il Signore” (38)».

«Nello stesso grembo, dunque, della Madre castissima, Cristo assunse per sé la carne, e vi aggiunse pure il “corpo spirituale”, formato da tutti coloro “che avrebbero creduto in Lui”. Si può dire, in tal modo, che Maria, portando in grembo il Salvatore, vi portava anche tutti coloro la cui vita era contenuta nella vita del Salvatore».

«Tutti noi dunque che siamo uniti a Cristo, e che, come dice l’Apostolo: “siamo membra del corpo di lui, della sua carne, delle sue ossa” (39), siamo usciti dal grembo di Maria come un corpo unito al Capo».
«Per questo, in senso spirituale e mistico, noi siamo chiamati figli di Maria, ed Ella è madre di noi tutti. “Madre secondo lo spirito, […] ma vera madre delle membra di Cristo che siamo noi” (40)» (41).

San Pio X sottolinea, quindi, amati figli, come avete visto, che Maria santissima non è Madre del Figlio di Dio che sarà Redentore del mondo. Ella è, direttamente, la Madre del Redentore. Ella ha collaborato con il divino Spirito Santo, alla formazione dello stesso Redentore. Colui che durante nove mesi restò nel seno suo purissimo, e si venne formando Uomo sotto il suo influsso vitale, era il Figlio di Dio in quanto Redentore.

Ora, amati figli, come prima abbiamo sottolineato, Gesù Cristo ci redime mediante la nostra incorporazione alla sua Persona. Per la grazia, che Egli ci ha meritato, noi ci uniamo a Lui, formando con Lui un solo Corpo Mistico. La grazia è come il sangue vivificante che discende da Gesù e penetra nella nostra anima, dandoci la vita soprannaturale e unendoci a Lui, che è il Capo dell’organismo del quale noi siamo le membra. Ed è per mezzo di questa nostra incorporazione a Gesù Cristo che siamo salvi.
Ecco che, conclude legittimamente san Pio X, nel momento in cui Maria diventa Madre di Dio, diventa nel medesimo istante Madre degli uomini, come sinteticamente lo disse nell’enunciato della sua tesi: «Non è Maria la Madre di Cristo? – Dunque è anche Madre nostra».

Ne deduciamo, quale soavissimo corollario di ordine pratico, che è sotto l’influsso materno di Maria santissima che gli uomini rinascono alla vita della grazia.
Con quale gaudio pensiamo che siamo realmente figli di Maria!
Ella, come Madre di Dio, ha generato anche noi alla vita eterna! «L’anima mia magnifica il Signore» (42).


Canale indispensabile delle grazie di Dio

Amati figli,

La Maternità spirituale di Maria santissima, come abbiamo detto, fonda la sua Mediazione universale.
Gli uomini si salvano infatti – abbiamo appena visto – perché si inseriscono – l’espressione è di san Paolo (43) – in nostro Signore Gesù Cristo, mediante la grazia santificante che li rende figli di Dio, proprio perché li incorpora al Figlio Unigenito dell’eterno Padre.

La conclusione logica di tutto questo ragionamento è che si salvano soltanto quanti si rifugiano nel seno in cui si forma questo Corpo Mistico di Cristo. In altre parole, la nostra incorporazione a Gesù Cristo, nell’unità del suo Corpo Mistico, non si compie senza l’intervento di Maria santissima.
D’altronde, il paragone tratto dall’organismo umano sottolinea energicamente questa verità. Infatti, è impossibile immaginarsi una donna che generi soltanto la testa di suo figlio. Necessariamente essa darà alla luce il corpo intero della prole, capo e membra.
Come si potrebbe, allora, pensare che Maria, Madre del Redentore, generasse soltanto il Capo del Corpo Mistico, quando il Redentore è costituito dal Cristo completo, capo e membra, Gesù Cristo e gli uomini uniti a lui attraverso la grazia? (44).

Contemplando il Suo Unigenito, il Padre eterno si muove a pietà del mondo, perché il suo sguardo amoroso raggiunge tutti gli uomini che, nell’unità del Verbo Incarnato, costituiscono il suo Corpo Mistico.

Si comprende, amati figli, perché la concezione per cui Maria santissima è il canale indispensabile attraverso il quale le grazie discendono dal Capo alle membra del Corpo Mistico, sia contenuta nella professione della fede cattolica fin dai primi secoli.
Questa verità è contenuta nell’antitesi fra Eva, madre dei peccatori, e Maria, madre dei viventi in Cristo. Come la collaborazione di Eva, ceppo dal quale deriva tutto il genere umano, è condizione perché nascano gli uomini con il peccato originale, così l’intervento di Maria è indispensabile alla nascita nell’ordine della grazia.


Insegnamenti dei Santi

Ci sono tuttavia anche affermazioni dirette secondo cui soltanto per mezzo di Maria gli uomini ricevono la grazia di Dio.
Così, per esempio, Sant’Efrem († 373), la cetra dello Spirito Santo, il mellifluo cantore della Vergine, s’indirizza alla Madre di Dio con queste parole: «Per te, o sola Immacolatissima, ogni onore e santità è derivato, deriva e deriverà, dal primo Adamo e fino alla consumazione dei secoli, agli apostoli, ai profeti, ai giusti e agli umili di cuore» (45).

Sant’Efrem considera, immediatamente, l’origine del Salvatore, che è nato da Maria. Le sue parole, tuttavia, si comprendono soltanto mediante l’associazione della Vergine santissima all’opera del suo Unigenito Figlio, che la costituisce mediatrice di tutte le grazie per ogni genere di persone, a cominciare dai giusti del Vecchio Testamento.
San Germano, patriarca di Costantinopoli († 733), è più incisivo: «Nessuno […] se non per te, o santissima, giunge alla salvezza. Nessuno se non per te, o Immacolatissima, si libera dal male. Nessuno, se non per te, o castissima, ottiene indulgenza. A nessuno, se non per te, o onorabilissima, si concede misericordiosamente il dono della grazia» (46).

Nel Medioevo permane, e anzi s’intensifica, il fervore mariano, la certezza che la vita eterna ci viene per mezzo di Maria; Sant’Anselmo († 1109), Arcivescovo di Canterbury, così si esprime: «Senza di te non v’è pietà, né bontà, perché sei la Madre della virtù e di tutti i beni» (47).
E san Bernardo (†1153), il soavissimo Dottore della Vergine, ha una frase perentoria di cui i Papi si serviranno con frequenza per caratterizzare la missione di Maria santissima nell’economia della grazia: «Veneriamo, dunque, Maria con tutte le fibre del nostro cuore, con tutti gli affetti e i desideri dell’anima nostra, perché tale è la volontà di Colui che ha disposto che ogni cosa ci venga per mezzo di Maria» (48).

Fra i grandi teologi del secolo XIII, san Tommaso d’Aquino, nel commento alla Salutazione Angelica, paragona la ridondanza della grazia di Maria sugli uomini con quella di Gesù Cristo stesso. Questo paragone, come si può vedere, comporta l’affermazione dell’universalità della Mediazione di Maria santissima nella Distribuzione delle grazie.
San Bonaventura, a sua volta, ha questa affermazione perentoria: «Nessuno può entrare nel Cielo se non passa per Maria che ne è la porta» (49).

E Dante (†1321), riassumendo la professione di fede del popolo cristiano, cantò nella sua grandiosa Divina Commedia: «Vergine madre […] / se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia ed a te non ricorre, / sua disianza vuol volar senz’ali» (50).


Documenti del Magistero pontificio

Non mancano inoltre, amati figli, documenti del Magistero pontificio che garantiscono la fede radicata nel cuore del popolo cristiano.
Benedetto XIV (1740-1758), nella famosa aurea lettera apostolica Gloriosae Dominae proclama la beata Vergine Maria il fiume attraverso cui scorrono tutte le grazie e i doni per il cuore dei miseri mortali (51).
Pio VII (1800-1823) dichiara Maria «Nostra Madre amabilissima» e «Dispensatrice di tutte le grazie» (52).
Pio IX (1846-1878) ripetendo la frase di san Bernardo, attesta essere desiderio di Dio che «ricevessimo tutto per mezzo di Maria» (53).
Leone XIII (1878-1903) inculca questa verità nelle sue molte encicliche sul Rosario del mese di ottobre. Per esempio nella Octobri mense riprende la nota frase di san Bernardo secondo cui «nulla viene a noi comunicato, così volendo Iddio, se non per mezzo di Maria» (54).
San Pio X (1904-1914), nella splendida enciclica Ad diem illum, già da noi analizzata, chiama Maria santissima «Dispensatrice di tutti i tesori che Gesù ci ha meritato con la morte cruenta» (55).
Benedetto XV (1914-1922), nella lettera apostolica all’Associazione della Buona Morte, afferma che: «Le grazie che noi riceviamo dal tesoro della Redenzione sono distribuite, per così dire, dalle mani di questa Vergine addolorata» (56).
Pio XI (1922-1939) insegna che l’unico Mediatore fra Dio e gli uomini volle associarsi Sua Madre quale avvocata dei peccatori e Amministratrice e Mediatrice di grazia (57).
Pio XII (1939-1958) in molte occasioni, diede l’esempio ai fedeli di una fiducia irremovibile nella protezione della Vergine Madre.
Nell’enciclica sul Corpo Mistico (58) sottolinea il ruolo che riveste Maria nell’economia della grazia. Lo stesso fa nell’enciclica sulla sacra liturgia (59), dove sottoscrive la frase di san Bernardo, secondo cui Dio «ha voluto che tutto noi avessimo per mezzo di Maria».


Festa di Maria Mediatrice di tutte le grazie

Infine, perché non manchi la conferma della lex orandi, la sacra liturgia si compiace di attribuire a Maria santissima brani di Isaia, dei Proverbi e dell’Ecclesiastico (60), che letteralmente si applicano alla Sapienza Increata, al Verbo di Dio, ratificando così la convinzione dei fedeli secondo cui Maria è strettamente unita al Figlio di Dio in modo da costituire con lui il trait d’union tra la misericordia divina e le necessità degli uomini.

Non soltanto nella parte catechetica della santa Messa la sacra liturgia inculca l’intima unione fra Maria santissima e il suo divin Figlio nel mistero della nostra Redenzione. Questa verità è affermata anche in altri luoghi di Messe della Madonna, come anche negli uffici corrispondenti.

Così, nell’orazione dopo la Comunione della Messa commemorativa della consegna della Medaglia Miracolosa a santa Caterina Labouré (61), si afferma: «Signore Dio Onnipotente, che volesti che noi tutto ricevessimo per l’Immacolata Madre del tuo Figlio, concedici ecc.».
Nella settima lezione dell’Ufficio della Madonna Ausiliatrice, si dice che Dio «ha posto in Maria la pienezza di ogni bene, di modo che sappiamo che da lei ridonda quanto c’è in noi di speranza, di grazia, di salvezza» (62).

Questa ufficiale professione di fede della santa Chiesa nel suo culto pubblico ha ottenuto una ratificazione vistosa con l’approvazione, nel 1921, da parte di Benedetto XV, della Messa e dell’Ufficio della beata Vergine Maria Mediatrice di tutte le grazie (63).
Nell’invitatorio di questo ufficio si fa la seguente esortazione: «A Cristo Redentore, che volle avessimo tutti i beni per mezzo di Maria, venite, adoriamo».
Nell’inno del Mattutino si canta: «Tutti i beni che ci meritò il Redentore, Sua Madre Maria li distribuisce» (64).
E nell’orazione della Messa, che tutti i favori chiesti al Signore, siano conseguiti per mezzo di Maria (65).



NOTE

1 - Bossuet ha fatto eco a Sant’Agostino nel secondo sermone del venerdì della prima settimana di Passione: «La Sua carne [di Cristo] è la vostra carne, o Maria, il Suo sangue è il vostro sangue», cit. in J. B. TERRIEN, Mère de Dieu, Mère des Hommes, parte II, libro V, cap. 1.
2 - Cfr. Gv. 1, 1.
3 - Lc. 1, 30-35.
4 - Cfr. Gen. 17, 5; 32, 28; Mt. 16, 18.
5 - Cfr. SANT’AGOSTINO Sermone 51, cap. 2, n. 3, cit. in H. LENNERZ, De Beata Virgine, Univ. Greg., 1935.
6 - Simbolo niceno-costantinopolitano, che si recita nella prima parte della santa Messa.
7 - Cfr. Rom. 5, 19.
8 - SAN GIUSTINO, Dialogo con Trifone ebreo, cit. in J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro I, cap. 1.
9 - SANT’IRENEO, Adversus haereses, libro III, cap. 22, cit. in J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro I, cap. 1.
10 -  TERTULLIANO, De carne Christi, cit. in H. LENNERZ, op. cit.
11 - Così san Cirillo di Gerusalemme, san Gerolamo, sant’Efrem, Sant’ Agostino e altri, come si può vedere in J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro I, cap. 1.
12 - «Quod Aeva tristis obstulit / Tu reddis almo germine».
13 - Mt. 28, 19-20.
14 - «In tutte le lettere [di san Paolo] vi sono alcuni punti difficili a intendersi e che gli ignoranti e i poco stabili stravolgono – come anche le altre Scritture – per loro perdizione» (2 Pt. 3, 16).
15 - 1 Tim. 2, 5.
16 - PIO IX, Bolla Ineffabilis Deus, dell’8-12-1854: «La dottrina, la quale ritiene che la Beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio Onnipotente, ed in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, sia stata preservata immune da ogni macchia di colpa originale, è dottrina rivelata da Dio, e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli» (Maria SS., Insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., 2ª ed. aggiornata, Edizioni Paoline, Roma 1964, p. 74).
17 - Abate di Chiaravalle, autentico Dottore Mariano, ha scritto particolarmente bene a proposito della Vergine Maria come Mediatrice delle grazie celesti. L’espressione è del sermone della festa della Natività di Maria santissima, noto come L’Acquedotto, in SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE, gli scritti mariani, Edizioni Centro Volontari della Sofferenza, Roma 1980, pp. 261-283. Benché san Bernardo abbia offerto la frase – «Dio volle che avessimo tutto per mezzo di Maria» – di cui si sono serviti gli ultimi Papi, per esprimere la loro persuasione che Maria è Mediatrice di tutte le grazie, il pensiero però risale al secolo II, poiché si trova già esplicito in questa frase di sant’Ireneo: «Dio vuole che ella sia il principio di tutti i doni». «Vult Deus ipsam omnium donorum esse principium» (Contra Valentinum, can. 33, cit. in CHARLES BOYER, Syopsis praelectionum de B. Maria Virgine, Pont. Univ. Greg., Roma 1946, p. 52).
18 - Cit. in P. M.-J. LAGRANGE O. P., Evangile selon Saint Jean, Librarie Victor Lecoffre, Parigi 1925, p. 494.
19 - «Gratias tibi, Domina, / quae Mater es fatta nostra, / sub Cruce salutifera / Filio cooperans», cit. in J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro IV, cap. 1.
20 - SANT’ALBERTO MAGNO, Mariale, q. 29, cit. in G. ALASTRUEY, Tratado de la Virgen Santíssima, parte II, cap. IV.
21 - SANT’ANTONINO, Summa, parte IV, tit. 15, cap. II, cit. in G. ALASTRUEY, op. cit., ibidem.
22 - LEONE XIII, Enciclica Quamquam pluries, del 15-8-1889, in Maria SS., cit., p. 106.
23 - SAN PIO X, Enciclica Ad diem illum laetissimum, del 2-2-1904, in Maria SS., cit., p. 180.
24 - Gv. 19, 26.
25 - ORIGENE, in Io. Praefatio, n. 6, cit. in C. BOYER, op. cit., pp. 52-53.
26 - Cit. in P. M.-J. LAGRANGE O. P., op. cit., ibidem.
27 - «Datur mater discipulo / cum maximo mysterio / Joannis sub vocabulo / Quivis venit fidelis», cit. in J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro IV, cap. 1.
28 - Cfr. J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro IV, capp. 1-2 ss.
29 - LEONE XIII, Enciclica Adiutricem populi christiani, del 5-9-1895, in Maria SS., cit., p. 13.
30 - PIO XI, Enciclica Rerum Ecclesiae, del 28-2-1926, in Maria SS., cit., pp. 221-222.
31 - In La sainte Bible, Letourey et Ané, Parigi 1946.
32 - Cfr. EMILE MERSCH, Le corps mystique, vol. I, Desclée, Parigi 1936.
33 - Cfr. Rom. 5, 12.
34 - Cfr. 1 Cor. 15, 45.
35 - SANT’IRENEO, Adversus haereses, libro V, I, 1-3, cit. in E. MERSCH, op. cit., p. 332, nota.
36 - SAN PIO X, Enciclica Ad diem illum laetissimum, del 2-2-1904, in Maria SS., cit., pp. 177-17
37 - Rom. 12, 5.
38 - Lc. 2, 11.
39 - Ef. 5, 30.
40 - SANT’AGOSTINO, De sancta virginitate, c. 6.
41 - SAN PIO X Enciclica Ad diem illum laetissimum, del 2-2-1904, in Maria SS., cit., pp. 178-179.
42 - Lc. 1, 46.
43 - Cfr. Rom. 11, 17.
44 - Questo argomento è presentato da SAN LUIGI MARIA GRIGNON DE MONFORT, Trattato della vera devozione a Maria, trad. it., 35ª ed., Centro Mariano Monfortano, Roma 1976, p. 35.
45 - SANT’EFREM, Sermone in lode della SS. Vergine, cit in C. BOYER, op. cit., p. 53.
46 - SAN GERMANO, Hom. in S. Mariae Zonam, n. 5: cit. in J. ALASTRUEEEY, op. cit., parte III, cap. III, art. 1, q. 1, tesi 3 B; e in J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro V, cap. 2.
47 - SANT’ANSELMO, Oratio 31, cit. in J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro VII, cap. 4.
48 - SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE, Gli scritti mariani, cit., p. 268.
49 - Cit. in C. BOYER, op. cit., p. 54.
50 - DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia. Paradiso, canto XXXIII, vv. 1-15.
Sant’Antonino da Firenze, nel secolo XV, riprende il pensiero di Dante, e nella sua Summa Theologica, parte VI, tit. 15, cap. 22, par. 9, scrive: «Qui petit sine ipsa duce, sine aliis tentat volare», «chi chiede senza averla come guida, tenta di volare senza ali».
Ai nostri giorni, Pio XII, in una lettera al card. Maglione, raccomandando al Segretario di Stato preghiere per la pace, riprende la stessa immagine di Dante per sottolineare l’efficacia dell’intercessione di Maria santissima: «La beata Vergine infatti è tanto potente presso Dio e presso il suo Unigenito Figliuolo, che come canta l’Alighieri, “qual vuol grazie e a lei non ricorre, sua desianza vuol volar senz’ali”» PIO XII, Lettera Superiore anno, del 15-4-1940, in Maria SS., cit., pp. 262-263).
51 - Cfr. BENEDETTO XIV, Lettera apostolica Gloriosae Dominae Dei Genetricis Mariae, del 27-9-1748, in Maria SS., cit., p. 17.
52- PIO VII, Costituzione apostolica Quod divino afflata spiritu, del 24-1-1806, in Maria SS., cit., p. 33.
53 - PIO IX, Enciclica Ubi primum, del 2-2-1849, in Maria SS., cit., p. 48.
54 - Leone XIII, Enciclica Octobri mense, del 22-9-1891, in Maria SS., cit., p. 107.
55 - SAN PIO X, Enciclica Ad diem illum laetissimum, del 2-2-1904, in Maria SS., cit., p. 180.
56 - BENEDETTO XV, Lettera Inter sodalicia, all’Associazione della Buona Morte, del 22-3-1918, in Maria SS., cit., p. 205.
57 - Cfr. PIO XI, Enciclica Miserentissimus Redemptor, dell’8-5-1928, in Maria SS., cit., p. 223.
58 - PIO XII, Enciclica Mystici Corporis, del 29-6-1943, in Maria SS., cit., pp. 276-277.
59 - IDEM, Enciclica Mediator Dei, del 20-11-1947, in Maria SS., cit., p. 311.
60 - Is. 55, 1-3 e 5, nella festa della Madonna Mediatrice; Prov. 8, 22-24 e 32-35, nella festa della Madonna del Rosario e in quella della Immacolata Concezione; Eccli. 24, 5-7, 9-11 e 30-31 nella festa di Maria Regina; Eccli. 24, 23-31, nella festa della Madonna di Guadalupe; Eccli. 24, 14-16, nella festa di Maria Ausiliatrice.
61 - Messa concessa per alcuni luoghi il giorno 27 novembre.
62 - Trascritto da J. B. TERRIEN, op. cit., parte II, libro V, cap. 2.
63 - Decreto della Sacra Congregazione dei Riti, del 21-1-1921, in AAS 1921, p. 345. La concessione è stata fatta anzitutto per il Belgio. Si è poi estesa ad altri paesi, compreso il Brasile, che l’ha posta nel suo calendario il giorno primo di ottobre.
64 - «Cuncta, quae nobis meruit Redemptor / Dona partitur Genitrix Maria».
65 - «Signore Gesù Cristo, nostro Mediatore davanti all’Eterno Padre, che avete costituito Mediatrice presso di voi la Vergine santissima, vostra Madre e anche Madre nostra, fate sì che chiunque avvicinandosi a voi, vi chiede dei favori, gioisca di conseguirli attraverso la sua mediazione. Voi che regnate, ecc.».





 
dicembre 2025
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