I marziani? Sono tra noi da un pezzo!

Martini, Verzè, Galantino, Bergoglio
e la Chiesa che (forse) verrà



Pubblicato sul numero 93 di Veritas, giugno 2014,
bollettino del Priorato Madonna di Loreto
della Fraternità San Pio X




Luigi Verzè e Carlo Maria Martini


Poco tempo prima di congedarsi da questo mondo, Carlo Maria Martini e Luigi Verzè, due note personalità ecclesiastiche di cui non serve, qui, ripercorrere le biografie, scrissero a quattro mani il libro Siamo tutti sulla stessa barca; un dialogo fra vegliardi notoriamente eterodossi quanto a Dottrina della Fede (e molto altro) che, riletto adesso, pare divenuto un programma in via di realizzazione.
Recensendolo al momento dell’uscita in libreria, la coppia Gnocchi&Palmaro (1) ne sintetizzò così i contenuti:
«La pillola anticoncezionale? Spesso è giocoforza che vada consigliata e fornita. L’etica cristiana? Imposta, incongruente, da rifare. I divorziati risposati? Basta fisime clericali. Il celibato ecclesiastico? Una finzione, buttiamolo a mare. I vescovi? Li elegga il popolo di Dio».

Correva l’anno 2009 ed a parte qualche opportuna recensione critica, la cosa sembrava destinata a finire lì. L'ennesima boutade del cardinale che coltivava il dubbio e amava definirsi ante Papa e del prete manager che aveva costruito un gigante della sanità privata che, di lì a poco, avrebbe mostrato ben altro che i piedi d'argilla.
La diga dottrinale, per quanto effimera, dava, infatti, l’impressione di tenere ed i cosiddetti “principi non negoziabili” (tutela della vita in tutte le sue fasi, famiglia naturale basata sul matrimonio e libertà di educazione) sembravano ormai scolpiti nel marmo della pastorale ecclesiale. Benedetto XVI, (in)felicemente regnante, credeva di essere sul punto di riunire la Chiesa alla sua Tradizione, riuscendo perfino a rendere cattolico il Concilio Vaticano II. Sappiamo com'è andata a finire… ma non è questo il tema.

Anno Domini 2014, lunedì 12 maggio, sul quotidiano “Il Resto del Carlino” appare questa dichiarazione:
«Il mio augurio per la Chiesa italiana è che si possa parlare di qualsiasi argomento, di preti sposati, di eucarestia ai divorziati, di omosessualità, senza tabù, partendo dal Vangelo e dando ragioni delle proprie posizioni».

A parlare così non è il leader radicale, Marco Pannella - recentemente raggiunto da una telefonata accorata del Santo Padre - né Vito Mancuso, l'ex prete ambrosiano (leggasi: martiniano) che ora vive scrivendo libri e si spaccia (2) per Teologo. Non è Dario Fo e neppure Eugenio Scalfari. Trattasi, purtroppo, di Nunzio Galantino, Vescovo di Cassano allo Jonio (CS) e quel che più conta, Segretario Generale della Cei; ruolo, quest'ultimo in cui il Papa l'ha nominato per rimodellare a sua immagine l'assemblea episcopale italiana e commissariarne (3) il Cardinale Presidente, reo di avergli votato contro in Conclave.



Nunzio Galantino

Il luogo in cui, secondo Galantino, si dovrebbe poter discutere di questi temi è il Sinodo per la Famiglia che si celebrerà in Vaticano il prossimo ottobre e che avrà il suo momento culminante nella cerimonia di beatificazione di Paolo VI.
È proprio sul Sinodo che egli ha rilasciato l'intervista in cui afferma di vedere in Papa Francesco:
«un'occasione straordinaria per la Chiesa italiana di riposizionarsi rispetto alle attese spirituali, morali e culturali (della società - n.d.r.)».
«In passato – ci ha informato il segretario/commissario della Cei – ci siamo concentrati esclusivamente sul no all'aborto e all'eutanasia. Non può essere così, in mezzo c'è l'esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l'interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro» (4).

Tralasciamo di commentare queste gravissime parole e domandiamoci: la sua è una voce solitaria? Crediamo di no. Piuttosto egli è un portavoce.
Parlano, infatti, con lui cinquant’anni di storia ecclesiale animata dall'ansia di rinnovamento.
Parlano con lui intere conferenze episcopali, intra ed extra europee, cresciute con la smania di “cogliere i segni dei tempi”, di “recuperare la freschezza originale del Vangelo”, di trovare “nuove strade” e “metodi creativi” per “non imprigionare Gesù nei nostri schemi noiosi”. Smaniose di promuovere, per davvero, “una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno” (5).
Come ottenere tutto ciò? Forse con un terzo concilio ecumenico? Lo chiesero a Martini, giusto dieci anni fa (6) e lui con astuzia proverbialmente gesuitica rispose:
«Io non ho mai parlato di Vaticano III perché l’espressione può essere fraintesa e può confondere. Vaticano III significa rimettere in questione tutti i problemi, così come ha fatto il Vaticano II. La mia proposta andava in una direzione diversa. Convocare, di tanto in tanto, delle assemblee sinodali veramente rappresentative di tutto l’episcopato e – perché no – universali (Sinodi e Concilio sono la stessa parola) per affrontare questioni in agenda nella vita della Chiesa. Un’esperienza che valga a sciogliere qualcuno di quei nodi disciplinari e dottrinali che riappaiono periodicamente come punti caldi sul cammino della Chiesa».

Il 13 marzo 2013 la profezia si è compiuta. Un nuovo Papa “preso dalla fine del mondo”, per giunta gesuita, si è affacciato dalla loggia di S. Pietro ed è bastata una croce di latta ed il bianco totale della sua sottana a far capire che l'ora, da tanti agognata, era finalmente giunta. L’ora di portare alle estreme conseguenze il lungo lavoro di ‘autodemolizione’ inaugurato dal Superconcilio.
La ‘regola’ martiniana è stata ben presto applicata. Dopo aver fatto diffondere un inedito questionario all’intera Chiesa Cattolica, Francesco ha convocato, guarda caso due Sinodi e chiamato i vescovi ad esprimersi sul problema dell’ammissione ai sacramenti dei divorziati risposati e a pensare ad un diverso approccio pastorale alle coppie di fatto.

L’ora di cogliere i ‘segni dei tempi’ è perciò giunta e pazienza se ad essere dimenticata fosse solo la massima di G. K. Chesterton: “Non abbiamo bisogno, come dicono i giornali, di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo!"; si ha, infatti, l’impressione che qui si voglia prescindere da Colui che disse: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!” (
Lc, 12 49-53).

Incredibile è stato constatare l’abilità comunicativa del Vescovo di Roma che sembra aver preparato il decisivo ‘attacco alla diligenza della Dottrina’ con quotidiani gesti ‘di rottura’, tante e ben studiate frasi, riflessioni estemporanee, espressioni fulminanti e sapientemente poste sul filo del rasoio di un’interpretazione ambivalente, perché capace di fornire il titolone a ‘La Repubblica’ e permettere la difesa ortodossa a Radio Maria.
«Quando il Signore ci fa vedere la strada, chi siamo noi per dire: ‘No Signore, non è prudente! No, facciamo così!» ha detto, ad esempio, in un’omelia mattutina nella Cappella-acquario di S. Marta: «Pietro in quella prima diocesi prende questa decisione: ‘Chi sono io per porre impedimenti?’(..) chi siamo noi per chiudere porte?».



Messa del Papa a Santa Marta

Non sarebbe servito ricordargli l’ammonimento del suo, davvero santo predecessore, Pio X: «Quando si aprono le porte delle Chiese per far entrare chi sta fuori, bisogna preoccuparsi che non escano coloro che sono dentro».
Infatti, pochi giorni fa ci ha donato un’altra perla omiletica che, sicut erat in votis, ha fatto immediatamente il giro del mondo:
«Se domani venisse una spedizione di marziani, per esempio, e alcuni di loro venissero da noi, ecco... marziani, no? Verdi, con quel naso lungo e le orecchie grandi, come vengono dipinti dai bambini ... E uno dicesse: ‘Ma, io voglio il Battesimo!’. Cosa accadrebbe?».
Chissà cosa accadrà, allora, ad ottobre, al Sinodo e poi a quello successivo?
Non siamo oracoli e non azzardiamo previsioni. Facciamo però tutti attenzione: la rivoluzione è cominciata da un bel pezzo e potrà forse riuscire ad ottenere il sigillo di un’Esortazione Apostolica post sinodale (che diverrà ‘conciliarmente dogmatica’ anche se dogmatica non è per sua natura), ma il peso dottrinale di tutte queste papali ‘parole in libertà’ è già in atto: condiziona già il modo di pensare dei credenti, l’orientamento pastorale nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti.

Come in un film di fantascienza pare davvero che ‘i marziani’, siano arrivati sulla terra da un bel pezzo e da un pezzo lavorino alla conquista della Chiesa. E quel che è peggio, delle anime.
Che fare? Cosa possono fare quei “cristiani tristi”, “pelagiani”, “quelli che contano le preghiere”; si, quei “cristiani pipistrelli” - per citare un’altra delle sapide definizioni bergogliane - che paiono i veri ed unici nemici della “chiesa della Misericordina”?
Continuare ad aver fiducia in Colui che ha detto: “Coraggio! Io ho vinto il mondo” ed intensificare la preghiera verso Colei che ha promesso: “Alla fine, il mio Cuore Immacolato trionferà!”.

NOTE

1 - Gnocchi e Palmaro, In un libro, il Cardinale Martini e don Verzè fanno a pezzi la dottrina cattolica, in Basta Bugie, 29 maggio 2009
2 - Gianpaolo Salvini, S. I. - Un ricordo personale di Carlo Maria Marini, in La Civiltà Cattolica      
3 - La guerra fredda tra il Cardinale Bagnasco e Papa Francesco - Intervista a Francesco Antonio Grana, in Confini, 2 aprile 2014
4 - I vescovi italiani verso il nuovo corso. Il segretario generale Galantino: gay e preti sposati, basta tabù - Intervista di Giovanni Panettieri per il Quotidiano Nazionale, 13 maggio 2014
5 - Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 2013, nn. 25. 27
6 - Il cardinal Martini: un Concilio Vaticano III? - Intervista pubblicata su Carmilla, 11 aprile 2005






giugno 2014

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