Famiglia Cristiana contro il Crocifisso

di Belvecchio

Quella del Crocifisso obbligatorio del sindaco di Padova sembrava una diatriba locale tra opposte fazioni: da un lato un sindaco “leghista” di religione cattolica e dall’altro un vescovo “cattolico” di confessione antileghista.
Sembrava, ma a quanto pare non è.
La diatriba ha infatti incontrato l’interesse del maggiore organo di informazione cattolica esistente in Italia (dopo L’Osservatore Romano): Famiglia Cristiana (FC); tutti sanno infatti che se si vuol comprendere il senso vero del cattolicesimo attuale bisogna attingere agli articoli e alle rubriche di FC, da anni dedita alla demolizione di duemila anni di insegnamento e alla edificazione di un “nuovo” insegnamento cristiano, finalmente libero dalle pastoie degli Apostoli e dei papi.

In questa ottica benemerita non poteva mancare un intervento chiarificatore sulla nota vicenda del vescovo di Chioggia che ha condannato la difesa del Crocifisso da parte del cattolico nuovo sindaco di Padova.
E FC spiega che difendere il Crocifisso non significa difendere la Chiesa.

Nell’articolo apparso il 4 luglio sul sito della benemerita rivista, il titolo si chiede: “Ma le crociate del sindaco leghista sono a favore della Chiesa?”, e la risposta, ovviamente, è no!
Ci mancherebbe!
Anche perché c’è un elemento che le squalifica: le “crociate”, appunto. Così definite non a caso da FC, sia perché tutti sanno che non v’è niente di più deleterio delle crociate nella storia della Chiesa, sia perché il sindaco ha avuto l’ardire di difendere la Croce, cosa notoriamente contraria al cristianesimo e massimamente alla Chiesa.

Perché ci soffermiamo a considerare questa ultima sparata di FC?
Perché vogliamo richiamare l’attenzione sull’aggravarsi del male che affligge la compagine cattolica attuale, i cui segni indicativi, tra tanti altri, sono proprio le definizioni che vengono date del Crocifisso dal vescovo di Chioggia: “fattezza esteriore”, e da FC : “simbolo in legno”.
Ovviamente, di fronte a tanta demenziale pochezza, potremmo limitarci a dire che questa gente non è più cattolica, e a lasciarla a se stessa; ma non possiamo, perché è nostro dovere di cattolici difendere l’onore di Nostro Signore Crocifisso, soprattutto contro coloro che, annidati diabolicamente “tra noi”, si spacciano per buoni cristiani: ora sotto la veste vescovile, ora sotto la penna ecclesiale.

Questo articolo di apologetica anticristiana contiene alcune affermazioni esemplari che è bene segnalare.

«Complimenti signor sindaco. Se voleva rassicurare il suo elettorato e accattivarsi le simpatie di qualche intollerante, l’iniziativa  ha avuto successo. Nutriamo qualche dubbio, invece, che ciò serva davvero a far crescere la coesione di una comunità che accoglie nel suo seno tanti stranieri, anche di fede islamica: lavoratori, che pagano le tasse, famiglie che iscrivono i loro figli nelle nostre scuole, che imparano l’italiano, che mangiano la pizza e che hanno tifato azzurro fino alla fine della sciagurata partita con l’Uruguay.»

Prosa invero esilarante in bocca a chi pretende di essere cattolico, e che rivela la totale inversione di prospettiva che è si venuta a determinare in seno a quello che un tempo era il mondo cattolico.
Secondo questa moderna prospettiva, la comunità si fonderebbe, non più sulla comune credenza nell’unico vero Dio, ma sulla comune cartella delle tasse, sulla comune frequenza della scuola laica, sulla comune parlata in volgare, sulla comune ingestione della pizza, sulla comune fede calcistica.
Per un cattolico non c’è male!
Salvo considerare che a questo punto urge coniare un nuovo aggettivo per qualificare la moderna comunità delineata da questa prosa: perché certo l’aggettivo “cattolica” non c’entra più niente, come non è più pertinente l’aggettivo “cristiana”, nonostante persista questo residuato anacronistico nel titolo stesso della rivista che pubblica queste cose.

Ma andiamo avanti.
«Nella provincia di Padova i migranti residenti sono quasi 90 mila, e tra questi non pochi sono seguaci del Corano. Pregano e osservano i dettami della loro fede, proprio come fanno i cristiani praticanti. E se non potranno entrare più in una palestra, quale sistemazione alternativa propone loro? Non lo abbiamo ancora capito. Vogliamo credere  che ci stia pensando.
»

Da buon cattolico, pardon, cristiano, l’articolista ci fa sapere che circa il 10 per cento della popolazione del padovano “prega e osserva i dettami della sua fede” esattamente come fa il restante 90 per cento, così che, allo stesso titolo, ha bisogno di un posto per pregare, posto che non deve darselo da sé, questo 10 per cento, ma deve fornirglielo il restante 90 per cento.
Perché poi, è cosa che l’articolista non spiega, tutto preso com’è dall’ammirazione per i 90.000 che “sono seguaci del Corano”.
Come ragiona quindi il moderno cattolico adulto che compone articoli per FC?
Semplice: essere seguaci del Corano o essere seguaci di Cristo, è cosa del tutto equivalente, da cui scaturiscono uguali diritti ad avere gratuitamente un “posto per pregare”.
L’incongruenza sta nella cecità mentale che porta ad affermare che i cristiani del padovano avrebbero “un posto per pregare” perché gliel’avrebbe fornito l’amministrazione comunale. Per l’articolista sembra essere una cosa insignificante il fatto che le chiese del padovano se le siano costruite i cristiani del padovano con secoli di lavoro e di sacrifici.
Fesserie, che nulla contano di fronte ai poveri “seguaci del Corano” che il sindaco vorrebbe allontanare dalle palestre dei cristiani.
Ora, la demagogia dei cattolici moderni del tipo FC, è talmente becera che non si preoccupa di considerare che i poveri “seguaci del Corano”, non essendo impediti dal “seguire” chi vogliono, possano tranquillamente pregare dove vogliono e come vogliono, per esempio a casa loro, perché non risulta che un “seguace del Corano”, per pregare, abbia necessariamente bisogno di una palestra o di un qualsiasi luogo apposito.
Se l’articolista conoscesse anche solo poco del culto nell’Islam, saprebbe che esso non necessita di alcun luogo, se non il cuore del credente e l’orientamento verso la Mecca. Ma i cattolici moderni, accecati come sono dall’odio per il culto cattolico e inebriati come sono di se stessi e delle loro utopie, pretendono di insegnare ai “seguaci del Corano” come si faccia a rendere il culto, e di imporre ai sindaci cattolici come si faccia a fare i cattolici filo-islamici anche contro lo stesso Islam.
Quando poi si parla della disintegrazione dell’intelligenza, c’e qualcuno che grida all’eccesso. Ma cos’è questa che qui vediamo, se non una piccola prova che tanti cattolici moderni alla moda, oltre ad aver perso la fede, hanno anche perso il bene dell’intelletto?

Ma andiamo avanti.
«…perché compiere gesti escludenti dalla comunità e non includenti che, cioè, mettono “insieme”? Perché soffiare sulle braci mai spente del pregiudizio nei confronti di chi non è dei nostri? Perché rischiare di alimentare lo scontro, sempre latente, tra culture, dentro una società che già fatica molto a vivere il meticciato delle genti? Chi non genera comunità, crea il ghetto, signor sindaco. Non ci sono terze vie. Il resto è demagogia di bassa… lega

Chiediamo scusa ai nostri lettori se ci soffermiamo su elementi di tipo “politico” che non ci interessano, né sono poi, oggi, così serii come sembrano.
Partiamo infatti da quell’alludente “bassa…lega” che fa capire come un’importante istanza dell’articolista si fondi sul suo “antileghismo”, se così possiamo dire, lo stesso “antileghismo” che ha già manifestato il vescovo di Chioggia, evidentemente trattandosi di persone che succhiano lo stesso latte catto-comunista, da anni distribuito gratuitamente a pieni bidoni dai moderni uomini di Chiesa e dalle moderne riviste “cattoliche” tipo FC.
Ma, com’era inevitabile, dietro il paravento “politico” si cela ben altro, appartenente a quella categoria dell’intelligenza in poltiglia di cui dicevamo prima.
“…braci del pregiudizio nei confronti di chi non è dei nostri”.

Pur avendo detto quasi nulla, l’articolista dà per scontata l’idea che l’uso della distinzione tra “noi” e gli “altri”, sia una cosa deleteria, perfino un pregiudizio, comunque una cosa da condannare.
Quale imbecillità maggiore di questa?
Intanto, la distinzione tra “noi” e “altri”, prima ancora di essere un concetto, è una realtà elementare, perfino grammaticale, perfino linguistica. Dove s’è mai visto un mondo che non sa distinguere tra “noi” e “altri”? Se non nelle fantasie malate di certi cattolici moderni supposti eruditi? Se non si potesse distinguere più tra “noi” e “altri”, l’unica cosa che ne risulterebbe è un impossibile coacervo di “noi” che non sono più solo “noi” e di “altri” che non sono più solo “altri”, cioè un’impossibilità.
E chi potrebbe sostenere una simile impossibilità come fosse una possibilità, se non un’intelligenza ormai andata alle ortiche?

Altro che “pregiudizio”, la distinzione tra “noi” e “altri” è una realtà, e chi pretendesse di negarla, come lo sprovveduto articolista, si porrebbe fuori dalla realtà.
Ma, attenzione, perché in tutto questo un “pregiudizio” c’è, e non è il “pregiudizio nei confronti di chi non è dei nostri”, ma il “pregiudizio” dell’essere “dei nostri”, il “pregiudizio” contro il “nostri”, il “pregiudizio” di chi nega che “noi” si possa essere “noi”, il “pregiudizio” di chi nega l’identità del cattolico e della comunità cattolica, il “pregiudizio” di chi nega l’identità del cristiano e della comunità cristiana, di chi la nega perfino in nome dell’essere cristiano.
E qui ogni richiamo all’intelligenza è mero esercizio retorico.

« lo scontro, sempre latente, tra culture, dentro una società che già fatica molto a vivere il meticciato delle genti »

Cosa possa mai significare “scontro tra culture” è cosa che aspetta da anni un qualche chiarimento. Perché è come se si volesse ancora negare la realtà.
Che possibile “mancanza di scontro” potrebbe aversi tra il proliferare della gramigna e la crescita del grano? Quale possibile coesistenza potrebbe mai esserci tra la gramigna e il grano, se non la paziente tolleranza in attesa che, fatto il raccolto, la prima la si getterà nel fuoco e il secondo lo si riporrà nel granaio?
Ma i cattolici moderni, che hanno asservito la loro fede alla credenza idolatrica del mondo moderno, non capiscono quelli che ancora si attengono alla realtà oggettiva.
Così si trastullano con utopiche convivenze “multiculturali” e soprattutto con avvilenti “meticciati delle genti”; altra espressione gratuita e di nessun significato, che solo un’intelligenza non più in grado di intelligere può mantenere in voga tra i tanti suoi scomposti pensieri.
Mancanza di intelligenza accompagnata da crassa ignoranza; perché basta fare un piccolo esempio, tratto dalla stessa storia cristiana, per capire l’inconsistenza di assunti come questi del “meticciato”.
Quando la Cristianità salì sulle caravelle per andare ad evangelizzare “l’altra parte del mondo”, una volta giunta si trovò a dover fare i conti, improvvisamente, con tante “culture” diverse. Ci vollero un po’ di secoli, ma alla fine, dopo l’inevitabile “scontro tra culture”, si giunse ad una sorta di apparente “meticciato”, tutt’oggi manifesto soprattutto nei paesi dell’America latina, ma un “meticciato” solo apparente perché risolto in un’unica cultura o civiltà, alla quale appartenevano e appartengono etnie diverse, ma tutte ricomposte nella cultura o civiltà cattolica.
Altro che “meticciato delle genti”, non v’è più “meticciato” laddove “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” (Gal. 3, 28).”

Vallo a far capire ai cattolici moderni, che propugnano il “meticciato delle genti”, come meticciato dei corpi e dei cuori, meticciato delle fedi, meticciato dei valori, meticciato delle intelligenze e infine meticciato delle anime, anticamera del soggiorno eterno nella dimora di Belzebù.

Ma andiamo avanti.
«Come se le sorti e la difesa dei valori cristiani, della tradizione, dell’identità culturale occidentale e chi più ne ha più ne metta, fossero davvero affidate alla solidità del chiodo cui è appeso quel simbolo in legno dentro un’aula scolastica o di tribunale.»

Affidare l’essere ciò che siamo o dovremmo continuare ad essere, alla persistenza del Crocifisso appeso nelle nostre case, private e pubbliche?
Follia! dice il saggio, che in questa occasione fa l’articolista di FC. Non sia mai!
Tutto affidato alla solidità di un chiodo che regge un “simbolo di legno”?
Non sia mai! Dice il saggio.
Ed ha ragione! Perché solo una mente malata potrebbe anche solo supporre, sia pure provocatoriamente, che il Crocifisso non sarebbe altro che un “simbolo in legno”.
Ahi, serva Chiesa cattolica conciliare, di dolore ostello, non più Sposa di Cristo, ma bordello!

« …sì alle comunità “ferventi”, che “danno fastidio”, inquietano; e no “ai cristiani da salotto”, anche se sulla parete sta un crocifisso».

Strabiliante riflessione, che davvero “inquieta”, che davvero fa riflettere sulla reale persistente appartenenza di certa gente a quel Corpo Mistico di Cristo che era un tempo la Chiesa cattolica.
Questa nuova catalogazione dei cristiani, divisi in due liste, quella dei buoni: i ferventi, e quella dei cattivi: i salottieri col Crocifisso sulla parete, è la logica conseguenza delle demagogiche uscite di papa Bergoglio, richiamato peraltro dallo stesso articolista.
Dopo avere assunto le categorie intellettuali del mondo moderno e dopo aver fatto il filo alle pseudo filosofie materialiste degli ultimi secoli, papa Bergoglio non ha potuto evitare di compilare le liste dei buoni e dei cattivi e ovviamente ha elencato tra i buoni tutti quelli che la pensano come lui sul cristianesimo pauperista, e tra i cattivi tutti quelli che non la pensano come lui e che si attengono all’insegnamento millenario della Chiesa.
Da qui le sparate dell’articolista, che ha immaginato che essere cristiani in casa propria col Crocifisso appeso alla parete non possa essere che cosa riprovevole, se non altro perché tale mala genia di cristiani, oltre a persistere nell’errore di tenere in casa un Crocifisso appeso ad un chiodo, si distinguono per il fatto che non fervono, che non danno fastidio, che non vanno in chiesa a fare baldoria, che non frequentano miscredenti e atei per andarci a pranzo, che non sostengono la guerriglia urbana e campestre per la liberazione delle periferie, che non aprono le chiese al culto islamico o ebraico, che non votano catto-comunista e magari votano leghista, convinti come sono, stoltamente, che la propria identità culturale e la propria dignità di uomini si difenda difendendo il Crocifisso e battendosi perché esso sia presente in tutte le case dei cattolici, siano esse private o pubbliche.

Strabismo dei cattolici moderni, oggi abbeverati dall’irrigazione continua delle battute di papa Bergoglio.
Strabismo.
Perché non v’è luogo pubblico “laico”, tribunale o scuola, ospedale o caserma, in cui non sia obbligatoria l’esposizione del ritratto del corrente Presidente della Repubblica, che noi scriviamo accortamente con le maiuscole per non incorrere nel possibile reato di vilipendio della massima carica dello Stato, anch’esso rigorosamente maiuscolo.

Non abbiamo mai letto su FC, forse per colpa nostra, che tale uso, peraltro imposto per legge con l’accompagnamento di relative sanzioni, sia da stigmatizzare. Eppure, anche secondo la più elementare logica, non tutti i cittadini sono d’accordo con il Presidente della Repubblica, né tutti i cittadini si riconoscono nell’ufficialità di questa Repubblica, né tutte le persone che vivono in Italia, pagano le tasse, mandano i figli nelle scuole statali, parlano italiano, mangiano la pizza e tifano azzurro, si riconoscono in quel quadro appeso obbligatoriamente al muro con un chiodo.
Ma questo non scandalizza FC, né il suo articolista, li scandalizza invece che qualche sindaco cattolico pensi di imporre nei luoghi pubblici di sua competenza la presenza del Crocifisso!
Questo sì che li scandalizza… questi sedicenti cattolici, vescovi o pubblicisti che siano. Questo sì che li manda in bestia e li costringe a fare pubbliche dichiarazioni e a scrivere articoli su FC.

Strabismo! A causa del quale questi sedicenti cattolici danno ad intendere che starebbero guardando a Dio, mentre invece il loro sguardo è focalizzato sull’Anticristo.

E coerentemente con questo strabismo, ecco che l’articolista afferma;
«non sentiamo proprio il bisogno di questi spot pro-cattolicesimo proselitista, grazie.»

Frase che ci permette di annoverare costui tra i cicisbei di papa Bergoglio.
Lui libero e responsabile cattolico moderno, articolista di FC, che si mette alla corte del nuovo Papa che insegna che il proselitismo è un male. Lui che non perde l’occasione per farsi scrivere sulla lista dei buoni da questo nuovo papa che contraddice perfino il comando di Nostro Signore.
Ed ecco che veniamo a sapere che esistono due cattolicesimi: uno proselitista, ovviamente cattivo, e uno non proselitista, ovviamente buono. Due cattolicesimi che in effetti, lo riconosciamo, rappresentano l’odierna oggettiva realtà della moderna compagine cattolica conciliare.
Da un lato, un cattolicesimo che segue gli insegnamenti del Vangelo, e tiene sempre presente che “senza di me non potete far nulla” (Gv. 15, 5), e che è composto da tutti quelli che vivono col Crocifisso appeso nelle loro case private e pubbliche;
dall’altro, un cattolicesimo che si è convinto che non è “un simbolo di legno” appeso ad un chiodo che serva a difendere i “valori cristiani”, la “tradizione”, “l’identità culturale occidentale”, e che è costituito dalle diverse FC, dai diversi vescovi di Chioggia e d’altrove, dai diversi articolisti “cristiani”, dagli innumerevoli chierici e laici, papa il testa, che muoiono dalla voglia di realizzare il mondo nuovo, secondo i dettami del Nuovo Ordine Mondiale, per compiere appieno quell’indispensabile “meticciato delle genti” che bandisca per sempre dagli uffici, dalle scuole, dalle case e dai cuori quell’inutile e ingombrante “fattezza esteriore”, quel “simbolo di legno”, che è il Crocifisso.

Che dire?
Ci resta solo da dire che, grazie a Dio, noi siamo talmente sclerotizzati e talmente radicati nella Chiesa tradizionale, che, non solo lasciamo al suo destino la moderna Chiesa conciliare con tutti suoi adepti, ma ci rifacciamo la bocca e ci ritempriamo le menti e i cuori intonando ancora il vecchio inno italico della vera Cristianità:

NOI VOGLIAM DIO, - Vergin Maria,
porgi l’orecchio - al nostro dir;
noi t’invochiamo - o Madre pia,
dei figli tuoi - compi il desir!

Deh! benedici, o Madre,
al grido della fe’,
noi vogliam Dio – ch’è nostro Padre,
noi vogliam Dio – ch’è nostro Re.

Noi vogliam Dio - le inique genti
rigettan stolte - il suo regnar,
ma noi un patto - stringiam fidenti,
non si osi più - Iddio sfidar!

Deh! benedici, o Madre, …

Noi vogliam Dio, - dell’alma è il grido,

che a piè leviamo - del santo altar.

Grido d’amore - ardente e fido,

per tua man possa - al ciel volar.

Deh! benedici, o Madre, …

Noi vogliam Dio - nelle famiglie,
dei nostri cari - in mezzo al cuor,
sian forti i figli - caste le figlie,
tutti ci infiammi - di Dio l’amor.

Deh! benedici, o Madre,…

Noi vogliam Dio - nella scuola,
dove s’accoglie - la gioventù;
qui ancor risuoni - la sua parola,
qui sia l’immagine - del buon Gesù!

Deh! benedici, o Madre,…

Noi vogliam Dio – nell’officina,
perché sia santo - anche il lavor.
A lui dal campo - la fronte china
erga fidente – l’agricoltor!

Deh! benedici, o Madre, …

Noi vogliam Dio  - nella coscienza

di chi l’Italia - governerà!

Così la Patria - riavrà potenza

e a nuova vita - risorgerà.

Deh! benedici, o Madre, …

Noi vogliam Dio – dov’è la legge,
dov’è la scienza – dov’è l’amor,
dov’è chi giudica – dov’è chi regge,
dov’è chi nasce – dov’è chi muor.

Deh! benedici, o Madre, …

Noi vogliam Dio, - nel giudicare

a Dio s’ispiri - il tribunal.

Dio nelle nozze - innanzi all’altare,

Dio del morente - al capezzal.

Deh! benedici, o Madre,…

Noi vogliam Dio, - perché al soldato

coraggio infonda - nel guerreggiar,

sì che a difesa - del suol amato

d’Italia sappia - da eroe pugnar.

Deh! benedici, o Madre, …

Noi vogliam Dio - perché la Chiesa
pesca le genti - di verità,
perché del vizio - vinta l’offesa,
levi a trionfo - la carità.

Deh! benedici, o Madre,…

Noi vogliam Dio - a Lui giuriamo
serbar fedeli - la mente e il cuor,
servirLo liberi - tutti vogliamo,
sia questo il nostro - supremo onor!

Deh! benedici, o Madre,…

Noi vogliam Dio, - quest’almo grido

echeggi ovunque - in terra e in mar,

suoni solenne - in ogni lido,

dove s’innalza - di Dio l’altar.


Deh! benedici, o Madre,
al grido della fe’,
noi vogliam Dio – ch’è nostro Padre,
noi vogliam Dio – ch’è nostro Re.

Fratelli unanimi - il patto antico
della gran Vergine - sul patrio suol
stringiam gridando - contro il nemico:
Noi vogliam Dio - Iddio lo vuol!








luglio 2014

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