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“Nuova
Pentecoste”?
di UT
Proprio in occasione della ricorrenza liturgica della discesa terrena dello Spirito Santo, della nascita della Chiesa e quindi del solenne bimillenario mandato apostolico di andare nel mondo a convertire ed evangelizzare tutte le genti, il regnante Vicario di Cristo Francesco I ha aperto le porte del Vaticano a Israeliani e Palestinesi. Non per convertirli, né tanto meno per fare proselitismo (già derubricato dal Papa come “sciocchezza”), bensì per adempiere ben note finalità politiche e umanitarie di mediazione pacifica. Operazioni altamente meritorie per un qualsiasi mediatore laico, ma problematiche per chi è a capo di un’istituzione divina il cui fine unico, universale e imprescindibile è la salvezza e conversione dei propri interlocutori non credenti. Con il più doveroso rispetto non posso nascondere che il fatto mi suscita qualche timida perplessità. Specie se ricordo che, secondo la rivelazione evangelica, quando la terza Persona della Santissima Trinità fece irruzione con quel po’ po’ di mistero e trambusto nel Cenacolo, gli Apostoli e Maria se ne stavano tutti quanti insieme a farsi coraggio l’un l’altro, segregati e sprangati in casa in preda al terrore di dover rendere conto della loro fede. Paura d’essere scoperti, processati e condannati a morte come Gesù? Sì, proprio così, e da chi? Dai loro primi e più temibili persecutori, i giudei. E, allora, mi sia consentita una domanda in tutta umiltà. La Chiesa cattolica, lungi
dall’essere ANTISEMITA, il che costituirebbe un’inaccettabile opzione
moderna, postcristiana, essenzialmente politica e a sfondo razziale, si mantiene ancora, come ai primordi,
radicalmente ANTIGIUDAICA, pronta cioè a difendere
eroicamente il primato teologico della propria fede religiosa, al cui
centro stanno principi unici e fondamentali irriducibili e non
negoziabili con gli altri monoteismi, come l’Incarnazione e il mistero
della divina Trinità?
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