Quale sarà lo stato della Chiesa
dopo Papa Francesco?

di Don Pio Pace

Il sito Rorate Caeli ha pubblicato il presente articolo a firma di Don Pio Pace. Dalla firma si dovrebbe trattare di un sacerdote italiano che, come ha fatto accortamente notare un amico lettore, probabilmente vorrebbe richiamarsi a Papa Pio XII, Eugenio Pacelli.

La notizia relativa è stata diffusa in Italia dal vaticanista Marco Tosatti, sulla sua rubrica San Pietro e dintorni.


Presentazione di Rorate Caeli

Siamo molto lieti e onorati di pubblicare per la prima volta un articolo di un sacerdote molto saggio e competente, che scrive con lo pseudonimo di don Pio Pace. Lo abbiamo invitato a contribuire e pensiamo che ci sarà di guida con buoni consigli ogni volta che avrà il tempo per farlo.

Il suo primo contributo è molto importante: i cattolici tradizionali, devono preoccuparsi per l’attuale pontificato? Quali saranno le sue conseguenze?


L’elevazione di Francesco  al Trono di Pietro cambierà realmente e profondamente le cose? Ad un attento esame, sembra che questo pontificato sia molto meno innovativo di quanto si sarebbe pensato al suo inizio.

Pontificato meno innovativo di quanto si sia creduto

I molteplici «gesti» (non abitare nell’appartamento pontificio, ostentata semplicità) si rivelano essere senza grandi conseguenze sull’istituzione papale. Quanto alle sorprendenti dichiarazioni espresse con piccole frasi su degli argomenti mediaticamente sensibili, non sembra che siano stati seguiti da effetti istituzionali o magisteriali. Nell’ambito cruciale delle nomine vescovili e cardinalizie, ve ne sono alcune estremamente buone e altre che sono estremamente scadenti, esattamente com’è avvenuto nel precedente pontificato – la tendenza generale degli episcopati segue ancora una linea generalmente moderata.

Per coloro che immaginavano un terremoto stile Vaticano II, la famosa riforma della Curia appare essere necessariamente molto deludente: essa sarà limitata alla fusione di un certo numero di dicasteri e alla creazione di pochi altri, con la riaffermazione della collegialità – ma sullo sfondo di una personalizzazione del potere papale, più forte che mai.
Come fa notare Sandro Magister nel suo blog Chiesa.Espresso, nonostante i violenti attacchi contro la Curia, compresi gli attacchi personali del Cardinale Bergoglio al tempo dell’ultimo Conclave, i principali capi dicastero sono certi di rimanere al loro posto. In effetti, la Chiesa non ha più neanche la capacità, o le riserve umane, per realizzare uno sconvolgimento simile a quello del Concilio.

Insomma, il nuovo Papa sembra aver creduto di avere la chiave per il compimento del Vaticano II, grazie al carisma del “ritorno al Vangelo”, ma le realtà della crisi sono tenaci: basta esaminare le recenti ordinazioni per Roma, con solo 2 sacerdoti per la diocesi: nessun effetto Francesco in questo campo, il più importante per il futuro della Chiesa (vero è che esso richiede un certo tempo, ma neanche in altri settori si nota alcun effetto apprezzabile).

Che dire per il dopo questo pontificato?

L’elezione di Papa Bergoglio può essere intesa come una reazione al pontificato precedente. Coloro che hanno eletto Papa Francesco volevano “voltare pagina”, per vari motivi: voltare la pagina di un pontificato giudicato troppo restauratore, di un governo impotente, di un papato oggetto di ogni attacco, di una debole amministrazione finanziaria. Ma è molto probabile che Francesco sia l’ultimo della serie dei pontefici “trionfalistici” del post-Concilio, che è stato esaltato dalle recenti canonizzazioni.

In realtà, pochi elettori di Jorge Bergoglio lo conoscevano veramente. Passato il primo momento di compiacimento o di fastidiosa sorpresa, appare evidente che la non molta efficace attività di cui erano testimoni, le acrobazie dei media, le incertezze manifestate nel metodo di governo, le imprecisioni dottrinali o perfino gli errori, l’assenza della presentazione della dottrina a livello magisteriale, abbiano stancato molti alti prelati. Tutto questo potrebbe provocare due effetti riguardo al prossimo pontificato:
- Senza dubbio, una ricerca di “sicurezza”: gli elettori non avranno voglia di avventurarsi in nuove incertezze, e sarà scelto un candidato che sia meglio preparato da un punto di vista teorico, con un’immagine più “moderata”, e che sia un amministratore meno disorganizzato;
- E, soprattutto, che manifesti realismo: in un modo o nell’altro, vedremo un’immagine del papato veramente più modesta, più in sintonia con ciò che la Chiesa è realmente nel mondo contemporaneo. L’era di un papato che è una lucente ma ingannevole vetrina di un cattolicesimo fortemente indebolito non può durare troppo a lungo.

L’affare dei Francescani dell’Immacolata, come sintomo

Questo realismo giungerà fino al punto di consentire un lungimirante inventario degli errori del trascorso mezzo secolo?

Finora nulla indica il desiderio di affrontare di petto i problemi che rimangono, e che peggiorano: la drammatica crisi delle vocazioni, l’evaporazione del Credo e del dogma, la banalizzazione della liturgia. Perché qualcosa possa cambiare veramente, la domanda fondamentale è: ci saranno gli uomini di Chiesa per una nuova situazione?

D’altronde, non bisognerebbe concludere troppo frettolosamente che nulla  cambierà sotto il pontificato di Francesco. Il trovarsi ancora su un piano caratterizzato dal declino, provoca di per sé un’accelerazione di tale declino. Peraltro, per la fine di questo pontificato, è possibile immaginare un altro scenario, molto più preoccupante. L’agitazione e le incertezze su una questione come quella dell’indissolubilità del matrimonio, di per sé sono già distruttive, anche se non fossero seguite da decisioni istituzionali di stampo liberale.

Ma c’è di più: non sono da escludere i tentativi di imporre con la forza lo “Spirito del Concilio”. La coercizione esercitata nei confronti dei Francescani dell’Immacolata potrebbe tranquillamente estendersi alla totalità del cattolicesimo tradizionale? Sotto quale forma? Molto semplicemente imbavagliando la dinamica del Summorum Pontificum, cioè il riconosciuto diritto di cittadinanza di tutta quella parte del cattolicesimo che è, almeno liturgicamente, contro lo “spirito del Concilio”. Bisogna tenere presente che, per Francesco, l’autorizzazione a celebrare la Messa tradizionale è un atto di tolleranza voluto da Benedetto XVI per una minoranza in via di estinzione: “Trovo che sia piuttosto una sorta di moda, se si tratta di un moda, è una questione che non ha bisogno di molta attenzione”. (udienza ai vescovi cechi, 14 febbraio 2014). Che questo modo di intendere del Papa poggi su una stupefacente lettura errata della realtà specifica non è un problema. Il problema è che è questa l’opinione del papa.

Molto concretamente, nel quadro della ridefinizione dei dicasteri, è ben possibile la scomparsa della piccola Commissione Ecclesia Dei. Vero è che dal punto di vista della celebrazione della Messa tradizionale, questa Commissione non ha mai veramente esercitato una reale attività di tutela o di promozione, ma la sua scomparsa avrebbe un effetto simbolico fortemente negativo; se questo accadesse, sarebbe una vera bomba. Il trasferimento delle sue competenze sull’insieme delle comunità Ecclesia Dei, alla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (la Congregazione per i Religiosi), il cui prefetto è il Cardinale Braz de Aviz e il cui segretario è Mons. Rodríguez Carballo, sarebbe disastroso per questa parte del cattolicesimo.





giugno 2014

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