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Fratelli,
siamo tutti imbecilli!
di Belvecchio Non si tratta di un’offesa gratuita,
né di una presa in giro, ma del grido di dolore che da
più parti sorge spontaneo dopo le ultime vicende occorse il
Vaticano.
Potremmo incominciare da un aspetto qualsiasi, tante sono le facce della spudoratezza che si presentano beffarde al cospetto dei fedeli. Partiamo allora da una delle tante dichiarazioni ufficiali del portavoce vaticano, il noto Lombardi Federico, che per l’ennesima volta ci spiega che il Papa che ha parlato con Eugenio Scalfari, non è il Papa. Secondo Lombardi, voce ufficiale del Vaticano, le cose che scrive Scalfari su La Repubblica non sono da attribuire a papa Bergoglio, ma a Scalfari stesso. «Nell’articolo pubblicato su Repubblica
queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa, ma –
curiosamente - le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono
chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura…Dimenticanza o
esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i
lettori ingenui?» (Radio Vaticana, 14.7.2014).
Ne avevamo sentite tante, ma questa delle “virgolette” è davvero nuova e sinceramente offensiva per ogni persona di buon senso. Qui si spiega che se il compositore o chi per lui avesse aggiunto “le virgolette di chiusura”, ecco che le parole che non sarebbero di papa Bergoglio, diverrebbero di colpo di papa Bergoglio. La prima domanda che sorge spontanea è se Lombardi Federico sia davvero convinto che i fedeli cattolici siano tutti così imbecilli da seguirlo su questa arrampicata sulla fune del fachiro: il Papa dice una castroneria, ma per poter dire che effettivamente l’ha detta sono necessarie le “virgolette di chiusura”. E subito viene alla mente l’immagine dello sprovveduto che si dà una martellata sulle parti basse. Vediamo allora di capirci qualcosa. Un tale, noto mangiapreti, si
incontra con un altro, noto prete, anzi capo-prete; si mettono a
parlare di questo e di quello, soprattutto di quello che riguarda il
capo-prete e tutti gli altri preti e i fedeli che credono ancora nei
preti; nel discutere, il mangiapreti cerca di far dire al capo-prete
tutto quello che gli può far comodo per vendere qualche copia in
più del giornaletto col quale sopravvive; il capo-prete, sapendo
bene dove vuole andare a parare il mangiapreti, si diverte a imbastire
delle castronerie che sa che i fedeli che le verranno a sapere le
prenderanno per roba buona, proprio perché lui è il
capo-prete; i due fanno a gara a chi le spara più grosse, ben
sapendo che la cosa più importante è il rumore che queste
castronerie produrranno: il mangiapreti gongolante per le nuove copie
vendute, il capo-prete raggiante per la pubblicità che
farà il mangiapreti, a lui e alle castronerie che racconta ad
arte; entrambi consapevoli che stanno facendo opera di convincimento
nella precisa direzione del ridimensionamento delle cose serie come le
cose di Chiesa.
Finito l’esercizio, ognuno se ne ritorna al suo posto: il mangiapreti confeziona un articolo dove infila un po’ di tutto, tra precisazioni e insinuazioni; il capo-prete chiama un suo dipendente e lo istruisce su come sollevare la maggiore attenzione possibile, affermando che le cose che ha detto e che ha detto al mangiapreti di pubblicare non sarebbero proprio quelle che ha detto, non importa cos’abbia veramente detto, questo non deve interessare a nessuno, quello che importa è che la gente le capisca a modo suo seguendo la falsa riga tracciata da lui, e soprattutto che su quelle cose si crei il maggiore trambusto possibile. Conclusione, il mangiapreti vende più copie e dà una mano a se stesso facendo credere quello che più gli fa comodo; il capo-prete è al centro dell’attenzione e riesce a far diffondere concetti e suggestioni che gli fanno comodo per condurre i preti e i fedeli dove vuole lui. È il giuoco delle parti, dove ognuno recita il suo copione nella nota tragedia scritta, sceneggiata e diretta da quel furbastro di Belzebù, che non è altro che il maggiore suggeritore dei mangiapreti e dei moderni capi-preti. Capita l’antifona? Presupposto per la messa in scena della tragedia è il convincimento che gli spettatori siano tutti imbecilli e quindi si berranno ogni cosa come oro colato: gli arzigogoli del mangiapreti e le castronerie del capo-prete. Quanto ai cattolici, perché poi è di loro che si tratta, hanno solo da svegliarsi dal sonno ipnotico in cui li ha immersi la moderna gerarchia, e prendere atto che il cattolicesimo sta vivendo quella fase di abbrutimento che è necessaria perché i nemici di Dio possano tentare di distruggere completamente la Chiesa. E devono prendere atto, i cattolici, che il vero obiettivo di questa manovra non sta nella distruzione della Chiesa, che i nemici di Dio sanno essere impossibile, quanto meno in maniera totale, ma sta nel far precipitare all’Inferno il maggior numero di anime possibile. Per far questo, non è necessario che i fedeli rinneghino Cristo o rifiutino le Sue leggi, basta che abbiano dei dubbi, che diventino possibilisti, che finiscano col concepire un cattolicesimo che assomigli sempre più al mondo circostante, questo basta per trasformare i fedeli di Cristo in servi del demonio, tanto più riusciti per quanto mossi a tanto dall’incoscienza. Ecco a cosa servono le conversazioni di papa Bergoglio con Scalfari; ecco a cosa servono le continue esternazioni di questo nuovo Papa, tutte seguite dalle precisazioni del suo portavoce; ecco a cosa è servita l’elezione di Bergoglio, voluta dai cardinali che hanno ben chiaro il progetto di abbrutimento del cattolicesimo, e che Bergoglio era ed è l’uomo giusto per la bisogna; ecco a cosa serve uno come Scalfari, che si crede un dio e che è invece un povero scribacchino al servizio delle mire di papa Bergoglio. E tutto questo va fatto con tenacia, con costanza e col maggior rumore possibile, perché è necessario abbattere prima possibile le resistenze che ancora esistono in seno al corpo ecclesiale, siano esse clericali o laicali; fiaccare e abbattere le resistenze interne di chierici e laici che non intendono seguire questo processo demolitorio e intendono rimanere saldi nella vera fede. E i primi effetti di questo sottile lavoro demolitorio li si riscontra in molti bravi cattolici che cadano nella trappola di difendere papa Bergoglio dalle supposte manovre di Scalfari, senza rendersi conto che è proprio quello che vuole Bergoglio, essere difeso perché le sue castronerie passino meglio tra i fedeli come cose buone. E se qualcuno pensasse che, messa così, è come se si parlasse di un’opera diabolica, e che il diavolo non può averla vinta sul Papa, rispondiamo che il diavolo non l’avrà vinta sulla Chiesa, non sui preti, papa compreso, anzi è proprio dei papi che si serve per cercare di averla vinta, come è accaduto più volte sporadicamente un tempo e come sta accadendo in maniera continuativa da cinquant’anni. E il diavolo sa bene che non riuscirà ad averla vinta sulla Chiesa, perché lui è più avveduto di molti cattolici, ma il suo vero scopo non è abbattere la Chiesa, ma condurre a casa sua quante più anime è possibile, e il modo più sbrigativo per farlo è quello di servirsi dei preti, dei vescovi, dei cardinali e dei papi. (torna su)
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