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ANCORA SULLE COLOMBE DI PAPA
BERGOGLIO
di L. P.
Nel nostro intervento del gennaio 2014 esponemmo talune nostre riflessioni sull’evento verificatosi in piazza San Pietro la domenica 26 gennaio. I lettori ricorderanno che, dalla finestra dell’appartamento papale furono, da due fanciulli, “lanciate in basso” – per espresso consiglio del pontefice - due colombe le quali, subito avvistate da un gabbiano e da un corvo vennero assalite, una delle quali divorata dal gabbiano.
Il corvo, uccello carnivoro che non disdegna le carogne, simbolo e segno della seconda fase alchemica, la così detta “opera al nero”, rappresenta lo stato di corruzione generale in cui si sta decomponendo l’umanità e su cui, i corvi nel cielo e le iene in terra, si gettano così come si gettò quello biblico liberato da Noè e che non tornò indietro. Nel nostro caso, tale putredine si assimila alla neoterica dottrina, la “nouvelle theologie” che, abbandonata la sofferta ed aspra via maestra segnata da Colui che disse essere VIA/VERITA’/VITA, si dedica non più ad interpretare ontologicamente l’uomo alla luce della legge di Dio secondo un piano di trascendenza, ma a trasformarlo, secondo i proprii bisogni, giusta dettato marxista per il quale la prassi dell’immanenza dell’hic et nunc elimina la teoresi. Si spiega, perciò, la recente ed ambigua affermazione di papa Bergoglio per il quale “la Chiesa non ha bisogno di vescovi apologeti delle proprie cause né di crociati delle proprie battaglie” – le quali “proprie cause e proprie battaglie” dovrebbero essere quelle che Cristo ha indicato quando ha comandato di diffondere il Vangelo, portando nel mondo il fuoco e la spada. Ma oggi l’indicazione è tutt’altra: seminare la pace andando d’accordo con tutti, niente apologìa dei santi, niente battaglie per la fede. “Quando mi domandano un orientamento, la mia risposta – dice Francesco I – è sempre la stessa: dialogo, dialogo, dialogo” (S. Rubin-F. Ambrogetti, Jorge Bergoglio. Papa Francesco. Il nuovo papa si racconta – Ed. Salani 2013 pag 11). Si spera, tuttavia, che il Pontefice, sullo slancio di questa ottimistica prospettiva, non si lasci convincere a dialogare anche con la massoneria dalla quale, su iniziativa del Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia u. m. s. o. i. [unione massonica stretta osservanza iniziatica] Gianfranco Pilloni, gli è pervenuta una commossa e deferente preghiera di colloquio nel fine di costruire la pace e una nuova società. Ce la farà a dire di no, a rifiutare il “ramoscello di ulivo” che la sinagoga di Satana subdolamente gli offre o, come già per Scalfari, è pronto l’invito fraterno in santa Marta? Ma stia attento perché quel “profetico” e monitorio siparietto apertosi domenica 26 gennaio 2014 in Piazza San Pietro doveva, a ciascun cattolico, tanto più a lui, rammentare che la pace – tanto terrena che celeste – non è cosa che l’uomo possa, da solo, creare e conservare. Essa è possibile solo nella fede e per la fede in Colui che tutto può. Ma è così difficile ricordare la differenza tra la pace del mondo e quella di Dio? “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv. 14, 27). Il gabbiano che ha divorato la colomba ha dato un segnale su cui la Gerarchìa dovrebbe meditare. (torna
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gennaio 2014 AL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO |